[…]
Con l’unico motivo formulato il …, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 184 c.c. ed insufficiente e contraddittoria motivazione, assume che la tesi del giudice di appello – secondo cui l’operatività dell’art. 184 c.c. sarebbe esclusa sia nel caso in cui il bene oggetto di comunione legale tra i coniugi risulti intestato ad entrambi, sia nel caso in cui l’atto dispositivo del bene sia stato posto in essere dal solo coniuge non intestatario – non può essere condivisa sotto diversi profili. Il ricorrente rileva anzitutto che il testo dell’art. 184 c.c. non autorizza a distinguere tra atti concernenti beni intestati nei registri immobiliari esclusivamente al coniuge disponente da un lato, ed atti concernenti beni intestati alla comunione coniugale ovvero non intestati al disponente dall’altro, considerato che gli artt. 177 e ss. c.c., a differenza di quanto attiene alla comunione ordinaria, fanno riferimento ai beni della comunione coniugale indipendentemente dalla loro formale intestazione; ne’ ciò appare in contrasto con il principio della continuità delle trascrizioni, poiché, quando i coniugi operano congiuntamente, risulta disponente del bene anche il coniuge non indicato nell’atto di provenienza; inoltre, poiché in caso di acquisto di un bene operato da uno solo dei coniugi in regime di comunione l’acquisto opera automaticamente anche a vantaggio dell’altro, non si comprende perché lo stesso principio non debba valere anche nel caso di disposizione del bene medesimo. Il ricorrente evidenzia poi l’infondatezza dell’ulteriore assunto della Corte territoriale secondo cui la sottoscrizione del preliminare suddetto da parte del solo … non intestatario formale comporterebbe l’inefficacia dell’atto, e non la semplice azione di annullamento ex art. 184 c.c., anche per la ragione che il coniuge intestatario non sarebbe stato in grado di conoscere l’atto e di attivarsi quindi nel termine di un anno di cui all’art. 184 c.c.; invero il giudice di appello è incorso nell’equivoco di considerare il momento dai quale decorre il suddetto termine coincidente con la stipula dell’atto, laddove invece esso decorre dal momento in cui il coniuge pretermesso ha effettiva conoscenza dell’atto e, in via sussidiaria, entro un anno dalla trascrizione.
Il …. inoltre, sottolineando che l’art. 184 c.c. si limita a prevedere solo l’annullabilità (o la convalida) dell’atto di disposizione dell’intero bene da parte del singolo coniuge a richiesta del coniuge pretermesso, afferma che la norma suddetta presuppone la piena efficacia dell’atto di disposizione dell’intero immobile fin dall’origine, nell’ambito di una scelta legislativa di bilanciamento della tutela da un lato della posizione del coniuge pretermesso e dall’altro del terzo acquirente.
La censura è fondata.
La sentenza impugnata ha affermato che, poiché il contratto preliminare del … riguardante un immobile oggetto di comunione legale tra i coniugi …… era stato stipulato dal solo marito, non intestatario del bene, si versava in una ipotesi non già di annullamento dell’atto ex art. 184 c.c., non essendo la parte interessata in grado di conoscerlo e quindi di attivarsi nel termine annuale ivi previsto, ma di sua inefficacia; a tal riguardo ha considerato tale caso assimilabile a quello di immobile che, pur appartenente alla comunione legale, sia intestato ad entrambi i coniugi, dove pure si determinerebbe una situazione di inefficacia dell’atto, richiamando a conforto di tale assunto – secondo cui quindi l’art. 184 c.c. troverebbe applicazione solo nell’ipotesi di atto compiuto, nonostante il regime di comunione legale, dal coniuge intestatario del bene stesso -la pronuncia di questa Corte 2-2-1995 n. 1252. Tale convincimento è frutto di un errata interpretazione dell’art. 184 c.c. ed anche di un palese fraintendimento della sentenza ora menzionata, che invero ha affermato un principio di diritto del tutto diverso rispetto a quello sostenuto dalla Corte territoriale. Muovendo dunque con tale ultimo rilevante profilo, è bene sottolineare che con tale pronuncia si è ritenuto che in tema di comunione legale tra i coniugi tutto gli atti di disposizione di beni immobili o beni mobili registrati appartenenti alla comunione legale, compiuti da un solo coniuge senza il necessario consenso dell’altro, ovverosia in violazione della regola dell’amministrazione congiunta, sono validi ed efficaci e sottoposti alla sola sanzione dell’annullamento ai sensi dell’art. 184 c.c. in forza dell’azione proponibile dal coniuge (il cui consenso era necessario) entro i termini previsti dalla stessa norma, ed ha cassato la sentenza del giudice di merito, il quale aveva ritenuto che l’annullabilità prevista dall’art. 184 c.c. riguarderebbe la sola ipotesi in cui l’atto di disposizione sia compiuto dal coniuge che risulti unico intestatario del bene.
Occorre poi evidenziare che la motivazione della pronuncia 2-2-1995 n. 1252 di questa Corte offre esaurienti e convincerti argomentazioni a sostegno del principio di diritto sopra enunciato; è stato invero ivi affermato in particolare che, a differenza della comunione ordinaria, la comunione legale tra i coniugi prescinde rigorosamente dal dato della intestazione formale dei beni, e che d’altra parte, se le risultanze dei registri immobiliari sono indifferenti per quanto attiene all’accertamento circa l’appartenenza dei beni alla comunione legale, è del tutto arbitrario affermare che la norma in esame non riguardi qualsiasi atto, ma soltanto gli atti concernenti i beni intestati nei registri immobiliari al coniuge disponente. Rilevato poi che, in mancanza di espresse disposizioni derogatorie, gli effetti della disposizione dell’intera cosa comune nella comunione tra i coniugi soggiacciono alle stesse regole stabilite per la comunione ordinaria, e che nessun argomento autorizza a ritenere che l’art. 184 c.c. preveda che gli atti di disposizione posti in essere da uno solo dei coniugi siano soggetti a sanzioni diverse dalla annullabilità e, quindi, sottoposti ad una disciplina diversa, la sentenza impugnata ha concluso che tale norma, per l’esigenza di tutelare la rapidità e la certezza della circolazione dei beni in regime di comunione legale, disciplina il conflitto tra il terzo ed il coniuge pretermesso in modo più favorevole al primo, con il regime degli effetti tendente alla conservazione del negozio. Alla luce di tali considerazioni si deve concludere che il convincimento della sentenza impugnata in ordine alla asserita inefficacia dell’atto di disposizione di un immobile oggetto di comunione legale tra i coniugi da parte del coniuge non intestatario del bene appare sprovvisto di ogni aggancio positivo ed in contrasto con il sistema di circolazione dei beni in regime di comunione legale come sopra delineato; del resto l’orientamento consolidato di questa Corte esclude una disciplina differenziata per tale ipotesi, ritenendo che, in regime di comunione legale tra i coniugi, il contratto preliminare di vendita di bene immobile stipulato da un coniuge senza la partecipazione o il consenso dell’altro è soggetto alla disciplina dell’art. 184 c.c., comma 1, e non è pertanto inefficace nei confronti della comunione, ma solamente esposto all’azione di annullamento da parte del coniuge non consenziente, nel breve termine prescrizionale entro cui è ristretto l’esercizio di tale azione, decorrente dalla conoscenza effettiva dell’atto, ovvero, in via sussidiaria, dalla trascrizione o dallo scioglimento della comunione (Cass. 21-12-2001 n. 16177; Cass. 11-6-2010 n. 14093). In definitiva in accoglimento del ricorso la sentenza impugnata deve essere cassata […]