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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
La sig.ra […], proprietaria di un fabbricato ad uso pensione familiare denominato […], sito in Comune di […] alla via […] impugnava innanzi al Tar della Campania sede di Napoli il provvedimento comunale del 17/1/2005 prot. n. […] avente ad oggetto l’applicazione della sanzione pecuniaria amministrativa per la pratica edilizia n. […]/2003 riguardante l’esecuzione di lavori vari di manutenzione al suddetto immobile adibito ad albergo.
In quella sede l’interessata faceva presente che la di lei madre […] negli anni 1967-68 aveva realizzato un ampliamento di detto immobile per il quale aveva versato al Comune l’importo di Lire 300.000, quale pagamento della “indennità d’accertamento volumetrico”.
Successivamente in occasione della presentazione nel luglio del 2003 di una DIA per l’esecuzione dei lavori di manutenzione cui sopra si accennava, il Comune rilevava il carattere abusivo delle opere di ampliamento in precedenza realizzate e si determinava ad irrogare, con il provvedimento sopra indicato per “opere realizzate in ampliamento all’albergo” la sanzione amministrativa pecuniaria di tipo urbanistico” quantificandola in Euro 821.000,00, sulla base del valore venale delle opere stesse determinate dall’Agenzia del Territorio ( 410.500).
Il ricorso giurisdizionale proposto avverso detto provvedimento comunale era ritenuto fondato dal TAR della Campania che con sentenza n. 2506/2006 lo accoglieva nel senso che ” va rilevata la prescrizione del diritto del Comune di […] di pretendere la somma di oltre ottocentomila Euro , richiesta alla ricorrente a titolo di sanzione ex art. 12 cpv. L. n. 47 del 1985 oggi 34 cpv n. 380/01.
Il Comune di […] ha impugnato tale decisum, ritenuto errato ed ingiusto, deducendo a sostegno del proposto gravame i seguenti motivi:
violazione e falsa applicazione art. 41 della legge urbanistica n. 1150/1942 così come modificato dall’art. 13 della L. n. 765 del 1971;
stessi motivi di cui alla censura che precede – violazione e falsa applicazione dell’art. 2937 comma 3 – erroneità dei presupposti di diritto – palese contraddittorietà, incongruenza ed erroneità della motivazione;
violazione e falsa applicazione dell’art. 21 della legge tar n. 1034 nonchè dell’art. 41 della legge urbanistica così come modificato dall’art. 13 della L. n. 765 del 1971 difetto di instaurazione del contraddittorio;
inammissibilità ed infondatezza delle deduzioni di merito articolate dalla ricorrente in prime cure.
Si è costituita in giudizio la sig.ra […] che ha contestato la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione.
E’ poi intervenuta ad opponendum dell’appellante la Società […], già incorporante della Società […].
Le parti hanno poi prodotto memorie difensive anche di replica ad ulteriore sviluppo delle loro tesi.
All’udienza del 12 maggio 2016 la causa è stata introitata per la decisione.
Tanto premesso, l’appello si rivela infondato, risultando immuni dai vizi ivi dedotti le osservazioni e prese conclusioni del primo giudice.
Il primo, il secondo e il quarto motivo d’impugnazione in ragione del loro tenore vanno esaminati congiuntamente.
Con essi la difesa dell’appellante Comune sostiene la imprescrittibilità dell’azione sanzionatoria dell’Amministrazione che doverosamente ha applicato all’abuso edilizio risalente al 1967 la pena pecuniaria, id est la sanzione allo stato vigente, quella di cui all’art.12 della L. n. 47 del 1985 , senza che fosse precluso all’Amministrazione di concludere il procedimento sanzionatorio con l’applicazione ora per allora del parametro normativo vigente e non potendosi perciò configurare nel caso all’esame la eccepita prescrizione.
L’assunto difensivo non è condivisibile.
Quella del carattere permanente dell’abuso edilizio per effetto del quale s’impone pur a distanza di un notevole lasso temporale l’esercizio da parte dell’Amministrazione competente del potere repressivo sub specie dell’adozione di atti demolitori e/o sanzionatori è una regola iuris costantemente affermata in giurisprudenza che per il vero non è stata minimamente messa in discussione dal primo giudice.
Invero, il TAR ha avuto cura di specificare che il Comune ha proceduto ad adottare la scelta di una della due misure in cui si articola il potere-dovere di reprimere gli abusi edilizi senza con ciò dismettere l’esercizio di una funzione propria dell’attività di tutela e vigilanza ricadente in capo all’Ente locale in ordine al corretto e ordinato assetto del territorio.
D’altra parte che il Comune abbia effettuato la scelta di irrogare per i lavori di ampliamento sine titulo della struttura ricettiva in parola la sanzione pecuniaria è circostanza di fatto e di diritto confermata inequivocabilmente dal contenuto della determina oggetto di contestazione giudiziale, lì dove nella parte narrativa di tale atto si fa espresso riferimento alla sanzione pecuniaria di cui all’ art. 12 della L. n. 47 del 1985, quale normativa allo stato vigente e alla sanzione pecuniaria ” ai sensi dell’ art. 41 della legge n. 1150/1942″ (legge urbanistica ).
Ora il punto dirimente della problematica qui in rilievo non è quello di andare a verificare se l’Amministrazione poteva o non poteva , ora per allora, irrogare la sanzione pecuniaria per l’abuso in questione, bensì quello di accertare se all’epoca in concreto si è comunque proceduto a comminare la sanzione e se tale comminatoria abbia raggiunto il suo scopo.
In particolare diventa allora decisivo procedere a verificare la natura e portata del documento prodotto in giudizio cui la ricorrente di primo grado prima e il TAR poi connettono l’avvenuto adempimento costituito dal pagamento della sanzione pecuniaria .
E allora, viene esibita la bolletta n. 7 rilasciata dall’Ufficio Tesoreria del comune di […] in data 16 giugno 1969 con cui il Tesoriere attesta di aver riscosso la somma di 300.000 lire ” per deposito cauzionale a garanzia pagamento indennità accertamento volumetrico”.
Diventa dunque decisivo definire un problema prioritariamente logico, quello di qualificare detto documento in relazione alla natura e al contenuto dello stesso.
Ora gli elementi che connotano la “bolletta n. 7” sono se non univocamente , ragionevolmente indirizzati ad evidenziare che si è in presenza di un attestato di riscossione di un importo versato a definizione, quanto meno a titolo di acconto, di quanto dovuto al Comune per i lavori di ampliamento effettuati sine titulo: se così non fosse si ha difficoltà a ricondurre detto pagamento ad altro titolo diverso da quello che sottende l’assolvimento dell’adempimento volto “regolarizzare”.
In altri termini, alla ricevuta per avvenuta riscossione in questione va ragionevolmente attribuito il significato e la valenza di un’anticipazione delle somme dovute per l’aumento volumetrico derivante dall’ampliamento realizzato sine titulo.
Né può essere messa in discussione l’autenticità del documento e la parvenza di atto di natura pubblica, desumibili dal timbro apposto in calce oltrechè dalla sottoscrizione del Tesoriere Comunale rilasciata “per quietanza” tenuto altresì conto che tali elementi identificativi non risulta siano stati messi in discussione dall’appellante Amministrazione.
Se dunque il documento de quo costituisce attestazione di pagamento di somma richiesta a titolo di sanzione pecuniaria ex lege n. 1150 /1942, occorre dirimere l’altra consequenziale problematica , quella dell’essersi inverata o meno nella fattispecie l’eccepita prescrizione quinquennale.
A tale quesito va data risposta positiva.
Secondo un preciso orientamento giurisprudenziale dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi , la regola della prescrizione quinquennale propria delle sanzioni amministrative ex lege n. 689/81 trova applicazione anche per gli illeciti amministrativi puniti con la pena pecuniaria di cui alla normativa in materia urbanistico- edilizia ( Cons. Stato Sez. IV 25/11/2003 n. 7765).
Nel caso all’esame solo nel gennaio dell’anno 2005 il Comune pretende il pagamento della somma a titolo di sanzione, dopo che sono decorsi oltre trent’anni che la relativa pretesa poteva essere esercitata posto che a suo tempo, nel 1969, l’Amministrazione ha comunque attivato il potere ” repressivo” con l’irrogazione della sanzione pecuniaria in relazione alla quale è stato registrato il pagamento effettuato alla Tesoreria Comunale di cui alla suindicata ricevuta di versamento del 16 giugno 1969.
Né può opporsi da parte del Comune una intervenuta rinuncia alla prescrizione, atteso che non è rilevabile dai fatti di causa un comportamento del debitore nel quale ravvisare l’inequivocabile volontà di rinunciare alla già maturata prescrizione. ( Cass. Civ. 21/3/2011 n. 6397).
Col terzo motivo di gravame l’appellante Comune lamenta un preteso difetto di instaurazione processuale per non avere parte ricorrente di primo grado evocato in giudizio l’Ufficio Tecnico Erariale competente ad esprimersi sulla determinazione del quantum su cui calcolare la sanzione pecuniaria.
Il dedotto vizio di rito non sussiste.
Il parere dell’UTE si atteggia invero ad atto endoprocedimenale e nel momento in cui nella fattispecie si contesta l’an del potere sanzionatorio, la struttura preposta ad esprimersi in ordine al valore venale dell’immobile non è contraddittore necessario e come tale non occorre che sia inderogabilmente chiamato ad intervenire nel processo avente ad oggetto l’avvenuto ( tardivo) esercizio del potere sanzionatorio, in particolare, con riferimento alla intervenuta prescrizione di siffatto potere.
In forza delle suesposte considerazioni, l’appello, in quanto infondato, va respinto.
Le questioni sin qui trattate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.a. secondo la regola sostanziale della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
Le spese del presente grado del giudizio avuto riguardo alla peculiarità della vicenda all’esame possono essere compensate tra le parti.[…]