Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 11665 del 2015, dep.: 05/06/2015

[…]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Il Presidente del Consiglio Notarile dei distretti […] formulò alla Commissione Regionale di Disciplina del Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Veneto richiesta di apertura di procedimento disciplinare contro il dr. […] per avere nel biennio 2009/2010, con elevata frequenza redatto atti di compravendita di fabbricati a uso abitazione seguiti da mutui, quasi tutti fondiari nei quali il prezzo della vendita risultava inferiore, e in alcuni casi anche in modo significativo, all’importo della somma mutuata. In particolare, il notaio […] veniva incolpato:

– della violazione dell’art. 147, lett. b, della legge notarile in relazione a quanto disposto dall’art. 31, lett. c, del codice deontologico per avere, nella sostanza, tenuto comportamenti non corretti volti a concentrare su di sè designazioni relative a gruppi riconducibili a una medesima fonte;

– della violazione dell’art. 147, lett. c, della legge notarile in relazione a quanto disposto dall’art. 14, lett. b del codice deontologico per aver conseguito una concentrazione di lavoro attraverso una modalità di svolgimento della propria funzione caratterizzata da sistematici comportamenti frettolosi o compiacenti;

– della violazione dell’art. 147, lett. b, in relazione alle seguenti norme del codice deontologico: art. 1, comma 2, secondo il quale il notaio deve svolgere con correttezza la funzione di interpretazione e di applicazione della legge in ogni manifestazione della propria attività professionale, ricercando le forme giuridiche adeguate agli interessi pubblici e privati affidati al suo ministero; art. 2, secondo il quale il notaio, anche a tutela dell’interesse generale, deve curare l’aggiornamento della propria preparazione professionale mediante l’acquisizione di specifiche conoscenze in tutte le materie giuridiche che lo riguardano; art. 42 per il quale il notaio è tenuto, in particolare, a svolgere anche nell’autenticazione delle firme delle scritture private, in modo adeguato e fattivo le seguenti attività: a) informare le parti sulle possibili conseguenze della prestazione richiesta in tutti gli aspetti della normale indagine giuridica demandatagli e consigliare professionalmente le stesse, anche con la proposizione di impostazioni autonome rispetto alla loro volontà e intenzione; b) proporre la scelta del tipo negoziale più adeguato alle decisioni assunte dalle parti, accertandone la legalità e la reciproca congruenza, svolgendo le richieste attività preparatorie e dirigendo quindi la formazione dell’atto nel modo tecnicamente più idoneo per la sua completa efficacia e per la stabilità del rapporto che ne deriva; c) dare alle parti i chiarimenti richiesti o ritenuti utili ad integrazione della lettura dell’atto per garantire ad esse il riscontro con le decisioni assunte e la consapevolezza del valore giuridicamente rilevante dell’atto, con speciale riguardo ad obblighi e garanzie particolari ed a clausole di esonero o limitative di responsabilità, nonché agli adempimenti che possono derivare dall’atto avvalendosi, per quest’ultimo aspetto, anche di separata documentazione illustrativa. La Commissione dichiarava l’insussistenza delle violazioni oggetto di contestazione, con l’eccezione della violazione dell’art. 147, lett. b, in relazione all’art. 42 del codice deontologico ed, esclusa la ricorrenza di circostanze attenuanti, infliggeva al notaio la sanzione della sospensione di un mese.

Contro tale decisione il notaio propose reclamo alla Corte di Appello di Venezia che lo rigettò, accogliendo quello incidentale relativo all’assoluzione dalla violazione di cui all’art. 14, lett. b, del codice deontologico, richiamato dall’art. 147, lett. c, della legge notarile.

Innanzitutto, secondo i Giudici, erano infondate le doglianze con le quali erano state denunciate la genericità dei capi di imputazione e la assenza di correlazione fra incolpazione e decisione, dovendo escludersi che la condanna era stata pronunciata per un fatto diverso da quello contestato.

Per quel che riguardava il merito, osservava la Corte: nel comportamento del notaio – il quale aveva svolto il suo ministero nella stipula di contratti di mutuo fondiario in cui il valore del bene compravenduto era inferiore all’entità della somma erogata dalla banca – era ravvisabile la violazione ripetuta della norma di cui all’art. 42 dei principi di deontologia professionale dei notai, richiamata dall’art. 147, lett. b, della legge notarile, in quanto non risultava che il notaio, nella stipula degli atti di cui si tratta, avesse adeguatamente informato le parti, con particolare riguardo alla banca mutuataria, della particolarità dell’atto che, con il suo ministero, si accingevano a stipulare, venendo così meno al dovere primario, che incombe sul notaio, di rappresentare ai paciscenti tutte le conseguenze dell’atto e richiamare l’attenzione degli stessi sul significato delle varie clausole fino ad opporre il proprio rifiuto nel caso in cui il contratto possa contenere clausole nulle o annullabili. In particolare, secondo i Giudici, “È noto che le banche solitamente concedono i mutui dopo aver compiuto una attività istruttoria che comporta la stima del bene sul quale viene iscritta ipoteca ma la circostanza, che nell’atto di compravendita il valore del bene veniva indicato come notevolmente inferiore alla somma erogata, a titolo di mutuo imponeva al notaio l’obbligo di indicare nell’atto le dichiarazioni che la banca, opportunamente sollecitata, avesse inteso rendere sul punto. E ciò al fine di richiamare l’attenzione della banca sulla possibile erroneità della stima eventualmente effettuata da un suo fiduciario e renderla edotta della conseguente possibile difficoltà di soddisfarsi, in caso di inadempimento del mutuatario, sull’immobile ipotecato il cui valore poteva essere inferiore a quello ritenuto congruo dalla banca stessa. Invero, come affermato dallo stesso reclamante, la somma veniva erogata prima della conclusione dell’atto di compravendita e non vi è prova che, al momento della stipula delle coppie di atti, il funzionario incaricato dall’istituto fosse stato reso edotto del particolare contenuto dell’atto ne’ che questi fosse stato adeguatamente informato in epoca precedente sì da consentire che gli organi amministrativi prendessero le opportune decisioni in ordine al formale consenso da prestarsi innanzi al notaio. Va poi considerato che il D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 23 bis, prevede che nei trasferimenti immobiliari soggetti ad IVA e finanziati mediante mutui il valore nominale del bene ceduto non possa essere inferiore all’ammontare del mutuo erogato, ed allora appare di tutta evidenza che l’indicazione del valore del bene notevolmente inferiore all’entità della somma erogata imponeva al notaio rogante di adottare le opportune cautele onde accertare l’effettivo valore del bene e, ancor più, informare adeguatamente la parte mutuante del divario da cui si evidenziava palesemente la violazione di legge. Da ciò si evince che il notaio si è prestato a favorire parte acquirente consentendole di acquisire, tramite il finanziamento, una somma considerevole senza contestualmente garantire, previo svolgimento dell’attività di informazione ed adeguamento, all’ente mutuante concreta possibilità di soddisfacimento in caso di inadempienza”.

In accoglimento del reclamo incidentale, la Corte riteneva che nel comportamento del notaio […] era ravvisabile la violazione di cui all’art. 14, lett. b, del codice deontologico, richiamato dall’art. 147, lett. c, della legge notarile, “poiché l’essersi prestato alla stipula di atti che producevano l’effetto di far ottenere alla parte mutuataria somme maggiori di quelle che avrebbe potuto ottenere qualora l’atto fosse stato stipulato in osservanza delle norme atte a salvaguardare anche l’interesse della banca mutuante ha determinato l’afflusso di clientela proveniente anche da altri distretti che, qualora non fosse stata attratta dalla prospettiva di acquisire l’illecito beneficio, verosimilmente si sarebbe rivolta ad altri studi notarili”. Non valeva, poi, ad escludere la sussistenza della violazione il fatto che anche gli altri notai del distretto avessero normalmente stipulato contratti di mutuo, posto che la stipula di contratti di tale natura, ove il prezzo di vendita dell’immobile era inferiore alla somma erogata costituiva pratica dalla quale gli altri notai rifuggivano e, dunque, era stata proprio la disponibilità del notaio a redigere atti di contenuto discutibile a comportare sviamento di clientela.

2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione […] sulla base di tre motivi.

Resiste con controricorso l’intimato.

Le parti hanno depositato memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disattesa l’eccezione, sollevata dal resistente, di inammissibilità o improcedibilità del ricorso, in quanto era stato proposto in sostituzione di altro, pressoché identico, non iscritto a ruolo. Ed invero, nel caso in cui una sentenza sia stata impugnata con due successivi ricorsi per cassazione, il primo dei quali non sia stato depositato o lo sia stato tardivamente dal ricorrente, è ammissibile la proposizione del secondo, anche qualora contenga nuovi e diversi motivi di censura, purché la notificazione dello stesso abbia avuto luogo nel rispetto del termine breve decorrente dalla notificazione del primo, e l’improcedibilità di quest’ultimo non sia stata ancora dichiarata, dal momento che la mera notificazione del primo ricorso non comporta la consumazione del potere d’impugnazione (Cass. 12898/2010,- 13267/2007) 1.1.- Il primo motivo denuncia innanzitutto l’omessa pronuncia per non avere esaminato il motivo di reclamo con il quale si era denunciata la violazione del principio di corrispondenza fra incolpazione e decisione; ove si volesse ritenere una decisione implicita della questione, la Corte, disattendendo i principi del procedimento disciplinare, avrebbe posto a base della ordinanza un fatto diverso da quello contestato.

1.2. – Il motivo è infondato.

La sentenza ha esaminato la doglianza, avendo escluso che a carico del notaio fosse stata emessa condanna per un fatto diverso da quello contestato.

D’altra parte, va osservato che la (denunciata) non corrispondenza fra incolpazione e decisione da parte della Commissione concerne un profilo (sostanziale) relativo alla legittimità della fase amministrativa del procedimento svoltosi dinanzi alla Commissione, e, come tale, forma oggetto dell’accertamento di fatto riservato al giudice di merito, la cui motivazione è incensurabile in sede di legittimità se non per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che nella specie non è stato neppure denunciato.
2.1.- Il secondo motivo denuncia che la Corte di appello aveva accolto una interpretazione dilatata dell’art. 42 del codice deontologico notarile, ricomprendo in esso un presunto obbligo, a carico del notaio, di indicare negli atti di mutuo le dichiarazioni delle banche di avere valutato, senza riscontrare alcune erroneità, la stima dell’immobile effettuata dal proprio fiduciario. Nel richiamare la giurisprudenza di legittimità in proposito formatasi, evidenzia che il c.d. dovere di consiglio del notaio non può spingersi fino al punto da comprendere il controllo su circostanze di fatto che rientrano nella normale prudenza delle parti o su quelli che sono i motivi dell’atto. Nella specie, il c.d. dovere di consiglio non poteva spingersi per sindacare il fatto che l’importo del finanziamento fosse superiore al prezzo della vendita, quando le banche conoscono il prezzo e la stima del bene effettuata eventualmente dal loro fiduciario e ne prescindono, senza considerare che le stesse sono dotate di competenza specifica.

2.2.- Il motivo va accolto per quanto di ragione.

La sentenza ha ritenuto la sussistenza dell’illecito per la violazione dei precetti contenuti nelle norme deontologiche che impongono al notaio di informare le parti, sulla portata degli atti ovvero sulle conseguenze giuridiche che obiettivamente possano derivare dal regolamento negoziale posto in essere. Peraltro, nel fare riferimento a quelle attività che il notaio deve compiere nell’ambito del c.d. dovere di consiglio, i Giudici hanno addebitato al notaio di non avere informato la mutuante della circostanza che il valore del bene immobile, risultante dal prezzo della vendita collegata al mutuo erogato dalla banca, era inferiore a quello della somma mutuata, con ciò determinando un danno per l’istituto di credito e un vantaggio indebito per l’acquirente. Ma in tal modo, l’addebito accertato a carico del notaio sarebbe consistito nella mancata informativa non degli effetti giuridici derivanti dalla natura del tipo di atto posto in essere quanto piuttosto di circostanze di fatto il cui accertamento rientra nella normale prudenza delle parti sui rischi economici dell’operazione, che le parti possono e devono compiere, e ciò dicasi tanto più nella specie in cui si discute dei mutui erogati dalla banche, che evidentemente sono soggetti qualificati dotati di competenza specifica in materia. Peraltro, va ancora osservato che, in relazione alla violazione che era stata contestata (art. 147 b legge notarile) con riferimento all’art. 42 del codice deontologico – per non avere informato le parti anche delle possibili conseguenze derivanti dalla stipulazione delle coppie di contratti stipulati, vendita e mutuo con indicazione del prezzo inferiore alla somma mutuata – la Corte di appello, pur avendo tra l’altro fatto riferimento alla previsione di cui al D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 23 bis, (conv. nella L. n. 248 del 2006), secondo cui nei trasferimenti immobiliari soggetti ad IVA e finanziati mediante mutui del corrispettivo pattuito il valore normale del bene ceduto non può essere inferiore all’ammontare del mutuo erogato, ha omesso di tenere nel debito conto le modifiche, apportate dal citato D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 21, alla L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 497 e 498, laddove rispettivamente si stabilisce che “le parti hanno comunque l’obbligo di indicare nell’atto il corrispettivo pattuito” e “se viene occultato, anche in parte, il corrispettivo pattuito, le Imposte sono dovute sull’intero importo di quest’ultimo e si applica la sanzione amministrativa dal cinquanta al cento per cento della differenza tra l’imposta dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo dichiarato, detratto l’importo della sanzione eventualmente irrogata ai. sensi del medesimo D.P.R. n. 131 del 1986, art. 71”. Ma allora, il notaio avrebbe dovuto verificare se le operazioni in questione eventualmente integrassero ipotesi di elusione di oneri fiscali, con il coinvolgimento delle banche mutuanti, ed informare le parti stipulanti dei rischi conseguenti alla stregua della contestazione mossa, l’indagine – che la Corte non ha in alcun modo compiuto – avrebbe dovuto piuttosto riguardare il profilo in esame.

3.1. – Il terzo motivo censura la I ordinanza impugnata per avere accolto l’addebito di accaparramento di clientela senza che la Corte di appello fosse stata investita della questione e senza avere riesaminato la documentazione prodotta dinanzi alla Commissione dal notaio non essendo stata acquisita il fascicolo di ufficio.
3.2. – Il motivo è assorbito, a stregua delle considerazioni sopra formulate in occasione del secondo motivo.

La ordinanza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio […]