[…]
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
[…] ha impugnato innanzi alla Corte d’appello di L’Aquila la sentenza con la quale il Tribunale di Avezzano aveva respinto la sua domanda di risarcimento del danno asseritamente patito per effetto di operazioni d’intermediazione mobiliare ed acquisto titoli, qualificati pronti contro termine, che gli avevano procurato la perdita di parte del capitale, eseguite dalla convenuta […] senza fargli sottoscrivere la scheda rischi in violazione delle disposizioni impartite dalla CONSOB. La pronuncia di rigetto appellata si fondava sia sulla prova della somministrazione da parte della banca di adeguate informazioni, sia sulla ritenuta inapplicabilità della disciplina regolamentare invocata a sostegno della domanda, siccome non era stata prodotta dall’istante ne’ era conoscibile d’ufficio.
La Corte territoriale, con sentenza del 21 febbraio 2005 e notificata il 18 aprile 2005, ha parzialmente riformato la precedente decisione. Quest’ultima decisione è stata infine impugnata dalla Banca […] con ricorso per cassazione sorretto da quattro motivi ulteriormente illustrati con memoria difensiva depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c. L’intimato ne’ si è costituito ne’ ha spiegato difesa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Col primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c. La Banca […] deduce omessa motivazione in ordine alla contestata applicazione del regolamento CONSOB, di cui la Corte territoriale ha tenuto conto in palese violazione del principio jura novit cura, nonostante l’attore non avesse assolte all’onere della sua allegazione agli atti, trattandosi di fonte secondaria non acquisibile d’ufficio.
Il motivo è privo di fondamento.
La decisione si fonda su argomenti che presuppongono necessariamente la soluzione sulla questione introdotta col gravame, che ha perciò implicitamente respinto. D’altronde, il controverso regolamento Consob rappresenta atto normativo cui è stata demandata dal legislatore l’attuazione delle regole introdotte (Ndr: testo originale non comprensibile) D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 TUF, che ne prevede l’adozione appunto a fine attuativo, e con esso fa corpus unicum condividendo la natura di fonte normativa. È per l’effetto conoscibile, nonché applicabile d’ufficio.
2.- Il secondo motivo è articolato in plurimi profili:
2.1.- ricostruisce i rapporti intervenuti col […] per rilevare la corretta informazione impartitagli circa il rischio delle operazioni di acquisto e disinvestimento dei titoli. Riferisce le risultanze delle prove orali, ribadendo che i testi escussi – […] – riferirono che le operazioni di acquisto di titoli sudamericani furono eseguite su espresso ordine del […] che disattese il contrario consiglio dei funzionari della banca suoi interlocutori, parimenti gli fu consigliato di non vendere i titoli in suo possesso in attesa di migliori condizioni;
2.2.- ascrive alla Corte territoriale d’aver erroneamente affermato che la stessa banca aveva definito non adeguata l’operazione di vendita dei titoli, che è invece circostanza non ammessa, ma piuttosto contestata. Assume a conforto che il profilo di rischio del […] neppure consentiva di cogliere tale requisito;
2.3.- deduce che la Corte aquilana è incorsa nel vizio di ultrapetizione per aver fondato la sua decisione su eccezioni in senso proprio che l’attore neppure aveva sollevato;
2.4.- lamenta infine errata interpretazione dell’art. 29 del regolamento CONSOB n. 11522 del 1 luglio 1998 che impone la conferma scritta dell’ordine. Con un vero e proprio salto logico, il giudice d’appello, pur valorizzando la disposizione regolamentare, ha applicato il D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, artt. 21 e 23 T.U.F., ponendo a base della sua conclusione la norma da ultimo citata che impone il requisito della forma scritta a pena di nullità nei contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari. L’asserita violazione potrebbe inficiare la validità dei contratti, ma non per ciò essere fonte di responsabilità, non implicando necessariamente la negligenza dell’operatore finanziario. Il motivo risulta privo di fondamento.
La decisione impugnata ha reputato le operazioni di acquisto di titoli, precedenti all’introduzione del regolamento CONSOB invocato dall’istante, eseguite con specifica diligenza dalla banca, i cui funzionari ebbero a sconsigliarle al […] che, non di meno, diede ordine di eseguirle. Di contro, poiché il disinvestimento dei titoli venne effettuato il 21.9.98 nella vigenza del regolamento CONSOB, che la stessa banca aveva definito operazione non adeguata ai sensi del predetto regolamento, era onere della convenuta, rimasto irrisolto, fornire in giudizio la prova dell’impiego della specifica postulata diligenza. L’ordine scritto proveniente dal cliente, prodotto in atti, non ha rilevanza probatoria; in quanto non contiene l’esplicito riferimento alle avvertenze ricevute, secondo quanto prescritto dall’art. 29 dell’anzidetto regolamento CONSOB. Trattate unitariamente le censure in cui si articola il motivo, devesi osservare che:
2.1.- Non coglie la ratio decidendi il lamentato omesso esame delle risultanze delle prove orali riguardanti le operazioni di acquisto. A loro riguardo la convenuta è andata esente da responsabilità, donde non ha rilievo il comportamento adottato dagli operatori bancari, la cui correttezza si pretende comprovata dalle deposizioni testimoniali riferite.
2.-2 Parimenti non centrata rispetto al nucleo della decisione impugnata è la censura laddove relaziona l’asserita correttezza dell’operazione di disinvestimento titoli eseguita il 21.9.98 al contrario suggerimento, fornito al […] dal funzionario che eseguì l’operazione.
Nell’economia della decisione siffatto contrario avvertimento, neppure smentito in punto di fatto, non ha assunto valore scriminante in assenza della sua necessaria consacrazione nel contenuto dell’ordine, secondo la previsione dell’art. 29 del regolamento CONSOB. Quanto al richiamo all’applicazione officiosa del regolamento CONSOB in assenza d’eccezione dell’attore, occorre osservare anzitutto che l’attore non era di certo tenuto, per la sua veste processuale, a sollevare eccezioni, e, comunque, che, nella sostanza, la censura ribadisce le argomentazioni spese nel primo motivo, di cui si è rilevata l’infondatezza.
2.3- La natura non adeguata dell’operazione di disinvestimento eseguita nel settembre 1998 risulta implicitamente motivata. Tale qualificazione evidentemente è stata desunta dalla Corte territoriale dalle emergenze probatorie che hanno evidenziato la consapevolezza della banca circa i rischi dell’operazione, che furono appunto espressamente rappresentati dal funzionario operatore al cliente, sconsigliato a riguardo seppur non in forma regolamentare. Irrilevante è inoltre la deduzione circa l’esistenza della conferma scritta dell’ordine proveniente dal […], indicato quale doc. 8 della sua produzione documentale, per le ragioni che di seguito vengono illustrate.
2.4- La prospettata esegesi della disciplina che regola la fattispecie contrasta l’interpretazione accreditatasi in giurisprudenza. Giova ricordare che si è già affermato, con sentenza delle S.U. n. 26724/2007, che gli obblighi di comportamento previsti dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 21 T.U.F. impongono all’intermediario il rispetto del dovere di comportarsi con diligenza, correttezza e professionalità nei confronti del cliente nella fase, che in questa sede interessa, di esecuzione del contratto d’intermediazione finanziaria.
La norma richiamata, che ribadisce il disposto del D.Lgs. n. 495 del 1996, art. 17 che aveva recepito la direttiva 93/22/CEE del 10 maggio 1993), stabilisce che; nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento i soggetti abilitati devono “acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati” (comma 1, lett. b)”. Integrando la regola sostanziale prevista nella clausola generale di correttezza sancita nel codice civile, richiamata del resto nella lett. a) della norma in oggetto, impone all’operatore l’adozione di un comportamento specifico, adeguato al rischio intrinseco all’operazione finanziaria, che ponga l’investitore in grado di effettuare una scelta consapevole cogliendo effettivamente contorni ed effetti dell’operazione. La disciplina regolamentare attuativa contenuta nella Delib. CONSOB 1 luglio 1998, n. 11522, applicabile ratione temporis, prescrive che tale comportamento riceva formale consacrazione in un ordine scritto dell’investitore, contenente l’esplicito riferimento alle avvertenze ricevute. L’art. 29, comma 3. del suddetto regolamento prescrive infatti, che gli intermediari autorizzati, quando ricevono dall’investitore disposizioni relative ad un’operazione non adeguata, sono tenuti a fornire informazioni su tale circostanza e sulle ragioni per cui non è opportuno procedere all’operazione. Devono dunque avvertire adeguatamente il cliente sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione prima sia di consigliare operazioni o di prestare il servizio di gestione, sia di effettuare operazioni con o per conto dell’investitore. E, se questi comunque intende dar corso all’operazione, devono acquisirne una precisa disposizione scritta in cui si fa riferimento alle avvertenze ricevute.
La norma, che come si già sostenuto nel precedente di questa Corte n. 17340/2008 pronunciato in caso identico, si applica a tutti i servizi di investimento prestati nei confronti di qualsiasi investitore che non sia un operatore qualificato, sia ove sussista una discrezionalità dell’intermediario sia se questi operi dietro istruzione del cliente, ed introduce una regola di comportamento – responsabilità, ispirata ad esigenza di adeguata protezione del risparmiatore in una prospettiva che , oltre che sull’interesse del singolo investitore incide sul risparmio in genere che, costituendo un aspetto dell’economia- art. 47 Cost. -, rappresenta interesse di carattere generale. Di qui la sua valenza di ordine pubblico, sostanziandosi in norma imperativa. I profili incidenti su eventuale nullità dell’ordine, diffusamente trattati dalle S.U. nel citato arresto, non interessano in questa sede. Ciò che rileva è che l’inadempimento all’obbligo normativamente prescritto comporta la responsabilità risarcitoria della banca, che del resto è presunta dallo stesso D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23 T.U.F. che, prescritta al comma 1 la forma scritta in relazione ai contratti in oggetto, al comma 6 stabilisce che “Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nelle svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta”.
In questo quadro ricostruttivo sono irrilevanti i riferimenti della ricorrente al comportamento del […], di cui ha sottolineato l’abituale attività d’investimento titoli, siccome ciò non è sufficiente a qualificarlo investitore qualificato, dunque ad esimerla dagli obblighi di cui si è detto. Ha invece rilievo tranciante il dato riscontrato dalla Corte di merito che l’ordine scritto proveniente dal cliente, prodotto in atti, non contiene l’esplicito riferimento alle avvertenze ricevute, secondo quanto prescritto dall’art. 29 dell’anzidetto regolamento CONSOB. Questo decisivo passaggio logico non è fatto segno di puntuale critica. I fatti dedotti – che l’investitore si era limitato a dare esecuzione all’ordine impartito dal […] che pur aveva preventivamente sconsigliato essendo l’operazione non adeguata, e che quest’ultimo diede conferma scritta dell’ordine -, sono palesemente inidonei a soddisfare l’obbligo di correttezza dell’investitore che, com’ è pacifico, non acquisì l’autorizzazione del […] a compiere l’operazione nella forma prescritta. A questo atto la conferma scritta non è omologabile e, per l’effetto la sua allegazione, diversamente da quanto opina la ricorrente, seppure pacifica, non produce effetto scriminante.
3.- Il terzo motivo deduce vizio di motivazione e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 21 e dell’art.2043 c.c. La ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ravvisato la sua responsabilità extracontrattuale. Poiché il […] non ha lamentato l’inadempimento di una qualche clausola contrattuale non è ravvisabile neppure responsabilità contrattuale. Non sono sufficientemente motivati l’identificazione dell’evento dannoso ed il nesso causale. La sentenza impugnata assume che la stessa banca ha affermato in comparsa di risposta che il mancato disinvestimento improvviso dei titoli avrebbe consentito all’attore di recuperare il valore d’acquisto dei titoli e quindi di evitare la perdita ammontante a L. 59.277.592, pari ad Euro 30.614,32 che risulta dalla copia del dossier titoli. Appare evidente il nesso causale tra la violazione commessa dalla banca ed il danno conseguente alla vendita dei titoli. Questo tessuto argomentativo, puntuale ed esaustivo, si sottrae; alla critica sopra riferita.
La violazione del dovere di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario può dar luogo a responsabilità contrattuale, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento o disinvestimento (cfr Cass. S.U. n. 26724/2007 cit.). Se risulta accertato, com’è avvenuto nel caso di specie, che l’intermediario non ha rispettato gli obblighi posti a suo carico dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 integrato dalla normativa secondaria, è sufficiente che l’investitore alleghi l’inadempimento delle citate obbligazioni da parte dell’intermediario e che provi che il pregiudizio lamentato consegua a siffatto inadempimento. L’intermediario, invece, ha l’onere di provare d’aver rispettato i dettami di legge, e, sotto il profilo soggettivo, di avere agito con la specifica diligenza richiesta – Cass. n. 3774/2009. La decisione impugnata muove da ricostruzione esegetica condotta su tale solco, e ravvisa sulla sua base gli elementi tutti configuranti la responsabilità contrattuale della banca. La conclusione cui perviene è perciò corretta.
4.- Col quarto motivo si censura la liquidazione del danno con richiamo agli artt. 2043, 2056 e 1227 c.c. nonché vizio di motivazione.
La decisione impugnata, come si è riferito, quantifica il danno sulla base delle circostanze ammesse dalla stessa banca. La censura inammissibilmente propone a questa Corte fatti e circostanze che porterebbero a diverso risultato, sollecitando un apprezzamento sui fatti che a questa Corte non è consentito.
Per altro verso, ma, ancora una volta inammissibilmente, introduce questione riguardante il concorso del fatto colposo dell’attore, che non risulta trattata nelle sedi di merito.
Tutto ciò premesso, il ricorso deve essere rigettato. Non vi è luogo sul governo delle spese processuali stante l’assenza d’attività difensiva dell’intimato.