Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 17080 del 2017, dep. il 11/07/2017

 

[…]

Fatti di causa

1. […] convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Parma […] s.p.a. chiedendo declaratoria di nullità o annullamento del contratto di acquisto di obbligazioni Parmalat, con condanna alla restituzione dell’importo versato, ed in subordine la condanna al risarcimento del danno per violazione degli obblighi dell’intermediario finanziario ed al pagamento di Euro 10.000,00 per danno non patrimoniale. Si costituì la parte convenuta chiedendo il rigetto della domanda.
2. Il Tribunale adito rigettò la domanda.
3. Avverso detta sentenza propose appello […]. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello.
4. Con sentenza di data 3 settembre 2013 la Corte d’appello di Bologna rigettò l’appello. Osservò la corte territoriale che, benché l’unico elemento di fatto sviluppato in modo rilevante ai fini dell’appello fosse il tema della provenienza straniera dei bonds emessi da «Parmalat Finance Corp. BV», tale tema non era stato posto in primo grado ai fini della domanda risarcitoria, ma solo quale errore in relazione al consenso negoziale, sicché o si trattava di domanda nuova mai dedotta innanzi al Tribunale e dunque preclusa o, se compresa nel thema decidendum del primo grado, vi era stata l’omessa pronuncia del primo giudice, la quale non era stata però oggetto di specifica impugnazione (peraltro, ad ogni buon conto, la garanzia fornita dalla capogruppo Parmalat s.p.a. escludeva l’eventuale errore essenziale e smentiva il nesso fra la scelta del cliente e l’ipotizzato vizio del consenso, mentre il default dell’intero gruppo escludeva la riferibilità del danno ad una sola società del gruppo). Aggiunse, quanto al resto dell’atto di appello, che i motivi erano inammissibili in quanto all’enunciazione volitiva del gravame non si accompagnava l’illustrazione delle ragioni atte ad incrinare il fondamento logico-giuridico della decisione, essendosi l’appellante limitata a richiamare precedenti giurisprudenziali senza evidenziare in quali aspetti gli argomenti del Tribunale finissero per essere smentiti, né sollevare contestazioni specifiche in ordine al percorso argomentativo della sentenza, che non era stata neppure menzionata per tabulas.
5. Ha proposto ricorso per cassazione […] sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso la parte intimata.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva il ricorrente che all’epoca di notifica della citazione era applicabile la disposizione di cui all’art. 342 vigente antecedentemente l’entrata in vigore del d. I. n. 83 del 2012 e che il giudice di appello non aveva letto la citazione in quanto, dopo avere affermato che si chiedeva la riforma della sentenza, erano stati indicati i motivi relativi agli obblighi risarcitori.
1.1 Il motivo è inammissibile. La censura resta estranea alla ratio decidendi, avendo il giudice di appello fatto applicazione del parametro della specificità dei motivi, di cui al previgente art. 342.
1.2. In secondo luogo va rammentato che l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso; pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità (Cass. 20 settembre 2006, n. 20405; 16 ottobre 2007, n. 21621). L’onere di autosufficienza non risulta rispettato.
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 345 o 112 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 1218 cod civ. e 23, ultimo comma, TUF, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva il ricorrente, con riferimento alla dedotta novità della domanda risarcitoria proposta in relazione al fatto che si trattava di bonds emessi da società estera o in alternativa omessa pronuncia relativamente a tale istanza, che non poteva aversi domanda nuova o omessa pronuncia perché, incombendo sull’intermediario finanziario l’onere di provare di avere osservato la specifica diligenza, qualsiasi ragione di inadempienza enunciata anche in comparsa conclusionale non rappresentava autonoma domanda ma solo un chiarimento circa i motivi di inadempienza, ovvero circostanza che avrebbe dovuto indicare l’intermediario per escludere la propria inadempienza.
2.1 II motivo è infondato. Il creditore che agisce per il risarcimento del danno deve soltanto provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte (giurisprudenza costanza a partire da Cass. Sez. U. 30 ottobre 2001, n. 13533). Concretizzazione di tale principio è l’ultimo comma dell’art. 23, d. Igs. 24 febbraio 1998, n. 58, in base al quale nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento spetta all’intermediario l’onere della prova di avere agito con la specifica diligenza richiesta. E’ pertanto sufficiente che l’investitore alleghi l’inadempimento da parte dell’intermediario delle obbligazioni poste a suo carico dall’art. 21 del d.lgs. n. 58 del 1998 (Cass. 29 ottobre 2010, n. 22147). Tale allegazione è non solo sufficiente ma anche necessaria. Mentre nei diritti c.d. autodeterminati il bene giuridico formante oggetto della domanda è individuabile nella sua essenza indipendentemente dalla causale che ne determina la richiesta, trattandosi in tal caso di diritti (tipico quello di proprietà) che non possono coesistere simultaneamente più volte tra i medesimi soggetti, nei diritti c.d. eterodeternninati, invece, il bene richiesto acquista determinatezza solo mediante il collegamento con la causale addotta a sostegno della pretesa. In questa seconda ipotesi, infatti, vengono dedotti diritti (tipicamente di obbligazione) che possono esistere contemporaneamente più volte fra i medesimi soggetti con lo stesso contenuto e che perciò richiedono, quale indispensabile elemento di individuazione, l’allegazione dei fatti costitutivi sui quali essi si fondano. Ove sia dedotta in giudizio l’obbligazione risarcitoria per responsabilità contrattuale la circostanza specifica di inadempimento è identificativa del diritto di credito e pertanto ne integra il fatto costitutivo che tuttavia il creditore ha solo l’onere di allegare, e non anche di provare. La ragione specifica di inadempienza non può pertanto essere ridotta a «chiarimento» dell’inadempienza o ad allegazione del debitore (ai fini della prova della sua esclusione), come intende, errando, il ricorrente, ma è elemento costitutivo del credito risarcitorio che è sufficiente e allo stesso tempo necessario che il creditore alleghi.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 23, ultimo comma, TUF, e 29 Reg. Consob n. 11522 del 1998, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva il ricorrente che le condotte ostruzionistiche sono state sanzionate con Cass. n. 18039 del 2012 e che il […] aveva dichiarato un profilo di rischio basso. Aggiunge che il prodotto era inadeguato.
3.1 Il mancato accoglimento dei precedenti motivi determina l’assorbimento del motivo. […]