[…]
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 5 aprile 2016 il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Reggio Calabria, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto la
richiesta formulata da […], […], […] e […], diretta a conseguire la dichiarazione di estinzione dell’ordine di demolizione impartito con il decreto penale n. […] del 2009 del Tribunale di Reggio Calabria, e della nullità o inefficacia della conseguente ingiunzione a demolire emessa dal Pubblico Ministero.
Il giudice dell’esecuzione, nel disattendere le richieste degli intimati, ha
evidenziato l’estraneità della prescrizione penale all’ordine di demolizione
accessorio alla condanna per reati edilizi, in quanto sanzione amministrativa di
tipo ripristinatorio, e la legittimità della sua emissione anche nei confronti dei
proprietari del bene pur se estranei alla commissione del reato, ed anche
l’irrilevanza della pendenza del procedimento amministrativo volto alla
approvazione del nuovo Piano Regolatore, sottolineando, quale elemento di
segno contrario rispetto alla volontà della Autorità amministrativa di consentire il mantenimento delle opere abusive, l’approvazione da parte della Giunta comunale di tutte le determinazioni assunte nel corso del procedimento di esecuzione della ingiunzione a demolire, consentendo anche alla anticipazione delle somme necessarie per l’abbattimento del manufatto.
Infine è stata rilevata l’infondatezza dell’assunto dei richiedenti riguardo alla
illegittimità della individuazione da parte del Pubblico Ministero della impresa da incarica della esecuzione della demolizione, spettando al Pubblico Ministero dare impulso alla esecuzione, essendo necessario l’intervento del giudice dell’esecuzione solamente in caso di questioni a proposito del titolo esecutivo o a proposito delle modalità della demolizione.
2. Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso congiuntamente tutti gli
intimati, mediante il medesimo difensore di fiducia, che lo ha affidato ad un
unico articolato motivo, denunciando violazione di legge penale e vizio della
motivazione.
Hanno, anzitutto, sottolineato l’estraneità di […], […], […] e […] alla commissione del reato in conseguenza del quale era stato impartito l’ordine di demolizione, ed anche al fabbricato abusivo che ne costituiva l’oggetto, essendo solamente comproprietari del terreno sul quale lo stesso era stato realizzato, ribadendo che l’unico legittimo destinatario di tale ordine doveva essere individuato nell’autore dell’abuso, con la conseguenza che l’ordine di demolizione avrebbe dovuto essere annullato nei confronti degli altri intimati.
Hanno, inoltre, prospettato la futura classificazione dell’area nella quale era
stato realizzato il fabbricato come totalmente edificabile, secondo quanto
previsto dal nuovo Piano regolatore generale in corso di approvazione, con la
conseguente incompatibilità di tale nuova destinazione con la demolizione delle
opere abusive.
Infine hanno lamentato l’indebita sollecitazione da parte del Pubblico
Ministero al Comune di […], affinché provvedesse alla anticipazione
delle spese per la demolizione, ai sensi dell’art. 31 d.P.R. 380/2001, in quanto il
comma 6 di tale disposizione prevede che la demolizione delle opere abusive ed il ripristino dello stato dei luoghi avvengano a spese dei responsabili dell’abuso e su iniziativa degli organi comunali, con la conseguente indebita assunzione da parte del Pubblico Ministero della iniziativa al riguardo, mediante la nomina di un consulente tecnico e l’individuazione dell’impresa cui affidare l’esecuzione della demolizione.
3. Il Procuratore Generale nella sua requisitoria scritta ha concluso per il
rigetto dei ricorsi, ribadendo come l’ordine di demolizione non sia soggetto né
alla prescrizione stabilita dall’art. 173 cod. pen. per le sanzioni, né a quella di cui
all’art. 28 I. n. 689 del 1981, che riguarda solamente le sanzioni pecuniarie con
finalità punitiva, in quanto sanzione amministrativa disposta dal giudice penale, da eseguire nei confronti di tutti i soggetti che sono in rapporto con il bene e vantano su di esso un diritto reale o personale di godimento, anche estranei alla commissione del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono manifestamente infondati.
2. L’eccezione di inopponibilità dell’ordine di demolizione agli estranei al
reato, in quanto solo comproprietari pro quota del fondo su cui è stata realizzata
l’opera abusiva (consistente in un manufatto a tre piani fuori terra, oltre a
porzione di un quarto piano fuori terra, con strutture portanti in cemento
armato, pilastri, travi e solaio di piano in cemento armato e laterizi, realizzato in
assenza di permesso di costruire), è manifestamente infondata.
Al riguardo questa Corte ha costantemente affermato che l’ordine di
demolizione, una volta accertato l’abuso, non ha effetto solo a carico
dell’imputato, ma anche nei riguardi di coloro che hanno un diritto reale sull’area di sedime, e ciò prescindendo dal fatto che l’abuso sia ad essi addebitabile come committenti od esecutori materiali, in quanto la natura pubblicistica dell’ordine di rimessione in pristino rende inapplicabile il principio civilistico della res inter alios acta (così Sez. 3, n. 1879 del 14/05/1999, Ricci, Rv. 214536; conf. Sez. 3, n. 3046 del 29/11/2001, Guzzo, Rv. 220782; Sez. 3, n. 45301 del 07/10/2009, Roscetti, Rv. 245213; Sez. 3, n. 35309 del 19/05/2016, Mele, Rv. 267645).
Si tratta di orientamento consolidato, che il Collegio condivide pienamente,
derivante dalla natura di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio
dell’ordine di demolizione, come tale privo di finalità punitive e con effetti che
ricadono sul soggetto che è in rapporto col bene, indipendentemente dal fatto
che questi sia l’autore dell’abuso (Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, De Lorier,
Rv. 265540).
Detto ordine è, dunque, opponibile anche ai terzi estranei al reato comproprietari dell’area sulla quale sia stato realizzato il manufatto abusivo, di cui, peraltro, nella specie hanno acquisto la comproprietà in conseguenza del rapporto di comunione, essendo l’opera stata realizzata da uno dei comproprietari (cfr., al riguardo, Cass. civ., Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 4901 del 11/03/2015, Vaccariello contro Condominio Villaggio Zara, nella quale è stato chiarito che “La costruzione di un’opera realizzata da un condomino su bene comune non è disciplinata dalle norme in materia di accessione, poiché difetta il presupposto dell’altruità del bene, ma dalle norme in materia di comunione, sicché il comproprietario del fondo, sul quale il primo ha realizzato l’opera, non può agire per il riconoscimento dell’indennizzo ex art. 936 cod. civ.”).
3. Anche l’eccezione di incompatibilità dell’ordine di demolizione con gli
strumenti urbanistici in via di approvazione è manifestamente infondata.
Va al riguardo ricordato che il giudice dell’esecuzione ha l’obbligo di revocare
l’ordine di demolizione del manufatto abusivo impartito con la sentenza di
condanna o di patteggiamento, ove sopravvengano atti amministrativi con esso del tutto incompatibili, ed ha, invece, la facoltà di disporne la sospensione
quando sia concretamente prevedibile e probabile l’emissione, entro breve
tempo, di atti amministrativi incompatibili (Sez. 3, n. 24273 del 24/03/2010,
[…], Rv. 247791; Sez. 3, Ordinanza n. 25212 del 18/01/2012, Maffia, Rv.
253050; Sez. 3, n. 3456 del 21/11/2012, Oliva, Rv. 254426, nella quale è stato
ribadito che l’ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di
condanna, per la sua natura di sanzione amministrativa applicata dall’autorità
giudiziaria, non è suscettibile di passare in giudicato essendone sempre possibile la revoca quando esso risulti assolutamente incompatibile con i provvedimenti della P.A. che abbiano conferito all’immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività; Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci, Rv. 260972, nella quale è stato sottolineato il permanere del potere-dovere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità dell’atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio).
Nella specie non vi è alcun atto amministrativo incompatibile con l’ordine di
demolizione impartito alla […], di cui tutti i ricorrenti hanno chiesto la
revoca, non essendo stato approvato alcuno strumento urbanistico con esso
incompatibile, tale da rendere lecita la realizzazione del fabbricato oggetto
dell’ordine, e neppure ne risulta concretamente probabile e prevedibile
l’emissione entro breve tempo, avendo al riguardo il giudice dell’esecuzione
sottolineato come sia stata solamente disposta la trasmissione del documento preliminare del Piano strutturale associato e del rapporto preliminare al Consiglio comunale, per l’adozione delle determinazioni di competenza ai sensi dell’art. 27 legge Regione Calabria n. 19 del 2002, evidenziando come tale procedura sia assai articolata e non fosse ancora stata avviata, escludendo, di conseguenza, coerentemente, la prevedibile emissione entro breve tempo di atti amministrativi incompatibili con l’ordine di demolizione, con la conseguente corretta esclusione dei presupposti per revocare o sospendere l’esecuzione dell’ordine di demolizione.
4. Manifestamente infondate, infine, risultano anche le censure, peraltro
relative a questioni di fatto e prive della indicazione di violazioni di legge penale o processuale, formulate a proposito delle iniziative adottate dal Pubblico Ministero per dare corso alla esecuzione dell’ordine di demolizione, tra cui la disposizione di una consulenza tecnica, l’individuazione di una impresa cui affidarla e la richiesta al Comune di anticipare le relative spese.
Compete, infatti, al Pubblico Ministero, quale organo promotore
dell’esecuzione ex art. 655 cod. proc. pen., determinare le modalità attuative
della demolizione e, qualora sorga una controversia concernente non solo il
titolo, ma anche le modalità esecutive, va instaurato dallo stesso Pubblico
Ministero, dall’interessato o dal difensore procedimento innanzi al giudice
dell’esecuzione (Sez. 3, n. 40763 del 23/05/2013, Terracciano, Rv. 257524,
relativa a fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo l’ordine di demolizione
emesso dal Pubblico Ministero, che aveva demandato al sindaco l’esecuzione
dello sgombero di un manufatto abusivo e il distacco delle utenze; conf. Sez. 3,
n. 34531 del 26/06/2001, Rossi, Rv. 220010 Sez. 3, n. 1961 del 12/05/2000,
Masiello, Rv. 216991).
Spetta, dunque, al Pubblico Ministero l’organizzazione della procedura di
demolizione, che, secondo quanto stabilito dall’art. 61 d.P.R. n. 115 del 2002
(Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di
giustizia), può essere affidata alle strutture tecnico-operative del Ministero della Difesa o, se meno oneroso, ad imprese private, ai sensi dell’art. 41, comma 3, d.P.R. 380/2001, attenendosi, per quanto riguarda le spese, alle disposizioni degli artt. 62 e 63 del citato d.P.R. 115/2002, che prevedono, all’art. 62, il recupero delle stesse a carico del soggetto obbligato; ne consegue che la loro eventuale anticipazione da parte del Comune (anch’esso tenuto a dare corso alla demolizione) non determina violazione di tali disposizioni, rendendosi la stesa necessaria per poter procedere alla demolizione ed essendo comunque previsto il loro recupero nei confronti dell’obbligato.
Non sono, dunque, ravvisabili violazioni di sorta negli atti adottati dal
Pubblico Ministero allo scopo di dare corso alla demolizione, con la conseguente
evidente infondatezza anche delle doglianze sollevate al riguardo dai ricorrenti.
5. In conclusione i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, stante la
manifesta infondatezza di tutti i motivi cui sono stati affidati.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (Corte Cost. sentenza 7 – 13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, […]