Consiglio di Stato, Sezione IV, Sentenza n. 5674 del 2017, pubbl. il 04/12/2017

[…]

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per il Veneto l’odierno appellante invocava l’annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale di […] n. […] del […] 2015, di approvazione del nono Piano di Interventi – Primo Stralcio, pubblicata in data 13 aprile 2015, nella parte in cui ha creato il nuovo lotto di completamento RM/150, ha introdotto il comma 3 all’art.6 delle N.T.O. del piano e ha approvato l’accordo pubblico – privato per l’ampliamento del fabbricato di proprietà della […].
2. Il primo giudice dichiarava inammissibile il ricorso, rilevando il difetto di legittimazione ad agire in capo all’originario ricorrente, in quanto:
a) non sussistevano i presupposti per impugnare il detto provvedimento nella veste di consigliere […] a tutela degli interessi generali della cittadinanza;
b) né riteneva sussistenti gli elementi per fondare la detta legittimazione sulla circostanza che il ricorrente fosse proprietario di alcuni terreni presenti nel territorio del Comune.
3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello l’originario ricorrente dolendosi del fatto che:
a) egli non avrebbe fatto valere la propria veste di consigliere […], circostanza solo dedotta come motivo ulteriore rispetto alla legittimazione che gli spetterebbe in proprio. Infatti, l’appellante è proprietario di alcuni fondi, che sebbene non contermini a quelli oggetto del provvedimento impugnato, non escluderebbero la legittimazione dell’appellante, dal momento che egli avrebbe subito un danno da perdita di chance, derivante dalla scelta dell’amministrazione appellata di concentrare la volumetria edilizia nel territorio oggetto del provvedimento impugnato con ciò che ne consegue in termini di frustrazione delle aspettative dell’appellante, che già nel 2013 aveva presentato un’istanza di trasformazione urbanistica da agricola a residenziale. Né potrebbe ritenersi che il danno da perdita di chance non sia attuale. Inoltre, le scelte urbanistiche dell’amministrazione, che consentono l’ampliamento del supermercato dell’odierno appellato comporterebbero una riduzione immediata del valore dei fondi dell’appellante in termini di sistema viabilistico, di qualità della vita e di servizi ai residenti. Infine, l’appellante avrebbe dato prova di agire non come quisque de populo, ma in forza del pregiudizio patrimoniale subito dai propri fondi; b) il TAR non avrebbe verificato la lesività derivante dal provvedimento impugnato, nella parte in cui modifica la disciplina della perequazione;
c) la legittimazione ad agire dell’appellante deriverebbe, altresì, dalla circostanza che egli avrebbe presentato osservazioni alle quali l’amministrazione comunale non avrebbe offerto risposta;
d) sarebbe erronea la sentenza di prime cure, laddove ha condannato l’appellante al rimborso delle spese di lite anche a favore delle parti non costituite in giudizio.
Infine, l’appellante ripropone i motivi di ricorso non esaminati dal primo giudice, aventi ad oggetto: I) erroneità ed irragionevolezza delle scelte urbanistiche relative alle aree di proprietà delle signore […] e della […]; II) illegittimità delle modifiche alla disciplina della perequazione; III) illegittimità della condotta della amministrazione resistente, in sede di esame delle osservazioni proposte, anche dal ricorrente, alla variante IX al Piano degli Interventi del Comune […].
4. Costituitasi in giudizio, l’amministrazione comunale invoca il rigetto dell’appello evidenziando che difetterebbe non solo il requisito della vicinitas, ma anche quello della presenza di un interesse attuale in capo all’appellante, volto ad evitare un pregiudizio, né potrebbe dirsi tale quello derivante dalla modifica della disciplina della perequazione. Quanto alla circostanza che le osservazioni non sarebbero state esaminate, questa non sarebbe veritiera.
5. Costituitasi in giudizio, […] S.r.l. invoca la reiezione del gravame in esame argomentando sia sul profilo del difetto di interesse ad impugnare da parte dell’appellante, sia sull’infondatezza dei motivi riproposti.
6. Nelle successive difese l’appellante reitera le proprie argomentazioni.
7. L’appello è infondato e non può essere accolto.
7.1. Preliminarmente, occorre rilevare che lo stesso appellante sostiene di non avere inteso agire nella veste di consigliere […], sicché in questa parte la sentenza di prime cure deve ritenersi avere acquisito la stabilità del giudicato.
7.2. Quanto, invece, alla carenza di legittimazione ed interesse ad agire dell’appellante, nella qualità di proprietario di terreni siti in zona diversa da quella presa in considerazione dalla variante allo strumento urbanistico, deve confermarsi il giudizio del TAR.
7.2.1. Innanzitutto, è lo stesso appellante a rilevare come i terreni di sua proprietà non siano contermini a quelli oggetto del provvedimento impugnato e ciò esclude la sussistenza della legittimazione fondata sul requisito della vicinitas. Infatti, la giurisprudenza di questo Consiglio ha chiarito a più riprese che la vicinitas non rappresenta un dato decisivo per fondare la legittimazione ad impugnare, nel senso che di per sé non è sufficiente, dovendosi dimostrare che l’intervento contestato abbia capacità di propagarsi sino a incidere negativamente sul fondo del ricorrente (cfr. Cons. St., Sez. IV, 19 novembre 2015, n. 5278).
Nella fattispecie una simile prova non viene fornita.
Infatti, posto che la trasformazione edilizia dei suoli oggetto del provvedimento impugnato non si presenta come attività idonea ad incidere in via immediata e diretta sulla sfera giuridica del ricorrente, i cui fondi sono ben distanti, non risulta apprezzabile l’ulteriore lesione da questi rappresentata, in termini di perdita di chance, dal momento che l’aspettativa a che il proprio suolo venga ad essere conformato come edificabile (o anche quella che altri suoli non lo siano, sicché cresca la possibilità che il proprio suolo venga ritenuto tale), non è un’aspettativa giuridicamente apprezzabile e si risolve in un interesse di mero fatto, che non assume diversa valenza giuridica per la mera circostanza che nel 2013 l’appellante avrebbe chiesto il mutamento di qualificazione giuridica delle proprie aree, trattandosi per altro di procedimento non più pendente.
7.2.2. Del pari, la legittimazione dell’appellante non può essere desunta in forza delle modifiche alla disciplina sulla perequazione. L’istituto della perequazione, infatti, ha come fondamento l’equità a favore dei privati nella concessine dei titoli edilizi per un corretto governo del territorio. Sicché ciò che non spiega l’appellante è in che termini ne sarebbe leso. Anche qualora volesse ammettersi una lesione di tal fatta la stessa si presenta come meramente potenziale, giacché l’appellante non risulta aver presentato istanza che comporti l’applicazione della detta disciplina.
Inoltre, la legittimazione e l’interesse al ricorso vanno vagliati con riferimento all’aspetto della trasformazione del territorio restando, di conseguenza, in secondo piano eventuali utilità strumentali che, con riferimento ad altra materia e ad altre questioni, possano derivare al soggetto che si rivolge al giudice amministrativo per l’annullamento dell’atto (Cons. St., Sez. IV, 8 settembre 2015, n. 4176). Pertanto, le mere affermazioni di principio dell’appellante secondo il quale la detta variante avrebbe comportato una riduzione immediata del valore dei fondi dell’appellante in termini di sistema viabilistico, di qualità della vita e di servizi ai residenti, per la loro genericità non consentono di rinvenire la presenza di una legittimazione ad agire in capo a quest’ultimo.
7.2.2. In questo senso va rammentato come alla stregua dell’indirizzo consolidato della giurisprudenza (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 12 maggio 2014, n. 2403; sez. IV, 24 dicembre 2007, n. 6619), la regola generale è nel senso che sono inammissibili per carenza d’interesse le censure concernenti la disciplina urbanistica di aree estranee a quelle di proprietà del ricorrente, giacché le prescrizioni dello strumento urbanistico vanno considerate scindibili ai fini del loro eventuale annullamento in sede giurisdizionale, rimanendo peraltro salva la possibilità di proporre impugnativa ove la nuova destinazione di zona, pur concernendo un’area non appartenente al ricorrente, incide direttamente su interessi propri e specifici dello stesso.
Inoltre, mentre nel caso di impugnazione di titoli edilizi il rapporto di vicinitas, ossia di stabile collegamento con l’area interessata dall’intervento contestato, di norma (e salve talune limitazioni di cui non occorre occuparsi in questa vicenda), è idoneo a fondare tanto la legittimazione (ossia la titolarità di una posizione giuridica qualificata e differenziata rispetto a quella di quisque de populo) quanto l’interesse a ricorrere (ossia la sussistenza di una lesione concreta e attuale alla detta situazione giuridica per effetto del provvedimento amministrativo impugnato), nel caso di impugnazione di strumenti urbanistici, anche particolareggiati, o di loro varianti, il semplice rapporto di vicinitas, se dimostra al più la sussistenza di una generica legittimazione, non è però sufficiente a fondare anche l’interesse a ricorrere, occorrendo l’allegazione e la prova di uno specifico e concreto pregiudizio a carico dei suoli in proprietà della parte ricorrente per effetto degli atti di pianificazione impugnati (dai quali, per definizione, quei suoli non sono incisi direttamente); tale pregiudizio non può risolversi nel generico pregiudizio all’ordinato assetto del territorio, alla salubrità dell’ambiente e ad altri valori la cui fruizione potrebbe essere rivendicata da qualsiasi soggetto residente, anche non stabilmente, nella zona interessata dalla pianificazione.
7.2.3. Quanto, infine, alla legittimazione desunta dal fatto che l’appellante avrebbe presentato proprie osservazioni nel corso del procedimento, deve ribadirsi che le osservazioni formulate dai proprietari interessati nei confronti di uno strumento urbanistico generale costituiscono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici e non danno luogo a peculiari aspettative; pertanto, il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute, in modo serio e ragionevole, in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (Cons. St., Sez. IV, 16 agosto 2016, n. 3643). Pertanto, è la stessa prospettazione dell’appellante, secondo la quale le osservazioni sono state cassate senza adeguata motivazione, a far comprendere come quest’ultimo non possa vantare neanche sotto questo profilo alcuna valida legittimazione ad impugnare. In questo senso non si apprezza la presenza di alcun difetto istruttorio o motivazionale che possa supportare le affermazioni dell’appellante.
8. I motivi assorbiti in primo grado riproposti a mezzo del presenta gravame non devono, quindi, essere esaminati.
9. Risulta inammissibile, infine, la doglianza con la quale il ricorrente contesta (nel terzo motivo di gravame), la disciplina delle spese del primo grado di giudizio, dal momento che difetta il presupposto della soccombenza da parte dell’appellante, in quanto la pronuncia di prime cure va rettamente intesa nel senso che le spese del giudizio devono essere rifuse solo a favore delle parti intimate che si siano in quel giudizio effettivamente costituite.
[…]