[…]
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza impugnata, pubblicata il 30 gennaio 2014, la Corte d’appello di Roma, per quanto ancora qui rileva, accogliendo parzialmente l’appello principale avanzato da […], in qualità di eredi di […], contro la sentenza del Tribunale di Rieti n. 458/2005, ha condannato la […] sas, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento in favore degli appellanti della somma complessiva di € 92.677,96, oltre interessi dalla domanda al soddisfo, a titolo di liquidazione della quota sociale spettante al loro dante causa; ha rigettato gli altri motivi dell’appello principale, proposti dagli stessi appellanti, oltre che nei confronti della società, nei confronti di […], vedova di […], in proprio e quale amministratore provvisorio e liquidatore della società, e di […], quale socio accomandante della società; ha rigettato, ancora, l’appello incidentale della società, compensando le spese tra tutte le parti predette […].
2. Contro la sentenza, la società […] S.a.s. in liquidazione propone ricorso per cassazione con tre motivi.
[…], quali eredi di […], si difendono con un unico controricorso e propongono ricorso incidentale con cinque motivi principali e due subordinati, illustrati da memoria.
Gli altri intimati non svolgono attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente va dato atto che, dai controricorrenti, è stato comunicato che la società ricorrente è stata dichiarata fallita con sentenza pubblicata il 10 marzo 2015. La circostanza è irrilevante nel presente giudizio di legittimità, introdotto con ricorso spedito per le notificazioni il 2 febbraio 2015, atteso che l’interruzione non è prevista nel giudizio di cassazione (cfr. Cass. n. 21153/10, n. 14786/11, n. 8685/12, n. 17450/13) e che il controricorso, contenente ricorso incidentale, è stato notificato anche al curatore del Fallimento della società […] (cui la sentenza impugnata è opponibile: cfr. Cass. ord. n. 15796/15).
Pregiudiziale è l’esame del secondo motivo del ricorso incidentale subordinato, col quale si censura – per violazione e falsa applicazione degli artt. 125 e 75, comma terzo, cod. proc. civ., 163, comma terzo, cod. proc. civ. e 83 cod. proc. civ.- il rigetto del primo motivo d’appello sulla nullità della comparsa di costituzione della società […] (con la quale la società aveva eccepito la prescrizione del diritto degli eredi del socio defunto alla liquidazione della quota sociale); già in primo grado, la nullità era stata eccepita dagli attori, ai sensi del combinato disposto degli artt. 125 e 75, comma 3, cod. proc. civ., perché dal contesto dell’atto non risultava indicata la persona fisica che rappresentava la società in giudizio.
1.1. La Corte d’appello ha respinto il motivo perché dalla lettura della comparsa e della contestuale procura alle liti – quest’ultima, considerata «atto certamente utilizzabile anche a tali fini»- ha ritenuto possibile individuare la persona fisica che, agendo nella qualità di liquidatore, si era costituita in nome e per conto della convenuta, poi appellata.
1.2. I ricorrenti incidentali sostengono che rileva ai fini della dichiarazione di nullità il fatto che dal contesto della comparsa di risposta non sia ricavabile il nome del legale rappresentante, né esso sarebbe mai stato indicato nel corso del giudizio di primo grado. Inoltre, l’incertezza sulla persona che delegò l’avvocato […] a rappresentare la società sarebbe dovuta al fatto che la signora […] si costituì nello stesso giudizio, con altro legale, l’avvocato […], «in proprio e nella qualità di Liquidatore della […] snc», come da relativa comparsa di costituzione, senza eccepire la prescrizione del diritto degli attori.
2. Il motivo è infondato.
Non si verte in ipotesi di nullità dell’atto né di nullità della procura.
Quanto al primo, è sufficiente osservare che dalla comparsa di costituzione e risposta della società in primo grado si evince, come nota anche la Corte d’appello, che l’organo che si costituì in rappresentanza della società fu il liquidatore dell’epoca (“[…] sas in liquidazione, in persona del Liquidatore pro-tempore […]).
Quanto alla seconda, essa è richiamata nell’epigrafe, mediante rinvio all’atto di citazione notificato (“[…] rappresentata e difesa, per delega in calce all’atto di citazione passivo notificato [..1”).
La procura ad litem risulta rilasciata da […], vale a dire dalla stessa persona fisica evocata, in qualità di liquidatore, con l’atto di citazione notificato dagli eredi […], in calce al quale è apposta la procura medesima, con sottoscrizione leggibile ed autenticata dal difensore.
Date le risultanze di cui sopra (cui questa Corte ha accesso diretto poiché trattasi di censura di error in procedendo, anche se erroneamente rubricata ai sensi del n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ.), si hanno le conseguenze processuali di cui appresso:
– la comparsa di costituzione e risposta non è nulla, poiché identifica senza incertezze la società convenuta e l’organo, vale a dire il liquidatore, che si è costituito in giudizio quale legale rappresentante (cfr., da ultimo, Cass. n. 19709/15);
– la procura alle liti non è nulla poiché la persona fisica che l’ha rilasciata è identificata anche quanto alla carica di liquidatore all’epoca ricoperta (cfr. Cass. S.U. n. 4810/05), dato che la procura è apposta in calce all’atto di citazione indirizzato alla stessa persona fisica, nella qualità di liquidatore appunto;
– la procura alle liti è atto utilizzabile per identificare la persona fisica che ricopriva la carica di liquidatore indicata nell’epigrafe della comparsa di risposta, anche se rilasciata in calce ad un atto diverso da quelli previsti dall’art. 83 cod. proc. civ., come correttamente ritenuto dalla Corte d’appello; infatti, è esplicitamente richiamata nella comparsa di risposta ed è contenuta in un atto del processo depositato al momento della costituzione in giudizio, senza che sulla tempestività e regolarità di tale deposito si sia avuta alcuna specifica contestazione della controparte (cfr. Cass. S.U. n. 6838/1983 e molte successive, tra cui, di recente, Cass. n. 18958/13 e n. 525/14), essendo ben altra la contestazione mossa dagli attori, poi appellanti.
In conclusione, non è nulla la comparsa di costituzione e risposta nella quale non risulti indicata la persona fisica che riveste la qualità dell’organo della persona giuridica convenuta che si costituisce in giudizio in rappresentanza di quest’ultima, quando la carica sia specificata nell’epigrafe dell’atto e vi sia richiamata la procura alle liti, contestualmente rilasciata in calce all’atto di citazione notificato, dal / quale si evincano le generalità della persona fisica che abbia la legale rappresentanza pro-tempore della società, nel caso di specie il liquidatore.
In senso contrario non vale citare il precedente di cui a Cass. n. 6497/2012, poiché, nel caso ivi posto all’attenzione della Corte, la qualità della persona fisica che aveva sottoscritto la procura non risultava né dall’atto né dalla procura, senza che fosse noto neanche in quale veste la procura era stata conferita, in modo da rendere impossibile la verifica dei poteri rappresentativi in capo al sottoscrittore; nel caso di specie, questa verifica è resa possibile dalla combinazione degli atti di cui sopra, essendo per di più specificata nella comparsa di risposta la veste di liquidatore del soggetto sottoscrittore della procura alle liti ivi richiamata.
Nessuna incertezza è causata dalla costituzione, con altro avvocato, della signora […], in proprio e quale liquidatrice della società, sia perché la convenuta è stata chiamata a rispondere, in proprio, per fatti commessi in tale ultima qualità; sia perché, anche se la costituzione dovesse intendersi pure nell’interesse della società, non sarebbe, in astratto, incompatibile con quella di cui si è fin qui detto (salva la verifica in concreto, da parte del giudice del rinvio, di difese contrastanti, ovvero di intervenute decadenze, in ragione dei tempi di costituzione, delle quali non è dato qui occuparsi).
Il non equivoco contenuto della comparsa di risposta ed il tenore della procura alle liti rendono comunque valida ed ammissibile la costituzione in giudizio della società […].
Il secondo motivo del ricorso incidentale subordinato va perciò rigettato.
3. Va, a questo punto, esaminato il primo motivo del ricorso principale, col quale -denunciando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2946 e 2949 cod. civ.- la società […] censura il rigetto, da parte della Corte di appello, dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla società nel primo grado di giudizio, ed accolta dal Tribunale ai sensi dell’art. 2949 cod. civ., con la dichiarazione della prescrizione del diritto, per decorso del quinquennio dalla morte del de cuius (13 dicembre 1993) alla data di notificazione dell’atto di citazione (11-13 novembre 2000).
Il giudice d’appello ha, invece, ritenuto applicabile l’art. 2946 cod. civ., in riferimento all’art. 2284 cod. civ., e quindi il termine di prescrizione decennale. Non essendo questo decorso al momento della citazione, ha rigettato l’eccezione.
3.1. La censura della ricorrente è basata sulla sentenza di questa Corte, sopravvenuta in data 23 ottobre 2014, n. 22574.
Con questa si è affermato il seguente principio di diritto: «Il diritto, riconosciuto agli eredi del socio di una società di persone dal combinato disposto degli artt. 2284 e 2289, primo comma, cod. civ., alla liquidazione della quota sociale già in titolarità del “de cuius”, ha natura analoga al diritto di credito che sarebbe spettato al socio stesso per l’ipotesi di recesso attuato prima della morte, sicché è soggetto alla prescrizione quinquennale ex art. 2949 cod. dv., applicabile a tutti i diritti derivanti dal rapporto sociale, e non al più lungo termine, decennale, sancito dall’art. 2946 cod. civ., atteso il carattere speciale della prima di tali disposizioni, la cui “ratio” è quella di assicurare la certezza della definizione dei rapporti societari.».
Il Collegio ritiene che questo principio vada ribadito, per le ragioni esplicitate nella motivazione della sentenza appena citata, da intendersi integralmente richiamata e trascritta.
Questa si fa carico di confutare l’orientamento contrario (espresso nella sentenza impugnata) con argomentazioni complete, che consentono di superare i rilievi dei ricorrenti incidentali. Secondo questi ultimi, l’equiparazione, in punto di prescrizione, tra la liquidazione della quota del socio uscente per volontà propria e quella degli eredi del socio deceduto -quale risulta dal su enunciato principio di diritto- non terrebbe conto della diversità delle fattispecie, atteso che, per la prima, lo scioglimento deriva dalla volontà delle parti del contratto e si fonda su di esso ed invece, nel caso di morte del socio, lo scioglimento è disposto dall’art. 2284 cod. civ. e fa acquistare agli eredi un diritto di credito proprio, che prescinderebbe dal contratto sociale, al quale gli eredi restano estranei.
Ribadito che «la natura del diritto azionato [..] non muta per il fatto che istante sia non il socio bensì il suo successore “mortis causa” >> (così Cass. n. 22574/14 cit., che richiama Cass. n. 11973/92), essendo unica la fonte del credito, costituita dallo scioglimento del rapporto sociale, l’irrilevanza dell’estraneità a questo degli eredi del socio defunto è conseguenza della lettera dell’art. 2949 cod. civ. La norma menziona «i diritti che derivano dai rapporti sociali»: sebbene, ai sensi dell’art. 2284 cod. civ., l’individuazione degli aventi diritto alla liquidazione della quota avvenga in ragione della successione al de cuius, il diritto nel quale gli eredi succedono «deriva» dal rapporto sociale, poiché presuppone che di questo rapporto fosse parte il socio defunto. La specialità della disciplina dell’art. 2949 cod. civ. rispetto alla disciplina della prescrizione in tema di successioni -che si spiega in ragione della sua ratio («che è quella di assicurare la certezza della definizione dei rapporti societari»: così Cass. n. 22574/14)- non può allora non operare nella fattispecie in esame. In questa, infatti, lo scioglimento del rapporto sociale (che nelle società in accomandita semplice, quale è la società ricorrente, si attua automaticamente ed immediatamente per gli accomandatari, quale era il de cuius […]: arg. ex art. 2322 cod. civ.) costituisce il presupposto, non di fatto (come sostengono i ricorrenti incidentali), ma giuridico, per l’insorgenza del diritto di credito nei confronti della società (soggetto debitore e legittimato passivo dell’azione in giudizio; azione, che non rientra nell’archetipo del pagamento di indebito o dell’arricchimento senza causa, impropriamente richiamato dai controricorrenti: Cass. n.816/2009; ma cfr. anche, tra le più recenti, Cass. n. 5248/12 e n. 10332/16).
Pertanto, è errata in diritto la sentenza che, applicando l’art. 2946 cod. civ. in luogo dell’art. 2949 cod. civ., ha rigettato l’eccezione di prescrizione.
Il primo motivo del ricorso principale va accolto.
4. Restano rimesse al giudice del rinvio le questioni poste dal primo motivo del ricorso incidentale condizionato, col quale – denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2941, comma primo, n. 8 cod. civ. ed omessa valutazione di fatti decisivi- gli eredi di […] ripropongono l’eccezione di sospensione del termine prescrizionale, ai sensi del n. 8 dell’art. 2941 cod. civ.
Si sostiene che questa eccezione sia stata fatta oggetto di apposito motivo di appello contro la sentenza del Tribunale che, pur avendo ritenuto il termine di prescrizione quinquennale, aveva omesso di pronunciarsi sulla causa della sua sospensione, come eccepita dagli allora attori.
Il motivo di appello è stato assorbito dal rigetto dell’eccezione di prescrizione.
In proposito, va fatta applicazione del principio di diritto per il quale il ricorso incidentale per cassazione, anche se condizionato, deve essere giustificato da un interesse che abbia per presupposto una situazione sfavorevole al ricorrente, ovverosia una soccombenza, sicché va ritenuto inammissibile quando con esso la parte vittoriosa sollevi questioni che il giudice di appello non abbia deciso in senso a lei sfavorevole avendole ritenute assorbite, in quanto tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso principale, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio (Cass. n. 22346/06; cfr. anche Cass. n. 25821/09 e n. 12728/10, per la precisazione che «La parte vittoriosa in appello non ha l’onere di proporre ricorso incidentale per far valere in sede di legittimità le domande o le eccezioni non accolte dal giudice di merito, rispetto alle quali siano pregiudiziali o preliminari o alternative le questioni sollevate con il ricorso principale, in quanto, in mancanza di una norma analoga a quella di cui all’art. 346 cod. proc. civ., l’accoglimento di quest’ultimo ricorso, ancorché in mancanza di quello incidentale, comporta la possibilità che tali domande o eccezioni siano riproposte nel giudizio di rinvio»; nello stesso senso, da ultimo, Cass. n. 134/17).
Il primo motivo del ricorso incidentale condizionato va perciò dichiarato inammissibile.
5. In conclusione, dichiarato inammissibile il primo e rigettato il secondo motivo del ricorso incidentale subordinato, va accolto il primo motivo del ricorso principale.
La sentenza impugnata va cassata nei limiti di questo accoglimento e le parti vanno rimesse dinanzi alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame, previa applicazione del principio di diritto già espresso dalla sentenza di questa Corte del 23 ottobre 2014, n. 22574, che si conferma.
Restano assorbiti i restanti due motivi del ricorso principale, che attengono, il secondo, ai criteri di riparto del credito di liquidazione della quota tra gli eredi del socio defunto e alla conseguente legittimazione degli originari attori (figli di uno dei sei fratelli di […], tutti eredi ab intestato unitamente alla vedova, alcuni dei quali poi rinuncianti), nonché, il terzo, alla quantificazione del valore della quota sociale loro (eventualmente) spettante ai sensi dell’art. 2289 cod. civ..
Restano assorbiti anche i motivi del ricorso incidentale proposti in via principale dagli eredi di […], poiché relativi alla quantificazione del valore della quota sociale (primo e quinto motivo), nonché alle domande avanzate dai predetti nei confronti di […], in proprio e quale amministratore provvisorio e liquidatore della società, e di […], quale socio accomandante, ai sensi degli artt. 2449, 2394, 2395 e 2260 cod. civ. e dell’art. 2043 cod. civ. (secondo e terzo motivo, relativi a domande proposte nei confronti della […]) ed ai sensi degli artt. 2320, 2323 e 2279 cod. civ. (quarto motivo, relativo a domanda proposte nei confronti della […] e di […], in solido, su cui la Corte d’appello non si è pronunciata). La delibazione di queste domande, riproponibili al giudice di rinvio, presuppone la risoluzione della questione -rimessa al giudice di rinvio, cui è demandata la verifica, in particolare, dell’operatività della sospensione della prescrizione quinquennale- dell’attuale spettanza agli eredi di […] di diritti di credito nei confronti della società […], in forza del rapporto sociale già facente capo al loro dante causa, unica ragione della loro legittimazione alla proposizione di dette domande. Si rimette al giudice del rinvio anche la decisione sulle spese del giudizio di cassazione […]