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RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 30 luglio 2018 il Tribunale di Torre Annunziata, quale Giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza, presentata da […], di revoca ovvero di sospensione dell’ingiunzione a demolire in esecuzione della sentenza del 12 febbraio 2002, irrevocabile il 19 maggio 2003, della sezione distaccata di Sorrento del Tribunale di Torre Annunziata.
2. Avverso il predetto provvedimento è stato proposto ricorso per cassazione articolato su tre motivi di impugnazione.
2.1. Col primo motivo è stata denunciata la manifesta illogicità della motivazione, atteso che non sussisteva in proposito un onere probatorio a carico del soggetto istante, incombendo solamente sull’interessato l’allegazione dei fatti sui quali la richiesta inibitoria era fondata. In specie, al contrario, il Giudice dell’esecuzione non aveva esperito alcun accertamento per valutare la fondatezza della domanda di condono edilizio, nonostante altresì la prospettata adozione di delibera comunale volta all’acquisizione del bene, oggetto dell’ingiunzione di demolizione, al patrimonio comunale.
2.2. Col secondo motivo, in ordine alla qualificazione dell’ordine di demolizione, il ricorrente ha dedotto che il medesimo fatto, ossia l’abusività del cespite, era sanzionato tanto in sede amministrativa che in sede giurisdizionale, ed andava pertanto applicata la sola sanzione amministrativa in quanto speciale rispetto alla sanzione penale. La prima prevedeva infatti anche l’acquisizione del bene al patrimonio comunale ed altresì una forte sanzione pecuniaria in caso di inottemperanza.
2.3. Col terzo motivo infine, proprio in relazione alla qualificazione dell’ordine di demolizione come sanzione amministrativa, la presentazione della domanda di condono avrebbe dovuto comportare ex lege la sospensione dell’esecuzione, non potendosi emettere un provvedimento sanzionatorio senza avere in precedenza definito il procedimento di chiesta sanatoria.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso, stante la sua manifesta infondatezza.
4. Il ricorrente ha depositato note di replica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Il ricorso è inammissibile.
5.1. In ordine al primo motivo di impugnazione, è stato in effetti ricordato il principio in forza del quale non sussiste un onere probatorio a carico del soggetto che invochi in sede esecutiva la sospensione o la revoca dell’ordine di demolizione, ma solo un onere di allegazione, relativo, cioè, alla prospettazione ed alla indicazione al giudice dei fatti sui quali la sua richiesta si basa, incombendo poi all’autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi accertamenti (era stato così ritenuto immune da censure l’impugnato provvedimento di rigetto dell’istanza di sospensione o revoca dell’ingiunzione a demolire, alla quale il ricorrente non aveva allegato la domanda di condono e neanche indicato gli estremi della sua presentazione o il suo contenuto, non consentendo così al Tribunale di dar corso ad una istruttoria diretta ad accertare i possibili esiti e i tempi di definizione del procedimento amministrativo)(Sez. 3, n. 31031 del 20/05/2016, Giordano, Rv. 267413; così anche Sez. 1, n. 34987 del 22/09/2010, Di Sabatino, Rv. 248276).
5.1.1. Ciò posto, il ricorrente non si è confrontato appieno col provvedimento impugnato, il quale – proprio in ragione delle allegazioni difensive – aveva correttamente osservato che l’istanza di condono era stata presentata il 10 dicembre 2004, con successiva domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica depositata il 31 gennaio 2005, sì che la pendenza ultradecennale delle istanze non faceva certamente prevedere un esito favorevole delle stesse istanze, tanto meno in tempi brevi.
In tal modo il Tribunale si è conformato al consolidato insegnamento, secondo cui la sanzione dell’ordine di demolizione sfugge sì alla regola del giudicato penale ed è sempre riesaminabile in sede esecutiva al fine di una eventuale revoca, che è consentita peraltro solo in presenza di determinazioni della P.A. o del giudice amministrativo incompatibili con l’abbattimento del manufatto, ovvero quando sia ragionevolmente prevedibile, in base ad elementi concreti e specifici, che tali provvedimenti saranno adottati in breve tempo, non potendo la tutela del territorio essere rinviata indefinitamente (ex plurimis, Sez. 3, n. 25212 del 18/01/2012, Maffia, Rv. 253050; Sez. 3, n. 24273 del 24/03/2010, Petrone, Rv. 247791). Dall’esame del fascicolo, anzi, si evince agevolmente la non prevedibile emissione in tempi brevi di un provvedimento favorevole all’istante.
5.2. In relazione al secondo motivo, è del tutto consolidato il principio per il quale l’ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna costituisce espressione di un potere sanzionatorio autonomo e distinto rispetto all’analogo potere dell’autorità amministrativa, e, conseguentemente, deve essere eseguito in ogni caso, anche se sia stata disposta acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio del Comune, ferma restando la sola eccezione dell’adozione di una deliberazione consiliare, dichiarativa dell’esistenza di prevalenti esigenze pubbliche, e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali (ad es. Sez. 3, n. 47263 del 25/09/2014, …, Rv. 261213). Con la precisazione che, sottraendo l’opera abusiva alla demolizione prevista dalla legge, la delibera comunale che dichiara l’esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell’assetto urbanistico violato non può fondarsi su valutazioni di carattere generale o riguardanti genericamente più edifici, ma deve dare conto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta di conservazione del singolo manufatto, precisamente individuato (Sez. 3, n. 30170 del 24/05/2017, Barbuti, Rv. 270253).
5.3. In ordine poi al terzo motivo di censura, è stata anche a questo proposito costantemente ribadita la natura amministrativa della demolizione, quale sanzione accessoria oggettivamente amministrativa, sebbene soggettivamente giurisdizionale, esplicazione di un potere autonomo e non alternativo a quello dell’autorità amministrativa, con il quale può essere coordinato nella fase di esecuzione (ex multis, Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013, dep. 2014, …, Rv. 258518; Sez. 3, n. 37906 del 22/05/2012, Mascia, non massimata; Sez. 6, n. 6337 del 10/03/1994, Sorrentino, Rv. 198511; per tutte, Sez. 3, n. 41475 del 03/05/2016, Porcu, Rv. 267977). Invero, l’ordine di demolizione previsto dall’art. 31, ultimo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001 costituisce atto dovuto, espressivo di un potere autonomo e non meramente suppletivo del giudice penale. Esso pertanto, ferma restando l’esigenza di coordinamento in fase esecutiva, non si pone in rapporto alternativo con l’ordine omologo impartito dalla Pubblica Amministrazione (Sez. 3, n. 3685 cit.). Trattasi pertanto di una sanzione amministrativa di tipo ablatorio caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell’organo istituzionale al quale ne è attribuita l’applicazione, la cui catalogazione fra i provvedimenti giurisdizionali trova ragione giuridica proprio nella sua accessività alla “sentenza di condanna” (Sez. 3, n. 37906 cit.; Sez. U, n. 15 del 19/06/1996, Monterisi, Rv. 205336).
E’ stato quindi più volte avvertito che l’ordine di demolizione del manufatto abusivo non è sottoposto alla disciplina della prescrizione stabilita dall’art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali, avendo natura di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio, priva di finalità punitive e con effetti che ricadono sul soggetto che è in rapporto col bene, indipendentemente dal fatto che questi sia l’autore dell’abuso (Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Delorier, Rv. 265540).
L’ordine in questione, al pari delle altre statuizioni contenute nella sentenza definitiva, è peraltro soggetto all’esecuzione nelle forme previste dal codice di procedura penale, avendo natura di provvedimento giurisdizionale, ancorché applicativo di sanzione amministrativa. Sì che certamente non soggiace, come parimenti preteso dal ricorrente, alla disciplina degli atti amministrativi.
5.4. L’ordinanza impugnata, che ha inteso sostanzialmente ripercorrere i richiamati esiti giurisprudenziali del tutto consolidati, va pertanto esente da censura. Infatti è stata anche dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 117 Cost., dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 per mancata previsione di un termine di prescrizione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna, in quanto per le caratteristiche di detta sanzione amministrativa – che assolve ad una funzione ripristinatoria del bene leso – configura un obbligo di fare per ragioni di tutela del territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l’autore dell’abuso (Sez. 3, n. 41475 del 03/05/2016, Porcu, Rv. 267977).
In definitiva, quindi, anche in considerazione delle ragioni esposte nella memoria di replica prodotta dal ricorrente, è stato così osservato che l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo non contrasta con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di cui all’art. 8 CEDU, posto che il predetto ordine non viola in astratto il diritto individuale a vivere nel proprio legittimo domicilio, ma afferma in concreto il diritto della collettività a rimuovere la lesione di un bene o interesse costituzionalmente tutelato ed a ripristinare l’equilibrio urbanistico-edilizio violato (Sez. 3, n. 24882 del 26/04/2018, Ferrante, Rv. 273368).
5.4.1. Alla stregua delle richiamate finalità e natura dell’ordine di demolizione, perde rilievo la stessa questione di costituzionalità che il ricorrente ha inteso evidenziare assumendo la violazione, non sussistente, del divieto di bis in idem in ragione dei provvedimenti in tesi adottati, ma comunque mai eseguiti, in sede amministrativa.
6. La manifesta infondatezza dell’impugnazione non può che condurre quindi all’inammissibilità del ricorso.
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