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RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Palermo, Sez,. Dist.di Carini, di condanna di […] per i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) (capo a); D.P.R. n. 380 del 2001, art. 64, commi 2 e 3 e art. 71 (capo b); D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 65 e 72 (capo c); D.P.R. n.380 del 2001, artt. 83, 93 e 95 (capo d); D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 94 e 95; D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 94 e 95 (capo e).
2. Ha proposto ricorso l’imputato tramite il proprio difensore lamentando l’illegittima subordinazione della sospensione condizionale della pena all’esecuzione della demolizione, avendo il legislatore disciplinato la materia delle sanzioni amministrative in modo autonomo, conferendo al giudice un ruolo di mera supplenza e lasciando intatta in capo all’amministrazione ogni decisione definitiva sulla destinazione del bene che può essere utilizzato per prevalenti interessi pubblici. Rileva anche come lo stato di incensuratezza dell’imputato avrebbe dovuto indurre i giudici a concedere il beneficio della sospensione condizionale senza vincolo di subordinazione. Invoca infine la prescrizione dei reati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile.
Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, u.c., attribuisce al giudice penale che pronunzi condanna per la esecuzione di opere edilizie in assenza di permesso di costruire, ovvero in totale difformità o con variazioni essenziali rispetto al titolo abilitativo rilasciato, il potere-dovere di ordinare la demolizione delle opere stesse, se ancora non sia stata altrimenti eseguita. Si è chiarito, in giurisprudenza, che tale ordine costituisce atto dovuto, nell’esercizio di un potere autonomo e non attribuito in via di supplenza, seppure coordinabile con quello amministrativo, sicché lo stesso non si pone in rapporto alternativo con l’ordine di demolizione impartito dalla Pubblica Amministrazione (da ultimo, Sez. 3, n. 37906 del 22/05/2012, Mascia ed altro, non massimata; Sez. U., n. 15 del 19/06/1996, P.M. in proc. Monterisi, Rv. 205336; Sez. 6, n. 6337 del 10/03/1994, Sorrentino, Rv. 198511; Sez. 3, n. 73 del 30/04/1992, Rizzo, Rv. 190604). Di qui, ed in senso palesemente opposto rispetto alla censura del ricorrente, l’affermazione secondo cui del tutto legittimamente il giudice, nel concedere la sospensione condizionale della pena inflitta per il reato di esecuzione di lavori in assenza di concessione edilizia o in difformità, può subordinare detto beneficio all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato mediante demolizione dell’opera eseguita, disposta in sede di condanna del responsabile, avendo tale ordine, alla stregua di quanto disposto dall’art. 165 c.p., la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato (da ultimo, tra le altre, sulla scia di Sez. U., n. 714 del 20/11/1996, Luongo, Rv. 206659; Sez.3, n. 28356 del 21/05/2013, Farina, Rv. 255466).
Parimenti inammissibile è il motivo lamentante l’incompatibilità con lo stato di incensuratezza dell’imputato della subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto. L’art. 165 c.p., nel prevedere che il giudice possa subordinare la sospensione condizionale della pena alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, attribuisce allo stesso un potere discrezionale il cui esercizio, ove congruamente e logicamente motivato, si sottrae ad ogni sindacato in questa sede. Nella specie la Corte ha correttamente e logicamente ritenuto che le dimensioni dell’opera giustificassero la pronta esecuzione della demolizione, non essendo una tale conclusione evidentemente inficiata dallo stato di incensuratezza dell’imputato.
4. L’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo delle cause di non punibilità, ivi compresa l’estinzione del reato per prescrizione, maturate successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, essendo, come già enunciato da questa Corte a Sezioni Unite, detto ricorso inidoneo ad instaurare validamente il rapporto di impugnazione (per tutte, Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, De Luca). […]