[…]
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Foggia, con sentenza del 10 novembre 2016 ha condanato […] e […] alla pena di C 2.000,00 di ammenda ciascuno, relativamente ai reati di cui agli art. 110, cod. pen., 44, lettera A, d. P.R. 380/2001 (capo A), art. 81, 110, cod. pen., 93 e 94 d.P.R. 380/2001 (capo B), art. 110, cod. pen. e 181, d. Igs. 42/2004, Reati accertati il 6 luglio 2012. E’ stata disposta altresì la confisca e la riduzione in pristino dei luoghi, e con successivo provvedimento di correzione di errore materiale la sospensione condizionale della pena, subordinata alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi.
2. […] e […] hanno proposto appello, tramite il difensore, trasmesso a questa Corte di Cassazione, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2. 1. Prescrizione dei reati prima della sentenza impugnata.
Come emerso dall’istruttoria l’attività di edificazione risulta compiuta nell’anno 2001, come dichiarato da […], durante il sopralluogo. Questa circostanza è inoltre riportata nell’ordinanza di sospensione dei lavori n. 20 del 19 luglio 2012; in udienza il teste […], dell’Ufficio tecnico del Comune, ha ricordato che […] dichiarato, durante il sopralluogo, la fine dei lavori nel 2001. Dopo il 2001 nessuna ulteriore attività è stata compiuta dai ricorrenti.
Il giudice però ha ritenuto che la prescrizione non fosse compiuta poiché la stessa decorrerebbe dall’ordinanza di sospensione dei lavori n. 20 del 19 luglio 2012, e non dalla cessazione volontaria. Nel dubbio sulla data di consumazione del reato, comunque, andava applicata la prescrizione, favor rei.
2. 2. Con la correzione di errore materiale, il giudice ha disposto la sospensione condizionale della pena, per entrambi gli imputati, subordinata alla demolizione e alla riduzione in pristino, senza adeguata motivazione. Inoltre è stata disposta la confisca del manufatto, assolutamente non prevista dalla legge. Non sussiste nessuna lottizzazione abusiva, e quindi la confisca è illegittima. Hanno chiesto, quindi, l’annullamento della decisione impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Non risultano manifestamente infondati il motivo sulla confisca e quello sulla demolizione.
Il d.P.R. n. 380 del 2001, art. 31 che prevede l’ ingiunzione alla demolizione delle opere abusive, riguarda gli “interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali”; interventi questi puniti, in sede penale, ai sensi del medesimo d.lgs. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. b) ovvero lett. c). È, pertanto, evidente che il citato d.lgs. n. 380, art. 31, comma 9, nell’imporre al giudice l’obbligo di ordinare, con la sentenza di condanna, la demolizione delle opere di cui al presente articolo si riferisce esclusivamente al tipo di abusi edilizi previsti dall’intitolazione dell’articolo medesimo, meglio descritti nel comma 1, con riferimento all’ipotesi della totale difformità dal permesso di costruire (interventi “che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano volumetriche e di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza o autonomamente utilizzabile”). Non rientrano, pertanto, nella previsione normativa dell’art. 31, gli abusi minori, puniti ai sensi del d.lgs. n. 380 del 2001, art. 44, lett. a).
Per tali violazioni le sanzioni amministrative costituite dal ripristino dello stato dei luoghi o dalla irrogazione di una sanzione pecuniaria sostitutiva, ai sensi del predetto d.lgs. n. 380, art. 34, restano di esclusiva competenza della pubblica amministrazione, mentre l’autorità giudiziaria può solo irrogare la pena dell’ammenda comminata dalla norma avente carattere penale (Sez. 3, n. 49991 del 30/04/2014 – dep. 01/12/2014, Pazmino, Rv. 261595; Sez. 3, n. 41423 del 29/09/2011 – dep. 14/11/2011, Tucci e altri, Rv. 251326).
Tutte le ipotesi che rientrano nella previsione dell’art. 44, comma, 1, lettera A) precludono l’emissione dell’ordine di demolizione delle opere abusive in sede di condanna; la sanzione di ripristino dello stato dei luoghi, nelle ipotesi in questione, è riservata ai sensi dell’art. 34, d.P.R. n. 380 del 2001 all’autorità amministrativa (esempi sono costituiti dalla violazione delle distanze minime previste dalle norme di attuazione del piano regolatore comunale, inosservanze delle prescrizioni contenute negli strumenti urbanistici, inosservanza delle modalità fissate dal permesso di costruire).
Anche la confisca non è prevista dalla normativa, e pertanto la stessa risulta disposta in violazione di legge.
I reati, quindi, risultano prescritti per decorso del termine massimo di prescrizione, alla data odierna, di anni 5, ex art. 157 e 161 cod. pen.
Di diritto sono revocati l’ordine di demolizione, di riduzione in pristino e la confisca («L’ordine di demolizione dell’opera edilizia abusiva, previsto dall’art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001, presuppone comunque la pronuncia di una sentenza di condanna, non risultando sufficiente l’avvenuto accertamento della commissione dell’abuso, come nel caso di sentenza che rileva l’intervenuta prescrizione del reato» Sez. 3, n. 37836 del 29/03/2017 – dep. 28/07/2017, P.G. in proc. Catanzaro, Rv. 27090701). […]