[…]
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 13.9.1993 al Pretore di Vibo Valentia […], premesso di essere proprietario di un fabbricato sito nella locale frazione […] limitrofo ad altra proprietà di […], assumeva che quest’ultima, sul demolire e ricostruire il proprio edificio senza concessione edilizia, stava aprendo vedute a distanza inferiore a quella legale e stava erigendo un copriscala più alto della preesistente copertura che gli toglieva luce e visualità; chiedeva pertanto ordinarsi alla […] l’immediata sospensione della nuova opera e la demolizione di quanto abusivamente realizzato.
Poiché nelle more la […] aveva provveduto a rimuovere la finestra attraverso la quale esercitava una veduta obliqua sul contiguo fondo del vicino a distanza inferiore a quella legale mentre lasciava inalterata l’altezza del copriscala, il Pretore con ordinanza del 12.12.1994 ex art. 669 septies c.p.c., dichiarava cessata la materia del contendere quarto alla veduta e rilevava che la violazione relativa all’altezza del copriscala, non rientrando tra quelle comportanti la remissione in pristino, legittimava il ricorrente a proporre soltanto domanda di risarcimento del danno.
Avverso tale ordinanza il […] proponeva reclamo ex art. 669 terdicies c.p.c., al Tribunale che con ordinanza del 15.2.1995 lo rigettava.
Con atto di citazione notificato il 16.11.1995 il […] conveniva in giudizio la […] dinanzi al Pretore di Vibo Valentia chiedendone la condanna al risarcimento del danno subito per effetto della sopraelevazione del copriscala.
Costituendosi in giudizio la convenuta chiedeva il rigetto della domanda sostenendo tra l’altro di avere ottenuto nelle more il rilascio di regolare concessione edilizia in sanatoria per le opere realizzate.
Il Pretore adito con sentenza 21.6.1999 condannava la […] a titolo di risarcimento danni al pagamento in favore dell’attore della somma di L. 2.000.000 oltre accessori.
Proposto gravame da parte della […] cui resisteva il […] la Corte di Appello di Catanzaro con sentenza del 15.5.2002, in accoglimento della impugnazione, ha rigettato la domanda per denuncia di nuova opera e di risarcimento danni proposta in primo grado dal […].
La Corte Territoriale ha ritenuto che il fatto che l’edificazione del copriscala – eseguito dalla […] inizialmente senza concessione ottenuta solo successivamente in sanatoria – riducesse, rispetto alla situazione precedente, la luce e la visualità di una parte del fabbricato di proprietà del S[…], era privo di conseguenze giuridiche rispetto all’invocato risarcimento del danno in quanto espressione di legittime facoltà di utilizzo ricomprese nel diritto di proprietà dell’appellante.
Avverso tale sentenza il […] ha proposto un ricorso affidato ad un unico motivo; la […] non ha svolto attività difensiva in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo formulato il […], denunciando violazione dell’art. 872 c.c., comma 2, censura la sentenza impugnata perché, avendo accertato che la […] aveva ottenuto dal Sindaco di […] una regolare concessione in sanatoria ai sensi della L. n.47 del 1985, art. 13, avendo verificato l’assenza di qualsiasi violazione degli strumenti urbanistici vigenti, ha ritenuto che il fatto che il copriscala costruito dalla controparte riducesse la luce e la visualità di una parte del fabbricato di proprietà dell’esponente era privo di effetti giuridici sotto il profilo del limitato risarcimento del danno, costituendo espressione di legittime facoltà di utilizzo ricomprese nel diritto di proprietà dell’appellante.
Il ricorrente assume che la concessione in sanatoria si limita a disciplinare la regolarizzazione delle opere realizzate dal punto di vista della conformità agli strumenti urbanistici e rileva soltanto nell’ambito del rapporto tra il privato e la P.A., ma non regola anche i rapporti tra privati confinanti, come è confermato dal fatto che la concessione in sanatoria prevede sempre che siano fatti salvi i diritti dei terzi.
La censura è fondata.
Il convincimento sopra enunciato del giudice è in contrasto con l’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui le conseguenze delle violazioni edilizie si sviluppano su due piani ben distinti di rapporti giuridici, uno, pubblicistico, tra il soggetto costruttore e gli organi pubblici amministrativi preposti alla prevenzione e repressione degli illeciti, l’altro, privatistico tra lo stesso soggetto e i titolari di diritti soggettivi che possono rimanere lesi dall’attività edificatrice del primo; pertanto, non interferendo tra loro i due ordini di rapporti, la sanatoria prevista dagli articoli 31 e seguenti della L. 28 febbraio 1985, sul cosiddetto condono edilizio si limita a prevedere la regolarizzazione delle opere dal punto di vista amministrativo, penale e fiscale, ovvero ai soli effetti dell’interesse pubblico, ma non pure ai fini privatistici, cosicché nelle controversie tra i privati confinanti, detta sanatoria, inerendo al rapporto tra pubblica amministrazione e privato costruttore, non può incidere negativamente sui diritti dei terzi direttamente pregiudicati dalla attività edilizia oggetto della sanatoria (Cass. 9.4.1987 n. 3497; Cass. 13.4.1995 n. 4270;
Cass. 29.4.1998 n. 4355). Erroneamente quindi la sentenza impugnata non ha considerato che la concessione in sanatoria in favore del privato costruttore ai sensi delle L. 28 febbraio 1985, n. 47, esaurisce i suoi effetti nell’ambito del rapporto tra quest’ultimo e la P.A., non pregiudicando così la tutela dei vicini i quali, quindi, in caso di violazione delle norme urbanistiche edilizie, conservano inalterato il diritto al risarcimento del danno (Cass. 25.7.1992 n. 8994). In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata per un nuovo esame della controversia alla luce del principio di diritto sopra enunciato ad altra sezione della Corte di Appello di Catanzaro che provvedere anche alla pronuncia sulle spese del presente giudizio. […]