Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 28454 del 2013, dep. 19/12/2013

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MOTIVI DELLA DECISIONE

I due ricorsi vanno riuniti.

1.- Con il primo motivo il ricorrente principale deduce: “Violazione di norme di diritto e di principi informatori dell’ordinamento: art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, (nella relazione con l’art. 2932 c.c., art. 1208 c.c.)” e conclude, in via principale “per violazione dell’art. 2932 c.c., perché l’offerta reale del prezzo a saldo, convalidata dalla Corte di Appello di Bari, è stata effettuata prima del passaggio in giudicato della sentenza della Corte di Appello di Bari n. 858 del 2000 (titolo azionato per la proposizione dell’azione di convalida da parte del […]), costitutiva del contratto di compravendita”; in via subordinata “per violazione del disposto di cui all’art. 1208 c.c., n. 3, in quanto l’offerta reale effettuata dal […] non è comprensiva della totalità della somma dovuta dei frutti o degli interessi e delle spese liquide, con riserva di eventuale supplemento e mancando la richiesta al giudice adito della liquidazione dell’ammontare dovuto”, e correda le censure, ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., con la richiesta a questa Corte di statuizione “che l’offerta reale del prezzo non può farsi in tema di decisione ex art. 2932 c.c., prima del passaggio in giudicato di tale decisione perché la sentenza resa ex art. 2932 c.c. di natura costitutiva di un contratto preliminare non ha efficacia esecutiva immediata” e che “non è valida e non produce effetti l’offerta reale effettuata senza la specificazione che la stessa sia comprensiva della totalità della somma dovuta, dei frutti o degli interessi e delle spese liquide, senza la riserva di un eventuale supplemento e in assenza della richiesta al giudice adito della liquidazione dell’ammontare del dovuto, perché in violazione delle disposizioni dell’art. 1208 c.c., comma 1, n. 3”. La prima censura è infondata, la seconda inammissibile. Ed infatti, premesso che, come emerge dalla narrativa, in base all’accordo preliminare tra […] Ronca il residuo prezzo doveva esser pagato alla stipula del contratto definitivo, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte in tal caso il promissario compratore il quale chieda, ai sensi dell’art. 2932 c.c., l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto avente per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, non è tenuto a pagare o ad offrire il prezzo. In questa ipotesi, infatti la sentenza costitutiva, che ex art. 2932 c.c., tiene luogo del contratto definitivo non concluso, imporrà, con le opportune statuizioni, il pagamento del prezzo (o della parte residua di esso) come condizione per il verificarsi dell’effetto traslativo derivante dalla pronuncia e a questi principi si è attenuta la Corte di appello di Bari con la sentenza n. 858 del 2000. E poiché l’esecutività provvisoria, ex art. 282 c.p.c., della sentenza costitutiva emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c., è limitata ai capi della decisione che sono compatibili con la produzione dell’effetto costitutivo in un momento successivo, e perciò non si estende a quelli che si collocano in rapporto di stretta sinallagmaticità con i capi costitutivi relativi alle modificazione giuridica sostanziale, essa non può essere riconosciuta ne’ al capo decisorio relativo al trasferimento dell’immobile contenuto nella sentenza di primo grado, nè alla condanna al rilascio dell’immobile in danno del promittente venditore (Sezioni Unite n. 4059 del 2010), come infatti nella specie espressamente stabilito nella suddetta sentenza.

Quindi, essendo il pagamento del prezzo prestazione corrispettiva destinata ad attuare il sinallagma contrattuale, il termine – nella specie finale – di adempimento deve ritenersi stabilito a favore di entrambe le parti e perciò, se il giudice ha stabilito un termine ulteriore rispetto al momento del passaggio in giudicato della sentenza che trasferisce coattivamente il bene (Cass. 690 del 2006), come nella specie, il promittente venditore non può esser messo in mora se rifiuta di ricevere il pagamento prima di tale scadenza e dunque, al momento della citazione in giudizio del […] per la convalida dell’offerta reale del prezzo da parte dello […], non avendo questi nessun interesse a liberarsi della sua obbligazione poiché non ancora esigibile (Cass. 8250 del 2009) – ne’ potendo in tal modo lo […] anticipare il rilascio dell’immobile espressamente subordinato dalla Corte di Appello al passaggio in giudicato della sentenza costitutiva – il rifiuto del […] era legittimo e la domanda era infondata. Tuttavia, poiché nelle more tra la sentenza di primo grado ed il giudizio di secondo grado la sentenza della Corte di appello di Bari n. 858 del 2000 è passata in giudicato, si è verificata la condizione di accoglimento della domanda di convalida ancorché i suoi elementi costitutivi siano venuti ad esistenza solo in detta seconda fase di giudizio. Così corretta, ai sensi dell’art. 384 c.c., u.c., la motivazione della sentenza impugnata, il motivo va respinto.

1.2 – La seconda censura è invece inammissibile perché il […] è rimasto contumace in appello e quindi devono ritenersi rinunciate, a norma dell’art. 346 c.p.c., le sue domande ed eccezioni, in coerenza con il carattere devolutivo dell’appello, in tal modo ponendo appellato e appellante su un piano di parità – senza attribuire alla parte, rimasta inattiva ed estranea alla fase di appello, un posizione sostanzialmente di maggior favore – sì da far gravare su entrambi, e non solo sull’appellante, l’onere di prospettare al giudice del gravame le questioni (domande ed eccezioni) non accolte o rimaste assorbite, in difetto presumendosi che manchi un interesse alla decisione, mancanza che ben può essere imputata anche alla parte contumace (Cass. 19555 del 2006, 23489 del 2007), con la conseguenza che è precluso il ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che legittimamente non ha preso in esame le eccezioni del […] (a norma dell’art. 1208 c.c., n. 3) da ritenere rinunciate.

3.- Con il terzo motivo lo […]i deduce: “Insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti decisivi della controversia. Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Il motivo, privo della indicazione del fatto controverso e delle ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, onere imposto dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, da formulare riassuntivamente e sinteticamente in modo da costituire un “quid pluris” rispetto alla illustrazione della censura, così da consentire al giudice di valutare immediatamente il nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al ricorrente, è inammissibile.

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