Corte di Cassazione, Sez., Sent. n. 8143 del 2004, dep. 28/04/2004

[…]

MOTIVI DELLA DECISIONE 1) Col primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 139 e 160 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 c.p.c.), il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto valida la notifica effettuata dal postino al […] dando rilevanza a tale qualifica (“convivente”), senza considerare che non tutte le attestazioni contenute nella relata di notifica dell’ufficiale giudiziario sono destinate a fare fede fino a querela di falso, ma soltanto quelle riguardanti attività. svolte da lui medesimo o avvenuti in sua presenza. Afferma il ricorrente che non era consentito allACorte di merito disquisire sulla validità del dato anagrafico, quantomeno nella parte in cui escludeva la residenza in una certa via del […], e ancor meno dilungarsi a supporre un ipotetico trasferimento in altro piano dello stesso stabile, senza tener conto del principio secondo cui, sebbene non sia richiesto un rapporto di convivenza, è tuttavia necessario che dalla relazione risulti che la consegna sia avvenuta alla casa del destinatario. Inoltre, sostiene il ricorrente, in presenza di un dato ariagrafico che escludeva la residenza nel luogo dove è avvenuta la notifica dell’atto di citazione, la Corte di merito non ha considerato che la presunzione di coincidenza della residenza effettiva con quella anagrafica si fonda sul particolare meccanismo approntato dal legislatore al fine di garantire che il dato reale continui a corrispondere a quello formale (artt. 43 e 44 c.c., 31 disp. att. c.c. e art. 2 legge 24.11.1934 n. 1228). Tale presunzione di coincidenza della residenza effettiva con quella anagrafica è superabile solo con prove tipiche di tenore univocamente concludenti. Al riguardo, sostiene il ricorrente, la Corte d’appello avrebbe omesso di valutare adeguatamente la dichiarazione di domicilio contenuta nel preliminare stipulato sette anni prima, la mancata costituzione in primo grado del […] e la mancata notifica della sentenza, nonché il mancato recapito, sempre in via […], del telegramma inviato dal c.t.u. in corso di causa. 1.1. Il motivo è infondato in tutte le sue proposizioni. Come rilevato nella sentenza impugnata, l’indirizzo di via […] era stato indicato dallo stesso […] nel contratto preliminare di compravendita. L’atto di citazione, ivi notificato, era stato ricevuto dal fratello convivente […]. Da queste univoche circostanze, la Corte d’appello ha desunto che, indipendentemente dalle risultanze anagrafiche, l’effettiva abitazione del […] era situata in via […] e che, conseguentemente, la notificazione dell’atto di citazione ivi eseguita era pienamente valida. L’argomentazione appare giuridicamente corretta, in armonia con il principio, dettato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, dell’individuazione della residenza, ai fini della validità della notifica, nel luogo di effettiva abitazione, anche se eventualmente difforme rispetto alle indicazioni anagrafiche. E’ stato, infatti, costantemente affermato che, ai fini di una corretta determinazione del luogo di residenza o di dimora del destinatario di una notifica, occorre tener conto della residenza effettiva del destinatario dell’atto, rivestendo le risultanze anagrafiche valore meramente presuntivo circa il luogo di residenza e possono essere superate, in quanto tali, da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento e affidata all’apprezzamento del giudice di merito. In particolare, la prevalenza su dette risultanze della dichiarazione e del comportamento del consegnatario della copia dell’atto comporta a carico del destinatario l’onere della prova – non desumibile dalla certificazione anagrafica della sua residenza in luogo di-

verso da quello in cui è avvenuta la consegna – dell’inesistenza del suo rapporto di convivenza (attestato dal pubblico ufficiale notificante) con il consegnatario (Cfr. ex plurimis: Cass. 19.4.2002, n. 5713; 8.8.2002 n. 12021). Del tutto correttamente, dunque, la Corte d’appello ha ritenuto superata la presunzione derivante dalla certificazione anagrafica (peraltro rappresentata da un’autocertificazione di contenuto piuttosto equivoco, perché contenente solo l’ affermazione che fino alla data del 14.11.1995, ossia alla stessa data della notificazione, il […] aveva residenza in via […], ma non anche l’indicazione dove lo stesso aveva trasferito la nuova residenza), in base all’indicazione della residenza contenuta nel preliminare di compravendita, nonché in base alla qualità, della persona […] che aveva materialmente ricevuto l’atto notificato, senza che al riguardo il […] avesse fornito prova contraria. In ordine poi alle circostanze invocate dal ricorrente (quali la mancata ricezione del telegramma inviato dal c.t.u., la mancata notifica della sentenza, etc.), va osservato che esse non sono decisive, perché esulano dalla rilevazione della Corte d’ appello dell’avvenuta notificazione dell’atto di citazione. 2. Col secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1353, 1362, 1363 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 n, 5 c.p. .) il ricorrente sostiene che il contratto preliminare intercorso tra le parti sarebbe divenuto inefficace non essendosi verificata la condizione della stipulazione, entro fi 31.10.1988, della convenzione con il Comune […]. Al riguardo la clausola contrattuale era talmente chiara da non lasciare spazio a interpretazioni soggettive, quali quelle della Corte di merito che, senza alcun fondamento, ha affermato che il termine era a favore del […], aggiungendo che il […] poteva provocare ad nutum la scadenza, omettendo di svolgere tempestivamente le pratiche necessarie alla definizione della lottizzazione, senza svolgere alcun accertamento in ordine ad eventuali inadempimenti del […]. 2.1. Il motivo è inammissibile. L’impugnata sentenza, dopo aver esposto quanto ora viene censurato, ha osservato, come seconda ratio decidendi, che il […] successivamente alla scadenza del suddetto termine (31.10.1988) ebbe a riceversi in data 3.12.1989 l’ulteriore somma di £, 11.000.000, costituente l’ultimo rateo di acconto sul prezzo, manifestando cosi l’intenzione di voler mantenere valido il preliminare nonostante l’avvenuta scadenza del termine del 30.10.1988. Secondo costante orientamento di questo Supremo Collegio, qualora la decisione adottata si fonda su due autonome ragioni ciascuna delle quali è sufficiente a sorreggere la decisione stessa, è inammissibile, per difetto di interesse, la censura del ricorrente che investa una sola delle addotte ragioni (Cfr. ex plurimis: Cass. 14.3.1990 n. 2078; 25.10.1988 n. 5778; 23. 11.1983 n. 7007; 16.3.1981 n. 1510), considerato che l’ eventuale accoglimento di tale censura sarebbe del tutto improduttivo di effetti in ordine ad una statuizione che, in quanto fondata su altra autonoma “ratio decidendi”, è suscettibile di passaggio in giudicato, e, come tale, non può essere riesaminata dal giudice dell’impugnazione. 3. Col terzo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata sul presupposto che la domanda ex art. 2932 c.c. non poteva essere accolta perché non coincidente con quanto stabilito dalle parti nel preliminare, essendo stato promesso il trasferimento di un lotto di terreno libero da pesi ed oneri, mentre risultava iscritta su tale bene una ipoteca. 3.111 motivo non ha pregio. Come giustamente osservato dalla Corte d’appello il promissorio venditore che abbia violato l’obbligo di mantenere il bene promesso in vendita libero da pesi ed oneri non può avvantaggiarsi di tale sua inadempimento, negando il trasferimento dell’immobile. Consegue che ove il promissario acquirente agisca per l’esecuzione in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c., il giudice, accolta la domanda, nello stabilire le modalità ed i termini entro i quali l’attore deve adempiere la propria obbligazione di pagare il residuo prezzo, può – per l’esigenza di salvaguardare l’equilibrio sinallagmatico dei contrapposti interessi – subordinare tale pagamento all’estinzione, da parte del promissario alienante, dell’ipoteca (Cfr. Cass, 10.3.1999, n. 2091; 11.2.1985, n. 1134). 4. Col quarto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che la c.t.u. era stata utile per provare fatti altrimenti non provabili, senza considerare che il preliminare individuava esattamente il lotto di terreno e che era facile acquisire certificazione amministrativa della convenzione di lottizzazione. 4.1. Il motivo è privo di fondamento. L’impugnata sentenza ha spiegato che la consulenza era stata disposta dal tribunale nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali e ai sensi dell’art. 191 c.p.c. in relazione alla necessità di acquisizione di elementi tecnici non rientranti nella disponibilità delle parti, senza con ciò supplire ad alcuna deficienza di prova da parte dell’attore ed anzi rimettendo il disposto mezzo istruttorio alla valutazione e verifica, sotto aspetto tecnico, delle prove fornite e delle circostanze riferite. Ed in effetti, la disposta consulenza tecnica, la cui finalità è quella di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze, è stata disposta non al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto dedotto, bensì allo scopo di accertare fatti rilevabili solo con il sussidio di cognizioni tecniche.

[…]