Corte di Cassazione, Sez. VI-3, Ordinanza n. 6143 del 2020, dep. il 05.03.2020

[…]

Ritenuto che […], con ricorso affidato a quattro motivi, ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, in data 28 settembre 2017, che ne rigettava il gravame avverso la decisione del Tribunale di Nuoro che, a sua volta, aveva accolto la domanda — proposta dalla […], locatrice dell’immobile, adibito ad esercizio commerciale (bar), concesso in godimento al […] con contratto del … giugno 2011 – di risoluzione della locazione per morosità del conduttore, che aveva condannato al pagamento della somma di curo 26.092,97 a titolo di canoni scaduti e insoluti, rigettando altresì le domande riconvenzionali dello stesso […];
che la Corte territoriale, a fondamento della decisione, osservava che: 1) l’eccezione ex art. 1460 c.c. avanzata dal conduttore era infondata in quanto, ammesso da quest’ultimo l’inadempimento relativo al mancato pagamento dei canoni scaduti da settembre 2012 a febbraio 2013, lo stesso conduttore — come comprovato dall’espletata istruzione probatoria – aveva continuato ad esercitare l’attività commerciale del bar sino al rilascio dell’immobile, là dove le lamentate infiltrazioni d’acqua avevano interessato il solo locale seminterrato, utilizzato come magazzino e locale deposito; 2) la documentazione prodotta dal conduttore a sostengo delle proprie ragioni – perizia sull’impianto fognario e verbale ASL – era successiva alla sospensione dei pagamenti, la prima del febbraio 2013 e il secondo dell’aprile 2013; 3) la società locatrice si era attivata rispetto agli interventi sollecitati dal conduttore, non potuti eseguire per impossibilità di accedere al sito (terrazzino dell’immobile) per la presenza cli ingombri non facilmente rimovibili; 4) l’ostruzione dello scarico fognario non era dovuto a vizi occulti dell’immobile, bensì (come comprovato dalle risultanze istruttorie) “dall’uso scorretto degli scarichi da parte del conduttore e dei suoi ospiti”;
che non ha svolto attività difensiva l’intimata […].;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380- bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Considerato che:
a) con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1575, 1576 e 1460 c.c., per aver la Corte territoriale, “a fronte di elementi di prova rappresentativi della presenza di vizi strutturali e del mancato utilizzo del piano terra per la somministrazione di cibi e bevande”, erroneamente escluso l’applicazione dell’art. 1460 c.c. e, così, legittima la sospensione del pagamento dei canoni locatizi.
b) con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2700 c.c., 115, 116 c.p.c., 111, comma sesto, Cost. e 118 disp. att. c.p.c., nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., prospettata “omessa valutazione su fatti decisivi della controversia e carenza di motivazione”, per aver la Corte territoriale ritenuto pacifica la prosecuzione dell’attività commerciale in evidente contrasto con le risultanze probatorie e con motivazione carente.
c) con il terzo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2700 c.c., 115 e 116 c.p.c., nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., prospettato “omessa valutazione su fatti decisivi della controversia e carenza di motivazione”, per aver la Corte territoriale ritenuto, con motivazione carente e in contrasto con le emergenze istruttorie, che le infiltrazioni nel locale seminterrato provenissero “dal pluviale e dai fori presenti nel pavimento” e che, comunque, l’umidità sulle pareti non avesse impedito la prosecuzione dell’attività commerciale.
d) con il quarto mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2700 c.c., 115 e 116 c.p.c., nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., prospettata “omessa valutazione su fatti decisivi della controversia e carenza di motivazione”, per aver la Corte territoriale ritenuto, con motivazione carente e in contrasto con le risultanze probatorie, che l’immobile non presentasse vizi strutturali;
a.1-b.1-c.1-d.1) i motivi, da scrutinarsi congiuntamente per essere tra loro connessi, sono inammissibili.
La Corte di appello — sulla scorta di una motivazione affatto sufficiente e intelligibile (cfr. sintesi nel “Ritenuto che”) — ha correttamente applicato il principio per cui, in tema di locazione di immobili, il conduttore può sollevare l’eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 c.c. non solo quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte, ma anche nel caso in cui dall’inesatto adempimento del locatore derivi una riduzione del godimento del bene locato, purché la sospensione, totale o parziale, del pagamento del canone risulti giustificata dall’oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, riguardata con riferimento al complessivo equilibrio sinallagmatico del contratto e all’obbligo di comportarsi secondo buona fede (tra le tante, Cass. n. 16918/2019).
Parte ricorrente, oltre a non evidenziare, rispetto alla decisione in diritto, effettivi errores in iudicando, censura la sentenza impugnata in forza di critiche che – oltre a non essere rispondenti, rispetto alla dedotta violazione dell’art. 2697 c.c., ai criteri indicati (in motivazione) da Cass., S.U., n. 16598/2016 – non solo mancano di individuare i fatti storici dei quali il giudice di appello abbia omesso l’esame (secondo l’insegnamento di Cass., S.U., n. 8053/2014), ma che non sarebbero state scrutinabili nel fondo neppure alla luce del non più vigente (e inapplicabile ratione temporis) paradigma di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., giacché viene essenzialmente denunciata la valutazione delle prove effettuata dal giudice di merito (e ad esso esclusivamente riservata), proponendosi una lettura alternativa del medesimo materiale probatorio.
La memoria depositata dal ricorrente, là dove non inammissibile per non essere solo illustrativa delle originarie censure, non adduce argomenti idonei a scalfire i rilievi che precedono, insistendo, peraltro, sull’asserita esistenza di vizi motivazionali, come detto, non più deducibili in base al vigente n. 5 dell’art. 360 c.p.c.
Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile […]