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1.- Con il primo motivo la ricorrente deduce:” Violazione e falsa applicazione dell’art. 139 e 140 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4″ e conclude con i seguenti quesiti di diritto:” 1) Dica la Suprema Corte se, ai fini delle notifiche, occorra dare rilevanza alla residenza anagrafica oppure a quella effettiva del destinatario dell’atto; 2) Dica se l’omessa menzione sulla busta o sull’avviso di ricevimento del piego contente l’atto da notificare l’agente postale deve, a pena di nullità o di inesistenza, indicare tutte le formalità del deposito presso l’ufficio postale nonché del relativo avviso al destinatario e dei motivi (relativi alla temporanea assenza del destinatario dell’atto e delle altre persone autorizzate a riceverlo) che lo hanno determinato”.
1.1- Con il secondo motivo lamenta: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa motivazione e comunque per insufficiente motivazione, apparente, illogica e/o contraddittoria, circa un punto decisivo della causa” e indica quale fatto controverso: “la residenza effettiva di […] e la relativa prova”. I motivi, congiunti, sono parte infondati, parte inammissibili. Ed invero, quanto al primo quesito, la notifica effettuata ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., per non avere rinvenuto nell’indirizzo indicato […] e per non aver potuto consegnare il plico ad altra persona legittimata a riceverlo, presuppone che in quel luogo si trovasse la sua residenza effettiva, e che la copia da notificare non le sia stata consegnata per mere difficoltà di ordine materiale, quali la momentanea assenza, l’incapacità o il rifiuto delle persone indicate nel precedente art. 139 cod. proc. civ.. Perciò […], che ha contestato tale presunzione, al fine di dimostrare la sussistenza della nullità della notificazione in quanto eseguita in luogo diverso dalla sua residenza effettiva, aveva l’onere di fornirne la prova.
Invece, nella indicazione del fatto controverso formulata a chiusura del secondo motivo, la ricorrente non indica, come era suo onere a norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ., ultima parte, quali prove, tempestivamente allegate in appello, della sua residenza effettiva in luogo diverso da quella anagrafica ad […] – mantenuta anche nel corso del giudizio e ove qualche mese prima dell’atto di citazione aveva ricevuto una raccomandata dello studio legale di controparte – idonee a superare la presunzione di conoscibilità dell’avviso di ricevimento della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso l’ufficio comunale, non sono state esaminate dal giudice di secondo grado.
Quanto al secondo quesito del primo motivo la sottostante censura è inammissibile perché introduce, per la prima volta in questa sede, una questione diversa – e che implica nuovi accertamenti di fatto – e cioè il vizio del procedimento notificatorio per inosservanza delle formalità prescritte dall’art. 140 cod. proc. civ..
2.- Con il terzo motivo lamenta: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1755 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3” e conclude con il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte se il vincolo giuridico che determina la nascita del diritto alle provvigioni, in favore del mediatore, è quello che abiliti ciascuna delle parti ad agire per l’esecuzione del contratto e che in particolare, pertanto, detto vincolo e/o relativo negozio o contratto non debba essere viziato da nullità o annullabilità”. 2.1- Con il quarto motivo deduce: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa motivazione e comunque per insufficiente motivazione, apparente, illogica e/o contraddittoria, circa un punto decisivo della causa” e significa che “il fatto controverso è rappresentato dal punto della causa relativo alla esistenza nel terreno di fabbricati abusivi e dalla omessa motivazione in ordine alla mancata ammissione della relativa prova richiesta in seno all’atto di appello e alla insufficiente, apparente e contraddittoria motivazione, in ordine alle altre relative prove già agli atti (ammissione contenuta nella comparsa di risposta e dichiarazione scritta del 10 marzo 1999)”.
I motivi, congiunti, sono infondati.
Infatti costituisce principio consolidato quello secondo cui la sanzione della nullità prevista dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necessaria concessione edificatoria, trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita, come si desume dal tenore letterale della norma, nonché dalla circostanza che successivamente al contratto preliminare può intervenire la concessione in sanatoria degli abusi edilizi commessi o essere prodotta la dichiarazione prevista dalla stessa norma, ove si tratti di immobili costruiti anteriormente al 1 settembre 1967, con la conseguenza che in queste ipotesi rimane esclusa la sanzione di nullità per il successivo contratto definitivo di vendita, ovvero si può far luogo alla pronunzia di sentenza ex art. 2932 cod. civ. (Cass. 15734 del 2011). Conseguentemente spetta al mediatore il diritto alla provvigione, essendosi costituito tra le parti un vincolo giuridico, anche nel caso in cui il preliminare abbia ad oggetto un immobile privo della concessione edificatoria (Cass. n. 7519 del 2005, 13260 del 2009).
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