Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 30401 del 2009, dep. il 22/07/2009

[…]

Con sentenza in data 28.11.2006 il Tribunale di Lecce in Gallipoli:
– dichiarava […], quale proprietario dell’opera, e […], nella qualità di progettista, responsabili del reato di cui all’art. 481 c.p. per avere presentato all’Ufficio Tecnico del Comune di […] un progetto di ampliamento dell’abitazione di […] non rappresentando fedelmente lo stato dei luoghi al fine di eseguire lavori contrastanti con la normativa urbanistica violando, così, l’obbligo del rispetto della distanza legale dal preesistente edificio di […];
– assolveva perché il fatto non sussiste […] dal reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b);
– dichiarava non doversi procedere perché intervenuta prescrizione del reato nei confronti di […] imputato di avere eseguito senza permesso di costruire un vano al primo piano della sua abitazione, vano fronteggiante il fabbricato del […].
Su appello proposto dal […], costituitosi parte civile nei confronti del […] e di […], la Corte d’Appello di Lecce, con sentenza 21.04.2008, rilevava che un vano, con finestre, del fabbricato […] confinava con la proprietà del […], il quale, perciò, nell’ampliare il proprio fabbricato, aveva l’obbligo di osservare la distanza minima di tre metri, mentre aveva costruito in adiacenza al fabbricato del […], occludendo parzialmente una finestra, previo conseguimento di un permesso di costruire rilasciato su un progetto redatto dallo […] in cui era falsamente rappresentato lo Stato dei luoghi (il muro della casa […] era descritto come pieno, senza cioè l’indicazione delle finestre esistenti).
Conseguentemente la Corte territoriale, riconosciuta la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) ai soli fini delle statuizioni civili, condannava […] e […] al risarcimento del danno in favore della parte civile […].
Proponeva ricorso per Cassazione l’imputato […] denunciando contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione;
violazione di legge sulla ritenuta configurabilità del reato di falso perché:
– essendo stato escluso, sotto il profilo penale, il reato urbanistico ascrittogli, era irrilevante il falso finalizzato all’abusivismo;
– la sentenza d’appello aveva ritenuto che il delitto di falso era consistito nella rappresentazione non fedele dello stato dei luoghi non solo per la mancata indicazione della parete finestrata ma anche per la mancata indicazione del terrazzo che preesisteva alla costruzione di quella parete, donde la violazione dell’art. 521 c.p.p. perché i giudici non avevano specificato quale fosse lo stato dei luoghi rilevante per la definizione dell’imputazione;
– il falso era innocuo sia perché il vano costruito dal […] era abusivo e non tutelabile giuridicamente sia perché la presenza delle finestre non precludeva l’esecuzione dell’opera in aderenza;
– la mancata indicazione delle due finestre poteva essere imputata a mera superficialità del tecnico e quindi a colpa non idonea a integrare il delitto.
Il ricorrente censurava anche la ritenuta configurabilità agli effetti civili della contravvenzione edilizia perché il vano realizzato abusivamente dal vicino su un terrazzo a cielo aperto era insussistente nel mondo del diritto con la conseguenza che il Comune non poteva negargli il permesso di costruire.
Non era corretto, poi, l’assunto dei giudici d’appello secondo cui la responsabilità andava ricollegata alla situazione preesistente alla parete finestrata, consistente nella presenza di un terrazzo con possibilità d’affaccio sul fondo del vicino perché le norme tecniche dello strumento urbanistico comunale non disciplinano la distanza tra costruzioni con riferimento ai terrazzi.
Lamentava, infine, il ricorrente l’omessa motivazione sul denegato beneficio della non menzione della condanna.
Chiedeva l’annullamento della sentenza.
La parte civile depositava memoria difensiva con cui chiedeva correggersi il dispositivo della sentenza della Corte territoriale con l’inserimento della condanna, contenuta nella motivazione, al ripristino dello stato dei luoghi.
È infondato il primo motivo d’impugnazione.
In punto di addebito di falso come finalizzato a ottenere la concessione edilizia contro legem (con riferimento al mancato rispetto della normativa sulla distanza tra costruzioni ex art. 873 c.c. e dello strumento urbanistico comunale), occorre rilevare come la Corte territoriale abbia dato atto di un provvedimento concessorio rilasciato al […] a seguito della presentazione di un progetto corredato da una rappresentazione grafica e da rilievi dei muri di confine della proprietà […] disegnati come pieni. Secondo i giudici di merito, per l’ampliamento del fabbricato del […] è stata presentata una domanda di concessione edilizia al Comune di […] senza descrivere, nelle tavole progettuali, l’effettivo stato dei luoghi e, in particolare, senza indicare nei profili prospettici dei fabbricati adiacenti ne’ lo stato attuale della parete finestrata ne’ quello preesistente alla realizzazione abusiva del vano sul quale erano state ottenute due finestre sporgenti sul confine.
Poiché tale situazione è riportata nella pronuncia di primo grado, e riferita nella sentenza impugnata, per tale ragione non è censurabile se non ricorrendo alla rivisitazione, preclusa al giudice di legittimità, del compendio probatorio.
Deve aggiungersi, poi, che è assolutamente irrilevante che la Corte territoriale abbia, con argomentare superfluo, ritenuto sussistere il falso anche con riferimento alla situazione di fatto preesistente alla realizzazione del vano e che l’origine abusiva di tale manufatto, per il quale non è intervenuto accertamento di responsabilità ma declaratoria di estinzione del reato per prescrizione (donde il venir meno dell’ordine di demolizione), non esimeva il progettista e il committente dall’obbligo di rappresentare fedelmente lo stato dei luoghi negli elaborati grafici posti a sostegno della domanda di concessione.
Nè è fondata la censura sull’elemento soggettivo del reato, atteso che il dolo (generico) del falso come contestato è integrato dalla consapevolezza dell’attestazione contraria al vero di fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.
Proprio in punto di dolo del reato, l’impugnata sentenza ha adeguatamente dato conto della rappresentazione, nelle planimetrie, di una situazione dei luoghi difforme dal vero, quanto alla presenza di due finestre sul muro del vicino […].
Trattasi di motivazione che si fonda su una lettura coerente delle risultanze processuali e, pertanto, immune dalle censure di manifesta illogicità.
Peraltro, la tesi dell’errore involontario nella rappresentazione grafica dello stato dei luoghi viene riproposta, nella presente sede, in termini meramente enunciativi e non minimamente corredati di rilievi specifici alla motivazione medesima.
Correttamente, poi, il fatto è stato sussunto nella figura criminosa di cui all’art. 481 c.p., costituendo pacifico principio che le planimetrie presentate a corredo della richiesta di certificazioni o autorizzazioni, redatte, secondo le vigenti disposizioni, dall’esercente una professione necessitante speciale autorizzazione dello Stato, hanno natura di certificato, poiché assolvono la funzione di dare alla pubblica amministrazione un’esatta informazione dello stato dei luoghi; conseguendone, pertanto, che rispondono del delitto previsto dall’art. 481 c.p. il professionista che redige le planimetrie e il committente che firma la domanda fondata sulla documentazione infedele (Cassazione Sezione 5, n. 15860/2006, …, RV. 234601; n. 5098/2000, Stenico e altri; n. 5298/1993, P.M. …; n. 9821/1986, …).
La censura sulla configurabilità della contravvenzione urbanistica – sia pure agli effetti civili – è infondata stante che il rilascio della concessione è dipeso dalla falsa rappresentazione dello stato dei luoghi (facendo, cioè, figurare che la costruzione in aderenza fosse consentita per l’assenza di finestre sul muro di confine del […]), donde l’illegittimità del provvedimento ottenuto traendo in inganno l’Ufficio Tecnico comunale.
L’imputato, infatti, ha presentato un progetto, privo dell’indicazione delle suddette aperture, che era finalizzato all’esecuzione di opere in difformità degli strumenti urbanistici in violazione degli obblighi di osservanza della distanza minima tra fabbricati con danno di altra proprietà confinante. Non può essere accolta la domanda di correzione del dispositivo della sentenza di secondo grado con l’inserimento della statuizione di ripristino dello stato dei luoghi di cui è menzione nella motivazione non potendo farsi luogo alla procedura di correzione ove nessun contrasto emerga, come nella specie, tra il contenuto decisorio del provvedimento e la sua formale estrinsecazione. Va, invece, accolto il motivo di omessa pronuncia sull’istanza di non menzione della condanna, non esaminato dalla Corte territoriale, sicché la sentenza sul punto va annullata con rinvio […]