Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sez. st. di Catania, Sez. Prima, Sentenza n. 1497 del 2018, pubbl. il 16/07/2018

[…]

FATTO e DIRITTO

1. – La […], ricorrente, ha premesso di essere proprietaria di …, ubicati in località …, Zona Centro Storico, confinanti con altri di proprietà della …, per il cui accesso, dalla pubblica Via…, si attraversano un vicolo e cortili interni privati ed in comunione.
Ha impugnato la CILA del … 2018, a firma della controinteressata e del tecnico incaricato, concernente “la realizzazione di una tettoia smontabile in legno lamellare, con copertura in teli, previa realizzazione di basamento in cemento armato e delle opere per lo smaltimento delle acque piovane nelle aree cortilizie di proprietà e comuni”; ha impugnato, altresì, in parte qua, i provvedimenti di “tacito e/o silenzio assenso”, inclusi, “occorrendo”, il parere reso dalla Soprintendenza …. n. … del … 2017 e l’autorizzazione del Genio Civile di… prot. N…. del … 2017. Ritiene parte ricorrente sostanzialmente che: a) le caratteristiche intrinseche delle opere da realizzare ne imponevano una regolare concessione in ordine ai lavori da eseguire negli immobili di proprietà esclusiva e, trattandosi di lavori da realizzare in immobili ubicati all’interno del Centro Storico a…, ai sensi della L.R. n° 70 del 1976, sarebbe stato necessario il parere di cui all’art. 12 della citata legge, reso da una commissione speciale per l’esame ed i pareri sui progetti di natura edilizia; b) sarebbe stato necessario il previo assenso dei comproprietari e comunisti per le opere dirette alle aree comuni; c) quanto alle opere di smaltimento di acque piovane, esisterebbe già una tubatura di scarico recente e ultimamente realizzata, sicché, a questo fine, sarebbe stato sufficiente un modestissimo collegamento ed innesto anziché l’installazione di una conduttura di ampio diametro; d) inoltre, la … avrebbe previsto di realizzare nell’area comune a cortile un ampio battuto in calcestruzzo con rete elettrosaldata e tutto ciò senza alcuna autorizzazione da parte dei comunisti; tali invasive opere rischierebbero di danneggiare i sottoservizi presenti in loco, tra cui, a tacer d’altro, le tubature e gli impianti elettrici e fognari dell’albergo e degli altri immobili della ricorrente (e di terzi); e) quanto alla costruzione di una tettoia smontabile in legno lamellare (di circa … mq rispetto all’unità immobilitare della controinteressata di … mq), con copertura in teli, previa realizzazione di un basamento in cemento armato di circa mq. 50 nel cortile di proprietà, che si trova all’interno dello stabile dove anche la ricorrente possiede immobili, essa sarebbe priva del carattere della precarietà.
2. – Si è costituito il Comune […] che ha riferito di un parere rilasciato dall’avvocatura comunale, secondo cui: a) la tettoria sarebbe realizzabile con semplice CILA; b) con riferimento alla realizzazione delle opere necessarie allo smaltimento delle acque piovane e aree cortilizie di proprietà comune, il secondo comma dell’art.1102 c.c. attribuisce a ciascun comproprietario la facoltà di apportare, a proprie spese, le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa, rimettendo alla valutazione dei tecnici se i lavori in questione, che la controinteressata intende realizzare, apportino al bene in comproprietà un migliore godimento dello stesso.
3. – Si è costituita anche la controinteressata, la quale ha fatto presente che già i precedenti titoli edilizi sono stati fatti oggetto di impugnativa da parte della ricorrente innanzi a questo Tribunale (ric. n. …/2017) e che la relativa istanza cautelare è stata respinta per assenza del periculum; ha, quindi, eccepito l’inammissibilità per difetto di giurisdizione e comunque per impugnativa di un atto privato in quanto, analogamente a quanto avviene in presenza di SCIA e CILA, i controinteressati potrebbero al più sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e in caso di inerzia esperire l’art.31 c.p.a.; ha, altresì, eccepito l’inammissibilità dell’impugnativa avverso il parere reso dalla Soprintendenza di … e l’autorizzazione del Genio civile di …, indicati in epigrafe, per assoluta genericità, in quanto nessuna censura sarebbe mossa avverso tali atti; nel merito, ha sostenuto l’infondatezza del ricorso.
4. – Con decreto cautelare n.287/2018 è stata accolta l’istanza cautelare monocratica per i seguenti motivi: “Ritenuto che, impregiudicata ogni valutazione in rito e sul fumus di fondatezza del ricorso, rimessa all’Udienza camerale di rinvio in composizione collegiale, sussiste il pregiudizio richiesto per l’adozione della misura cautelare monocratica, limitatamente alle paventate strutture in calcestruzzo, in quanto, asseritamente, rischiano di danneggiare i sottoservizi presenti in loco, tra cui, a tacer d’altro, le tubature e gli impianti elettrici e fognari dell’albergo e degli altri immobili della ricorrente (e di terzi)”.
5. – In data … giugno 2018 parte ricorrente ha prodotto documentazione e memoria.
6. – Alla camera di consiglio del 7 giugno 2018, il difensore della controinteressata ha contestato la tardività della produzione documentale e della memoria di parte ricorrente del … 2018 e, a seguito di ampia discussione, il ricorso, previo avviso alle parti della possibile definizione con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art.60 del cod. proc. amm., è stato posto in decisione.
7. – Va, preliminarmente, delibata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla controinteressata; questa sostiene, in particolare, che la CILA sia semplicemente un negozio unilaterale di natura personale e privata, estraneo, per la libertà dei suoi contenuti, a qualsiasi esercizio di potestà pubblica, per cui sarebbe carente, nel caso, la giurisdizione del giudice amministrativo.
7.1. – L’eccezione è infondata.
La contestazione investe la CILA e alcune autorizzazioni (del Genio civile e della Soprintendenza) presupposte, ritenendo parte ricorrente che le caratteristiche intrinseche delle opere realizzate nonché l’ubicazione degli immobili in oggetto (all’interno del Centro Storico …) avrebbero richiesto una regolare concessione nonché il parere obbligatorio della commissione speciale istituita dall’art.12 della l.r. n.70 del 1976; parte ricorrente reputa, altresì, necessario il previo assenso – inesistente nel caso – dei comproprietari e comunisti per le opere dirette alle aree comuni, sottolineando che la P.A. ha “l’onere di verificare il rispetto dei limiti privatistici e non può autorizzare lavori ove vi sia dissenso tra i proprietari di beni comuni in ordine alla destinazione ed all’uso di essi”; sostiene, inoltre, la non precarietà della tettoia e l’invasività delle opere idriche nei termini specificati.
Orbene, ritiene il Collegio che appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia in cui il terzo faccia valere, nella sostanza, l’interesse legittimo asseritamente leso dal non corretto esercizio del potere amministrativo di verifica della conformità dell’attività edilizia comunicata rispetto al paradigma normativo, nello specifico caso ritenendo parte ricorrente che l’attività in questione non potesse rientrare nella CILA e che richiedesse piuttosto, per le caratteristiche della stessa, un permesso di costruire e, stante l’ubicazione dell’intervento, il parere obbligatorio della commissione speciale.
La controversia sottoposta alla cognizione di questo Giudice non riguarda, pertanto, un rapporto meramente privatistico ove il privato lamenta la lesione di un diritto soggettivo, ma si appunta su un rapporto amministrativo che ha come fulcro il corretto esercizio del potere pubblicistico nelle attività di competenza; pertanto, in coerenza con il disposto dell’art.7, comma 1, del cod. proc. amm., che assegna alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi, l’eccezione di difetto di giurisdizione si rivela infondata.
Ciò premesso, la questione che si ripropone – come già avvenuto per la D.I.A. o la S.C.I.A. prima dell’intervento risolutore in materia del legislatore – non è tanto quella della giurisdizione quanto piuttosto quella della ammissibilità della tutela del terzo a fronte di attività edilizia posta in essere in forza di CILA e dell’individuazione di tale tutela.
8. – Prima di affrontare, però, l’eccezione (sollevata dalla controinteressata) dell’ammissibilità della presente azione di annullamento, ritiene il Collegio, in accoglimento dell’istanza formulata dal difensore della controinteressata in udienza, di stralciare dagli atti di causa, considerandole tamquam non essent, la documentazione e la memoria prodotta da parte ricorrente in data … 2018, in quanto tardivamente prodotte rispetto alla camera di consiglio fissata per il giorno 7 giugno 2018, ai sensi dell’art.55, co.5, del cod. proc. amm. (secondo cui “Le parti possono depositare memorie e documenti fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio …”), a prescindere delle quali la controversia è, comunque, matura per essere decisa.
9. – Passando all’esame delle ulteriori eccezioni in rito, la controinteressata sostiene l’inammissibilità del ricorso, in quanto la C.I.L.A. non è un provvedimento amministrativo, bensì un atto privato e pertanto, “sulla base dell’analogo istituto della SCIA”, i controinteressati possono al più sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione ed in caso di inerzia esperire esclusivamente l’azione di cui all’articolo 31 del decreto legislativo 104/2010.
9.1. – L’eccezione è fondata.
La CILA – ossia la comunicazione di inizio lavori asseverata – si inquadra, analogamente alla SCIA rispetto alla quale è complementare, nel processo di liberalizzazione delle attività private; essa è prevista dall’art.6-bis del testo unico dell’Edilizia – come modificato dal D.Lgs. n.222/2016 – e costituisce un istituto intermedio tra l’attività edilizia libera e la SCIA, avente carattere di residualità rispetto agli interventi non diversamente disciplinati (“Gli interventi non riconducibili all’elenco di cui agli articoli 6, 10 e 22 sono realizzabili previa comunicazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione competente, fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio , igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42”).
Essa, pertanto è senza dubbio un atto del privato privo di natura provvedimentale, anche tacita, come tale non immediatamente impugnabile innanzi al T.A.R.
L’azione a tutela del terzo che si ritenga leso dall’attività svolta sulla base della C.I.L.A. non può essere quindi un’azione di annullamento, ma, analogamente a quanto previsto dall’art.19, comma 6-ter, della legge n.241 del 1990 e in ossequio al principio di effettività della tutela giurisdizionale sancito dall’art.24 Cost., gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art.31, commi 1, 2 e 3 del cod. proc. amm. ovvero l’azione di annullamento, nell’ipotesi in cui l’amministrazione si sia determinata con il provvedimento espresso lesivo dei propri interessi (ipotesi quest’ultima non ricorrente nel caso in questione).
Va specificato che il regime della edilizia libera di cui all’art. 6 del D.P.R. 380 del 2001 – e dell’edilizia libera certificata ex art.6-bis – diversamente da quello della Scia, non prevede una fase di controllo successivo sistematico (da esperirsi entro un termine perentorio) che – in caso di esito negativo – si chiude con un provvedimento di carattere inibitorio (ai sensi dell’art.19, co.3, della L. n.241, l’amministrazione “adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa”); la CILA, insomma, deve essere “soltanto” conosciuta dall’amministrazione affinché essa possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio.
Gli interventi che rientrano nella sfera di “libertà” definita dalla predetta norma non sono, infatti, soggetti ad alcun titolo edilizio tacito o espresso: in relazione agli stessi, pertanto, l’amministrazione dispone di un unico potere che è quello sanzionatorio (in caso di CILA mancante, incompleta o irregolare, ovvero di lavori eseguiti in difformità, ma pur sempre eseguibili con CILA).
È stato, sotto tale profilo, affermato che “Eventuali pronunciamenti anticipati dell’ente in ordine alla ammissibilità degli interventi comunicati con CILA non hanno, quindi, carattere provvedimentale ma meramente informativo, non rispondendo gli stessi ad un potere legislativamente tipizzato” (T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, n. 1625/2016).
Diversa, invece, è l’ipotesi in cui la comunicazione sia utilizzata al di fuori della fattispecie legale, ossia per eseguire opere che richiedano il permesso di costruire (o la stessa SCIA) o, comunque, in violazione della normativa in materia, posto che “In tali casi l’amministrazione non può che disporre degli ordinari poteri repressivi e sanzionatori dell’abuso, come peraltro implicitamente previsto dalla stessa disposizione [art. 6-bis cit], laddove fa salve “le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia …” ( Adunanza della Commissione Speciale Consiglio di Stato, n. 1784, del 4 agosto 2016).
Specificati i diversi tipi di controllo dell’Amministrazione sulla SCIA e sulla CILA e conseguentemente i diversi contenuti dei provvedimenti adottabili dalla p.a., ritiene il Collegio che il terzo che si ritenga leso da un atto privato quale la CILA potrà sollecitare il Comune all’esercizio delle verifiche allo stesso spettanti e, in caso di inerzia, attivare il procedimento del silenzio. L’amministrazione, dal canto suo, a fronte di una denuncia-diffida da parte del terzo, ha l’obbligo di procedere alle verifiche che potrebbero giustificare anche un suo intervento repressivo e ciò diversamente da quanto accade in presenza di un “normale” potere di autotutela che si connota per la sussistenza di una discrezionalità che attiene non il solo contenuto dell’atto ma anche l’an del procedere, il cui esercizio è incoercibile dall’esterno attraverso l’istituto del silenzio-inadempimento (Consiglio di Stato, sez. V, n. 2237 del 22 maggio 2015).
Tale opzione interpretativa, in assenza allo stato di uno specifico regime in materia, coniuga in modo equilibrato le esigenze di liberalizzazione sottese alla CILA (come del resto alla SCIA) con quelle di tutela del terzo (Cons. St. sez. VI, 3 novembre 2016, n.4610) in ossequio ai principi di cui all’art.24 Cost..
Conclusivamente, ritiene il Collegio che il privato che lamenti la lesione di un interesse legittimo in connessione ad una CILA presentata da un terzo – interesse pretensivo all’adozione di atti sfavorevoli per il destinatario dell’azione amministrativa (Cons. St., sez. VI, 3 novembre 2016 n.4610, con riguardo alla segnalazione certificata di inizio attività) -, analogamente alla S.C.I.A. e fatti i debiti distinguo per come sopra detto, non potrà certamente impugnare, ai fini dell’annullamento, un atto privato, ma potrà attivare i poteri di controllo in capo alla pubblica amministrazione, la quale dovrà quindi concludere il procedimento con un provvedimento espresso.
Ciò l’amministrazione dovrà fare sulla base delle seguenti argomentazioni:
– l’art. 2 della legge 241/1990 impone alle pubbliche amministrazioni il dovere di concludere un procedimento avviato mediante un provvedimento espresso e tale disposizione attiene ai livelli essenziali delle prestazioni da riconoscersi a tutti i cittadini ai sensi dell’art.117, co. 2, lett. m) della Cost.;
– lo strumento su indicato (diffida ad attivare i controlli con possibilità di agire avverso il silenzio), analogamente all’art.19 l. n.241 del 1990, presenta i caratteri dell’esclusività del rimedio in favore del terzo, sicché la mancata conclusione del procedimento avviato a seguito di diffida finirebbe di fatto per privare gli interessati di ogni tutela innanzi al giudice, con palese violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 24, 111 e 113 Cost. (T.A.R. Molise n.197/2014; T.A.R. Venezia, n.233/2014).
9.2. – Alla luce delle superiori argomentazioni, deve concludersi per l’inammissibilità del ricorso laddove impugna la CILA meglio indicata in epigrafe.
10. – Parimenti fondata è l’eccezione sollevata dalla controinteressata relativa all’inammissibilità dell’impugnativa delle autorizzazioni rilasciate dalla Soprintendenza BB.CC. e dal Genio Civile per assoluta genericità.
Infatti, nessuna specifica censura, in violazione dell’art.40 c,p.a., viene mossa dalla ricorrente, vuoi avverso il parere della Soprintendenza che avverso l’autorizzazione del Genio Civile, impugnati, peraltro, in via subordinata, con la dicitura “occorrendo”. […]