[…]
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.1. […] citarono, con atto notificato il … 94, il Comune di […] per il risarcimento dei danni patiti a seguito dell’inondazione del fondo di cui erano comproprietari nel territorio di quel Comune, consistenti nella distruzione di circa i tre quarti delle coltivazioni di cicorie ivi esistenti, ascrivendola alla carente manutenzione di un prospiciente canale in cemento ed alla pendenza verso il fondo della confinante sede stradale; costituitosi tardivamente il Comune, il tribunale di Lecce accolse la domanda sulla base della consulenza di parte, “confermata” dal consulente di parte escusso quale teste, della prova testimoniale, della documentazione fotografica e della condotta del convenuto, nemmeno comparso a rendere l’interrogatorio formale;
1.2. il gravame del Comune fu peraltro accolto dalla corte di appello di Lecce, con sentenza n. 86 del 25.1.06, sull’esclusione dell’idoneità del materiale probatorio assunto, partitamente riesaminato;
1.3. per la cassazione di tale sentenza ricorrono […], affidandosi a due motivi, illustrati da memoria; resiste con controricorso il Comune.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2.1. I ricorrenti formulano due motivi, di “violazione e falsa applicazione di norme di diritto”, non meglio specificate in rubrica, nonché di “omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”, dolendosi del complessivo giudizio di inidoneità del materiale istruttorio raccolto ai fini della prova dei fatti costitutivi del loro diritto al risarcimento nei confronti del Comune, dovendo invece sostenersi la validità, a tal fine: della consulenza di parte, siccome confermata quale teste dal suo autore; delle ammissioni di controparte sulla proprietà del canale e sulla pendenza della strada; del tacito riconoscimento della documentazione fotografica prodotta; della mancata comparizione del convenuto a rendere il formale interrogatorio; delle testimonianze, sia del consulente di parte che dell’altro teste, anche su personali loro convincimenti sul fatto e le sue modalità; della condotta processuale di controparte per tutto il giudizio di appello.
2.2. Il controricorrente Comune […] contesta l’ammissibilità del ricorso, siccome teso a conseguire una diversa valutazione del materiale probatorio, per poi sostenerne analiticamente l’infondatezza, ribattendo punto per punto alle singole censure delle controparti.
- Va premesso che:
3.1. al presente giudizio, relativo ad una sentenza pubblicata prima del 2.3.06, non si applica l’art. 366-bis cod. proc. civ.: tale norma è stata introdotta del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 ma resta applicabile – in virtù della disciplina transitoria dettata dall’art. 27, comma 2 del medesimo decreto – ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006 (e senza che possa rilevare la sua abrogazione – a far tempo dal 4 luglio 2009 – ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d, in virtù della disciplina transitoria dell’art. 58, comma 5, di quest’ultima);
3.2. ancora, il vizio di motivazione non può mai consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché non ha la corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, essendo invero la valutazione degli elementi probatori attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento (tra le molte, v. Cass. 17 novembre 2005, n. 23286, oppure Cass. 18 maggio 2006, n. 11670, oppure Cass. 9 agosto 2007, n. 17477; Cass. 23 dicembre 2009, n. 27162; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288);
3.3. non può la memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. sopperire ad eventuali carenze o lacune del ricorso, fungendo essa da mera illustrazione di tesi e difese già ritualmente proposte: da un lato, il ricorso per cassazione deve essere proposto, a pena di inammissibilità, con unico atto avente i requisiti di forma e contenuto indicati dalla pertinente normativa di rito (tra le molte: Cass. 31 maggio 2010, n. 13257; Cass., Sez. Un., 11 novembre 1994, n. 9409; Cass. 10 febbraio 2005, n. 2704); dall’altro lato, detta memoria ha la funzione di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrarli (Cass. 29 marzo 2006, n. 7237; Cass., ord. 23 agosto 2011, n. 17603). - Ciò posto, il ricorso è infondato, perché del tutto congrue, da un punto di vista sia logico che giuridico, sono le argomentazioni della corte territoriale sull’esclusione della prova non tanto del fatto storico del danneggiamento da inondazione, quanto soprattutto del nesso causale tra detto fatto storico e l’attività omessa o la cosa custodita dal Comune, vale a dire non sugli eventi in sè considerati, ma sul collegamento tra gli stessi:
4.1. l’affermazione della sussistenza di un nesso causale, consistendo quest’ultimo nel collegamento tra due eventi (o fatti o stati di fatto) mediante l’espressione di una valutazione di idoneità – astrattamente configurata e concretamente riscontrata – del primo a determinare il secondo, integra infatti sempre e comunque un giudizio in senso tecnico, rispondendo ad un’attività logica o inferenziale di applicazione di regole di esperienza in base alle quali affermare l’efficienza causale di uno di quelli;
4.2. in quanto espressione di un giudizio in senso tecnico, tale affermazione è sempre e comunque vietata al teste, che può certo esprimere la sua descrizione del fatto o della situazione di fatto secondo la sua personale percezione dell’uno o dell’altra, ma non anche validamente formulare giudizi sulla concatenazione causale con altri fatti o situazioni di fatto; infatti, la prova testimoniale deve avere ad oggetto fatti obiettivi e non apprezzamenti o valutazioni richiedenti conoscenze tecniche o nozioni di esperienza non rientranti nel notorio (Cass. 8 marzo 2010, n. 5548; Cass. 9 maggio 1996, n. 4370) ed i giudizi espressi dal teste sono rilevanti, cioè idonei a concorrere alla formazione del convincimento del giudicante, solamente quando sono inscindibili dalla descrizione del fatto (Cass. 22 aprile 2009, n. 9526; Cass. 10 aprile 1999, n. 3505);
4.3. anche l’assunzione quale testimone del consulente di parte comporta la valida acquisizione al materiale probatorio della sua mera descrizione dei fatti, ma resta irrilevante ad ogni altro fine; infatti, la consulenza di parte, ancorché confermata sotto il vincolo del giuramento, costituisce una semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio (Cass. 29 gennaio 2010, n. 2063; Cass. 22 aprile 2009, n. 9551; Cass.6 maggio 2002, n. 6432): e la sua conferma nella forma dell’assunzione quale testimone del suo autore limita, per quanto appena detto, la rilevanza probatoria delle affermazioni di quest’ultimo ai soli fatti storici, ma non può mai estendersi al nesso causale, cioè al giudizio di collegamento eziologico (ovvero alla sua valutazione dell’eziologia del fenomeno validamente descritto), tra due fatti (o eventi o stati di fatto);
4.4. del pari, è a dir poco intuitivo che la documentazione fotografica prodotta possa dar conto, soprattutto se non specificamente contestata, della configurazione stessa dello stato dei luoghi, ma non può certo fondare la ricostruzione del nesso causale;
4.5. le pretese ammissioni della controparte sono parziali, limitate come sono alla proprietà ed alle caratteristiche del canale ed alla sola comproprietà della strada, ma mai estese – se non altro nei passaggi riportati in ricorso, unici a potere essere qui scrutinati – alla causa dei fenomeni lamentati dagli attori in ricorso; e analogo discorso è a farsi sulla condotta processuale in sede di giudizio di gravame: sottolineandosi anzi che la reiterata invocazione di una consulenza tecnica di ufficio rimarcava la chiara negazione proprio di un nesso eziologico tra fatti storici (inondazione) e pretese cause, restando in sè non contestati, a tutto concedere, soltanto i primi;
4.6. è del tutto libera la valutazione, da parte del giudicante, della mancata risposta all’interrogatorio formale e, in quanto tale e comunque siccome integrante un elemento di prova del tutto particolare, completamente neutra al fine di fondare una piena conferma delle circostanze dedotte; infatti, la sentenza nella quale il giudice ometta di prendere in considerazione la mancata risposta all’interrogatorio formale non è affetta da vizio di motivazione, atteso che l’art. 232 cod. proc. civ., a differenza dell’effetto automatico di ficta confessio ricollegato a tale vicenda dall’abrogato art. 218 del precedente codice di rito, riconnette a tale comportamento della parte soltanto una presunzione semplice, che consente di desumere elementi indiziari a favore della avversa tesi processuale (prevedendo che il giudice possa ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio “valutato ogni altro elemento di prova”), onde l’esercizio di tale facoltà, rientrando nell’ambito del potere discrezionale del giudice stesso, non è suscettibile di censure in sede di legittimità (tra molte: Cass. 28 settembre 2009, n. 20740; Cass. 28 giugno 2010, n. 15383);
4.7. perfino la determinazione di non disporre una consulenza tecnica di ufficio – della cui mancata ammissione, a ben vedere, i ricorrenti non si dolgono in questa sede in modo chiaro, solo adducendo, nella parte iniziale del ricorso, di averla chiesta in citazione, ma poi sviluppando la tesi sulla piena idoneità del materiale già raccolto, tesi quindi incompatibile con l’istanza di consulenza di ufficio – sfuggirebbe alla censura in sede di legittimità, rispondendo essa all’esercizio di un preciso potere discrezionale del giudice del merito (giurisprudenza fermissima; da ultimo, v. Cass. 3 gennaio 2011, n. 72). - In definitiva, il ricorso non merita accoglimento e va rigettato. […]