[…]
2. – Non hanno fondamento neppure il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro intima connessione.
2.1 Non il secondo motivo, con il quale si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 536, 553, 561, 563 e 2652 cod. civ. , in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.; violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della disp. prel. al codice civile; violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato ( art. 112 cod. proc. civ.).
Sostiene la ricorrente essere errata l’estensione del principio di cui all’art. 563 cod. civ. all’ipotesi di alienazione, da parte del coerede, di beni che abbiano costituito oggetto di disposizioni testamentarie, contro le quali sia stata positivamente esperita l’azione di riduzione (con conseguente inammissibilità della domanda proposta dalla ricorrente).
In realtà, il sistema delle successioni distingue il modo di ridurre le disposizioni testamentarie ( art. 558 cod. civ. ) dal modo di ridurre le donazioni ( art. 559 cod. civ. ); distingue, altresì, il caso della restituzione degli immobili ( art. 561 cod. civ. ) da quello dell’azione contro gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzione ( art. 563 cod. civ.). Nella specie – aggiunge la ricorrente – il ricorso all’analogia non sarebbe consentito, in quanto l’art. 563 cit. riguarda le alienazione compiute dal donatario prima della morte del donante, mentre le alienazioni sono avvenute dopo della successione e successivamente alla trascrizione della domanda di riduzione. Pertanto, nel caso contemplato dall’art. 553 cit., le condizioni stabilite dall’art. 563 cit. non sussistono.
2.2 Non il terzo motivo, con il quale la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 735 e 732 cod. civ. , 112 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360 nn. 3 e 5 dello stesso codice; violazione e falsa applicazione dei principi di in tema di trascrizione.
Una volta accertato il diritto della […] di conseguire una porzione pari a mq. 785,85 su un terreno di complessivi mq. 3699, su questo terreno verrebbe a costituirsi la comunione ereditaria.
3. – Valga il vero.
Anzitutto occorre distinguere tra l’azione di riduzione e quella (successiva) di restituzione.
3.1 Per quanto concerne l’azione di riduzione, ai fini della presente controversia non interessa prendere partito intorno alla vexata quaestio della situazione in cui viene a trovarsi il legittimario pretermesso, cioé non contemplato dal testatore, che non ha stabilito nessuna disposizione a suo favore: vale a dire, se non debba considerarsi neppure come chiamato ex lege (quindi, escluso dalla successione) fino a quando non abbia fatto valere i diritti, che la legge gli riserva; o se, invece, vanti una concorrente, speciale vocazione ex lege e che l’esercizio dell’azione di riduzione sia strettamente connesso con il diritto di accettare l’eredità.
In questa sede interessa richiamare un principio comunemente recepito, e cioé che, nel caso di (assoluta) preterizione di un erede legittimario, l’acquisto dei beni ereditari in capo all’erede pretermesso non ha effetto come conseguenza dell’apertura della successione, ma in seguito all’accoglimento della domanda di riduzione (solo da questo momento, infatti, decorrono i frutti: art. 561 cod. civ.).
Poiché l’ordinamento riconosce il potere di disporre validamente sia inter vivos, sia mortis causa, l’azione di riduzione non è diretta a far dichiarare la nullità, né a far pronunziare l’annullamento del testamento: se così fosse, le disposizioni testamentarie e le donazioni dovrebbero cadere ed i beni dovrebbero poter essere rivendicati dal legittimario contro i terzi: il che, in linea di massima, non è. Che il legittimario non abbia un diritto reale sui beni legati o donati si argomenta, infatti, dal potere del legatario e del donatario di ritenere tutto l’immobile soggetto a riduzione e di corrispondere l’equivalente in danaro ( art. 560 comma 2 cod. civ.).
Per opinione dominante, l’azione di riduzione configura una azione personale diretta a procurare al legittimario l’utile corrispondente alla quota di legittima, e non un’azione reale, perché si propone non contro chi al momento è titolare del bene, che fu legato o donato, ma esclusivamente contro gli eredi, i legatari o i donatari.
Il legittimario, dunque, non ha un diritto reale sui beni legati o donati; egli ha un diritto contro il legatario o il donatario, cui corrisponde una obbligazione, per cui costoro rispondono con tutto il loro patrimonio (il che raffigura la caratteristica del diritto di credito).
Poiché il legatario o il donatario possono ritenere l’immobile e compensare il legittimario con danaro (art. 560 comma 2 cit.), in seguito al favorevole esperimento dell’azione di riduzione, il legittimario non entra a far parte della comunione ereditaria.
3.2 Dall’azione di riduzione si distingue l’azione di restituzione.
La prima è un’azione di impugnativa; la seconda una azione di condanna, che presuppone già pronunziata la riduzione. Orbene, la questione di diritto, che occorre risolvere per decidere la causa presente, è se le stesse ragioni e le medesime regole stabilite in favore del legittimario per addivenire alla restituzione degli immobili donati, che sono stati alienati a terzi, possano farsi valere per il caso di alienazione di beni, oggetto di disposizioni testamentarie lesive della legittima.
É pur vero che dal codice si prevede espressamente l’ipotesi della alienazione dei beni da parte del donatario: in questo caso, la proposizione dell’azione contro i terzi acquirenti dei beni è ammessa soltanto dopo l’escussione dei beni del donatario ( art. 563 comma 1 cod. civ. ); è pur vero, altresì, che dal codice non si disciplina l’ipotesi dell’alienazione, da parte dell’erede o del legatario, dei beni, i quali hanno formato oggetto delle disposizioni testamentarie lesive la legittima. Nondimeno, può presentarsi il caso in cui, esercitata l’azione di riduzione, i beni siano stati alienati dagli eredi e dai legatari e che l’escussione nei loro confronti si sia rivelata insoddisfacente. Per regolare la fattispecie non resta che fare ricorso ai principi ed alle regole compatibili stabiliti dall’art. 563 cit., rispetto ai quali si riscontra la medesima ratio.
Anzitutto, come in seguito all’insoddisfacente escussione dei beni del donatario si rende necessaria l’azione di restituzione contro i terzi acquirenti, allo stesso modo, risultata insoddisfacente l’escussione degli eredi e dei legatari, che hanno alienato i beni oggetto di riduzione, può rendersi necessaria la richiesta di restituzione degli immobili ai terzi. Evidentemente, la restituzione dei beni alienati dagli eredi e dai legatari non può essere richiesta nel modo in cui si potrebbe chiederla ai donatari, né nei confronti dei terzi acquirenti dei beni ereditari l’azione può proporsi secondo l’ordine delle alienazioni, trovando applicazione le regole peculiari fissate dall’art. 560 cod. civ.
Ma queste differenze non sembrano incidere sulla ratio della norma, che quella di regolare gli strumenti necessari per recuperare i beni necessari ad integrare la quota di legittima. Se a questo fine, quando l’escussione del donatario risulta insufficiente, ai ammette la possibilità di ottenere la restituzione dai terzi acquirenti degli immobili già appartenenti al de cuius, non si comprende perché – quando l’escussione degli eredi e dei legatari si è rivelata a tutti gli effetti insoddisfacente – non si dovrebbe poter richiedere la restituzione dai terzi acquirenti.
Il fatto poi che, a differenza degli eredi e dei legatari, i donatari possano alienare i beni loro donati anche prima dell’apertura della successione, mentre all’alienazione gli eredi ed i legatari possono procedere soltanto dopo l’apertura della successione, non incide minimamente sulla soluzione del problema dei mezzi occorrenti per integrare la quota riservata. Nella possibilità di donare i beni prima dell’apertura della successione, se mai, può ravvisarsi la ragione della espressa disciplina legislativa.
Riepilogando, sebbene il codice preveda espressamente l’ipotesi della alienazione dei beni da parte del donatario e la proposizione dell’azione di restituzione contro i terzi acquirenti dei beni, soltanto dopo l’escussione dei beni del donatario ( art. 563 comma 1 cod. civ. ); in virtù della medesima ratio, che è quella di predisporre i mezzi per integrare la quota di riserva, gli stessi principi e le stesse regole si applicano al caso non disciplinato dell’alienazione, da parte dell’erede o del legatario, dei beni, i quali hanno formato oggetto delle disposizioni testamentarie, che hanno leso la legittima. Pertanto, nel caso in cui, esercitata l’azione di riduzione, i beni siano stati alienati dagli eredi e dai legatari e l’escussione nei loro confronti si sia rivelata insoddisfacente, l’azione di restituzione può proporsi anche nei confronti dei terzi acquirenti.
Poiché a norma dell’art. 563 comma 3 cod. civ. , i terzi acquirenti possono liberarsi dall’obbligo di restituzione in natura pagando l’equivalente in danaro, la ricorrente – in seguito al favorevole esperimento prima dell’azione di riduzione, poi di quella di restituzione – non può considerarsi entrata a far parte della comunione ereditaria, con le conseguenti possibilità di esercitare la prelazione ed il riscatto […]