COMUNICAZIONE N. 9019104 DEL 2 MARZO 2009

LIVELLO 3 – REGOLAMENTO INTERMEDIARI

IL DOVERE DELL’INTERMEDIARIO DI COMPORTARSI CON CORRETTEZZA E TRASPARENZA IN SEDE DI DISTRIBUZIONE DI PRODOTTI FINANZIARI ILLIQUIDI

PREMESSA

Le transazioni finanziarie

L’intermediazione finanziaria avviene in un contesto di asimmetrie informative. Complessità, costi dell’informazione e grado di cultura finanziaria determinano un deficit informativo in capo alla clientela degli intermediari, la cui intensità è direttamente legata alla tipologia dell’operazione ed alla natura del cliente medesimo.

Le circostanze richiamate sono amplificate nel caso di operazioni di investimento aventi ad oggetto particolari prodotti finanziari per i quali non sono disponibili, anche per intrinseche connotazioni di diritto o di fatto, mercati di scambio caratterizzati da adeguati livelli di liquidità e di trasparenza che possano fornire pronti ed oggettivi parametri di riferimento.

Il ruolo dell’ intermediario

La clientela c.d. “al dettaglio” (ossia quella con minore esperienza e conoscenza finanziaria) si trova così a dover riporre massimo affidamento nell’assistenza dell’intermediario, con particolare riferimento alla valutazione di adeguatezza/appropriatezza della transazione ed alla definizione delle condizioni economiche da applicare alla medesima, di cui non è in grado di giudicare la congruità, spesso neppure in un momento successivo alla conclusione dell’operazione (credence goods).

La situazione è sovente resa ancor più critica dalla coincidenza del ruolo di intermediario con quello di emittente.

IL CONTESTO DI MERCATO

I driver del mercato

Nel mercato nazionale risulta particolarmente significativo l’investimento diretto da parte di soggetti non professionali delle proprie disponibilità finanziarie, che, per una porzione rilevante, vengono indirizzate verso prodotti con elevato rischio di liquidità/liquidabilità quali obbligazioni bancarie, polizze assicurative a contenuto finanziario nonché derivati OTC.
La domanda tende a percepire tali prodotti (ed in particolare le obbligazioni bancarie, anche strutturate, e le polizze assicurative) come a basso rischio finanziario (o di copertura) ed a “capitale garantito”, potendo sottostimarne l’eventuale componente aleatoria.
D’altro canto l’offerta commerciale, veicolata a mezzo di canali bancari, potrebbe essere indotta a preferirli nell’attività di distribuzione in ragione della elevata redditività e dell’“immediato” consolidamento del risultato economico che possono garantire alle reti di vendita. Infatti, a differenza di altre tipologie di strumenti che producono per il distributore benefici economici che si manifestano in maniera maggiormente diluita nel tempo e che sono proporzionali al periodo di detenzione del prodotto da parte del cliente, le obbligazioni bancarie strutturate, i derivati OTC e le polizze vita determinano immediati introiti, costituiti, rispettivamente, da significativi upfront e da elevati caricamenti (anche nell’ordine del 5-8% dell’importo nominale da investire).

I recenti sviluppi

L’attuale situazione di tensione finanziaria è suscettibile di incentivare ulteriormente l’offerta da parte di banche di prodotti di raccolta di propria emissione a clientela al dettaglio (c.d. retail), in quanto le fonti alternative di finanziamento sono diventate alquanto vischiose.

Infatti, le criticità che stanno caratterizzando il mercato dei fondi interbancari a livello internazionale possono ingenerare uno stimolo all’offerta di prodotti di raccolta diretta negli intermediari, soprattutto bancari, al fine di stabilizzare il funding e contenerne il costo.
Occorre tuttavia che le esigenze di liquidità e di patrimonializzazione siano ricercate in un contesto di perdurante rispetto degli interessi dei clienti/prenditori, a salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario.

IL CONTESTO GIURIDICO

Le regole di condotta ed i principi generali

Le regole di condotta imposte agli operatori attenuano i rischi di comportamenti opportunistici da parte dei soggetti informati a scapito di quelli che soffrono di un gap informativo (clienti).

L’applicazione diretta di specifici precetti normativi può risultare tuttavia difficoltosa.
Talune regole sono infatti definite, nella loro declinazione di dettaglio, nell’assunto che il prodotto oggetto della transazione sia trattato in una pluralità di sedi di esecuzione liquide e trasparenti; questa circostanza dovrebbe assicurare che il prezzo espresso rappresenti valutazioni indipendenti dei profili di rischio del prodotto. In assenza di tali condizioni, il principio di best execution può non essere agevolmente applicabile.

E’ vero infatti che nell’attuale contesto normativo il dovere di best execution è espressamente ritenuto applicabile dal legislatore comunitario (cfr. considerando n. 69 della direttiva n. 2006/73 – c.d. direttiva di “livello 2”) anche nel caso di attività di negoziazione per conto proprio con la clientela e (70° considerando della medesima) “a tutti i tipi di strumenti finanziari. Tuttavia, date le differenze tra le strutture dei mercati o degli strumenti finanziari, può essere difficile identificare ed applicare uno standard ed una procedura uniformi per l’esecuzione alle condizioni migliori che siano validi ed efficaci per tutte le categorie di strumenti”.


Il nuovo approccio normativo…

Peraltro, la disciplina comunitaria prevede specificatamente il dovere per gli intermediari di agire “in modo onesto, equo e professionale per servire al meglio gli interessi dei loro clienti” (art. 19.1 della MiFID).

In coerenza con ciò, la normativa primaria nazionale pone esplicitamente quale obiettivo dell’agire trasparente, corretto e diligente degli operatori, e quale criterio guida delle loro condotte, il soddisfacimento, nel miglior modo possibile, degli interessi dei propri clienti (cfr. art. 21 del TUF).

nella prestazione di servizi di investimento…

L’attività di intermediazione mobiliare tratteggiata dalla nuova normativa di derivazione comunitaria, assume così i contorni di un servizio svolto nell’interesse del cliente, perdendo i connotati di mera attività di vendita di prodotti per conto di altre categorie di soggetti terzi (le società prodotto, gli emittenti).
Chiari indici in tal senso si colgono in particolare nelle regole in materia di:

incentivi (inducements). La normativa di derivazione comunitaria rende eccezionale la remunerazione dell’intermediario collocatore da parte di soggetti diversi dal cliente;
• contrattualizzazione dei rapporti con la clientela anche per il servizio di collocamento. Nella disciplina previgente, la formalizzazione delle scelte del cliente si risolveva nelle modalità di adesione al prodotto collocato; oggi, prima dell’acquisto del prodotto, va formalizzato il contratto di servizio che lega il collocatore al cliente.

E’ richiesto di conseguenza un significativo cambiamento del modello relazionale intermediario-cliente, con il passaggio da una logica incentrata sullo specifico “prodotto” commercializzato ad una logica incentrata sul “servizio” reso al cliente.

e nella distribuzione di prodotti assicurativi e bancari

Ai fini dell’effettivo “livellamento del campo da gioco”, questo approccio è stato esteso dal legislatore nazionale alla distribuzione diretta da parte degli emittenti di prodotti bancari ed assicurativi a contenuto finanziario (cfr. art. 25-bis del TUF): anche in tali casi l’interesse del cliente deve rimanere l’obiettivo finale dei comportamenti tenuti dall’intermediario-emittente.
La Consob, la cui competenza è stata coerentemente estesa dalla normativa primaria anche ai segmenti in discorso, ha parimenti seguito tale orientamento nella redazione del nuovo Regolamento Intermediari (16190/2007). In particolare, la disciplina secondaria prevede che alla distribuzione dei prodotti finanziari (siano essi OICR, prodotti assicurativo-finanziari ovvero prodotti finanziari bancari distribuiti in sede di emissione) siano applicabili le stesse regole, realizzando il massimo livellamento del campo da gioco consentito dalla cornice legislativa di riferimento.

L’esigenza di una convergenza sostanziale

La piena efficacia del processo di omogeneizzazione delle regole di condotta per il distributore delle diverse tipologie di prodotti finanziari presuppone peraltro che alla convergenza formale di disciplina (realizzata dal legislatore nazionale e dalla regolamentazione Consob) si accompagni una condizione di convergenza sostanziale.

L’AMBITO DI APPLICAZIONE DELLE LINEE DI “LIVELLO 3”

Ambito di applicazione

In tale prospettiva la Consob ha ritenuto opportuno procedere, avuto riguardo al principio del miglior interesse del cliente, alla specificazione delle regole di condotta che il distributore deve seguire in sede di trattazione di prodotti finanziari illiquidi, nonché delle cautele proprie del caso in cui questo aspetto si abbini a profili di complessità dei prodotti stessi.

Per prodotti illiquidi si intendono quelli che determinano per l’investitore ostacoli o limitazioni allo smobilizzo entro un lasso di tempo ragionevole, a condizioni di prezzo significative, ossia tali da riflettere, direttamente o indirettamente, una pluralità di interessi in acquisto e in venditai.

La condizione di liquidità, presunta ma non assicurata di diritto dalla quotazione del titolo in mercati regolamentati o in MTF, potrebbe essere garantita anche dall’impegno dello stesso intermediario al riacquisto secondo criteri e meccanismi prefissati e coerenti con quelli che hanno condotto al pricing del prodotto nel mercato primario.

A titolo esemplificativo, ma non esaustivo, nel seguito si farà espresso riferimento alle obbligazioni bancarie, alle polizze assicurative ed ai derivati negoziati over the counter, che per ragioni di diritto o di fatto si connotano come prodotti con specifico “rischio di liquidità”, determinato dall’impossibilità giuridica o dalla limitazione fattuale al disinvestimento.

Tuttavia i principi esposti dovranno essere tenuti in considerazione dagli intermediari per tutte le transazioni poste in essere con clientela retail su quegli strumenti, “plain vanilla” o complessi, che, a differenza di altri prodotti di investimento come i fondi aperti, mancano sia di un semplice ed immediato meccanismo di fair valuation sia, spesso, della possibilità (di diritto o di fatto) di una pronta ed efficiente liquidabilità dell’investimento.

Nel mercato primario di prodotti illiquidi l’emittente riveste spesso direttamente anche il ruolo di distributore dei medesimi, o, comunque, forma con il distributore un unitario soggetto economico, anche se organizzato in più entità giuridiche.

Inoltre, si rileva spesso la mancanza o la debolezza di forme di mercato secondario che possano effettivamente garantire la price discovery e fungere da “luogo” di smobilizzo delle posizioni, come accade tipicamente per le polizze di assicurazione sulla vita a contenuto finanziario; ciò in ragione anche delle caratteristiche intrinseche di tali prodotti che ne possono ridurre (o escludere del tutto) la liquidabilità. D’altro canto, ove esistenti, come nel caso delle obbligazioni bancarie, i circuiti di negoziazione risultano spesso poco liquidi e poco efficienti in quanto costituiti pressoché unicamente dalle proposte effettuate dallo stesso intermediario emittente ovvero da altre entità del medesimo gruppo.

Le linee di “livello 3”

Per quanto precede, si ritiene di fornire nel seguito, tenuto conto dell’ampio processo di consultazione, raccomandazioni e indicazioni di “livello 3” aventi ad oggetto la declinazione del dovere dell’intermediario di comportarsi con correttezza e trasparenza in sede di distribuzione di titoli illiquidi, con riguardo a:

1. misure di trasparenza;

2. presidi di correttezza in relazione alle modalità di pricing;
3. graduazione dell’offerta e presidi di correttezza in relazione alla verifica dell’adeguatezza/appropriatezza degli investimenti.

Le presenti indicazioni hanno la finalità di meglio definire il sentiero per il mantenimento di una corretta relazione tra intermediario e cliente, per preservare la fiducia nel sistema finanziario, mitigando gli eventuali effetti indesiderati dell’innovazione, senza con ciò ostacolarne lo sviluppo.

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Cautele nella politica commerciale

Preliminarmente ed in via generale si richiama l’attenzione degli operatori affinché nella definizione della propria politica commerciale, si abbia cura di valutare la compatibilità dei singoli strumenti inseriti nel catalogo prodotti, avuto riguardo alla loro complessiva morfologia, con le caratteristiche ed i bisogni della clientela cui si intende offrirli.

In particolare dovranno essere definiti processi aziendali idonei a consentire, già in astratto, lo svolgimento di valutazioni circa le esigenze finanziarie che i prodotti che si decide di inserire nella propria offerta dovranno soddisfare. Così, in concreto, l’offerta di derivati OTC con espressa finalità di copertura dei rischi finanziari della clientela sarà preceduta da una accurata disamina che assicuri la coerenza dei prodotti OTC che si intendono inserire nel catalogo prodotti con tale finalità.

La scelta di un determinato target di clientela, specie di quella retail, richiede riflessioni approfondite nella fase di concreta selezione dei prodotti da distribuire e, a fortiori, nella possibile fase di ingegnerizzazione.

Tale analisi assume particolare rilievo in caso di diretta ingegnerizzazione di prodotti innovativi e complessi, con componenti aleatorie, di non immediata valutazione per gli investitori-clienti.

In particolare: gli incentivi

Parimenti, in sede di definizione della politica commerciale, occorre orientare la costruzione di meccanismi di incentivo della struttura aziendale secondo criteri non contrapposti al miglior interesse del cliente.

In tale ambito, particolare attenzione andrà posta alle modalità di remunerazione di dipendenti, collaboratori e promotori finanziari in relazione alle differenti tipologie di prodotti offerti nonché agli obiettivi di budget ed ai correlati premi fissati per la rete di vendita.

Ciò al fine di contenere i rischi derivanti dalla percezione, da parte degli addetti al contatto con la clientela, di una spinta alla distribuzione di prodotti particolarmente remunerativi per l’intermediario, a scapito di altri prodotti pur in ipotesi maggiormente confacenti agli interessi della clientela.

Compliance

Le attività descritte, approvate dagli organi di vertice dell’intermediario, dovranno essere verificate dalla funzione di compliance aziendale.

1. Misure di trasparenza

Graduazione della trasparenza

1.1 A differenza che per i prodotti per i quali la trasparenza su valori e costi è garantita da caratteristiche intrinseche, nel caso di operazioni aventi ad oggetto strumenti per i quali non esistono condizioni di scambio trasparenti ed efficienti è necessario che gli intermediari prestino particolare attenzione ai presidi di disclosure nella relazione con la clientela.

Ciò dovrà tenersi presente sia nella fase di proposizione delle operazioni di investimento aventi ad oggetto prodotti illiquidi (trasparenza ex ante, per la quale sono nel seguito fornite raccomandazioni operative) sia nella fase successiva al compimento dell’operazione da parte della clientela (trasparenza ex post, cui è dedicato il punto 1.7).

Disclosure dei costi e del fair value


1.2 Si raccomanda così in primo luogo di effettuare la scomposizione (c.d. unbundling) delle diverse componenti che concorrono al complessivo esborso finanziario sostenuto dal cliente per l’assunzione della posizione nel prodotto illiquido, distinguendo fair valueii (con separata indicazione per l’eventuale componente derivativa) e costi – anche a manifestazione differita – che gravano, implicitamente o esplicitamente, sul cliente. A quest’ultimo è fornita indicazione del valore di smobilizzo dell’investimento nell’istante immediatamente successivo alla transazione, ipotizzando una situazione di invarianza delle condizioni di mercato.

1.3 In un contesto nel quale gli obblighi informativi sono previsti per “tipo specifico” di prodotto, appare comunque rilevante che gli intermediari trasmettano ai clienti, ai fini della più consapevole definizione dell’operazione di investimento, informazioni in merito alle modalità di smobilizzo delle posizioni sul singolo prodotto, con evidenziazione espressa delle eventuali difficoltà di liquidazione connesse al funzionamento dei mercati di scambio e dei conseguenti effetti in termini di costi (livello dello spread denaro-lettera, anche per valori medi) e tempi di esecuzione della liquidazione. In tale ambito andrà eventualmente comunicata al cliente la circostanza che l’unica fonte di liquidità è costituita dallo stesso intermediario o da entità riconducibili al medesimo gruppo, precisando le regole di pricing nel caso applicate.

Confronti

1.4 Al fine di migliorare le possibilità di apprezzamento, da parte del cliente, del profilo di rischio-rendimento e dei costi dell’operazione che sta per concludere, si ritiene opportuno che gli intermediari inseriscano nell’apposito set informativo confronti con prodotti semplici, noti, liquidi ed a basso rischio (ovvero esempi di prodotti risk free) di analoga durata e, ove esistenti, con prodotti succedanei di larga diffusione e di adeguata liquidità.

1.5 In particolare, per illustrare il profilo di rischio di strutture complesse, è utile che l’intermediario produca al cliente anche le risultanze di analisi di scenario di rendimenti da condursi mediante simulazioni effettuate secondo metodologie oggettive (ossia rispettose del principio di neutralità al rischio).

1.6 Gli elementi informativi indicati potranno essere contenuti in una scheda prodotto.

Rendicontazione

1.7 Riguardo alla rendicontazione periodica delle posizioni assunte dalla clientela in prodotti della specie, gli intermediari dovranno trasmettere, ai sensi dell’art. 56 del Reg. 16190/2007iii, informazioni dettagliate sui prodotti detenuti. In particolare è necessario che nel set informativo periodicamente inviato sia chiaramente esplicitato il fair value del prodotto, nonché il presumibile valore di realizzo determinato sulla base delle condizioni che sarebbero applicate effettivamente al cliente in caso di smobilizzo.


2. Presidi di correttezza in relazione alle modalità di pricing


Il prezzo fair

2.1 Gli intermediari che offrono prodotti di propria emissione o che comunque operano ponendosi in contropartita diretta della clientela si dotano di strumenti di determinazione del fair value basati su metodologie riconosciute e diffuse sul mercato, proporzionate alla complessità del prodotto. Tali metodologie sono coerenti con i criteri utilizzati dall’intermediario per la valutazione del portafoglio titoli di proprietà.

2.2 Gli intermediari che si rendono eventualmente disponibili al riacquisto, utilizzano criteri di pricing coerenti con quelli adottati in sede di classamento o vendita al cliente.

L’oggettività del processo

2.3 Il processo di determinazione delle condizioni da applicare alle operazioni sarà strutturato in modo da guidare ex ante la discrezionalità degli addetti mediante la fissazione di precisi criteri, che contemplino, ove possibile, anche un confronto con provider esterni. In particolare, le procedure aziendali predefiniranno il livello delle maggiorazioni eventualmente da applicare a titolo di mark upiv .

2.4 Il sistema informativo aziendale dovrà consentire, ex post, un’agevole e precisa ricostruzione dell’attività svolta, con riferimento alle condizioni applicate, ai parametri ed alle maggiorazioni utilizzate per ciascuna transazione eseguita.

3. Graduazione dell’offerta e presidi di correttezza in relazione alla verifica dell’adeguatezza/appropriatezza degli investimenti

La graduazione dell’offerta e gli strumenti illiquidi

3.1 La nuova normativa di settore prevede che gli intermediari possano prescegliere la modalità di offerta delle proprie attività graduando il livello di servizio garantito alla clientela.

In correlazione a ciò, è richiesta agli operatori una valutazione di adeguatezza, di appropriatezza o una mera esecuzione delle disposizioni impartite dai propri clienti.

Tale ultima modalità (c.d. execution only) è consentita alle specifiche condizioni dettate dalla normativa (artt. 43 e 44 del Reg. Consob 16190/2007).

Appropriatezza

3.2 Per i clienti con i quali, sulla base del contratto, l’intermediario sia tenuto a valutare la sola appropriatezza (art. 42 del Reg. 16190/2007) dovranno essere tenute in debito conto le peculiari caratteristiche dei prodotti illiquidi, specie se caratterizzati da profili di complessità, raffrontandole al grado di conoscenza finanziaria e di esperienza del cliente e verificando l’effettiva capacità di quest’ultimo di comprenderne gli specifici profili di rischio.

Per i prodotti composti che inglobano una componente derivativa l’indagine sull’idoneità delle conoscenze e dell’esperienza di cui è dotato il cliente dovrà essere condotta dall’intermediario anche partitamente per ognuna delle sue componenti.

Tale valutazione dovrà specificamente tenere conto della intelligibilità, per il cliente, della natura e degli effetti aleatori del derivato incorporato, affinché sia verificata la consapevolezza delle scelte effettuate.

Contenuto della consulenza

3.3 Un maggior valore aggiunto e, conseguentemente, un più elevato livello di tutela per la clientela, rivengono dalla prestazione del servizio di consulenza, la cui nozione normativa risulta peraltro particolarmente ampia.

Secondo la definizione comunitaria (art. 52 della Direttiva n. 2006/73/CE) recepita nell’ordinamento nazionale (art. 1 del TUF) per aversi consulenza “basta” una “raccomandazione […] presentata come adatta” per il cliente avente ad oggetto un determinato strumento finanziario.

Al riguardo la Consob ha già avuto modo di chiarire (Prime linee di indirizzo in tema di consulenza in materia di investimenti – Esito delle consultazioni – 30 ottobre 2007) che “non è escluso, in via astratta, che i servizi di collocamento o di ricezione e trasmissione ordini (o di esecuzione di ordini o negoziazione per conto proprio) siano posti in essere senza essere accompagnati da consulenza. Tuttavia, nel caso, l’intermediario deve approntare meccanismi (contrattuali, organizzativi, procedurali, e di controllo) per rendere effettiva la conformazione dei propri collaboratori e dipendenti a contatto con la clientela a predefiniti modelli relazionali, nel presupposto che, di fatto, vista l’ampia nozione di consulenza resa dal legislatore in attuazione delle fonti comunitarie, può risultare elevato (specie quando si utilizzino forme di contatto non “automatiche”) il rischio che l’attività concretamente svolta sfoci nel presentare un dato strumento finanziario come adatto per quel cliente, integrando così la “consulenza in materia di investimenti””.

Appare altresì opportuno precisare, con specifico riferimento ai derivati negoziati OTC, che l’assistenza fornita alla clientela nella fase di strutturazione di queste operazioni, create (o quantomeno presentate come) “su misura” per il cliente, pur in una logica di parziale standardizzazione, presuppone intrinsecamente che il prodotto sia presentato come adatto alla clientela e rende, quindi, imprescindibile l’applicazione del regime di adeguatezza previsto in caso di svolgimento del servizio di consulenza in materia di investimenti.

Adeguatezza

3.4 Ciò posto, l’intermediario dovrà dotarsi di procedure che consentano agli addetti alla relazione con la clientela l’effettiva valutazione dell’adeguatezza del prodotto illiquido in relazione ai bisogni del cliente. In particolare, gli operatori dovranno porre specifico riguardo ai diversi fattori che possono incidere sul livello di costo di strumenti illiquidi, quali lo spread denaro-lettera nella fase di successivo eventuale smobilizzo od altri elementi non immediatamente percepibili dai clienti. Così l’esistenza di prodotti succedanei nel portafoglio prodotti dell’intermediario, ritenuti tutti adeguati per le caratteristiche di un determinato cliente, ma che presentino differente onerosità, dovrà essere tenuta in considerazione nell’espressione del consiglio.

3.5 L’eventuale iniziativa di un cliente volta all’acquisto di specifici prodotti finanziari potrà essere messa in relazione a prodotti diversi oggetto di consulenza solo nel caso che l’intermediario sia in grado, a mezzo delle procedure aziendali di cui si è dotato, di svolgere un effettivo confronto fra le soluzioni di investimento in discorso (quella del cliente e l’alternativa raccomandata), in modo da consigliare il prodotto più adatto.

3.6 La valutazione di adeguatezza (art. 40 del Reg. 16190/2007) conseguente alla prestazione del servizio di consulenza avente ad oggetto queste tipologie di prodotti dovrà parimenti essere condotta con particolare cura, avuto riguardo alle caratteristiche dei clienti e alle specificità dei prodotti. Un efficiente processo di valutazione di adeguatezza, basato su una attenta profilatura dei clienti e su una rigorosa mappatura dei prodotti consente l’effettiva diversificazione degli investimenti effettuati nel tempo.

3.7 In aggiunta alle informazioni afferenti alle caratteristiche della clientela in termini di esperienza e conoscenza, da valutarsi con le cautele esposte per il caso dell’appropriatezza, l’intermediario dovrà porre particolare attenzione ad acquisire e gestire mediante presidi organizzativi ad hoc le informazioni relative agli obiettivi di investimento ed alla situazione finanziaria dei clientiv .

3.8 Il processo di valutazione dell’adeguatezza dovrà prevedere l’utilizzo di una pluralità di variabili afferenti, da un lato, alle caratteristiche del cliente e, dall’altro, a quelle del prodotto.

3.9 Al fine di giudicare l’adeguatezza di un’operazione, con riguardo alla situazione finanziaria ed agli obiettivi di investimento, occorrerà valutare separatamente le conseguenze delle diverse tipologie di rischio determinate dall’eventuale assunzione della posizione: rischio emittente/controparte, rischio di mercato e rischio di liquidità.

3.10 In tale ambito occorrerà così porre particolare peso al “periodo di tempo per il quale il cliente desidera conservare l’investimento” (cfr. art. 39, comma 4, Reg. 16190), come rilevato dall’intermediario nella ricognizione informativa sulle caratteristiche del medesimo. Per le operazioni in questione, il parametro costituito dall’holding period del cliente, normalmente non unico, deve infatti assumere autonomo rilievo ai fini delle valutazioni di adeguatezza. Esso andrà direttamente e specificamente rapportato alle caratteristiche di durata e liquidità dell’operazione consigliata al cliente, piuttosto che inglobato in maniera inevitabilmente approssimativa nel profilo sintetico del medesimo. Dovranno così ritenersi di norma inadeguate, e come tali non oggetto di raccomandazioni, le operazioni in strumenti illiquidi per quella clientela che avesse dichiarato un orizzonte temporale dell’investimento inferiore alla durata “anagrafica” del prodotto. Il gap temporale tra “durata anagrafica” dello strumento finanziario e “orizzonte temporale di investimento” assumerà rilevanza tanto più ridotta quanto maggiore sarà l’effettivo grado di liquidabilità del prodotto tracciato dalla procedura di valutazione dell’adeguatezza dell’intermediario.

3.11 Nella mappatura dei prodotti dovrà altresì tenersi in considerazione il livello dei costi di struttura (upfront). Infatti, per costruzione, tali oneri determinano una immediata ed inevitabile riduzione del prezzo dello strumento rispetto a quello di collocamento, fin dal momento immediatamente successivo all’emissione; tale circostanza andrà attentamente valutata nella fase di definizione del livello di rischio di mercato del prodotto, anche se effettuata mediante metodologie di Value at Risk.

3.12 Nel caso di contratti derivati OTC espressamente distribuiti con finalità di copertura, gli intermediari si doteranno di procedure idonee a valutare l’adeguatezza dell’operazione raccomandata con riguardo alle reali necessità di hedging dei clienti ed a suggerire prodotti idonei sotto il profilo dell’efficacia e dell’efficienza, tenuto anche conto del costo delle opportunità alternative.
Dopo la conclusione del contratto, le procedure aziendali dovranno consentire di monitorare nel tempo, per tutta la durata dell’operazione, e sulla base dell’aggiornamento delle informazioni fornite dal cliente o comunque disponibili, l’evoluzione delle posizioni coperte e di copertura. In tal modo l’intermediario sarà nelle condizioni di poter segnalare al cliente l’eventuale disallineamento della struttura ideata rispetto alle finalità che hanno condotto all’impostazione originaria dell’operazione.

AGGIORNAMENTI PROCEDURALI

Gli intermediari sono tenuti ad aggiornare le proprie procedure al fine di adeguarsi, nel più breve termine ragionevolmente necessario, ai principi ed ai criteri sopra delineati, avvantaggiandosi eventualmente anche dei contributi forniti dalle Associazioni di categoria.

i Al fine di verificare che tali condizioni siano soddisfatte potranno valutarsi indicatori quali ad esempio l’ampiezza dello spread denaro/lettera, l’ampiezza e la profondità del book di negoziazione con particolare riguardo alla numerosità dei contributori, la frequenza ed il volume di transazioni, la disponibilità di informativa sulle condizioni delle transazioni.
ii “Valore corretto” di una posizione determinato utilizzando le quotazioni di mercato (mark to market) o, ove queste non siano disponibili o formate in maniera efficiente, applicando modelli teorici di pricing (mark to model).
iii La citata norma resta comunque non applicabile ai prodotti assicurativi.
iv Margine rispetto al fair value che “copre” i costi diretti sostenuti dall’intermediario ed i suoi profitti.
v La c.d. know your customer rule condiziona la relazione intermediario-cliente anche successivamente all’instaurazione del rapporto; il suo rispetto esige che le informazioni acquisite sul cliente siano tenute aggiornate dall’intermediario.