Cons. Stato Sez. IV, Sent., 24/11/2016, n. 4943

[…]

Svolgimento del processo

1. Il sig. […] in data 5 febbraio 1974 acquistava un terreno ad uso agricolo, con fabbricato rurale, sito in località […]. Nell’anno 1985 il sig. […] presentava domanda di sanatoria edilizia ai sensi dell’ art. 31 della L. n. 47 del 1985. Il Comune di […], in riscontro, chiedeva l’integrazione della documentazione depositata, tra cui il nulla osta della Provincia di Grosseto relativamente al vincolo idrogeologico, ai sensi del r.D.L. n. 3267 del 1923. La Provincia, con provvedimento n. 8740 del 22 febbraio 1989, esprimeva parere sfavorevole al rilascio del nulla osta, rilevando che l’immobile abusivo era stato realizzato in contrasto con le previsioni della L. n. 47 del 1985 e della L.R. n. 10 del 1979. Il provvedimento della Provincia di Grosseto veniva impugnato dal sig. […] innanzi al T.A.R. per la Toscana (R.G. n. 464/1989). Successivamente il Comune di […], con provvedimento del 5 giugno 1993, rigettava l’istanza di sanatoria del sig. […] e contestualmente ingiungeva la demolizione del manufatto abusivo, a termini dell’ art. 7 della L. n. 47 del 1985. Avverso tale provvedimento il sig. […] proponeva altro ricorso al T.A.R. per la Toscana […]. A sostegno del gravame il sig. […] lamentava l’illegittimità derivata del provvedimento comunale, riproponendo tutte le censure già sollevate avverso il parere sfavorevole emesso dalla Provincia di Grosseto, ed ulteriori censure per asseriti vizi dell’atto del Comune, chiedendone, contestualmente, la sospensione in via cautelare. Il T.A.R., con sentenza n. 98 del 12.4.1994, passata in giudicato, pronunciandosi sul ricorso recante il n. 464/1989 di R.G., lo ha dichiarato inammissibile, avendo esso ad oggetto un atto endoprocedimentale, privo di una autonoma rilevanza esterna ed inidoneo ad arrecare una lesione dell’interesse vantato dal ricorrente. Il T.A.R., con successiva sentenza n. 1206 del 13 aprile 2006 ha, poi, rigettato anche il ricorso recante il n. 3321/1993 di R.G., proposto dal sig. […] avverso il provvedimento comunale di reiezione dell’istanza di sanatoria – condono e di contestuale ingiunzione a demolire il manufatto abusivo. Avverso la sentenza del T.A.R. n. 1206/2006, il sig. G.C. ha proposto l’odierno appello. Il Comune di […] non si è costituito in giudizio. All’udienza pubblica del 17 novembre 2016 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

2. Con un primo motivo di appello il sig. […] lamenta l’erroneità della sentenza laddove il Tribunale ha ritenuto inammissibile ed infondata la censura di illegittimità derivata del provvedimento comunale, con riferimento al provvedimento della Provincia di Grosseto n. 8740 del 22 febbraio 1989 di diniego di nulla osta paesaggistico; lamenta, inoltre, la violazione degli artt. 24 e 111 della Costituzione per mancato rispetto del principio del diritto di difesa e del giusto processo.

Le censure sono infondate.

2b. Correttamente il T.A.R. ha ritenuto che il provvedimento di diniego del condono edilizio e l’atto presupposto dell’Amministrazione provinciale dovevano essere oggetto di contestuale impugnativa, né rileva che in sede cautelare sia stata accolta l’istanza di sospensione del provvedimento comunale in pendenza del separato giudizio avverso il provvedimento di diniego di nullaosta ai fini del vincolo in questione, trattandosi di provvedimento prudenziale in attesa del successivo approfondimento della vicenda nel merito. Non può trovare accoglimento la giustificazione dell’appellante di aver rimarcato, in sede di ricorso avverso il provvedimento del Comune, che l’atto fonda sul parere negativo dell’Amministrazione provinciale del 20 gennaio 1989, all’epoca impugnato, essendo necessario, come si è detto, che il parere negativo dell’Amministrazione provinciale fosse impugnato in uno con l’impugnazione del provvedimento definitivo di diniego dell’istanza di sanatoria. Solo il provvedimento finale del Comune, infatti, è da considerare impugnabile e ciò in quanto la lesione della sfera giuridica del destinatario di un provvedimento è di regola imputabile all’atto che conclude il procedimento. Il parere negativo reso dalla Provincia di Grosseto sulla domanda di condono è di tutta evidenza, invece, un atto endoprocedimentale, in quanto tale inidoneo ad essere oggetto di autonoma impugnazione, necessario all’Autorità ai fini dell’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento. Ove anche si dubitasse di ciò, l’interessato avrebbe comunque potuto (e forse dovuto) impugnare la sentenza di rito emessa dal T.A.R. toscano sul ricorso nr. 3321 del 1993, in modo da consentire quanto meno in grado di appello l’esame contestuale della vicenda; l’intervenuta definitività della predetta sentenza preclude in ogni caso ogni valutazione sul punto.

3. Con il secondo motivo di appello il sig. […] ripropone le censure già a suo tempo avanzate avverso il provvedimento di diniego di nulla osta paesaggistico, la cui illegittimità ha inciso sul provvedimento comunale, censure non esaminate dal T.A.R. perché ritenute inammissibili. In particolare, l’appellante sostiene che il provvedimento dell’Amministrazione comunale sarebbe privo di adeguata motivazione, facendo riferimento al parere della Provincia che, a sua volta, non specifica le ragioni oggettive per cui è stato negato il nulla osta.

3b. Orbene, la mancata contemporanea impugnativa del parere della Provincia, quale atto presupposto, esonererebbe il Collegio da qualsiasi pronunciamento sulla vicenda, tuttavia si osserva che il diniego di compatibilità paesaggistica e di sanatoria di opere edili realizzate in zone vincolate è da ritenere sufficientemente motivato quando sono indicate le ragioni assunte a fondamento della valutazione di incompatibilità dell’intervento, con riguardo alle esigenze di tutela paesistica che sono state ritenute idonee ad imporre il relativo vincolo; conseguentemente anche una motivazione succinta e sintetica, laddove riveli gli estremi logici dell’incompatibilità, va considerata soddisfacente. La precisa indicazione delle infrazioni alla discipline edilizie riscontrate è da ritrovarsi, poi, nella non conformità urbanistica dell’intervento ricadente in zona vincolata, senza alcun bisogno di motivazioni ulteriori. Diversamente, l’obbligo di motivazione è imposto formalmente nel caso in cui l’amministrazione pubblica intenda accogliere la domanda di sanatoria, e ciò allo scopo di tutelare la collettività e gli eventuali controinteressati rispetto alla determinazione di sanare un abuso edilizio; l’imposizione di siffatto obbligo, in tale caso, appare coerente con la ragione dell’istituto, trattandosi di sanare expost un abuso edilizio. L’ art. 32 della L. 28 febbraio 1985, n. 47, nel prevedere la necessità del parere dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, ai fini del rilascio delle concessioni in sanatoria, non reca alcuna deroga ai principi generali e pertanto essa deve interpretarsi nel senso che l’obbligo di pronuncia dell’autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione all’esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria. L’esistenza accertata del vincolo idrogeologico insistente nella zona non consente, inoltre, valutazioni discrezionali inerenti la dimensione dell’edificio o il tipo di vegetazione che lo circonda.

3c. Ai fini dell’applicabilità dell’articolo 12 della L.R. n. 10 del 1979, che prevede l’inedificabilità nelle superfici boscate, comprese quelle non qualificate catastalmente come tali, non rileva la circostanza che il manufatto sia stato (asseritamente) costruito in epoca anteriore all’entrata in vigore della norma, perché l’esistenza del vincolo va valutata al momento della domanda di condono e riguarda, quindi, anche le opere eseguite anteriormente all’apposizione del vincolo stesso.

4. Con il terzo motivo di censura, l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza laddove i giudici di prime cure hanno ritenuto legittimo il provvedimento comunale, disconoscendo la carenza di motivazione con riguardo al pubblico interesse a soprassedere alla demolizione del manufatto abusivo.

4b. La censura è infondata. Constatata l’esistenza di un abuso edilizio, l’ordine di demolizione è atto vincolato, che non richiede alcuna specifica valutazione di ragioni d’interesse pubblico concrete e attuali alla demolizione, né comparazione con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, non essendo configurabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione d’illecito permanente, che il tempo non può legittimare in via di fatto (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 novembre 2014, n. 5610). L’interesse del privato al mantenimento dell’opera abusiva è, infatti, necessariamente recessivo rispetto all’interesse pubblico all’osservanza della normativa urbanistico-edilizia e al corretto governo del territorio, fermo restando che l’affidamento è tutelato dall’ordinamento solo quando esso sia incolpevole, mentre la realizzazione di un’opera abusiva concretizza una volontaria attività del costruttore di agire contra legem.

5. Con il quarto motivo di censura, l’appellante lamenta il difetto di motivazione della sentenza in ordine alla asserita violazione degli artt. 24 e 97 della Costituzione e degli artt. 1, 3, commi 1, 3 e 4, 5 e 8 della L. n. 241 del 1990, violazione del giusto procedimento e violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. , perché nel provvedimento impugnato non è stato evidenziato che, al momento della sua emanazione, era in corso un giudizio avverso il parere negativo espresso dalla Provincia di Grosseto.

5b. Ebbene, nessun obbligo aveva l’Amministrazione comunale al riguardo e, comunque, la presentazione del ricorso, ritualmente intervenuta, prova che l’appellante ha potuto esercitare senza difficoltà il proprio diritto di difesa.

6. Con il quinto e sesto motivo di appello, il sig. C. censura la sentenza del T.A.R. laddove il Tribunale ha ritenuto che non ricorresse la lamentata violazione del principio di irretroattività delle sanzioni amministrative, del principio di legalità e del giusto procedimento, nonché l’incostituzionalità degli artt. 32, comma 3, e 33, commi 3 e 7, della L. n. 47 del 1985 in rapporto all’ art. 1 della L. n. 689 del 1981 e agli artt. 2, 3, 23 e 25, comma 2, della Costituzione.

Le censure non sono condivisibili.

6b. Il regime sanzionatorio applicabile agli abusi edilizi è, in conformità al principio del tempus regit actum, quello vigente al momento della sanzione, non già quello in vigore all’epoca di consumazione dell’abuso e la natura della sanzione demolitoria, finalizzata a riportare in pristino la situazione esistente e ad eliminare opere abusive in contrasto con l’ordinato assetto del territorio, impedisce di ascrivere la stessa al genus delle pene afflittive, cui propriamente si attaglia il divieto di retroattività. Più particolarmente, l’abuso edilizio, avendo natura di illecito permanente, si pone inperdurante contrasto con le norme amministrative, sino a quando non viene ripristinato lo stato dei luoghi e, pertanto, l’illecito sussiste anche quando il potere repressivo si fonda su una legge entrata in vigore successivamente al momento in cui l’abuso viene posto in essere. Manifestamente infondata è la questione di legittimità costituzionale degli artt. 32, comma 3, e 33, commi 3 e 7, della L. n. 47 del 1985 , posto che il sistema sanzionatorio predisposto dal legislatore è rivolto a scoraggiare e punire l’abusivismo edilizio, che costituisce attività illecita e non può certo ricevere protezione a livello costituzionale.

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