Cons. Stato Sez. V, Sent., 26/05/2015, n. 2605

[…]

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso alla Sezione Staccata di Lecce rubricato al n. 375/2014, la s.n.c. […] chiedeva l’esecuzione del giudicato formatosi con la sentenza n. 398/2013 dello stesso TAR, con la quale era stato sancito l’obbligo del Comune di […] di indire una conferenza di servizi per l’attivazione della procedura ex art. 5 D.P.R. n. 447 del 1998, per la realizzazione di un impianto di recupero di rifiuti non pericolosi.
Con successivi motivi aggiunti, la ricorrente impugnava il provvedimento comunale con il quale era stato comunicato che “non sussistono i presupposti minimi per poter procedere alla convocazione della Conferenza dei Servizi derogatoria”, deducendo i seguenti motivi: a) erroneità nei presupposti; falsa ed erronea applicazione di legge; elusione del giudicato eccesso di potere per travisamento del fatto; contraddittorietà ed illogicità manifesta; b)illegittimità per sviamento di potere e travisamento dei fatti.
Il Comune, costituitosi in giudizio, rilevava che la sentenza n. 398 del 2013 non obbligava l’amministrazione alla convocazione della conferenza di servizi, che la polizia municipale ha accertato che nell’area in questione si effettuava l’attività di frantumazione delle pietre e che l’Asl aveva dato parere contrario.
2. Con sentenza n. 2378 del 19 settembre 2014, il TAR accoglieva il ricorso, rilevando che, mentre l’ art. 5 d.P.R. 447/1998 – ora abrogato dal D.P.R. 7 settembre 2010 n. 160 – richiedeva che il progetto fosse conforme alle norme vigenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza sul lavoro, l’ art. 8 D.P.R. n. 160 del 2010 stabilisce che “Nei comuni in cui lo strumento urbanistico non individua aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o individua aree insufficienti, fatta salva l’applicazione della relativa disciplina regionale, l’interessato può richiedere al responsabile del SUAP la convocazione della conferenza di servizi di cui agli articoli da 14 a 14-quinquies della L. 7 agosto 1990, n. 241, e alle altre normative di settore, in seduta pubblica”.
L’Amministrazione aveva fondato il proprio diniego ritenendo, da un lato, che la ricorrente svolgesse già l’attività di frantumazione nell’area in questione e, dall’altro, che il parere negativo dell’Asl fosse una ragione preclusiva della convocazione della conferenza di servizi.
Ad avviso del TAR, tali considerazioni non sarebbero idonee a sorreggere un provvedimento di diniego, poiché da un lato l’attività svolta abusivamente non potrebbe essere considerata ostativa alla convocazione della conferenza di servizi, posto che tra i requisiti richiesti per l’attivazione della conferenza di servizi nessun rilievo sarebbe dato alla normativa sugli abusi edilizi, solo presupposto sotto l’aspetto sanzionatorio, dall’altro lato, per quanto riguarda il parere negativo dell’Asl, vi sarebbe da rilevare che la nuova disciplina introdotta con l’ art. 8 D.P.R. n. 160 del 2010 nulla ha disposto sulla necessità della conformità del progetto alle norme vigenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza sul lavoro.
Di conseguenza, la conformità del progetto alle norme ambientali, sanitarie e di sicurezza del lavoro costituiva, in base al citato art. 8, non un presupposto della convocazione della conferenza di servizi, ma l’oggetto della conferenza stessa.
In conclusione, la sentenza n. 398 del 2013 doveva essere eseguita con la convocazione della conferenza di servizi (che avrebbe svolto i suoi lavori nel perimetro disegnato dal citato art. 8), quindi il ricorso doveva essere accolto, ritenendosi il provvedimento impugnato nullo per elusione del giudicato, posto che nel processo amministrativo il vizio di violazione o di elusione del giudicato si attualizza quando l’Amministrazione, con l’atto a mezzo del quale si sia nuovamente determinata, va ad alterare l’assetto degli interessi stabilito dal giudice con la sentenza di cui si chiede l’esecuzione, ponendosi in contrasto con quanto statuito nel giudizio di merito o comunque aggirando l’ordine contenuto nella decisione (Cons. St., sez. IV, 10 marzo 2014, n. 1092).
3. Con appello in Consiglio di Stato notificato il 28 novembre 2014, il Comune di […] impugnava la sentenza in questione, sostenendo che:
– l’originaria sentenza da eseguire n. 398/2013, più volte erroneamente indicata come n. 383/2013, si era limitata ad annullare l’originario diniego, osservando che la perdurante efficacia del P.I.P. non comportasse automaticamente la effettiva sussistenza di un’area industriale;
– il successivo provvedimento 10 marzo 2014 , ritenuto nullo dal giudice dell’esecuzione, avesse accertato ulteriori presupposti per non convocare la conferenza dei servizi, appunto la realizzazione di abusi edilizi ed il parere dell’Asl, atti che non potevano configurarsi come elusivi, ma semmai potevano essere oggetto di un nuovo giudizio di cognizione;
– l’avvio di una conferenza dei servizi si configurava come potere discrezionale del Comune, visto il tipo di attività coinvolta (la frantumazione di materiale pietroso, già esercitata abusivamente e incidente sulla salute dei cittadini), e considerato inoltre che il tutto non sarebbe stato sanabile all’esito della medesima conferenza, anche perché il parere negativo dell’Asl era già di per sé ragione per non attivare la conferenza, visto che a ciò si contrapponevano rigidi vincoli ambientali e costruzioni abusive tuttora prive di titolo autorizzatorio successivo.
L’appellante concludeva per la riforma della sentenza impugnata e per il rigetto del ricorso di primo grado, con vittoria di spese.
L’appellata si costituiva in giudizio, sostenendo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.
All’odierna camera di consiglio del 16 aprile 2015 la causa è passata in decisione.

4. L’appello risulta fondato e va accolto.
4.1. Il verbale di sopralluogo svolto il 20 febbraio 2014, tra l’altro corredato da adeguato materiale fotografico, descrive l’area per la quale andrebbe convocata la conferenza di servizi al fine di individuarne le caratteristiche e determinarne la variante urbanistica in termini di insediamento produttivo come un’area completamente trasformata, caratterizzata da una recinzione alta circa 4 m e realizzata parte in cemento e parte in tufo, con due costruzioni adibite a deposito e ad alcuni uffici, due tettoie poggianti su un basamento di cemento armato ove è collocato un grosso serbatoio, altra ampia tettoia poggiante su pilastrini di ferro, ancora altra tettoia poggiante su tre lati di cui due facenti parte del muro perimetrale; la recinzione contiene inoltre 10 cumuli di materiale inerte di altezza di circa 2 m e divisi per tipologie. Inoltre nella stessa area risultano presenti sei mezzi meccanici.
Con nota n. 5848 del 25 marzo 2015, gli uffici comunali hanno comunicato alla Società appellata l’avvio del procedimento per la demolizione delle opere abusivamente realizzate, trattandosi al momento di un’area destinata come agricola dallo strumento urbanistico di […], mentre la d.i.a. assentita riguardava solamente la costruzione di una recinzione, una cisterna interrata a cielo aperto e l’installazione di strutture precarie per il ricovero di mezzi agricoli, come si può vedere, ed al di là dell’irrilevante questione delle particelle interessate dagli interventi, opere del tutto diverse da quelle realizzate e di impatto assolutamente trascurabile rispetto a quanto effettivamente costruito.
3.2. E’ del tutto evidente, conformemente a quanto sostenuto dalle difese comunali, che l’avvenuta trasformazione totale delle aree mediante opere realizzate senza titolo, tra l’altro in area sottoposta a vincolo paesaggistico, veniva ad impedire la richiesta convocazione della conferenza di servizi.
Da un lato, il ruolo della conferenza di servizi è tipicamente autorizzatorio in relazione ad attività da svolgere successivamente.
La conferenza di servizi può accertare simultaneamente la sussistenza dei presupposti per il rilascio dei titoli richiesti, e se del caso anche la modifica dello strumento urbanistico, al fine di prevedere un insediamento produttivo in luogo di una precedente area agricola, ma non può essere convocata per disporre la sanatoria di opere già realizzate.
Infatti, per i principi di tipicità del provvedimento e di legalità, la sanatoria di opere abusive può essere disposta in sede amministrativa solo nei casi previsti dalla legge, e cioè o nei casi di condono straordinario (già disposti in passato con leggi ad tempus, irrilevanti nel presente giudizio), ovvero nei casi in cui vi può essere il cd accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del testo unico sull’edilizia (Cons. Stato, Sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4892).
Da tale articolo, nonché dagli artt. 14 e ss. della L. n. 241 del 1990, nonché dall’art. 167 del Codice n. 42 del 2004 quando siano state poste in essere sine titulo volumetrie su terreni sottoposti a vincolo paesaggistico, si evince il principio generale per il quale non può essere attivato un procedimento di variante urbanistica (anche in sede di conferenza di servizi), al fine di sanare o di consentire la sanatoria di quanto è stato realizzato abusivamente.
Anche l’8 del D.P.R. n. 160 del 2010 ha consentito l’attivazione del relativo procedimento per individuare di aree destinate “all’insediamento” di impianti produttivi (cioè alla realizzazione in loco di nuove opere), ma non anche per disporre la sanatoria di insediamenti già realizzati.
3.3. Contrariamente a quanto ha rilevato la sentenza impugnata, l’obbligo di indire la conferenza di servizi non è sorto sulla base del precedente giudicato che si è formato tra le parti, con la sentenza del TAR n. 398 del 2013.
Questa, infatti, ha impugnato l’originario diniego perché il Comune aveva errato a respingere la domanda della società appellata, sul rilievo della esistenza di terreni già destinati ad aree industriali, ma non ha precluso che, in sede di esecuzione, fosse verificata la sussistenza dei necessari presupposti per convocare la conferenza.
Tanto meno il TAR, con la sentenza n, 398 del 2013, ha affermato che il Comune avrebbe dovuto considerare irrilevanti gli abusi edilizi posti in essere medio tempore (non rilevando a tal fine se essi siano risalenti ad epoca antecedente o successiva alla pubblicazione della medesima sentenza).
Pertanto, nella sede del rinnovato esame dell’istanza, il Comune ha ben potuto constatare come essa abbia riguardato un’area già trasformata e dunque che l’istanza non era volta a realizzare ex novo opere edilizie, ma in realtà era volta a far adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, con l’utilizzazione del procedimento per finalità non previste dalla legge.
4. Per le suesposte considerazioni (che tengono conto delle complessive censure formulate in primo grado), l’appello deve essere accolto, con la conseguente riforma della sentenza impugnata, sicché va respinto il ricorso di primo grado, con i relativi motivi aggiunti.
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