Consiglio di Stato, Sez. Quarta, Sentenza n. 2468 del 2012, dep. il 27/04/2012

[…]

Il signor […] proponeva ricorso per sentir dichiarare la illegittimità del silenzio mantenuto dal Comune […] nei riguardi di una sua istanza relativa a un asserito abuso edilizio compiuto da.. […] che, realizzando lavori in difformità da quanto indicato nella D.I.A., avrebbe non solo sostituito, ma spostato un cancello, in tal modo parzialmente inglobando nella sua proprietà parte di una strada preesistente e impedendo l’accesso pubblico alla strada stessa.

Con sentenza 29 luglio 2011, n. 848, il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, Sezione I, dichiarava inammissibile il ricorso per mancanza dell’interesse ad agire, sull’argomento che il ricorrente non sarebbe riuscito a dimostrare un pregiudizio a proprie prerogative dominicali.

Il […] impugnava la sentenza, ritenendola infondata, errata e non completamente motivata. Chiedeva al Giudice dell’appello, previa eventuale verificazione sullo stato dei luoghi, di accertare la illegittimità del silenzio serbato dal Comune e di conseguenza: ordinare al Comune di ingiungere alla […] la rimozione dell’abuso; in subordine, dichiarare l’obbligo del Comune di provvedere sulla sua istanza; nell’ipotesi di reiterata inerzia, nominare sin d’ora un commissario ad acta; condannare il Comune al risarcimento dei danni provocati con il silenzio; condannare il Comune e, in caso di opposizione, anche la controinteressata al pagamento delle spese di causa.

Alla camera di consiglio del 27 marzo 2012 l’appello veniva chiamato e trattenuto in decisione.

La sentenza impugnata collega l’interesse a ricorrere contro il silenzio dell’Amministrazione ad una lesione del diritto del privato.

Nel caso di specie, non vi sarebbe la prova che l’area su cui si controverte presenti natura pubblica; neppure vi sarebbe la prova – e, ancor prima, nemmeno l’allegazione – dell’uso pubblico; al più l’area potrebbe essere oggetto di contestazioni di carattere privatistico (come in effetti è avvenuto, avendo il ricorrente proposto giudizio possessorio innanzi al Giudice civile); mancherebbe perciò la legittimazione ad agire in questa sede.

Alla luce della giurisprudenza del Consiglio di Stato, il Collegio non condivide tale impostazione restrittiva.

In linea di massima, infatti, l’obbligo giuridico di provvedere – ai sensi dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dall’art. 7 della legge 18 giugno 2009, n. 69 – sussiste in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento e quindi, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3 giugno 2010, n. 3487). In particolare, poi, il proprietario confinante con l’immobile, nel quale si assuma essere stato realizzato un abuso edilizio, ha comunque un interesse alla definizione dei procedimenti relativi all’immobile medesimo entro il termine previsto dalla legge, tenendo conto dell’interesse sostanziale che, in relazione alla vicinanza, egli può nutrire in ordine all’esercizio dei poteri repressivi e ripristinatori da parte dell’organo competente (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 20 luglio 2006, n. 4609; Id., IV Sez., 7 luglio 2008, n. 3384).

E’ questa esattamente la vicenda di cui è causa.

Non è contestato che i fondi di cui il […] è proprietario siano attigui a quello in cui l’opera è stata realizzata; e, sotto questo aspetto, è del tutto irrilevante la circostanza che egli abbia esperito le azioni possessorie senza successo (per la mancanza degli specifici requisiti del possesso prescritti dagli artt. 1168 e 1170 c.c.: si veda in atti la sentenza del Tribunale di Novara in data 21 luglio 2010). Egli sostiene che l’abuso allegato inciderebbe negativamente sulla sua sfera giuridica e che pertanto il Comune dovrebbe adottare le misure richieste.

Così considerata la situazione dei luoghi, è legittima la richiesta dell’appellante che, essendo decorso il termine di legge per la conclusione del procedimento, l’Amministrazione comunale si pronunzi sull’istanza a suo tempo da lui presentata.

Poiché il contenuto della risposta è rimesso alla valutazione del Comune, ai sensi dell’art. 31, comma 3, c.p.a. non è però consentito in questa sede pronunziarsi sulla fondatezza della pretesa sostanziale dedotta in giudizio.

Il Collegio non ritiene di dover provvedere sin d’ora alla nomina di un commissario ad acta, nel caso di persistente inerzia da parte dell’Amministrazione.

Neppure può essere accolta la domanda di risarcimento dei danni provocati con il silenzio, per i quali è del tutto assente la prova in ordine non solo al quantum, ma anche all’an.

L’appello, pertanto, deve essere accolto nei sensi di cui alle note che precedono. Di conseguenza, in riforma della sentenza di primo grado, va dichiarato l’obbligo del Comune appellato di provvedere sull’istanza dell’appellante nel termine di trenta giorni decorrente dalla comunicazione (o dalla notificazione, se anteriore) della presente sentenza.

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