Consiglio di Stato, Sez. Quarta, Sentenza n. 3029 del 2009, pubbl. il 15//05/2009

F A T T O

1. Con il primo dei ricorsi indicati in epigrafe (n. 7012/08) viene impugnata la decisione n. 3307/08 del TAR dell’Emilia Romagna, sede di Bologna, Sez. II, che ha rigettato il ricorso proposto avverso l’ordinanza n. […]/07 di demolizione di opere ritenute abusivamente realizzate in via […] nel Comune di […].

2. La impugnata decisione trovava fondamento nelle seguenti argomentazioni: a) legittimità della notifica effettuata correttamente, oltreché a […], interdetto, altresì a […], tutore dello stesso; b)legittimità della contestazione effettuata nei confronti dei ricorrenti, ancorché non unici proprietari, in ragione della responsabilità solidale fra i responsabili degli abusi; c) legittimità della contestazione effettuata nei confronti dei ricorrenti, in qualità di chiamati all’eredità, in quanto stabilmente insediati sulle aree di cui si discute; d)insussistenza della ritenuta carenza istruttoria della P.A.; e)infondatezza delle censure di violazione della L.n. 689 del 1981 e di mancata considerazione dello stato di necessità; f)infondatezza della censura di violazione dell’art.7 L. n. 241 del 1990, attesa la natura vincolata del provvedimento, il cui contenuto non avrebbe comunque potuto essere diverso.

3. Appellano i signori […], deducendo le seguenti censure:

3.1.Violazione di legge per errata o falsa o mancata applicazione dell’art. 7 L. n. 241 del 1990, essendo stato emanato il provvedimento demolitorio senza previa comunicazione di avvio del procedimento e senza che vi fossero particolari ragioni di urgenza da giustificare l’omissione della comunicazione.

3.2.Violazione di legge per errata e/o falsa e/o mancata applicazione dell’art. 13 L.R. Emilia Romagna n. 23 del 21/10/2004- Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, ingiustizia manifesta. Gli appellanti deducono di non essere gli unici a comporre l’insediamento di cui si contende e di non poter, quindi, essere considerati gli unici responsabili dei ritenuti abusi. Ripropongono, inoltre, la censura di irregolarità della notifica effettuata a […], persona interdetta.

3.3.Eccesso di potere per carente istruttoria e difetto di motivazione. L’Amministrazione, oltre a non aver esercitato l’attività di vigilanza ai fini della prevenzione della commissione degli abusi, non avrebbe effettuato alcun accertamento circa la violazione della norme urbanistiche da parte delle opere contestate, che, costituendo dei precari(case mobili) non avrebbero il necessario requisito della immobilizzazione rispetto al suolo.

3.4.Violazione di legge per errata e/o falsa applicazione dell’art.4 L. n. 689 del 24/11/81- Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, ingiustizia manifesta. L’Amministrazione non avrebbe considerato lo stato di necessità in cui versano sia i ricorrenti sia gli altri componenti del nucleo familiare che vivono nell’insediamento di via […]. La violazione edilizia oggetto dell’ordinanza impugnata è stata necessitata dalla urgenza di garantire una sia pur precaria e disagevole soluzione abitativa per le famiglie degli appellanti, non essendo stato possibile reperire soluzioni alternative sul libero mercato, né tantomeno coinvolgere l’autorità preposta al reperimento di altre soluzioni.

3.5.La sentenza del TAR viene, poi, criticata per aver dichiarato l’inammissibilità dei motivi proposti successivamente al ricorso introduttivo. Non di nuove censure, infatti, si sarebbe trattato ma di argomenti interpretativi e giurisprudenziali di specificazione e di collegamento tra le censure proposte. Dalla carente istruttoria e dalla negazione dl contraddittorio sarebbero derivate nei confronti dei ricorrenti repressioni diverse ed ingiuste rispetto a quella che l’ordinamento nazionale, comunitario ed internazionale avrebbe preteso dal Comune.

3.6.La sentenza viene, altresì, criticata per non aver tenuto conto, nel valutate la legittimità dell’atto impugnato, della normativa in materia di minoranze nomadi(L.R. n. 23/04 e L.R. n. 47/88) e delle disposizioni internazionali e comunitarie, nonché della giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani e della Carta sociale europea, divenute, a seguito della ratifica del Trattato di Lisbona, fonti di rango primario.

3.7.La sentenza viene, infine, criticata sotto il profilo della condanna alle spese.

4. L’amministrazione appellata si è costituita in giudizio con articolata memoria di contestazione delle ragioni prospettate dall’appellante.

5. Con memoria difensiva depositata in vista dell’udienza di discussione del ricorso gli appellanti hanno confermato ed ulteriormente illustrato le proprie tesi.

6. Con il secondo dei ricorsi indicati in epigrafe (n. 7013/08) viene impugnata la decisione n. 3306/08 del TAR dell’Emilia Romagna, sede di Bologna, Sez. II, che ha rigettato il ricorso proposto avverso l’ordinanza n. […]07 di demolizione di opere realizzate in via […], nel Comune di […]. La impugnata decisione trovava fondamento nelle seguenti argomentazioni: a) infondatezza della censura di violazione dell’art.7 L. n. 241 del 1990, attesa la natura vincolata del provvedimento, il cui contenuto non avrebbe comunque potuto essere diverso; b) sussistenza della qualità di committenti nei ricorrenti, non essendo necessario notificare l’ordine di demolizione a tutti i proprietari né accertare se gli stessi fossero gli unici autori dell’abuso; il ricorrente non può sostenere di non essere proprietario in quanto chiamato all’eredità, essendo egli stabilmente insediato in loco ed avendo, quindi, posto in essere un comportamento che presuppone necessariamente la qualità di erede; c)infondatezza della censura di difetto di istruttoria, avendo l’Amministrazione accertato sia gli abusi sia i soggetti responsabili sia i proprietari dei terreni; d) infondatezza della richiesta di riconoscimento di stato di necessità (la cui sussistenza comunque non abilita a realizzare insediamenti abusivi, ma, semmai, a fruire di aree di sosta apposite) e inapplicabilità della sanzione pecuniaria ex lege n. 689/81, attesa la natura vincolata dell’atto impugnato a fronte di abuso non sanabile.

7. Appella il signor […], deducendo le seguenti censure:

7.1.Violazione di legge per errata o falsa o mancata applicazione dell’art. 7 L. n. 241 del 1990, essendo stato emanato il provvedimento demolitorio senza previa comunicazione di avvio del procedimento e senza che vi fossero particolari ragioni di urgenza da giustificare l’omissione della comunicazione.

7.2.Violazione di legge per errata e/o falsa e/o mancata applicazione dell’art. 13 L.R. Emilia Romagna n. 23 del 21/10/2004- Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, ingiustizia manifesta. Gli appellanti deducono di non essere gli unici a comporre l’insediamento di via […] e di non poter, quindi, essere considerati gli unici responsabili dei ritenuti abusi.

7.3.Eccesso di potere per carente istruttoria e difetto di motivazione. L’Amministrazione non avrebbe effettuato alcun accertamento circa la effettiva violazione della norme urbanistiche da parte delle opere contestate, che, costituendo dei precari(case mobili) non avrebbero il necessario requisito della immobilizzazione rispetto al suolo.

7.4.Violazione di legge per errata e/o falsa applicazione dell’art.4 L. n. 689 del 24/11/81- Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, ingiustizia manifesta. L’Amministrazione non avrebbe considerato lo stato di necessità in cui versano sia i ricorrenti sia gli altri componenti del nucleo familiare che vivono nell’insediamento de quo. La violazione edilizia oggetto dell’ordinanza impugnata è stata necessitata dalla urgenza di garantire una sia pur precaria e disagevole soluzione abitativa ad un gruppo di persone, non essendo stato possibile reperire soluzioni alternative sul libero mercato, né tantomeno coinvolgere l’autorità preposta al reperimento di altre soluzioni.

7.5.La sentenza del TAR viene, poi, criticata per aver dichiarato l’inammissibilità dei motivi proposti successivamente al ricorso introduttivo. Non di nuove censure, infatti, si sarebbe trattato ma di argomenti interpretativi e giurisprudenziali di specificazione e di collegamento tra le censure proposte. Dalla carente istruttoria e dalla negazione dl contraddittorio sarebbero derivate nei confronti del ricorrente repressioni diverse ed ingiuste rispetto a quella che l’ordinamento nazionale, comunitario ed internazionale avrebbe preteso dal Comune.

7.6.La sentenza viene, altresì, criticata per non aver tenuto conto, nel valutate la legittimità dell’atto impugnato, della normativa in materia di minoranze nomadi(L.R. n. 23/04 e L.R. n. 47/88) e delle disposizioni internazionali e comunitarie, nonché della giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani e della Carta sociale europea, divenute, a seguito della ratifica del Trattato di Lisbona, fonti di rango primario.

7.7.La sentenza viene, infine, criticata sotto il profilo della condanna alle spese.

8. L’amministrazione appellata si è costituita in giudizio con articolata memoria di contestazione delle ragioni prospettate dall’appellante.

9. Con memoria difensiva depositata in vista dell’udienza di discussione del ricorso l’appellante ha confermato ed ulteriormente illustrato le proprie tesi.

10. I ricorsi sono stati inseriti nei ruoli d’udienza del 27 gennaio 2009 e trattenuti per la decisione.

D I R I T T O

1. Attesi gli evidenti motivi di connessione, i due ricorsi indicati in epigrafe vengono riuniti ai fini di un’unica decisione.

2. Giova, ai fini del decidere, un breve cenno in punto di fatto.

Tutti gli appellanti sono cittadini italiani di etnia […] e da molti anni risiedono stabilmente, assieme alla rispettive famiglie, nel Comune di […], utilizzando edifici abusivamente costruiti o case mobili installate su terreni agricoli di loro proprietà ed oggetto di diverse ordinanze di demolizione, in primo tempo ottemperate, sino a giungere alle ultime impugnate in I grado dinanzi al TAR Emilia Romagna- sede di Bologna.

Tutti gli appellanti per le aree in questione hanno provveduto, nel 1987, a presentare istanze di condono edilizio, che risultano respinte.

Rispettivamente in data […]06 e […]2007 è stato redatto verbale di violazione urbanistico-edilizia e in data […]07 e […]07 è stato emanato l’ordine di demolizione ex art. 31 DPR n. 380/01 relativo ad interventi edilizi privi di idoneo titolo eseguiti all’interno delle aree di proprietà dei ricorrenti.

Tutti gli appellanti sostengono di non avere altre proprietà immobiliari a loro riferibili e di versare in stato di indigenza.

3. I ricorsi propongono sostanzialmente le medesime censure che vengono, quindi, contestualmente esaminate.

3.1.Un primo profilo di censura, comune ad entrambi i ricorsi, riguarda la dedotta violazione di legge per errata e/o falsa applicazione e/o mancata applicazione dell’art. 7 della L. n. 241 del 1990.

La censura va respinta.

Va, invero, considerato:

a) il noto orientamento giurisprudenziale secondo cui l’obbligo di comunicazione non è ravvisabile nelle ipotesi di attività vincolata, sul presupposto che la partecipazione sia fruttuosa soltanto quando sia possibile effettuare una scelta discrezionale (Cons. Stato, VI Sez., n. 5419/06);

b) l’orientamento giurisprudenziale secondo cui si è riconosciuto l’obbligo di procedere alla comunicazione di avvio di procedimento in caso di provvedimenti di demolizione, ancorché con l’ammissione di una sostanziale equivalenza tra la previa adozione dell’ordinanza di sospensione dei lavori e la comunicazione de qua(Cons. Stato n.n. 5058/02 e 3263/03);

c) l’ innovazione apportata dalla L. n. 15 del 2005 che, nel modificare la L. n. 241 del 1990, ha introdotto l’art.21 octies che, al comma 2, prescrive che “Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’Amministrazione dimostri che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Nelle fattispecie in esame, è incontestato che le opere siano state eseguite in assenza di idoneo titolo edilizio, tant’è che per le stesse nel 1987 venne presentata dagli interessati domanda di condono, respinta dal Comune.

Risulta, altresì, incontestato che la destinazione delle aree oggetto di intervento(zona agricola produttiva di pianura) sia incompatibile (art. 69 NTA del PRG del Comune di […] che prevede la sola funzione agricola e le attività connesse alla conduzione agricola aziendale)con interventi di trasformazione urbanistica finalizzati alla creazione di veri e propri insediamenti abitativi di nuova costruzione.

Ciò premesso, attese le peculiarità che connotano il provvedimento di ripristino dello stato dei luoghi e, quindi, l’esercizio da parte dell’amministrazione di un potere “vincolato”, il Collegio osserva che la questione de qua è interessata dalla prima previsione di cui all’art. 21 octies comma 2.

La violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento denunciato dai ricorrenti non costituisce un motivo idoneo a determinare l’annullabilità dei provvedimenti impugnati in quanto è palese, attesa l’assenza di qualsivoglia titolo idoneativo e l’incompatibilità con le previsioni di PRG, che il contenuto dispositivo del provvedimento “non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Alla luce delle esposte considerazioni è, quindi, da ritenere sussistente la condizione prevista dall’art. 21 octies, comma 2, della L.n. 241 del 1990.

Né possono valere a modificare tale indirizzo le doglianze avanzate dai ricorrenti, secondo cui, se preavvertiti, avrebbero potuto chiedere la modificazione d’uso dell’area per poter adibire le aree su cui insiste l’insediamento ad area di sosta per nomadi ai sensi dell’art. 4 L.R. n. 47/88, né il richiamo alle convenzioni e protocolli internazionali citate nell’atto di appello.

Le riportate ragioni di appello, infatti, sono anzitutto affette da genericità e non trovano riscontro, per contestarlo, in quanto affermato dal giudice di I grado nella sentenza impugnata. Sotto tale profilo, esse appaiono, quindi, inammissibili.

Inoltre, per quanto attiene alla ritenuta violazione dell’art.4 della L.R. n. 47/88(Aree sosta), la norma, contrariamente a quanto ritenuto dai ricorrenti, nel disciplinare le aree sosta, coinvolgendo nella loro ubicazione le rappresentanze locali dei nomadi in modo da evitare qualsiasi emarginazione urbanistica e da facilitare l’accesso ai servizi pubblici e la partecipazione dei nomadi alla vita sociale, non autorizza la trasformazione di aree a diversa destinazione di PRG in aree destinate a campi nomadi, ma (comma 4) prevede che, ove il Comune intenda adibire ad aree di sosta aree con diversa classificazione, lo debba fare approvando apposita motivata variante allo strumento urbanistico generale, ai sensi dell’art. 14 della L.R. n. 47/78(Tutela ed uso del territorio).

Infine, per quanto attiene alla ritenuta violazione di norme e convenzioni internazionali, concretatesi in una sostanziale discriminazione nei confronti delle comunità nomadi, ne va ritenuta la irrilevanza, atteso che la questione oggetto di giudizio esula da tali temi, rientrando nella materia urbanistico-edilizia.

3.2.Un secondo profilo di censura attiene alla violazione dell’art.13 L.R. Emilia Romagna n. 23/2004 e all’eccesso di potere sotto svariate angolature.

Assumono i ricorrenti di non poter essere gli unici responsabili dell’esecuzione delle opere di cui si discute, non essendo gli unici a comporre l’insediamento de quo e di non poter, quindi, essere qualificati quali committenti delle opere stesse. Inoltre, essi rivestono la qualità di chiamati all’eredità e non di proprietari pleno iure.

Le censure non hanno pregio, in quanto la mancata formale notificazione del provvedimento demolitorio a tutti i comproprietari non costituisce vizio di legittimità dell’atto, che rimane quindi valido ed efficace.

E’ noto, invero, l’orientamento giurisprudenziale che ritiene sufficiente la notificazione ad uno solo dei proprietari del provvedimento demolitorio affinché sia validato il procedimento amministrativo volto al ripristino della situazione giuridica illegittimamente incisa dagli interventi edilizi effettuati.

Quanto, poi, alla posizione di chiamati all’eredità e non di proprietari essa non osta, dal momento che, come già rilevato dal primo giudice, comunque i ricorrenti risiedono stabilmente nell’insediamento realizzato sui terreni oggetto di eredità, con ciò ponendo in essere un comportamento che presuppone la volontà di accettare l’eredità.

3.3.Con un terzo profilo di censura si deduce l’eccesso di potere per carente istruttoria e difetto di motivazione perché l’Amministrazione non avrebbe individuato gli efettivi soggetti che hanno violato la normativa urbanistica.

Al riguardo, richiamato quanto già detto sub 3.2.), va ricordato che le disposizioni vigenti(art. 7 L.n. 47/85, art. 31 DPR n. 380/01 e art. 13 L.R. n. 23/04 attribuiscono la responsabilità dell’abuso edilizio al proprietario del bene e che l’ordinanza di demolizione non va notificata a tutti i comproprietari, in base al principio di responsabilità plurisoggettiva, ma a chi ha materialmente la disponibilità del bene. Va, poi, ricordato che viene ritenuta l’applicabilità dell’ordinanza di demolizione anche alle cd. case mobili, ancorchè manufatti precari, in quanto la precarietà di un manufatto la cui realizzazione non necessita di concessione edilizia, non dipende dai materiali utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensì dall’uso al quale il manufatto stesso è destinato; pertanto, essa, va esclusa quando, come nella fattispecie, trattasi di struttura destinata a dare un’utilità prolungata nel tempo, a nulla rilevando la temporaneità della destinazione data all’opera dai proprietari, in quanto occorre valutare la stessa alla luce della sua obiettiva ed intrinseca destinazione naturale(Cons. Stato, V Sez., n. 3321/00).

3.4.Infine, con l’ultimo profilo di censura si sostiene che la carente istruttoria che ha preceduto l’emissione dell’ordinanza impugnata non avrebbe consentito l’applicazione al caso di specie della L.n. 689/81 e di comprovare lo stato di necessità.

In sostanza, le violazioni edilizie, peraltro espressamente ammesse in ricorso, sarebbero stata necessitata dalla esigenza di garantire una soluzione abitativa a parecchie persone, in attesa di una soluzione da parte dell’Autorità pubblica preposta. La censura non può essere accolta, esulando le sanzioni amministrative urbanistiche dalla generale disciplina per le sanzioni amministrative prevista dalla L.n. 689 del 1981, attesa la differente natura giuridica e le differenti finalità.

Per quanto riguarda, poi, l’affermato stato di necessità esso, per giustificare violazioni della disciplina generale urbanistico-edilizia vigente per tutti i restanti cittadini, avrebbe dovuto essere adeguatamente e rigorosamente comprovato, il che nella fattispecie non è avvenuto.

[…]