Consiglio di Stato, Sez. Quarta, Sentenza n. 5788 del 2017, pubbl. il 11/12/2017

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FATTO e DIRITTO

Gli odierni appellanti hanno richiesto al comune […] l’accertamento di conformità ex art. 13 L. n. 47/1985 in relazione ad edificio residenziale a tre piani da loro edificato in zona classificata agricola ai sensi del prg comunale.
Gli stessi – per quel che qui rileva – hanno poi impugnato avanti al TAR Napoli il provvedimento di diniego adottato dal comune.
Con altri e separati ricorsi gli interessati hanno poi impugnato l’ordine di demolizione e ripristino conseguentemente impartito dal comune, l’atto di accertamento dell’inadempimento e il conseguente atto di acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale.
Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale, riuniti i gravami, li ha respinti.
La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi all’esame dai soccombenti i quali ne hanno chiesto l’integrale riforma previa sospensione dell’esecutività.
Si è costituito in resistenza il comune, che ha chiesto il rigetto dell’appello.
Alla camera di consiglio del 13.5.2008 l’istanza cautelare è stata abbinata al merito.
All’udienza del 5 dicembre 2017 l’appello è stato trattenuto in decisione.

L’appello non è fondato e va pertanto respinto con integrale conferma della sentenza gravata.
Con il primo motivo gli appellanti deducono che l’istanza di accertamento di conformità non poteva essere respinta, in quanto la zona ove insiste il manufatto ha da tempo – in virtù di vari interventi edilizi spesso abusivi– perso i connotati agricoli.
Il mezzo non ha pregio in quanto ai fini del rilascio della sanatoria di cui all’art. 13 della legge n. 47 del 1985 ciò che rileva è la c.d. doppia conformità tra l’opera e la destinazione formale impressa alla zona su cui essa insiste dal prg.
Nel caso all’esame tale destinazione è agricola di talchè il mezzo va respinto.
Col secondo motivo gli appellanti deducono che l’ordine di demolizione non reca alcuna motivazione circa l’interesse pubblico perseguito dal comune.
Il mezzo va respinto.
Infatti, come chiarito dalla più autorevole giurisprudenza, il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare. ( cfr. Ap. n. 9 del 2017).
Con il terzo motivo gli appellanti lamentano la mancata analitica individuazione, nel contesto dell’ordinanza demolitoria, dell’area di sedime acquisibile dal comune in caso di inottemperanza.
Il mezzo è infondato in quanto nell’ingiunzione di demolizione è necessaria e sufficiente l’analitica descrizione delle opere abusivamente realizzate, in modo da consentire al destinatario della sanzione di rimuoverle spontaneamente, ogni altra indicazione esulando dal contenuto tipico del provvedimento, non occorrendo in particolare anche la descrizione precisa della superficie occupata e dell’area di sedime che dovrebbe essere confiscata in caso di mancata spontanea esecuzione; elementi questi, invece, necessariamente afferenti alla successiva ordinanza di gratuita acquisizione al patrimonio comunale.
Infondato è infine il motivo col quale si lamenta la ripetuta violazione delle garanzie partecipative.
Deve infatti osservarsi al riguardo da un lato che l’accertamento di conformità consegue ad istanza di parte; dall’altro che, una volta respinta la relativa istanza, i conseguenti atti hanno natura strettamente vincolata.
Sulla scorta delle considerazioni ora esposte l’appello va quindi respinto […]