[…]
FATTO e DIRITTO
1 – […] adiva il T.A.R. per la Campania per l’annullamento del provvedimento n. […] del […] 2009 con cui il […] aveva respinto l’istanza di permesso di costruire in sanatoria, presentata dal ricorrente nel febbraio 2009, ed avente ad oggetto la regolarizzazione di alcune opere realizzate sulla sua proprietà.
2 – Nelle more del giudizio, in data 4 febbraio 2013, presentava una nuova domanda di sanatoria, sulla quale il Comune, con nota del […] 2013, ai sensi dell’art. 10 bis della l. n. 241/90, esprimeva i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, consistenti nel fatto che: “l’area ricade in area a rischio molto elevato del Piano stralcio per l’assetto idrogeologico dell’Autorità di Bacino […]…in detta area è vietata qualunque trasformazione dello stato dei luoghi sotto l’aspetto morfologico, infrastrutturale ed edilizio; la realizzazione delle scale esterne costituisce copertura in contrasto con l’art. 29 del R.E; l’ampliamento previsto al piano terra è in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti, in particolare il PRG ed il PDR in quanto il fabbricato ricade in zona A del PRG ed in zona B-C del PDR dove non sono consentiti aumenti volumetrici, l’area ricade nella perimetrazione del parco dei […] ed ai sensi dell’art. 146 comma 4 del D. lgs. 42/2004 l’autorizzazione paesaggistica non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale degli interventi”.
Per tali ragioni, anche tale seconda istanza era rigettata con il provvedimento n. […] 2014.
3 – Con motivi aggiunti, depositati in data 25 giugno 2013, […] impugnava anche quest’ultimo provvedimento di diniego.
4 – Con la sentenza n. 645 del 2014, il T.A.R. per la Campania, Sezione di Salerno, dichiarava improcedibile il ricorso originario ed accoglieva i motivi aggiunti, annullando il diniego della seconda istanza di accertamento di conformità.
5 – Con il primo motivo di appello, il Comune deduce che la sentenza impugnata sarebbe in contrasto con le norme di cui all’art. 36 del DPR n. 380/2001 e di cui all’art. 167 D. Lgs. n. 42/2004.
In particolare, il T.A.R. avrebbe omesso di considerare che il rilascio del permesso di costruire in sanatoria a seguito di accertamento di conformità ex art.36 del DPR n. 380/2001 ed a seguito di accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 167 D. Lgs. n. 49/2004 non può essere subordinato alla esecuzione di opere edilizie.
5.1 – La censura è fondata.
In materia edilizia non è ammissibile il rilascio di una concessione edilizia in sanatoria subordinata alla esecuzione di specifici interventi edilizi, atteso che tale condizione contrasta con gli elementi essenziali della sanatoria, tra cui la doppia conformità dell’opera eseguita, al momento della sua realizzazione ed in quello della presentazione della domanda.
L’assunto è conforme alla giurisprudenza, secondo cui alla luce del vigente ordinamento giuridico, non è ammissibile il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria subordinato alla esecuzione di ulteriori opere edilizie, anche se tali interventi sono finalizzati a ricondurre il manufatto nell’alveo della legalità, ciò “contrasterebbe ontologicamente con gli elementi essenziali dell’accertamento di conformità, i quali presuppongono la già avvenuta esecuzione delle opere e la loro integrale conformità alla disciplina urbanistica” (Cons. St., Sez. IV, 8 settembre 2015, n. 4176).
6 – Con un altro ordine di censure si contesta la violazione del combinato disposto dell’art. 146 comma 4 e dell’art. 167 comma l del D. Lgs n 49/2004.
Al riguardo, l’appellante ricorda che le opere abusive sono state realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e che, a norma degli artt. 146, comma 4, e 167, comma l, del D. Lgs. n. 49/2004, sarebbe precluso il rilascio della autorizzazione in sanatoria quando siano stati realizzati volumi di qualsiasi natura, siccome il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude qualsiasi edificazione comportante creazione o aumento di volume.
Nel caso in esame, sarebbe pacifica la creazione di nuovi volumi; ciò precluderebbe il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria.
6.1 – L’esposta censura si collega all’ulteriore motivo di appello, con il quale si deduce l’omessa considerazione da parte del T.A.R. della relazione tecnica dell’UTC del Comune cha dava conto della impossibilità di qualificare come volumi tecnici i locali abusivi, tenuto conto del fatto che trattasi di vani chiusi, utilizzabili e suscettibili di abitabilità.
7 – Come costantemente ribadito in giurisprudenza (ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, 27 novembre 2017, n. 5516), la nozione di volume tecnico corrisponde a un’opera priva di qualsiasi autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché destinata solo a contenere, senza possibilità di alternative e, comunque, per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali di essa.
Si è anche precisato che i volumi tecnici degli edifici sono esclusi dal calcolo della volumetria a condizione che non assumano le caratteristiche di vano chiuso, utilizzabile e suscettibile di abitabilità; ne consegue che nel caso in cui un intervento edilizio sia di altezza e volume tale da poter essere destinato a locale abitabile, ancorché designato in progetto come volume tecnico, deve essere computato a ogni effetto, sia ai fini della cubatura autorizzabile, sia ai fini del calcolo dell’altezza e delle distanza ragguagliate all’altezza (cfr. Cons. St., Sez. VI, 4 novembre 2014).
7.1 – Nella fattispecie oggetto di causa, l’ordine di demolizione riguarda manufatti che, già sul piano dimensionale, appaiono di non trascurabile impatto e non necessariamente accessori o serventi rispetto all’abitazione principale.
In altre parole, deve prestarsi adesione alla tesi dell’amministrazione secondo cui si tratta di manufatti potenzialmente autonomi rispetto a quello principale, pienamente compatibili, anche in ragione delle loro dimensioni, con destinazioni d’uso di differente tipologia e perciò non qualificabili alla stregua di un volume tecnico.
8 – In ogni caso, dal punto di vista prettamente paesaggistico, la natura o meno di vano tecnico dei due manufatti non appare neppure così determinante; invero, alla luce dell’orientamento più volte espresso dalla Sezione (sentenze n. 3579 e n. 5066 del 2012; n. 4079 del 2013; n. 3289 del 2015), il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume.
Più precisamente, la regola che in materia urbanistica porta ad escludere i “volumi tecnici” dal calcolo della volumetria edificabile, trova fondamento nel bilanciamento rinvenuto tra i vari e confliggenti interessi connessi all’uso del territorio. Non può pertanto essere invocata al fine di ampliare le eccezioni al divieto di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, il quale tutela l’interesse alla percezione visiva dei volumi, del tutto a prescindere dalla loro destinazione d’uso.
La conclusione, del resto, è avvalorata dallo stesso art. 167 del d.lgs. 42/2004 che, nel consentire l’accertamento postumo della compatibilità paesaggistica, si riferisce esclusivamente ai «lavori realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati». Non è consentito all’interprete ampliare la portata di tale norma, che costituisce eccezione al principio generale delle necessità del previo assenso, per ammettere fattispecie letteralmente, e senza distinzione alcune, escluse (cfr. Cons. St. sez. VI, 24 aprile 2017, n. 1907).
9 – Alla luce delle considerazioni che precedono, devono trovare accoglimento anche gli ulteriori motivi di appello dedotti dal Comune.
9.1 – In primo luogo, già il T.A.R. ha accertato che trattasi di volumi fuori terra, ben al di sopra del piano di campagna, ne consegue che ne è preclusa la sanabilità dal punto di vista paesaggistico, conformemente al principio in base al quale, laddove venga in considerazione la tutela di particolari valori, quali quello paesaggistico o culturale, deve tendenzialmente escludersi ogni valutazione postuma, ovvero successiva all’esecuzione dell’intervento (cfr. art. 167 d.lgs. 42/2004), ciò al fine di escludere che al fatto compiuto venga riconosciuta una qualunque forma di legittimazione giuridica.
10 – La ricordata consistenza volumetrica delle due opere innanzi ricordate comporta altresì che le stesse si pongano in contrasto con l’art. 3 del PSAI […] che fa divieto di interventi di nuova costruzione, trattandosi della realizzazione di due locali, al di fuori del corpo di fabbrica, come già accertato dal giudice di prime cure, suscettibili di implicare l’aumento del carico urbanistico, dovendosene escludere la natura di vani tecnici.
11 – In riferimento alla creazione dei volumi in questione, l’accoglimento dei motivi di appello che precedono e l’accertata legittimità del provvedimento impugnato, che trova fondamento in plurime ragioni tra loro autonome, esclude la necessità di esaminare le ulteriori censure in conformità all’orientamento secondo cui ai fini della legittimità di un atto amministrativo fondato su di una pluralità di ragioni, fra loro autonome, è sufficiente che anche una sola fra esse sia riconosciuta idonea a sorreggere l’atto medesimo, mentre le doglianze formulate avverso gli altri motivi devono ritenersi carenti di un sottostante interesse a ricorrere, giacché in nessun caso le stesse potrebbero portare all’invalidazione dell’atto (ex multis Cons. St. sez. IV, 7 aprile 2015, n. 1769).
12 – Non può invece trovare accoglimento il quarto motivo di appello che ha censurato la sentenza nella parte in cui il giudice di prime cure ha escluso la riconducibilità delle scale esterne alla superficie coperta, statuendo, al contrario, l’assimilazione delle scale esterne ai balconi, i quali risultano espressamente esclusi dal calcolo della superficie lorda di solaio ai sensi dell’art. 29 – comma 7 del Regolamento Edilizio del Comune di […].
Invero, al riguardo appare condivisibile la valutazione del T.A.R. che ha correttamente valorizzato il fatto che trattasi di una scala in ferro aperta e priva di qualsivoglia copertura. Per tale ragione deve considerarsi non computabile ai fini del calcolo della superficie coperta.
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