Consiglio di Stato, Sez. Sesta, Sentenza n. 407 del 2017, pubbl. il 31/01/2017

[…]

FATTO e DIRITTO

1.Il […]2009 il Comune […] ha adottato nei confronti del […] il provvedimento dirigenziale in epigrafe, concernente l’ingiunzione al ripristino della via vicinale […], presso la via […], nelle dimensioni preesistenti.

2.Il […] ha impugnato il provvedimento dinanzi al Tar Liguria con il ricorso n. r. g. 631 del 2009.

Innanzi al Tar si sono costituiti per resistere il Comune e la società […].

3.Con la sentenza n. 480 del 2014 il giudice di primo grado ha respinto il ricorso e ha condannato il signor […] al pagamento delle spese del giudizio in favore delle controparti.

4.La sentenza è stata appellata con quattro motivi, concernenti violazione e falsa applicazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.

L’appellante ha chiesto la sospensione della esecutività della sentenza impugnata e ha concluso domandando, in riforma della pronuncia gravata, e in accoglimento dell’appello, l’annullamento del provvedimento impugnato in primo grado, con vittoria di spese.

Anche in grado di appello l’Amministrazione comunale e la società […] si sono costituite per resistere.

5. Con l’ordinanza n. 4923 del 2014 questa Sezione ha sospeso l’esecutività della decisione di primo grado, “considerata la irreparabilità del danno che il ricorrente riceve dall’esecuzione della sentenza impugnata”.

Le parti hanno depositato memorie e repliche e all’udienza del 12 gennaio 2017 la causa è passata in decisione.

6.L’appello è infondato e va respinto.

Va premesso che nel motivare la decisione si seguirà l’ordine dei motivi indicato nel ricorso in appello.

Appare utile una sintetica ricostruzione della vicenda controversa.

Con ordinanza 30 giugno 2008, n. […], il Comune […] rilevava “che sulla via vicinale […], presso via […], sono in corso di esecuzione lavori edilizi in assenza del prescritto titolo abilitativo e di committenza del signor […]; preso atto che gli interventi consistono nel rifacimento della citata via pubblica, mediante allargamento della sede stradale, con gettata di cemento”, ingiungeva al ricorrente la sospensione dei lavori.

Con atto dell’[…]2008, n. prot. […], il Comune autorizzava la prosecuzione dei lavori di manutenzione del sedime, assentendo “esclusivamente quegli interventi finalizzati alla messa in sicurezza del percorso, nel rispetto delle preesistenti caratteristiche estetiche e paesaggistiche della via, in ragione delle apicali necessità, dichiarate in atti, di rendere agevole il transito e l’accesso alle abitazioni di Via […]”. Veniva inoltre specificato che “quanto sopra non corrisponde all’accoglimento delle condizioni attuali di larghezza della strada”. Si precisava, infine, che “qualora, da successivi e ulteriori accertamenti lo stato della via antecedente ai lavori, nel tratto interessato dagli interventi, risultasse di minori dimensioni, si procederà all’applicazione delle sanzioni di cui al capo V della L. R. n. 16 del 6.6.2008, recante disciplina dell’attività edilizia”.

Il Comune, quindi, sulla base della documentazione tecnica pervenuta in data 25 agosto 2008, riscontrava l’allargamento della sede stradale mediante l’utilizzo di parte del terreno di proprietà della società […], per effetto della nuova costruzione di un muro in pietra e conglomerato cementizio posto a lato monte della via.

Faceva seguito l’avviso formale di avvio del procedimento di abusivismo edilizio, ai sensi dell’art. 7 della l. n. 241 del 1990, per interventi di ampliamento della strada comunale, con uso di terreno di altrui proprietà, effettuato in assenza del prescritto titolo, e veniva infine emessa l’ingiunzione di ripristino della via vicinale nelle dimensioni preesistenti.

6.1.Ciò premesso, quanto alla rilevata erroneità e contraddittorietà dell’istruttoria condotta dal Comune sull’asserito ampliamento della strada vicinale (v. primo motivo, da pag. 6 dell’atto di appello), la sentenza impugnata, nel respingere il primo motivo del ricorso in primo grado, col quale il ricorrente aveva dedotto che l’intervento realizzato era stato espressamente autorizzato dal Comune con l’atto prot. n. […] dell’[…]2008, e che non era stato posto in essere alcun allargamento della sede stradale, ha rilevato, al contrario, che con l’autorizzazione dell’[…]2008 l’Amministrazione comunale non aveva assentito un allargamento della strada ma aveva, invece, preannunciato un intervento sanzionatorio nel caso di ampliamento della stessa. Nella sentenza si osserva inoltre che l’ampliamento del sedime stradale con conseguente occupazione di suolo altrui, con particolare riferimento a porzioni della proprietà della controinteressata società […], è dimostrato dalle relazioni tecniche a firma del geom. […], oltre che dalla CTU disposta nel giudizio civile tra la società […] e il signor […], innanzi al Tribunale di […], relazione peritale dalla quale è emerso un ampliamento della strada, di larghezza variabile da ml. 0,05 a ml 1,15 e di lunghezza variabile da ml. 11,70 a ml. 30,70 (il giudizio civile si è concluso in primo grado nel 2010 con sentenza di condanna del […] a ripristinare, a propria cura e spese, lo stato originale della strada vicinale come ricostruito dal geom. […] nella CTU del […]2009. Pende tuttora l’appello dinanzi alla Corte d’appello di Genova).

Nella decisione impugnata il giudice amministrativo di primo grado soggiunge che il ricorrente ha ammesso di avere realizzato in modo abusivo una piazzola di circa un mq per consentire un miglior transito (e comunque la costruzione abusiva della piazzola si ricava anche dalla relazione del CTU nel giudizio civile).

Nel rilevare che il ricorrente non ha dimostrato in alcun modo l’insussistenza del contestato allargamento, la sentenza conclude sul punto evidenziando come in modo pienamente legittimo il Comune abbia sanzionato la realizzazione dell’opera abusiva che, per di più, ha comportato una occupazione di suolo altrui (e la possibilità che i privati controvertano tra loro sulla occupazione di una porzione di suolo non fa venire meno la natura abusiva dell’opera).

Strettamente connesso al primo è il secondo motivo del ricorso in primo grado, anch’esso giudicato infondato e respinto con la sentenza appellata, con il quale il signor […] aveva dedotto l’illegittimità dell’azione amministrativa poiché lo stesso Comune, con una nota interna del 26 marzo 2009, avrebbe affermato l’impossibilità di determinare con certezza l’ampiezza della strada vicinale e, quindi, ad avviso del ricorrente, di affermare con sufficiente certezza l’avvenuta effettiva realizzazione di un allargamento della stessa e la commissione di una violazione edilizia.

Su quest’ultimo punto la sentenza di primo grado osserva che le risultanze dell’istruttoria disposta nel giudizio civile innanzi al Tribunale di […] hanno dimostrato l’infondatezza della tesi del ricorrente, il quale si limita “a supporre una inesistente mancanza di accuratezza nella misurazione da parte degli uffici comunali”.

Con il primo motivo di appello la sentenza di primo grado viene criticata nella parte in cui ha respinto i motivi sopra riassunti.

Si sostiene anzitutto che l’Amministrazione comunale, con un atto del 3 giugno 2009, avrebbe affermato l’oggettiva incapacità di predeterminare la reale ampiezza della strada vicinale: da ciò conseguirebbe, nella ricostruzione prospettata dall’appellante, l’impossibilità di affermare con sufficiente certezza la sussistenza della violazione urbanistico –edilizia contestata, consistente proprio nell’allargamento della sede stradale.

E’ il Comune stesso a fare riferimento a misurazioni da intendersi “con una certa approssimazione”. Le dimensioni preesistenti della strada vicinale sarebbero indeterminate e indeterminabili (genericamente stabilite tra un massimo di m. 2,50 e un minimo di m. 1,40).

Osserva ulteriormente l’appellante che l’intervento sarebbe consistito unicamente nel rinnovamento e nella sostituzione di parti del muretto di sostegno posto a monte, esistente da decenni a lato del percorso, e nella risistemazione dello sconnesso e danneggiato sedime stradale pedonale, intervento, questo, assentito in modo esplicito dallo stesso Comune.

L’appellante aggiunge che la fondatezza delle considerazioni su esposte, che avvalorano il difetto di istruttoria che ha contrassegnato il procedimento amministrativo sfociato nell’adozione del provvedimento contestato, trova conferma nella sentenza del Tribunale penale di Genova n. 1935 del 7.4.2014, successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata, con la quale il […] è stato assolto, perché il fatto non sussiste, dai reati paesaggistici ed edilizi allo stesso ascritti (art. 181 del d. lgs. n. 42 del 2004 e art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001). Dalla sentenza penale di assoluzione del 2014 si ricava che il signor […] si è limitato a “rimodernare” la strada e i muretti effettuando una mera manutenzione dell’esistente.

Il motivo è infondato e va respinto.

Ritiene il Collegio che in maniera corretta la sentenza di primo grado abbia rilevato che dall’atto comunale del […]2008 non era dato riscontrare alcuna autorizzazione alla esecuzione di un intervento di ampliamento della sede stradale vicinale.

Al contrario, risulta assentito soltanto un intervento di manutenzione del sedime stradale, finalizzato alla messa in sicurezza della strada vicinale, con l’espresso avvertimento dell’applicazione delle sanzioni di cui al capo (“recte”: Titolo) V della l. r. n. 16 del 2008 qualora – come poi è avvenuto- “da ulteriori e successivi accertamenti, lo stato della via antecedente ai lavori, nel tratto interessato dagli interventi, (fosse risultato) di minori dimensioni”.

L’autorizzazione risultava pertanto chiaramente circoscritta a un ambito di interventi finalizzati alla messa in sicurezza della strada vicinale, peraltro con particolare riguardo allo stato dei luoghi, posto che –come il Tar non ha mancato di rilevare- l’area ove si sviluppa il tracciato è sottoposta a vincolo paesaggistico per la tutela del Parco Monte di Portofino; da ciò deriva in ogni caso un’interpretazione necessariamente restrittiva della gamma di opere di sistemazione assentibili, tra le quali sicuramente non rientra l’allargamento della sede stradale accertato dall’Amministrazione comunale.

Quanto all’asserita incapacità, o impossibilità, di individuare l’ampiezza effettiva, e le dimensioni preesistenti, della strada vicinale, l’appellante intenderebbe trarre, da un riferimento, contenuto in una nota del Comune, a una certa quale “approssimazione” in talune misurazioni, argomenti per desumere una situazione di incertezza totale –e quindi una carenza di istruttoria nell’azione del Comune- in ordine alla consistenza pregressa della strada vicinale oggetto di accertamento, e una condizione di oggettiva impossibilità, per il Comune, di porre a confronto lo stato precedente dei luoghi con lo stato successivo ai lavori realizzati dal […].

L’affermare, come fa l’Amministrazione, che una strada vicinale e pedonale ha una larghezza variabile, in corrispondenza del primo tratto, da un massimo di mt. 2,50 a un minimo di mt. 1,40, facendo presente che “tali misurazioni sono state rilevate dalla carta tecnica catastale in scala ridotta, pertanto sono da intendersi con una certa approssimazione”, implica soltanto il riconoscimento di un certo margine di tolleranza nella determinazione delle dimensioni della sede stradale, vale a dire un -comprensibile e, appunto, tollerabile- margine di errore provocato dal particolare stato dei luoghi. Ciò tuttavia non ha impedito di accertare in modo attendibile l’avvenuto allargamento della via vicinale (nella misura di circa un metro per un fronte di alcune decine di metri), rispetto all’assetto preesistente; ha solo impedito di individuare con esattezza l’estensione di detto allargamento (anche se, in realtà, la misura dello scostamento alla quale si è appena accennato è da ritenersi venuta meno se si pone attenzione alle accurate risultanze della CTU del […] a firma del geom. […], effettuata nel citato giudizio civile innanzi al Tribunale di […]. La relazione del consulente ha infatti evidenziato l’esistenza di “porzioni del tracciato della Vicinale che, in ampliamento al tracciato originario, hanno sconfinato entro i terreni mappali 212 e 213 di proprietà della […] s.r.l.” ( pag. 19 ), con un’estensione dell’ampliamento variabile da ml 0,05 a ml 1,15 ( pag. 29; conf. sentenza impugnata, pag. 6).

Si è accennato sopra al fatto che l’appellante invoca, a sostegno delle proprie deduzioni, la sentenza penale del Tribunale di Genova n 1935 del 2014 di assoluzione, perché il fatto non sussiste, dai reati di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 e all’art. 181 del d. lgs. n. 42 del 2004.

Tale pronuncia, tuttavia, come bene hanno osservato le parti appellate, non produce effetto nel presente giudizio.

E infatti, l’art. 654 del c.p.p. , nel disciplinare l’efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio amministrativo, e nel delimitare l’estensione degli effetti del giudicato penale, stabilisce sotto il profilo soggettivo che la sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio amministrativo “nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale”. Al riguardo è stato affermato in giurisprudenza che “l’art. 654 cod. proc. pen., nel delineare l’efficacia “extra moenia” del giudicato penale prevede, comunque, due limiti fondamentali, uno soggettivo e l’altro oggettivo. Sotto il profilo soggettivo, il giudicato è vincolante solo nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo civile. Non, quindi, nei confronti di altri soggetti che siano rimasti estranei al processo penale, pur essendo in qualche misura collegati alla vicenda penale (ad esempio, il danneggiato che non si sia costituito parte civile, la persona offesa dal reato, il responsabile civile che non sia intervenuto o non si sia costituito)” (v. “ex multis”, Cons. di Stato, sez. VI, n. 3556 del 2015).

Nessuna delle ipotesi indicate dalla disposizione citata sussiste nel caso in esame; non risulta infatti che il Comune di […] o la società […] si siano costituite nel processo penale contro il […]: pertanto, il giudicato penale non può valere nei confronti degli odierni appellati.

6.2.Sulla qualificazione delle opere realizzate dall’appellante (secondo motivo di appello).

A questo proposito la sentenza, nel respingere il terzo motivo del ricorso in primo grado, col quale il ricorrente aveva sostenuto che l’intervento eseguito doveva farsi rientrare tra gli interventi di manutenzione straordinaria e, in quanto tale, non andava assoggettato al rilascio di permesso di costruire, dal che la inapplicabilità della sanzione ripristinatoria, ha statuito che l’intervento ha natura di nuova costruzione in quanto è consistito nella realizzazione, in zona vincolata, di una strada differente da quella preesistente per tracciato, larghezza e presenza di una piazzola prima inesistente, sicché l’intervento avrebbe richiesto il rilascio di un permesso di costruire, essendosi concretizzato in una trasformazione edilizia del territorio, e dell’autorizzazione paesistica.

Sul punto, con il secondo motivo dell’atto di appello viene ribadita la qualificazione dell’intervento, caratterizzato, si sostiene, dal semplice rifacimento del manto stradale dissestato (o dal “semplice ripristino delle condizioni di funzionalità della stradina”) e dal rifacimento di tratti di muro di contenimento a monte, entrambi conformi all’autorizzazione comunale dell’[…]2008, come intervento di manutenzione straordinaria, sottoposto a previa comunicazione, neppure a denuncia di inizio di attività, in mancanza della quale avrebbe dovuto trovare applicazione una sanzione amministrativa pecuniaria e non la sanzione ripristinatoria in concreto irrogata, prevista unicamente per interventi soggetti al rilascio preventivo del permesso di costruire.

Il motivo è infondato e va respinto.

Quanto realizzato dal signor […] non presenta le caratteristiche di un’attività di manutenzione straordinaria, ma si connota quale intervento che ha comportato una trasformazione edilizio-urbanistica, cosicché si ricade in una fattispecie assoggettata a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 380 del 2001. Gli interventi contestati al […] riguardano infatti l’allargamento della strada vicinale […], con un margine di ampliamento, come detto, da ml 0,05 a ml 1,15 ml, per un fronte di alcune decine di metri, la realizzazione di una piazzola prima inesistente delle dimensioni di ml 1,53 x ml 1,03, e la demolizione di un preesistente muro di contenimento con la costruzione di uno nuovo, con uno sconfinamento peraltro nella limitrofa proprietà della […] s.r.l. (come risulta dalla CTU assunta nel giudizio civile).

Tali opere, come appare evidente, si differenziano notevolmente da quanto può considerarsi un intervento di messa in sicurezza, unico intervento effettivamente autorizzato dal Comune; né si vede come possa ritenersi che un tale ampliamento non assentito di una strada vicinale preesistente in una zona soggetta a vincolo paesaggistico possa qualificarsi come una “sistemazione di spazi aperti” con finalità di messa in sicurezza.

La portata di trasformazione edilizio-urbanistica in zona vincolata che contraddistingue l’intervento complessivamente posto in essere dal […] comporta, come si è rilevato, che sarebbe stato necessario acquisire tanto il permesso di costruire quanto l’autorizzazione paesaggistica: da ciò, la legittimità della scelta sanzionatoria compiuta dall’Amministrazione comunale.

6.3. Sulla contraddittorietà del provvedimento del […]2009 rispetto al provvedimento dell’[…]2008 (terzo motivo di appello).

Al riguardo la sentenza ha giudicato infondato anche il quarto motivo del ricorso di primo grado, con il quale era stata dedotta l’illegittimità del comportamento del Comune che –a detta del ricorrente- aveva sanzionato un intervento in precedenza autorizzato.

Nel rigettare la censura il giudice di primo grado ha rilevato che dall’autorizzazione datata […]2008 e dagli atti ulteriori emerge che l’Amministrazione comunale “non ha mai inteso autorizzare un allargamento della strada”, intendendo invece sanzionare eventuali interventi a ciò finalizzati, e difatti “ha sanzionato tale allargamento”.

Ciò premesso, con il terzo motivo l’appellante contesta la statuizione della sentenza impugnata ribadendo che l’intervento –lievissimo- di manutenzione finalizzato alla risistemazione e alla messa in sicurezza della via vicinale sarebbe stato autorizzato in modo esplicito dal Comune, “assentendo l’esecuzione di quelle opere esclusivamente e strettamente necessarie per mettere, anche per motivi di sicurezza, il transito sulla via”: di qui, l’insanabile incompatibilità tra le finalità indicate dall’Amministrazione nel corso del procedimento e la sanzione applicata.

Anche il terzo motivo di appello è infondato e dev’essere rigettato.

Ritiene il Collegio che non vi sia alcuna contraddittorietà nell’agire dell’Amministrazione la quale, come già rilevato, dapprima, con l’atto di autorizzazione dell’[…]2008, aveva fatto riferimento con chiarezza a lavori finalizzati in via esclusiva alla messa in sicurezza del percorso, anche nel rispetto delle caratteristiche dell’area, anticipando l’applicazione di sanzioni ove, da accertamenti successivi, lo stato della via antecedente ai lavori, nel tratto interessato dagli interventi, fosse risultato di minori dimensioni; e in seguito, una volta verificato l’ampliamento abusivo della sede stradale, ha ordinato il ripristino della via vicinale nelle dimensioni preesistenti.

Pare evidente infatti che l’allargamento della sede stradale, la realizzazione di una piazzola, la demolizione e la ricostruzione del muretto di contenimento non possono essere considerati lavori di sola messa in sicurezza della via vicinale e risultano pertanto estranei ed eccedenti rispetto a quelli assentiti dal Comune: e dunque abusivi e da sanzionare.

Dagli atti si ricava che l’appellante, giova ripeterlo, non ha posto in essere un’attività di mera risistemazione dell’area, ma ha apportato una trasformazione dei luoghi incidendo sulle dimensioni della strada vicinale, ampliandola a discapito della proprietà limitrofa.

Luoghi che sono parte dell’area vincolata del Parco Monte di Portofino, sicché l’intervento posto in essere dall’appellante avrebbe richiesto anche l’autorizzazione paesaggistica ai sensi del d. lgs. n. 42 del 2004.

La corretta individuazione –e delimitazione- della portata dell’intervento autorizzativo del luglio del 2008 consente di respingere la censura di illegittimità del provvedimento di ripristino per contraddittorietà rispetto al precedente atto di assenso, avendo il Comune sanzionato interventi di trasformazione della sede stradale diversi rispetto a quelli di mera messa in sicurezza dallo stesso ente in precedenza assentiti.

6.4.Sul difetto di motivazione dell’ingiunzione di ripristino (quarto motivo di appello).

Al riguardo, la sentenza impugnata ha ritenuto infondato l’ultimo motivo del ricorso al Tar, con il quale il ricorrente aveva dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato a causa della mancata indicazione delle ragioni di interesse pubblico che, a detta del ricorrente, avrebbero dovuto giustificare l’adozione dell’ingiunzione di ripristino.

Sul punto, la sentenza ha osservato che “in presenza di opere abusive realizzate in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica l’Amministrazione non è tenuta ad esplicitare alcuna motivazione in ordine all’interesse pubblico che potrebbe sorreggere il provvedimento sanzionatorio”.

L’appellante sostiene invece che non basta limitarsi a richiamare l’orientamento giurisprudenziale che afferma la non necessità della motivazione sull’interesse pubblico nell’ordine di demolizione.

Tale giurisprudenza non trova applicazione nella fattispecie in esame, le cui peculiarità dovevano essere prese in considerazione dal giudice di primo grado.

Nella specie, andava fornita una motivazione idonea in ordine all’interesse pubblico, anche alla luce della precedente autorizzazione dell’[…]2008, anche al fine di valutare la possibilità di adottare soluzioni alternative.

Anche il quarto motivo è infondato e va disatteso.

E’ orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa, qui condiviso, quello per cui la motivazione dell’ingiunzione di demolizione non richiede una specifica motivazione in ordine all’interesse pubblico sotteso all’intervento sanzionatorio, dato che quest’ultimo trova la sua giustificazione alla luce dell’interesse alla corretta gestione del territorio, interesse leso dalla trasformazione abusiva del territorio: “dall’accertamento dell’abuso scaturisce con carattere vincolato l’ordine di demolizione, che per tale sua natura non esige né una speciale motivazione sull’interesse pubblico (che è in “re ipsa”) né la comparazione con quello del privato” (v. , “ex multis”, Cons. di Stato, sez. VI, n. 4447 del 2016).

L’ordinanza n. [..] del 2009 risulta peraltro adeguatamente motivata con riferimento al carattere abusivo degli interventi sanzionati, anche in considerazione del vincolo sussistente sull’area di riferimento.

In conclusione, la sentenza impugnata è sintetica, completa, ineccepibile. E va confermata […]