Consiglio di Stato, Sez. Sesta, Sentenza n. 4102 del 2011, dep. il 08/07/2011

[…]

FATTO e DIRITTO

1. Con ordinanza n. […]/UOA/CA 913/94 del Sindaco del Comune di […], notificata l’8 giugno 1994, era stata disposta la demolizione delle seguenti opere abusive costruite su area di proprietà demaniale e facenti parte del […] gestito dalla società […] s.r.l.:
(a) di un manufatto (veranda) dalle dimensioni di m 11,40 x m 5,50 x m 3,50, addossato alla muratura perimetrale del fabbricato per un lato e per la restante parte chiuso con alluminio e vetro;
(b) di una tettoia di m 12,40 x m 4,50 x m 3,50 antistante il locale;
(c) di altra tettoia in prosecuzione, di m 22,00 x m 2,80 x m 3,20;
(d) della pavimentazione di un’area di proprietà comunale per una superficie di m 40,00 x m 5,00 ca.;
(e) di altra tettoia di m 11,40 x m 5,50 x m 3,50, sovrastante il manufatto sub (a);
(f) di una canna fumaria di m 3.
2. Tale ordinanza veniva impugnata da […], in proprio e quale legale rappresentante della società […] s.r.l., dinnanzi al T.A.R. per la Campania, il quale, definitivamente pronunciando sul ricorso (iscritto sub n. 7183 del 1994), provvedeva come segue:
(i) respingeva l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla resistente Amministrazione comunale sotto il profilo della mancata tempestiva impugnazione autonoma del verbale di sopralluogo del 21 marzo 1994, sul rilievo che si trattava di mera constatazione della consistenza delle opere, di natura endoprocedimentale e privo di lesività;
(ii) respingeva l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal resistente Comune sotto il profilo dell’omessa notifica del ricorso introduttivo al Ministero per i beni ambientali e al Consorzio autonomo del porto di […] che avevano concorso alla formazione del menzionato verbale di sopralluogo, rilevando che la gravata ordinanza di demolizione era stata adottata dal Sindaco nell’esercizio dei propri poteri di vigilanza in materia urbanistica ed edilizia ex art. 4 l. n. 28 febbraio 1985, n. 47;
(iii) accoglieva l’eccezione di parziale improcedibilità del ricorso, pure sollevata dall’Amministrazione resistente, per la mancata impugnazione autonoma della determinazione dirigenziale n. […] del 4 aprile 2003, la quale recava nuovo ordine di demolizione di una tettoia costruita in sostituzione di quella precedente dalle dimensioni di m 22 x m 2,80 x m 3,20 – costituente uno dei manufatti oggetto della qui gravata ordinanza sindacale, segnatamente la tettoia descritta sopra sub 1.(c) –, e della quale il ricorrente, secondo l’assunto del T.A.R., doveva ritenersi venuto a conoscenza al più tardi con la produzione del documento in giudizio, in data 10 novembre 2004, con conseguente irrilevanza della nullità della relativa notifica ex art. 140 c.p.c., eccepita dal ricorrente;
(iv) nel merito, ravvisava la legittimità dell’ordine di demolizione emesso ai sensi dell’art. 14, comma 1, l 28 febbraio 1985, n. 47, rilevava che il ricorrente non avesse fornito la prova che le opere in questione risalissero a epoca in cui non sussisteva l’obbligo di titolo edilizio (ossia, a epoca anteriore al 1942), affermava l’irrilevanza, sotto il profilo urbanistico, della sussistenza di un titolo concessorio per l’occupazione di suolo pubblico, nonché la natura di atto vincolato dell’ordine di demolizione e l’eccezionalità, nel caso di specie esclusa, della prevalenza dell’interesse privato al mantenimento dell’opera su quello pubblico all’ordinato sviluppo urbanistico del territorio, assunta dal ricorrente, ed escludeva la dedotta violazione degli artt. 7 e 12, comma 2, l. 28 febbraio 1985, n. 47, conseguentemente respingendo il ricorso nel merito (per la parte non colpita dalla pronuncia d’improcedibilità);
(v) dichiarava le spese di causa interamente compensate fra le parti.
3. Avverso tale sentenza interponeva appello il ricorrente soccombente (nella qualità ut supra), deducendo i seguenti motivi (come testualmente rubricati):
a) “error in iudicando: procedibilità del gravame proposto in primo grado, non riconosciuta per evidente travisamento dei fatti ed erronea interpretazione in merito al contenuto della sopravvenuta disposizione dirigenziale n. […]/2003”;
b) “error in iudicando: mancata applicazione del principio del tempus regit actum e fraintendimento della nozione consolidata di “fatto notorio”. Violazione e falsa applicazione dell’art. 31, comma 1, della Legge n. 1150/1942”;
c) “error in iudicando: pretermissione dell’evidente difetto di istruttoria caratterizzante l’ordinanza di demolizione in relazione, in particolare, all’omessa valutazione dell’interesse pubblico a disporre la demolizione, a fronte del lunghissimo periodo di tempo trascorso e del consolidamento della posizione soggettiva del ricorrente determinato dal comportamento acquiescente dell’Amministrazione”;
d) “error in iudicando: violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 12 della legge n. 47/1985”.
L’appellante chiedeva dunque, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso in primo grado.
4. Costituendosi, l’appellato Comune di […] contestava la fondatezza dell’appello, chiedendone il rigetto.
5. Con atto depositato il 20 aprile 2011, la difesa dell’appellante chiedeva il rinvio dell’udienza di discussione, adducendo a motivazione “la necessità e l’opportunità del deposito di ulteriore documentazione”.
All’udienza pubblica del 10 maggio 2011, disattesa l’istanza di rinvio, la causa veniva trattenuta in decisione.
5. Premesso che, a fronte della mancata proposizione di appello incidentale avverso le statuizioni sub 2.(i) e 2.(ii), di espresso rigetto delle eccezioni d’inammissibilità sollevate dall’Amministrazione resistente, ogni relativa questione esula dal devolutum in quanto ormai preclusa dal giudicato endoprocessuale formatosi sulle statuizioni medesime, si osserva nel merito che l’appello è infondato e deve essere respinto.
5.1. Privo di pregio è il primo motivo d’appello, di cui sopra sub 3.a).
In linea di fatto, si osserva che dalla documentazione versata in giudizio risulta che col provvedimento dirigenziale n. 1089 del 4 aprile 2003 è stata disposta la demolizione della tettoia delle dimensioni di m 22,00 (lunghezza) x m 3,80 (larghezza copertura) x m 3,20 (altezza), costruita nel 2000 in sostituzione della tettoia descritta sopra sub 1.(c) – rimasta distrutta per effetto di una tempesta –, già colpita dall’ordine di demolizione contenuto nel gravato provvedimento sindacale.
Come correttamente rilevato dai primi giudici, il provvedimento dirigenziale non risulta essere stato impugnato, sebbene fosse stato prodotto in giudizio in data 10 novembre 2004, sicché doveva ritenersi venuto a conoscenza del ricorrente al più tardi alla data predetta, con conseguente irrilevanza della questione di nullità della notifica del provvedimento medesimo (eseguita il 28 aprile 2003 nelle forme di cui all’art. 140 c.p.c., ma – secondo l’assunto del ricorrente – in violazione della relativa disciplina).
I primi giudici hanno dunque a ragione dichiarato improcedibile il ricorso nella parte riguardante il manufatto in questione, dovendosi la gravata ordinanza sindacale ritenere sostituita in parte qua dalla successiva ordinanza dirigenziale, emanata ex novo con riguardo a manufatto costruito in sostituzione di quello precedente.

L’odierno impugnante, col motivo in esame, per un verso ripropone la questione di nullità della notificazione dell’ordinanza dirigenziale, che tuttavia, per i motivi sopra esposti, è irrilevante ai fini decisori.
Per altro verso, assume la natura meramente consequenziale del provvedimento dirigenziale, negando l’onere di separata impugnazione, e deduce il vizio di un correlativo travisamento in fatto per essere l’opera rimasta invariata. Tale assunto è, tuttavia, smentito dalle risultanze del verbale di sopralluogo della polizia municipale del 7 agosto 2000 posto a base del provvedimento dirigenziale, da cui emerge la sostituzione della vecchia struttura con una nuova dalle dimensioni sopra precisate. Si aggiunga che la sostituzione di un manufatto abusivo con un altro – a prescindere da ogni questione relativa all’identità o meno delle relative superfici e volumetrie – integra a sua volta autonomo illecito edilizio che nella specie ha dato origine a una nuova vicenda procedimentale sfociata nel provvedimento dirigenziale, il quale pertanto doveva essere investito da autonoma impugnativa (in ipotesi, anche con ricorso per motivi aggiunti), a pena d’improcedibilità del ricorso proposto avverso il provvedimento sindacale.
5.2. Destituito di fondamento è, altresì, il secondo motivo d’appello, di cui sopra sub 3.b).
Alla luce della documentazione acquisita al giudizio deve confermarsi la valutazione dei primi giudici in ordine alla carenza di prova della preesistenza delle opere oggetto dell’ordinanza sindacale rispetto all’entrata in vigore della l. 17 agosto 1942, n. 1150, il cui art. 31, comma 1, già prevedeva l’obbligo di richiedere la licenza edilizia per le opere edilizie nei centri abitati (quale il […]) e, ove esisteva il piano regolatore comunale, anche nelle zone di espansione.
Infatti, dalla documentazione fotografica, in parte priva di riferimenti cronologici, non è dato evincere che le opere oggetto dell’ordinanza di demolizione preesistessero all’anno 1942, mentre i provvedimenti concessori dell’occupazione di aree demaniali rilasciati dall’Ente autonomo del porto di […] sono tutti ampiamente successivi all’anno 1942 (il primo è datato al 30 marzo 1954), né comunque vi risulta la coincidenza delle aree oggetto della concessione con le superfici occupate dalle opere colpite dall’ordine di demolizione.
Inconferente è, al riguardo, la tesi difensiva dell’appellante, secondo cui solo con la l. 6 agosto 1967, n. 675, sarebbe stato introdotto il terzo comma dell’art. 31 l. n. 1150/1942, secondo il quale “per le opere da costruirsi da privati su aree demaniali deve essere richiesta sempre la licenza del sindaco”, mentre in precedenza sarebbe stato sufficiente il provvedimento concessorio dell’occupazione dell’area demaniale, attesa la sopra rilevata carenza di prova dell’esatta epoca di costruzione delle opere de quibus e considerata l’evidenziata divergenza tra le aree oggetto dei decreti concessori e le superfici occupate dalle opere non sorrette da titoli edilizi.
Né è invocabile il fatto notorio ex art. 115, comma 2, c.p.c., che rappresenta una deroga al principio dispositivo e alla garanzia del contraddittorio, poiché introduce nel processo prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati né controllati, sicché va adottata una nozione rigorosa di fatto notorio che lo qualifichi quale fatto acquisito alla conoscenza della collettività (anche del solo luogo ove esso è invocato) con tale grado di certezza da apparire indubitabile e incontestabile (v. sul punto, ex plurimis, Cass. Civ. 31 maggio 2010, n. 13234; Cass. Civ. 28 febbraio 2008, n. 5232). Nel caso di specie – come puntualmente posto in rilievo nell’impugnata sentenza –, può tutt’al più ritenersi provata per fatto notorio la vetustà dell’esercizio in loco del […], giammai (a fronte dell’equivocità e inconcludenza delle prove documentali sul punto versate in giudizio) l’esatta epoca di costruzione delle singole opere quali specificate, per caratteristiche e dimensioni, nell’ordinanza di demolizione.
Nel presente contesto motivazionale s’impone, da ultimo, il rilievo dell’infondatezza dell’istanza di rinvio dell’udienza di discussione in appello, formulata dall’appellante con atto depositato il 20 aprile 2011 in funzione di ulteriori produzioni documentali, ostandovi il divieto dello ius novorum in appello, sancito dall’art. 104, comma 2, cod. proc. amm., nonché l’assoluta genericità delle preannunciate produzioni documentali, che impedisce qualsiasi valutazione sull’indispensabilità dei nuovi documenti ai fini decisori e/o sull’impossibilità per la parte di produrli in primo grado.
5.3. In reiezione del terzo motivo d’appello sub 3.(iii) è sufficiente rilevare che si è in presenza di atto vincolato di repressione di illecito edilizio, il quale non abbisogna di particolare motivazione, e che, in considerazione della particolare consistenza degli interventi abusivi – sia sotto il profilo quantitativo, sia sotto il profilo qualitativo (trovandosi le stesse all’interno del […], in una zona di elevato valore storico, architettonico e paesistico della città di […], con conseguente rilevante incidenza sull’assetto della zona) –, deve escludersi la configurabilità di una situazione di consolidamento della posizione del privato per decorso del tempo e inerzia dell’amministrazione.
5.4. Infondato è, infine, anche il quarto motivo d’appello sub 3.(iv), in quanto:
– per consolidato orientamento di questo Consiglio, l’assegnazione di un termine inferiore a novanta giorni per l’ottemperanza all’ordine di demolizione (nella specie, è stato assegnato il termine di dieci giorni) è inidoneo a determinarne l’illegittimità, risolvendosi in una violazione meramente formale, non lesiva per l’interessato, il quale conserva comunque un termine non inferiore a quello di legge per ottemperare all’ingiunzione (v., ex plurimis, C.d.S., Sez. V, 24 febbraio 2003, n. 986; C.d.S., Sez. V, 3 febbraio 2000, n. 597);
– nell’impugnata sentenza correttamente è stata esclusa l’applicabilità dell’art. 12, comma 2, l. 28 febbraio 1985, n. 47 (che prevede l’applicazione della sola sanzione pecuniaria, se la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità), trattandosi di opere eseguite in assenza di concessione edilizia e non in mera difformità, e non avendo l’odierno appellante provato gli elementi di fatto in ipotesi giustificativi dell’applicabilità della sola sanzione pecuniaria.
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