Consiglio di Stato, Sez. Sesta, Sentenza n. 4479 del 2018, pubbl. il 23/07/2018

[…]

FATTO e DIRITTO

1 – […] è proprietaria di un immobile sito in […].

2 – A seguito di un sopralluogo effettuato il […]1985, il Comune ha notificato alla stessa un ordine di demolizione, concernente un box prefabbricato in lamiera.

3 – L’appellante, in data 3 novembre 1986, ha presentato una istanza di condono ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47, includendo nell’oggetto della sanatoria speciale non solo il citato box, ma anche una serie di altri interventi edilizi realizzati sine titulo nel corso degli anni.

4 – In data 14 novembre 1988, il Comune […] le ha notificato il diniego di sanatoria relativo alla realizzazione del box, affermando che la dichiarazione sostituiva dell’atto di notorietà sarebbe stata infedele riguardo alla data di realizzazione del manufatto, in quanto nel verbale del sopralluogo del 22 luglio 1985 sarebbe stata riportata una dichiarazione della stessa […] e del marito per cui il box sarebbe stato edificato tra il mese di settembre ed il mese di novembre del 1984.

5 – Il Comune, assieme al diniego di sanatoria, ha notificato anche l’atto di acquisizione al proprio patrimonio del box e di 180 mq di terreno, motivando il provvedimento in base al fatto che non vi era stata ottemperanza all’ordinanza di demolizione del manufatto

6 – […] ha impugnato innanzi al T.A.R. per la Liguria entrambi i provvedimenti, estendendo esplicitamente l’impugnazione al verbale di sopralluogo ed all’ordine di demolizione; nel medesimo ricorso ha chiesto anche la cancellazione della trascrizione dell’atto di acquisizione eseguita in data 2 dicembre 1988.

7 – Con la sentenza n. 1690 del 2011, il T.A.R. per la Liguria ha giudicato inammissibile il ricorso nella parte rivolta contro il provvedimento di acquisizione dei beni ed ha respinto il ricorso nella parte rivolta contro il diniego di sanatoria.

8 – Con il primo motivo di appello si deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso relativamente all’atto di acquisizione.

Il T.A.R. ha affermato l’inammissibilità del ricorso in base all’orientamento giurisprudenziale per cui l’accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e l’acquisizione al patrimonio, essendo atti consequenziali rispetto alla demolizione, non sono autonomamente impugnabili qualora non sia stata impugnata la demolizione stessa.

8.1 – Secondo l’appellante tale principio non potrebbe trovare applicazione, poiché la stessa ha in realtà impugnato l’ordine di demolizione, unitamente al diniego di sanatoria. A tal fine, ella riporta il contenuto del ricorso di primo grado, nella parte in cui ha espressamente esteso l’impugnazione “agli atti consequenziali, preliminari e connessi con quelli notificati il 14/11/1988 e cioè alla relazione dell’Ufficio Tecnico comunale in data 22/07/1985, prot. n. […] (mai notificata), e all’ordinanza di demolizione n. […]85 del […]1985, in quanto emessa in forza di tale relazione”.

9 – Il motivo di impugnazione è infondato.

Infatti, era onere dell’appellante impugnare tempestivamente l’ordinanza di demolizione, in quanto atto immediatamente lesivo, senza attendere il successivo provvedimento di acquisizione, che non è che una delle conseguenze necessitate a fronte dell’inadempimento all’ordine di ripristino.

In altre parole, l’impugnazione dell’ordine di demolizione non può essere rinviata al momento dell’adozione degli atti successivi, emessi dopo l’accertamento della mancata esecuzione di tale ordine, come l’atto di acquisizione gratuita.

Nel caso in esame, è pacifico che l’ordinanza di demolizione non è stata impugnata entro il termine di legge per proporre ricorso, sicché è irrilevante la sua impugnazione – tardiva e dunque irricevibile – unitamente all’atto di acquisizione.

Ne consegue che, a fronte del consolidarsi dell’effetto dell’ordinanza di demolizione, divenuta inoppugnabile, il provvedimento di acquisizione gratuita può essere impugnato per i vizi propri e non per ragioni legate alla natura abusiva delle opere.

E’ quindi corretto il riferimento contenuto nella sentenza impugnata alla giurisprudenza secondo cui “il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e quello successivo di acquisizione gratuita delle opere abusive e dell’area di sedime debbono considerarsi consequenziali, connessi e conseguenti all’ordine di demolizione delle opere e ripristino dello stato primitivo dei luoghi, con la conseguenza che non sono autonomamente impugnabili, in mancanza di impugnazione dell’atto con cui si ingiunge la demolizione o di irricevibilità dell’impugnazione tardivamente proposta avverso tale atto” (Cons. St., Sez. V, 10 gennaio 2007, n. 40).

9 – Con una seconda censura, l’appellante contesta la sentenza impugnata anche nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il ricorso poiché avrebbe ignorato che nella sequenza procedimentale tra l’ordine di demolizione e l’acquisizione al patrimonio del Comune si è inserito un procedimento autonomo di sanatoria, terminato con un diniego, al termine del quale l’Amministrazione avrebbe dovuto comunquerinnovare il procedimento, ordinando nuovamente la demolizione del manufatto.

A tal fine cita la giurisprudenza in base alla quale “il riesame dell’abusività dell’opera provocato dall’istanza di sanatoria determina la necessaria formazione di un nuovo provvedimento (…), che vale comunque a rendere inefficace il provvedimento sanzionatorio in precedenza emanato; in tal caso, infatti, l’Amministrazione dovrà emanare un nuovo provvedimento sanzionatorio, disponendo nuovamente la demolizione dell’opera edilizia ritenuta abusiva, con l’assegnazione di un nuovo termine per adempiere” (Cons. St., Sez. IV, 3 dicembre 2010, n. 8502; cfr. Cons. St., Sez. VI, 12 novembre 2008, n. 5646).

9.1 – La censura è infondata.

Per la giurisprudenza condivisa dal Collegio, la presentazione di una istanza di sanatoria non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso.

Per i principi di legalità e di tipicità del provvedimento amministrativo e dei suoi effetti, soltanto nei casi previsti dalla legge una successiva iniziativa procedimentale del destinatario dell’atto può essere idonea a determinare ipso iure la cessazione della sua efficacia.

In materia edilizia, la legge n. 47 del 1985 (per come richiamata dalle successive leggi sul condono del 1994 e del 2003) ha previsto che la presentazione della domanda di condono – nei casi ivi previsti ed in presenza dei relativi presupposti – ha determinato la cessazione degli effetti dei precedenti atti sanzionatori.

Non vi è dunque una automatica necessità per l’amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione.

La domanda di accertamento di conformità determina un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, ma tale inefficacia opera in termini di mera sospensione. In caso di rigetto dell’istanza di sanatoria, l’ordine di demolizione riacquista la sua efficacia (Cfr. Cons. St. 4228/18, Cons. St. 2681/2017, Cons. St. 1565/2017, Cons. St. 1393/2016, Cons. St. 466/2015, Cons. St. 2307/2014; Cons. St., 1909/2013).

10 – Alla luce delle considerazioni che precedono deve essere rigettato anche il motivo di appello con il quale si contesta la sussistenza dei presupposti per procedere all’acquisizione dell’area contestualmente al rigetto della domanda di sanatoria.

L’acquisizione gratuita costituisce un’autonoma sanzione (cfr. Corte Cost. n. 82 del 1991 e n. 345 del 1991) che segue l’inottemperanza all’ingiunzione a demolire.

In altre parole, l’acquisizione gratuita rappresenta una sanzione autonoma, avente come presupposto un illecito diverso dall’abuso edilizio, che consiste nella mancata ottemperanza all’ordine di demolizione in precedenza emesso dall’amministrazione.

Presupposto essenziale affinché possa configurarsi l’acquisizione gratuita è la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione dell’immobile abusivo entro il termine di novanta giorni fissato dalla legge.

Ai fini del presente giudizio, va rilevato che l’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce l’effetto automatico della mancata ottemperanza all’ingiunzione a demolire. In coerenza con tale assunto, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, il provvedimento di acquisizione presenta una natura meramente dichiarativa, non implicando alcuna valutazione discrezionale (cfr. Cons. St., sez. IV, 7 luglio 2014, n. 3415).

10.1 – Tanto premesso, nel caso di specie, l’istanza di sanatoria è stata presentata quando erano già decorsi i novanta giorni dalla notifica dell’ordinanza di demolizione.

Ne consegue che, correttamente, in considerazione del rigetto della domanda di sanatoria si è proceduto anche a constatare la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione, il cui effetto automatico, già prodottosi una volta decorsi novanta giorni dalla notifica dell’ordinanza di demolizione, come già ricordato, è stata l’acquisizione al patrimonio dell’ente.

11 – Con un secondo ordine di censure, l’appellante contesta la sentenza del T.A.R. nella parte in cui ha respinto i vizi propri dell’atto di acquisizione.

A tal fine ella rileva che nel ricorso di primo grado ha dedotto: a) l’incompletezza e l’inesattezza della planimetria allegata al citato atto; b) il fatto che il Comune non abbia provveduto al frazionamento dell’area; e) la circostanza che l’Amministrazione non abbia seguito il principio generale per cui l’Amministrazione, nell’acquisire parte di un bene, è obbligata a perseguire il minor danno possibile per il cittadino.

Come già affermato dal T.A.R., trattasi di doglianze generiche che non sono idonee a mettere in discussione la legittimità del provvedimento, dal quale, viceversa si evince chiaramente l’area oggetto di acquisizione e le dimensioni della stessa, rispettose dei parametri di legge, peraltro neppure contestati dalla ricorrente.

L’eventuale mancato frazionamento dell’area è questione che non attiene alla legittimità del provvedimento, che individua correttamente l’area oggetto di apprensione, ben potendo procedersi a tale incombente anche in seguito.

Quanto al prospettato danno arrecato al privato, non può che rimandarsi alle considerazioni già svolte con le quali si è evidenziata la natura automatica e necessitata dell’acquisizione, che non dipende da alcuna valutazione discrezionale dell’amministrazione.

12 – Con un ulteriore motivo di appello si deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha respinto le censure afferenti al diniego di sanatoria.

Il T.A.R., a questo riguardo, ha rilevato che la dichiarazione sostitutiva di atto notorio prodotta dall’appellante al fine di dimostrare il termine di ultimazione dell’opera abusiva non è sufficiente, a fronte della dichiarazione di segno contrario contenuta nel verbale del 22 luglio 1985.

12.1 – L’appellante contesta tale statuizione, rilevando che l’Amministrazione ha ritenuto degna di fede la dichiarazione sostitutiva di atto notorio prodotta dall’appellante relativamente a tutti gli altri interventi realizzati sine titulo.

Non si comprenderebbe, pertanto, per quale motivo l’amministrazione abbia ritenuto affidabile solo la parte della dichiarazione concernente gli interventi di maggior consistenza, ritenendola invece infedele solo nella parte relativa al box in esame.

13 – La censura è infondata. Invero, il T.A.R. ha fatto corretta applicazione dei principi rilevanti in materia.

Più precisamente, circa il regime dell’onere della prova relativamente all’ultimazione delle opere entro il termine previsto dalla legge per accedere al condono, la giurisprudenza, alla quale si intende aderire, è orientata nel senso che incombe su chi richiede di beneficiare di un condono edilizio l’onere di provare che l’opera è stata realizzata in epoca utile per fruire del beneficio (cfr. Cons. Stato n. 2949 del 2012, Cons. Stato n. 772 del 2010), in quanto, mentre l’amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul condono, colui che lo richiede può, di regola, procurarsi la documentazione da cui si possa desumere che l’abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data prevista (cfr. Cons. Stato n. 4075 del 2013).

In un caso similare a quello oggetto di causa, la giurisprudenza ha ritenuto che – anche in presenza di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ove non si riscontrino elementi dai quali risulti univocamente l’ultimazione dell’edificio entro la data fissata dalla legge, atteso che la detta dichiarazione di notorietà non può assurgere al rango di prova, seppur presuntiva, sull’epoca dell’abuso – non si può ritenere raggiunta la prova circa la data certa di ultimazione dei lavori (cfr. Cons. Stato n. 6548 del 2008).

Circa il fatto che per le altre opere – del tutto benevolmente – sia stata ritenuta sufficiente la sola dichiarazione sostitutiva dell’appellante, ciò di per sé non inficia la legittimità dell’operato dell’amministrazione.

Deve infatti considerarsi che la dichiarazione sostitutiva, come precisato dalla giurisprudenza citata, deve essere vagliata alla luce di altri elementi; e, nel caso di specie, è stata valutata la dichiarazione resa a suo tempo dalla stessa ricorrente, secondo la quale il box sarebbe stato edificato in un epoca diversa (verbale del sopralluogo del 22 luglio 1985).

Tale elemento risulta evidentemente idoneo a screditare la dichiarazione sostitutiva sulla quale l’appellante fonda la propria difesa.

14 – Infine, l’appellante lamenta che il Comune non avrebbe considerato, nell’istruttoria che ha portato al diniego di sanatoria, le conclusioni alle quali è giunto il Giudice penale che ha dichiarato non doversi procedere nei confronti della ricorrente.

Il T.A.R. ha correttamente messo in luce come la pronuncia del giudice penale non esplica alcuna efficacia di giudicato nel presente giudizio.

L’appellante non contesta tale assunto, limitandosi ad argomentare nel senso che, anche in assenza di un giudicato vincolante, l’amministrazione doveva comunque tenere conto delle emergenze del procedimento penale.

14.1 – La censura è infondata. Infatti, non sussiste alcun dovere dell’amministrazione di adeguarsi alle risultanze del procedimento penale, essendo i due ambiti profondamente distanti quanto alle finalità perseguite ed alle regole sull’onere della prova applicabili.

Inoltre, in concreto, dagli atti di tale procedimento non è emerso alcun fatto nuovo, tale da poter desumere con certezza l’epoca di edificazione del box; ne consegue che, correttamente, il Comune, in base ai principi sull’onere della prova applicabili in questa sede ed innanzi ricordati, si è determinato nel senso del rigetto della domanda di condono.

15 – In definitiva, l’appello deve essere rigettato […]