Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 2953 del 2017, pubbl. il 16/06/2017

[…]

FATTO e DIRITTO

1.La presente controversia riguarda l’impugnazione, da parte della […], del diniego del permesso di costruire per il cambio di destinazione d’uso dell’immobile di sua proprietà, sito nell’abitato del Comune […], da “deposito” a “commerciale”, opposto dal Comune medesimo con provvedimento prot. n. […] prot. U.T. n. […] del […]2008.

2. Il Tar per la Puglia, sede di Bari, Sezione II, con la sentenza n. 620 del 19 marzo 2009 ha:

a) respinto il ricorso;

b) condannato […] al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 3000,00 oltre accessori di legge in favore del Comune […];

3. La […] ha impugnato la sentenza censurando il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice di prime cure ed ha espressamente riproposto tutti e tre i motivi di censura spesi nel primo grado del giudizio.

4. Si è costituito il Comune […] chiedendo pronunciarsi l’inammissibilità e/o comunque, l’infondatezza, nel merito, dell’appello, vinte le spese di lite.

5. Il Comune […] ha insistito nelle proprie argomentazioni mediante il deposito della memoria difensiva in data 2 marzo 2017.

6. L’appello è infondato e, pertanto, non merita accoglimento.

7. Col primo motivo […] assume la violazione e la falsa applicazione della Legge regionale n. 33 del 15 novembre 2007 e dell’art. 20 del D.P.R. n. 380/2001; la violazione dei principi generali in materia di pianificazione urbanistica e del procedimento amministrativo, e segnatamente: l’eccesso di potere, il difetto di istruttoria, la carenza di motivazione, il travisamento dei presupposti, la contraddittorietà, la disparità di trattamento, l’efficacia dell’azione amministrativa.

7.1. Sostiene l’appellante, in particolare, l’applicabilità al caso di specie della previsione di cui all’art. 1, comma 2, lett. c) della legge regionale pugliese n. 33/2007, secondo cui “2. Negli edifici destinati in tutto o in parte a residenza e/o ad attività commerciale e terziaria, per i quali negli strumenti urbanistici comunali vigenti non sia espressamente vietato l’intervento di ristrutturazione, è consentito, nei limiti di cui alla presente legge: (…) c) il recupero dei locali seminterrati da destinare a uso residenziale e dei locali seminterrati e interrati da destinare a uso terziario e/o commerciale”.

7.2. L’argomento non ha pregio.

7.3. La Legge regionale della Puglia del 15 novembre 2007, n. 33 (in Gazzetta Ufficiale 19 novembre 2007, n. 164), intitolata “Recupero dei sottotetti, dei porticati, di locali seminterrati e interventi esistenti e di aree pubbliche non autorizzate” nel suo primo articolo chiarisce le finalità e l’oggetto della nuova disciplina, che è quello, appunto, del recupero e del riutilizzo di immobili (sottotetti, porticati e locali seminterrati) con l’obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici.

Tale obiettivo, tuttavia, non è perseguito in modo assoluto, bensì sottoposto dal medesimo legislatore a due condizioni: a) gli edifici interessati devono essere stati legittimamente realizzati alla data del 30 giugno 2016 e b) ricadere in zona territoriale omogenea dello strumento urbanistico generale ed essere serviti dalle urbanizzazioni primarie (art. 3, legge regionale cit.).

7.4. Nel caso di specie, come correttamente motivato dall’amministrazione comunale nel diniego opposto, difetta chiaramente il requisito sub b), primo periodo, ossia il ricadere, l’immobile da adibire a locale commerciale, in zona territoriale omogenea rispetto alla destinazione prevista dallo strumento urbanistico generale. Tale insanabile contrasto con la previsione di piano, in assenza, allo stato, di una variante al medesimo, rende del tutto legittimo il diniego opposto all’istanza di rilascio di permesso di costruire per il cambio di destinazione d’uso, non possedendo, la zona in cui è ubicato il bene (zona agricola Ea2 del vigente programma di fabbricazione) la specifica (ed omogenea) destinazione commerciale.

8. Col secondo motivo […] assume il vizio di incompetenza nell’adozione dell’atto di diniego da parte del tecnico istruttore e responsabile del procedimento in luogo del dirigente e responsabile dell’Edilizia Privata del Comune […].

8.1. Anche il suddetto motivo è infondato.

8.2. A tutto voler concedere, infatti, è salda la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato nel ritenere che “Nel caso di atto amministrativo viziato da incompetenza solo relativa è applicabile l’art. 21-octies, l. 7 agosto 1990, n. 241, per il quale non costituiscono motivo di annullamento i vizi di procedura ove esso, in ragione del suo carattere vincolato, non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato” (Sezione III, sentenza 3 agosto 2015, n. 3791).

Nella fattispecie all’esame ricorre proprio la suddetta evenienza, giacché, per un verso, il provvedimento impugnato è stato adottato da soggetto diverso da quello effettivamente competente ma incardinato nel plesso amministrativo fornito del relativo potere, sicché l’incompetenza è soltanto relativa; per altro verso, invece, il provvedimento dà puntualmente conto delle ragioni di carattere vincolato per le quali l’istanza della ricorrente non avrebbe potuto trovare accoglimento, ovvero l’ubicazione dell’edificio in area agricola (zona Ea2 del vigente P.d.F.), con conseguente impossibilità di collocazione dell’attività commerciale ex art. 54, lett. f) del P.d.F. medesimo.

9. Con il terzo ed ultimo motivo l’interessata assume la violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990 per la omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

9.1. La doglianza è, anch’essa, infondata.

9.2. È pacifico ed incontrastato l’orientamento seguito dalla giurisprudenza amministrativa – cui si aderisce – secondo cui “Nel procedimento amministrativo la mancata comunicazione del preavviso di rigetto non comporta ex se l’illegittimità del provvedimento finale in quanto la norma sancita dall’art. 10 bis, l. 7 agosto 1990 n. 241 va interpretata alla luce del successivo art. 21 octies comma 2 il quale, nell’imporre al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo, rende irrilevante la violazione delle disposizioni sul procedimento o sulla forma dell’atto, allorché il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” (ex multis, Consiglio di Stato, Sezione IV, 3 marzo 2017, n. 1001; id., 28 giugno 2016, n. 2902).

Per le considerazioni esposte al punto 8.2., che precede, infatti, è rimasto definitivamente accertato che il provvedimento impugnato non avrebbe potuto avere un diverso contenuto in ragione della natura, vincolata, del potere esercitato.

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