Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 405 del 2018, pubbl. il 22/01/2018

[…]

DIRITTO

1. Viene alla decisione del Collegio l’ultimo segmento decisorio relativo alle suindicate cause riunite.
2. Come illustrato nella parte in fatto della presente decisione, alla pubblica udienza del 1 dicembre 2016 la Sezione ha emesso la sentenza parziale n. 5228 del 13 dicembre 2016 con la quale, dopo avere motivatamente disposto la riunione dei suindicati ricorsi e revocato la impugnata sentenza del Consiglio di Stato – Sez. IV n. 3434/2015, in accoglimento delle due doglianze revocatorie proposte, ha disposto incombenti istruttori, ed in particolare:
a) ha stabilito che il Comune […]:
I) depositasse in giudizio le copie integrali delle pratiche edilizie di cui ai permessi di sanatoria rilasciati dall’Ufficio condono edilizio di […] nn. … del 2010;
II) depositasse in giudizio i detti permessi di sanatoria, di cui al nulla osta rilasciato dalla Soprintendenza il … 2009 prot. … ;
III) predisponesse una complessiva e sintetica relazione in cui desse conto, per ciascun intervento, dell’epoca di realizzazione dello stesso, della natura dell’abuso, dell’ubicazione e collocazione del medesimo, dell’eventuale incremento di superficie realizzato, e di ogni altro elemento utile all’accertamento dei fatti di causa;
b) ha affidato al … l’incombente di individuare un docente … al quale è stato affidato il compito di espletare una verificazione che, previo esame dello stato dei luoghi, dello stato dei lavori, compulsazione degli atti processuali (appelli, memorie, relazioni di parte, precedenti relazioni di verificazione e comunque l’intero incartamento processuale) e giovandosi di informazioni che potessero essere acquisite presso uffici pubblici, archivii storici, raccolte private etc, anche con raccolta di materiale fotografico, accertasse e determinasse:
I) l’epoca di effettiva realizzazione del Palazzetto … insistente nel complesso immobiliare per cui è causa, acquisendo eventuale copia del relativo progetto, e chiarendo se all’interno di esso fosse contemplata la realizzazione di stucchi e decorazioni e la eventuale ubicazione dei medesimi;
II) la esistenza di stucchi e decorazioni all’interno del predetto Palazzetto … al momento dell’avvio dei lavori per cui è causa, ove possibile l’epoca di realizzazione degli stessi, e la eventuale attuale persistenza di tutti –o taluni – dei medesimi, con eventuale indicazione al Collegio laddove si rinvengano evidenze dell’avvenuta rimozione dei medesimi a seguito dei lavori per cui è causa;

III) ogni altro dato utile ai fini della risoluzione della controversia;
IV) depositasse una relazione di verificazione nell’ambito della quale venisse altresì chiarito se i lavori progettati ed eseguiti sull’immobile per cui è causa avessero portata impattante sulla eventuale presenza di stucchi e decorazione dei quali fosse accertata la preesistenza, ovvero se si trattasse di lavori in grado di lasciare integri gli eventuali stucchi e le decorazioni ivi esistenti;
c) ha affidato al verificatore nominato … la redazione di un supplemento di verificazione (avvalendosi se del caso di ausiliari tecnici di propria fiducia) che in contraddittorio con le parti, alla luce delle osservazioni di parte appellante chiarisse al Collegio la entità dei distacchi delle distanze e delle altezze dei fabbricati per cui è causa in relazione al progetto approvato, le ragioni di eventuale non persuasività delle osservazioni svolte da parte appellante, le distanze ed altezze calcolate avendo come quota di riferimento di calcolo dell’inclinata sia il piano di calpestio della chiostrina che il marciapiede di via … , dando conto altresì del profilo relativo alla pendenza di via … nonché ogni altro dato utile ai fini della risoluzione della controversia.
3. Tutti i richiesti incombenti istruttori sono stati espletati, e pertanto le riunite cause (in realtà trattasi dell’unico appello avverso la sentenza del T.a.r., per il Lazio n. 11348 del 12 novembre 2014 visto che il segmento rescindente avverso la sentenza parziale della Sezione n. 3434/2015 si è concluso con l’annullamento della predetta sentenza ad opera della sentenza parziale n. 5228 del 13 dicembre 2016) possono essere decise nel merito.
4. Il Collegio vaglierà separatamente i singoli versanti di indagine, corrispondenti ai profili oggetto dei supplementi istruttori di cui alla citata sentenza parziale n. 5228 del 13 dicembre 2016.
5. L’incombente istruttorio demandato al … (supplemento di verificazione, rispetto a quella resa in ottemperanza alla sentenza parziale n. 3434 del 9 luglio 2015), interviene sull’unico versante di indagine originariamente rimasto “aperto” a seguito della citata sentenza parziale.
5.1. La circostanza che la predetta decisione parziale n. 3434 del 9 luglio 2015 sia stata revocata dalla Sezione mercè la sentenza parziale n. 5228 del 13 dicembre 2016, non impedisce ovviamente al Collegio né di utilizzare l’elaborato di verificazione già depositato dal … in ottemperanza alla sentenza parziale n. 3434 del 9 luglio 2015 né, a maggior ragione, di fondare la propria definitiva decisione della causa sugli esiti del supplemento di verificazione disposto proprio con la sentenza parziale n. 5228 del 13 dicembre 2016.
5.1.1.Ciò premesso, le risposte ai (supplementi di) quesiti formulati dal Collegio nella sentenza parziale n. 5228 del 13 dicembre 2016, sono state le seguenti:
a) quanto all’altezza dell’edificio, tenendo conto che la distanza tra le facciate prospicienti è pari a 10.38 ml:
I) l’altezza massima teorica dell’edificio sarebbe potuta essere, (tenuto conto delle disposizioni regolamentari comunali, in relazione alla condizione dei luoghi) pari a 25,95 m;
II) l’altezza effettiva è pari a 19,29 m, se si fa riferimento alla “quota …” ed a m 23,34 se si fa riferimento alla quota di riferimento via …;
III) in entrambi i casi, quindi, l’altezza dell’edificio è inferiore a quella consentita, tenuto conto della circostanza che l’art. 19 del RE prescrive che non vadano computati i c.d. volumi tecnici (tra i quali, ad esempio, gli impianti di condizionamento);
b) ne consegue che le distanze e le altezze rispettano le previsioni progettuali e, a monte, il progetto rispettava le prescrizioni regolamentari in materia.
6. Con riferimento all’incombente istruttorio demandato al Comune […], relativo alla asserita carenza di motivazione del parere della Soprintendenza reso in data … 2009 n. … per la sanatoria di pregressi abusi, si rileva che:
a) in data … 2017 l’amministrazione […] ha depositato la documentazione e la relazione richiesta dalla sentenza parziale n. 5228 del 13 febbraio 2016, ed in data … 2017 ha depositato note di udienza, cui è stata allegata in una “verificazione” redatta da un tecnico per conto dell’Amministrazione comunale, contenente l’analisi delle pratiche edilizie di sanatoria sull’immobile per il quale si controverte;
b) nella nota/relazione depositata il … 2007 si è fatto presente che:
I) per le opere realizzate sull’immobile ubicato in Via …, nell’anno 2010 erano state rilasciate le seguenti concessioni in sanatoria (domande presentate da …):
[…];
II) esse erano in numero complessivo di …, e su di esse in data …, con nota prot. nr. …, acquisita al prot. …, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici – aveva comunicato il parere favorevole al rilascio della concessione in sanatoria;
III) la nota contenente il dettaglio delle concessioni in sanatoria (epoca abuso, tipologia, etc) si riferiva a … delle … concessioni, in quanto due concessioni (n. … e n. …) non erano visionabili, perchè acquisite dalla Polizia Giudiziaria (rispettivamente la prima è contraddistinta al n. … dell’elenco fornito dal comune di […] ed al n. … dell’elenco cui si è attenuto il “verificatore” nominato dal comune, nell’elaborato allegato alla nota depositata il … 2017 concessione in sanatoria n. … del … 2010; la seconda è contraddistinta al n. … dell’elenco fornito dal comune […] – ed al n. … dell’elenco cui si è attenuto il “verificatore” nominato dal comune, nell’elaborato allegato alla nota depositata il … 2017 con indicazione “apertura porta di servizio concessione in sanatoria n. … del …);
IV) con riferimento a tali … concessioni, l’elenco illustrativo era stato limitato a … di esse, e cioè a quelle che si riferivano ad un ampliamento, stante la voluminosità del materiale.
c) nella “verificazione” allegata alla nota/relazione depositata il … 2017, relativa alla suindicata documentazione, è stato rappresentato che:
I) l’oggetto di ciascuna delle … concessioni in sanatoria rilasciata, era quello rappresentato nella predetta relazione di “verificazione” (mercè la quale è stata chiarita la tipologia di abuso e l’epoca dello stesso);
II) la nota/relazione depositata il … 2017 si era concentrata nell’esame delle concessioni in sanatoria riferibili alla tipologia di abuso n. 1 (e cioè: “1. Opere realizzate in assenza o difformità della licenza edilizia o concessione e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”) con riferimento alla classificazione di cui alla legge n. 47 del 1985 (tabella allegata alla legge che distingue sette tipologie di abuso);
IV) con riferimento a queste ultime, era emerso che, delle … concessioni in sanatoria, soltanto in … casi v’era stato un aumento di superficie utile e di volume;
V) segnatamente, le pratiche di sanatoria rilevanti, sotto profilo dell’ampliamento, erano le seguenti (si riportano le relative “schede”):
[…];
VI) posto che nei casi indicati ai nn. … suindicati ( nn. … dell’elenco cui si è attenuto il “verificatore” nominato dal comune, nell’elaborato allegato alla nota depositata il … 2017) non v’erano modifiche prospettiche, era evidente che soltanto … concessioni su … avevano avuto una (modesta) rilevanza esterna: in due casi si trattava di ampliamenti di volumi esistenti posti ai piani di copertura, e nei restanti … della realizzazione della guardiola del portiere (per mq 2,…) e nel secondo di un ripostiglio (mq. 5,…)
VII) infine, era di portata peculiare, in quanto, sebbene non comportante aumento di volume, implicava modifica dell’aspetto esteriore, la concessione in sanatoria di cui al n. … dell’elenco fornito dal comune […] ed al n. … dell’elenco cui si è attenuto il “verificatore” nominato dal comune, nell’elaborato allegato alla nota depositata il … 2017, (recante n. … del … 2010 – istanza n…., sub …), in quanto l’abuso era consistito nella realizzazione di un balcone sulla facciata di via … (mq 34,…, e quindi, circa 0,2% dell’edificio).
7. Con riferimento all’incombente istruttorio demandato al .., (che ha delegato il ..) in data … 2017 è stato depositato l’elaborato di verificazione, nell’ambito del quale, è stato rappresentato che:
a)il Palazzetto di cui al c.d. “Plesso …” era stato effettivamente realizzato nel 1913;
b) dal 1913 ad oggi risultava immodificato;
c) trattavasi di costruzione compatta, al cui interno si rinvenivano – come da progetto- motivi decorativi a stucco sulle strutture verticali e sulla cornice posta all’intradosso del solaio del piano interrato e del piano terra;
d) posto che l’immobile era stato costruito soltanto nel 1913, appariva improbabile che il decreto di vincolo del 1922 ed il successivo decreto di vincolo del 1952, (facendo riferimento alla “casa del XIII secolo con tutte le decorazioni esterne ed interne sita in via del …”) si riferisse al Palazzetto …;
e) rispetto al progetto del 1913, con riferimento al progetto del 2010 antecedente all’avvio dei lavori, gli stucchi risultavano presenti, ad esclusione di quelli relativi alla cornice posta all’intradosso del solaio del piano interrato.
f) essi non si rinvenivano più alla data del sopralluogo del … 2017 (pag. … della relazione di verificazione, ultimo rigo).
8. A questo punto, così illustrate le resultanze istruttorie, possono essere scrutinate le residue censure: e proprio avuto riguardo agli esiti degli incombenti istruttori espletati, osserva il Collegio quanto di seguito.
9. Con riferimento alla problematica relativa alle distanze ed alle altezze, nessuna delle deduzioni contrarie prospettate dalla parte appellante, pare al Collegio idonea a smentire l’approdo cui è giunto il verificatore: per il vero le censure della parte appellante – contrariamente a quanto sostenuto dalle appellate società … – erano certamente ammissibili, in quanto la circostanza che la verificazione si fosse svolta nel pieno contraddittorio tra le parti non privava certamente parte appellante, ex post, della facoltà di contestare le conclusioni cui è giunto il verificatore.
9.1. Dette critiche mosse dall’appellante, però, non appaiono al Collegio possedere pregnanza tale da revocare in dubbio l’esattezza delle conclusioni esternate nella predetta relazione di verificazione in quanto:
a) la problematica del rispetto delle distanze è stata vagliata sotto tre distinti angoli prospettici:
I) artt. 8 e 9 del dM n.1444/1968;
II) art. 19 del r.e. del comune […], con applicazione del comma II della citata disposizione (recante Altezze dei fabbricati – Distacchi fra i fabbricati (“La sagoma dei fabbricati nella sezione in senso normale alla strada, deve essere contenuta nell’inclinata avente per ascissa la larghezza stradale al livello del marciapiede e per ordinata cinque parti della larghezza stessa fino ad un massimo di 35 m nella
parte periferica della città, e tre mezzi fino ad un massimo di 25 m nella parte
centrale.La sagoma dei fabbricati nella sezione in senso normale allo spazio interposto fra due edifici diversi, o fra due corpi di fabbrica di uno stesso gruppo di edifici, deve essere contenuta nell’inclinata avente per ascissa la larghezza del distacco e per ordinata i 5/3 di essa nella parte periferica e i 5/2 nella parte centrale della città. In ogni caso il distacco non dovrà essere inferiore a 8 m nella parte periferica ed a 6 m nella parte centrale.Qualora il distacco fra due fabbricati sia in diretta comunicazione con ampi cortili o con strade, e abbia una lunghezza non superiore a 20 m è concesso il distacco di 10 m per la parte periferica, e di 8 m per la parte centrale, qualunque sia l’altezza che raggiungono le fronti sul distacco.
A parziale modifica dell’art. 19 del Regolamento generale edilizio e sino a nuova disposizione in merito, l’altezza massima dei fabbricati nella parte periferica delle città, specificata dall’art. 17 del Regolamento suddetto, viene limitata a 28 m (11).Si potrà eccezionalmente consentire un’altezza superiore ai 28 m in quegli isolati già sistemati con costruzioni alte più di 28 m, quando ciò risulti necessario per evitare che le nuove costruzioni diano luogo ad inconvenienti estetici notevoli.
Ai progetti di costruzione per i quali è stata rilasciata la licenza di costruzione anteriormente all’8 maggio 1941 sono applicabili le disposizioni del R.E. precedentemente in vigore. La norma è rappresentata dai grafici seguenti:….”)
;
III) art. 19 del r.e. del comune […], con applicazione del comma I e II della citata disposizione nella ipotesi di calcolo avente come quota di riferimento il marciapiede di via … ;
b) nella incontestata emergenza processuale che trattasi di fabbricato con affaccio interno, e nella condivisibile considerazione che non si possa né debba tenere conto delle strutture precarie (pannelli fotovoltaici e scale di sicurezza esterne, come stabilito sub art. 4 punto 8 delle Nta del comune […] che reca “Grandezze edilizie” “Distanza fuori terra tra edifici –DE-: rappresenta la distanza minima, fuori terra, tra il muro esterno perimetrale dell’edificio o del manufatto -con esclusione delle scale esterne a sbalzo, delle canne fumarie, degli impianti tecnologici esterni e degli elementi decorativi-., ed il muro perimetrale di un edificio prospiciente”), pare al Collegio che il computo di mt. 10, 60 non possa formare oggetto di ulteriore perplessità;
d) la critica della parte appellante, non appare condivisibile certamente, laddove pretenderebbe che sebbene la maggior parte della scala di ferro (tutti i pianerottoli della stessa) sia a sbalzo, la distanza si computi da quest’ultima, mentre ovviamente non hanno e non possono spiegare rilievo “eventi” successivi all’assentimento del titolo edilizio (ci si riferisce al riferito “ingabbiamento” della scala in una struttura metallica, che integra circostanza nuova che semmai le parti potranno separatamente ed autonomamente contestare nei modi e termini previsti dall’ordinamento; in ogni caso, non risulta contestato che anche tenendo conto dei pianerottoli a sbalzo la distanza sarebbe pari a mt. 9,99 e, quindi, entro il limite di tolleranza, rispetto alla misura di ml 10);
e) quanto all’altezza, i calcoli riprodotti dal verificatore non appaiono inficiati da errori, differenze di quota e/o sottovalutazioni, né il tecnico di fiducia di parte appellante ha chiarito in modo convincente perchè alle misure determinate dal verificatore si sarebbe dovuta “aggiungere” una ulteriore misura sino a superare di 67 cm l’altezza massima consentita;
f) il punto dirimente dell’accertamento demandato alla verificazione riposava nella quantificazione delle distanze e delle altezze: sotto una pluralità di indici ha trovato smentita la preoccupazione di parte appellante, e ciò appare sufficiente per la reiezione della censura.
10. Può adesso essere esaminata la censura relativa all’asserita illegittimità del nulla osta rilasciato dalla Soprintendenza il … 2009 prot. … con il quale – con un unico parere favorevole – si è consentita la sanatoria degli abusi edilizi in passato realizzati ed insistenti sul plesso immobiliare in esame.
10.1. Avuto riguardo alle pratiche di condono in ordine alle quali la Soprintendenza ha reso il parere favorevole, rileva il Collegio che non è oggetto del contendere in realtà la più radicale censura prospettata dalla parte appellante, che appare invero più un argomento ad colorandum .
10.2. Si rammenta in proposito che anche nel corso delle discussioni in udienza, infatti, è stato prospettato dalla parte appellante, un intento “doloso” o quantomeno “di favore” sotteso all’ assentimento con un unico provvedimento delle … pratiche di condono, in quanto – si è sostenuto- ciò appariva finalizzato a fare ottenere alla erigenda costruzione un incremento di volumetria “sfruttabile” in sede di ristrutturazione, altrimenti non ottenibile.
10.3. Per il vero, tale argomento critico non considera il dato (rimasto incontestato ex art. 64 del c.p.a.), che le pratiche di sanatoria vennero richieste in epoca risalente dalla precedente proprietaria dell’immobile (…); che le stesse fanno riferimento ad abusi assai risalenti nel tempo; e che pertanto è logicamente disagevole mettere in relazione le richieste di sanatoria (necessarie anche per alienare regolarmente il plesso) con il successivo progetto di riconversione funzionale avversato dall’appellante medesimo; per altro verso, l’argomento critico risulta smentito in punto di fatto, in quanto effettivamente l’incremento volumetrico “reale” assentito fu di portata non elevatissima, in quanto gli abusi condonati soltanto in modesta misura si riferivano ad ampliamenti volumetrici.
10.3.1. Ma quel che più rileva evidenziare (ed il tema sarà ancora successivamente precisato) è che, salvi casi limite di manifesto e palmare sviamento di potere, (invero di matrice più teorica che pratica) non pertiene al Giudice amministrativo il compito di esplorare la ratio dell’adozione di un atto, ma semmai quello di verificare se esso sia legittimo. 10.4. Il nucleo centrale della censura, non riposava quindi –a parere del Collegio- nella valorizzazione di un passaggio teleologico in tesi “deviato” nella emissione del parere favorevole alla sanatoria, ma nella ulteriore doglianza formulata dalle parti appellanti; queste, infatti hanno censurato l’assoluto difetto di motivazione del parere favorevole espresso sulla sanabilità degli abusi, muovendo dalla consolidata tesi secondo cui:
a) ai sensi dell’art. 32, primo comma, della legge n. 47 del 1985, “fatte salve le fattispecie previste dall’articolo 33, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso”; ai sensi del successivo art. 33, penultimo comma, poi, “sono altresì escluse dalla sanatoria le opere realizzate su edifici ed immobili assoggettati alla tutela della L. 1° giugno 1939, n. 1089, e che non siano compatibili con la tutela medesima“;
b) dal combinato disposto del contenuto delle due norme deriverebbe non un divieto assoluto e automatico di condonabilità delle opere ricadenti in zona soggette al vincolo, ma (certamente) la necessità di una accurata valutazione, da parte dell’organo competente, della compatibilità o meno delle opere oggetto del condono con il vincolo.
10.5. Prima di esporre l’opinione del Collegio, sul punto, occorre dare conto della obiezione delle parti appellate (pag. … della memoria depositata il … 2017, punto …) secondo la quale, tenuto conto che soltanto in sparuti casi e di minimo impatto v’era stato un incremento di volumetria, ovvero di superficie utile, neppure, in realtà, sarebbe stato necessario acquisire il parere della Soprintendenza. E ciò in forza del disposto di cui all’ultima parte del comma I dell’art. 32 della legge n. 47 del 28 febbraio 1985 (“1. Fatte salve le fattispecie previste dall’articolo 33, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale parere non venga formulato dalle suddette amministrazioni entro centottanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto. Il rilascio del titolo abilitativo edilizio estingue anche il reato per la violazione del vincolo. Il parere non è richiesto quando si tratti di violazioni riguardanti l’altezza, i distacchi, la cubatura o la superficie coperta che non eccedano il 2 per cento delle misure prescritte.”).
10.5.1. Sostengono, in sintesi, le parti appellate che in considerazione della circostanza che gli incrementi abusivi “sanati” non raggiungono il 2 per cento dell’immobile, neppure sarebbe stato necessario chiedere il prescritto parere.
10.5.2. E’ evidente che lo scrutinio di tale eccezione è logicamente prioritario: ciò, in quanto tale tesi – ove accolta- spiegherebbe portata assorbente rispetto all’ulteriore argomento difensivo (secondo il quale il parere era fornito di motivazione adeguata alla comunque modestissima tipologia degli abusi, ed alla circostanza che comunque l’immobile avrebbe dovuto essere demolito, dovendosene salvaguardare soltanto la facciata): ove infatti il parere non fosse stato dovuto (pur essendo stato reso dalla Soprintendenza) ogni vizio eventuale del medesimo non potrebbe condurre alla declaratoria di illegittimità del titolo abilitativo edilizio cui esso “accede” e del quale è condizione legittimante.
10.6. Il Collegio ritiene che tale pur arguta obiezione non meriti accoglimento, sia perché collidente con elementi di fatto, che perché non persuasiva in diritto, in quanto:
a) sotto il profilo fattuale, vi sono almeno 3 casi (“gruppo …” nella elencazione contenuta nell’elaborato di consulenza della parte appellata a firma degli architetti …, pag. …) che riguardano la realizzazione di interventi incidenti sull’esterno, due dei quali anche sul prospetto, e quindi si è al di fuori del perimetro normativo suindicato;
b) sotto il profilo giuridico, il limite del 2 per cento contenuto nella richiamata disposizione, deve ovviamente essere rapportato (non già all’intero complesso immobiliare ma) al singolo plesso sul quale insiste; c) la “singolarità” dell’odierno procedimento, riposante in una valutazione cumulativa di più abusi, di differente tipologia, insistenti in parti distinte dell’immobile, realizzati in epoca diversa, e da soggetti diversi, non può essere “unificata” al fine di ritenere che ogni singolo abuso dovesse essere rapportato alla superficie complessiva dell’immobile;
d) la disposizione di cui al primo comma dell’art. 32 surrichiamato, si fonda su un concetto (quello di tolleranza di cantiere) che sopravvive nella vigente legislazione: ma la percentuale su cui misurare lo scostamento o, se si vuole, la abusività dell’intervento, va posta in relazione con la porzione di immobile cui esso accede, e non con la superficie dell’intero palazzo: esemplificativamente, quanto alle opere che hanno certamente comportato incremento di volumetria e superficie utile (“gruppo …” nella elencazione contenuta nell’elaborato di consulenza della parte appellata a firma degli architetti …, pag. …) il computo dell’ampliamento del magazzino per mq 13,… (pratica n. …) ai fini del contenimento dello stesso nella misura del 2% va riferito al locale-magazzino medesimo, e non all’intero plesso, ovvero anche solo al piano ove lo stesso insiste;
e) ogni immobile sul quale è stato commesso il singolo abuso, è connotato da una propria “individualità”: non a caso, nella indicazione prodotta dal comune […] vengono indicati il foglio, (sempre n. …) la particella (sempre la n. …) ed il subalterno (che è via via differente, in quanto contraddistingue il singolo immobile); l’affermazione della difesa di parte appellata, vorrebbe che l’entità dell’incremento (al fine di verificare se il parere fosse –o meno- necessario) venisse rapportata all’intero immobile; ma una simile interpretazione trae spunto da una occasionale circostanza (quella riposante nella proprietà unitaria dell’intero plesso, e dalla presentazione di domande di sanatoria ad opera di un unico soggetto) e da un ancor più occasionale accadimento (quello riposante nella circostanza che il parere della Soprintendenza si sia unitariamente riferito a tutti gli abusi per i quali era stata richiesta da I.N.A. s.p.a. la sanatoria);
f) e la eccezione della difesa delle parti appellate integra- a parere del Collegio – una interpretazione non condivisibile, che produrrebbe, ove accolta, un effetto abrogativo della necessità del parere: in immobili vincolati di consistente cubatura, e suddivisi in unità immobiliari aventi propria individualità (quale è quello per cui è causa), ove l’entità dell’abuso dovesse essere computata in relazione all’intero plesso, è evidente che giammai (o assai raramente) ricorrerebbe la necessità del parere: è ovvio invece, che il limite del 2% vada riferito alla singola unità immobiliare cui l’abuso accede: e non avendo le parti appellate dimostrato che in ciascuno dei … permessi in sanatoria si fosse rimasti al di sotto del 2% (il che peraltro, da una lettura delle pratiche versate in atti sembrerebbe da escludere) l’eccezione va disattesa.
10.7. La reiezione di tale radicale eccezione comporta lo scrutinio del centrale versante critico proposto dalla parte impugnante, riposante nella carenza di istruttoria e motivazione del provvedimento di sanatoria (unico, esplorabile dal Collegio, in quanto non è stata dedotta dalle parti appellanti alcuna censura in relazione al disposto di cui all’art. 32, c. 27, lett. e), d.l. n. 269/2003, conv. in l. n. 326/2003, e non potrebbe il Collegio soffermarsi su tale profilo, senza violare l’art. 112 c.p.c.):
10.7.1. Osserva in proposito il Collegio quanto segue:
a) il proprium della concessione del parere favorevole alla sanatoria di un abuso insistente su un immobile di pregio, vincolato ex lege n. 1089/1939, riposa nel giudizio di compatibilità dell’abuso predetto (che peraltro, ai sensi dell’art. 59 della legge medesima era presidiato da sanzione penale “Chiunque trasgredisca alle disposizioni contenute negli art. 11, 12, 13, 18, 19, 20 e 21 della presente legge è punito con la multa da lire 1000 a lire 50.000. Il trasgressore è tenuto inoltre ad eseguire quei lavori che il ministro per l’educazione nazionale, sentito il consiglio nazionale dell’educazione, delle scienze e delle arti, riterrà di prescrivergli per riparare ai danni da lui prodotti alla cosa.
Quando la riduzione della cosa in pristino non sia possibile, il trasgressore è tenuto a corrispondere allo Stato una somma pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita dalla cosa per effetto della trasgressione.
Ove il trasgressore non accetti la determinazione della somma fatta dal ministro, la somma stessa è stabilita insindacabilmente e in modo irrevocabile da una commissione composta di tre membri da nominarsi uno dal ministro l’altro dal trasgressore ed il terzo dal presidente del tribunale. Le spese relative sono anticipate dal trasgressore.
”) con il vincolo insistente nel medesimo;
b) tale circostanza, suggerirebbe che vi sia una partita e singola valutazione, per ogni singola tipologia di abuso commesso, che dia conto delle ragioni per le quali esso è ritenuto compatibile con il vincolo: e ciò anche –e soprattutto- laddove il parere sia favorevole (Consiglio di Stato, sez. VI, 19 ottobre 1995, n. 1162 “il diniego della sanatoria di opere realizzate in violazione del vincolo storico-artistico, ai sensi della l. 1 giugno 1939 n. 1089, non richiede specifica motivazione essendo sufficiente ad integrare il provvedimento negativo la mera constatazione dell’abuso. “);
c) tuttavia, soltanto semplicisticamente potrebbe sostenersi che una valutazione cumulativa (concernente quindi più abusi) sia di per sé illegittima: essa può non esserlo, e non lo è, purchè il provvedimento rechi le motivazioni di tale compatibilità con il vincolo imposto sull’immobile dei singoli abusi sui quali viene concesso il parere favorevole;
d) nel caso di specie, il confronto testuale dell’atto impugnato rende evidente che esso è privo di una approfondita e non stereotipata motivazione, sia riferibile al singolo abuso che all’insieme delle pratiche esaminate, nel complesso considerate: di fatto, per il vero, ivi non si rinviene alcuna motivazione, seppure embrionale.
10.7.2. La difesa delle parti appellate, “giustifica” ulteriormente tale carenza, per il vero, sotto il profilo fattuale, e sostiene che la motivazione “debole” riscontrabile nel detto parere sia, tutto sommato, adeguata alla specificità della situazione concreta, visto che l’immobile era destinato ad essere demolito all’interno, essendo stata ritenuta meritevole di conservazione unicamente la facciata.
10.7.3. Osserva il Collegio, sul punto, che quanto prima evidenziato e sotteso alla reiezione della doglianza di parte appellante relativa all’ ipotizzato “intento doloso” asseritamente sotteso al rilascio del nulla osta alla sanatoria, valga anche per tale eccezione difensiva.
10.7.4. Invero la norma che si è a più riprese richiamata non è “tarata” su ciò che dovrà succedere successivamente al rilascio del parere per la sanatoria (elemento, questo, futuro, ed anche eventuale) ma sui parametri che legittimano il rilascio del predetto parere; e tali parametri riposano in un unico elemento: compatibilità dell’abuso con il vincolo apposto.
10.7.5. Peraltro, può rilevarsi che è anche logico che la legge non si faccia carico della futura “sorte” dell’immobile: altrimenti verrebbero introdotti nel sistema elementi valutativi spurii, (e peraltro incentrati su eventi soltanto eventuali) in grado di condizionare il contenuto del parere ed estranei al perimetro valutativo (unico, si ripete: compatibilità con il vincolo apposto).
Per dirla in altre parole (con un esempio però che ben si attaglia al caso di specie) potrebbe darsi il caso in cui un parere per la sanatoria di un abuso realizzato su un immobile di pregio storico, artistico, architettonico, etc venisse richiesto in vista di un futuro intervento sull’ edificio, e che poi quest’ultimo, per le più svariate ragioni, non abbia luogo: ove l’Amministrazione fosse stata “indulgente” nel rilascio del parere favorevole (anche per un intervento in realtà ontologicamente incompatibile con il vincolo apposto) l’effetto finale di tale “permissivista” manifestazione di giudizio sarebbe quello per cui si sarebbe consentita la sanatoria di un abuso – a questo punto destinato a permanere nel tempo – incompatibile con il vincolo, sull’immobile; id est: la violazione della norma primaria.
E’ quindi non soltanto corretto, ma financo lungimirante, che la legge non abbia contemplato alcun elemento di valutazione “de futuro”, non incentrato cioè su quell’unico parametro (compatibilità con il vincolo apposto) contenuto nel testo della legge.
10.8. Ora, nel caso di specie, la difesa della parte appellante ha buon giuoco nell’ evidenziare che:
a) l’unico provvedimento favorevole, riguarda numerosi abusi, in parti diversamente dislocate dell’immobile;
b) trattasi di abusi diversi, di tipologia insuscettibile ad essere ricondotta ad unità, e realizzati in epoche differenti (oltre che in parti diverse del plesso);
c) taluni di essi importarono un incremento volumetrico e, taluni, anche modifiche esterne.
10.8.1. Rileva il Collegio che non è neppure chiaro se alcuna istruttoria sia stata posta in essere dalla Soprintendenza su ciascuno dei detti abusi ( di essa per il vero non v’è traccia agli atti di causa), ma è evidenza non controvertibile che non vi sia alcuna motivazione sull’unico parametro sul quale l’amministrazione avrebbe dovuto esprimersi (compatibilità dell’abuso con il vincolo) e ciò né singulatim né financo in forma collettiva: non è dato comprendere, in altre parole, anche in termini stringati ed essenziali, per quali ragioni ciascuno di detti abusi fosse compatibile con il vincolo apposto, e per le già chiarite ragioni tale difetto di motivazione non può essere sanato, ab aexterno, facendo riferimento alla futura attività di trasformazione che sarebbe stata intrapresa sul plesso.
10.9. Nei termini sinora esposti, la censura risulta fondata e va pertanto accolta.
11. Ad analoghe conclusioni si perviene quanto all’ultimo segmento oggetto di disamina, sia pure con le precisazioni che verranno di seguito rese; con riferimento ai dedotti vizi del parere rilasciato dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici per il Comune […] del … 2010, si rileva, infatti, che:
a) nella sentenza parziale n. 5228 del 13 dicembre 2016 che ha accolto la domanda rescindente, la Sezione si era così testualmente espressa (si riporta per esteso un passaggio della motivazione): “ Il punto dal quale è necessario muovere riposa nella censura formulata nell’atto di appello: il detto complesso secondo motivo di doglianza (primo di merito), si strutturava in tre distinti profili tutti volti a sostenere che la Soprintendenza aveva esaminato l’affare in maniera incompleta e che la tutela parziale accordata al bene era del tutto inadeguata (pag. … dell’appello primo cpv); in particolare, ivi era stata criticata la sentenza di primo grado quanto alla disconosciuta tutela da fornire ai siti Unesco (censura 1.1.) quanto alla tesi ivi esposta, secondo cui il vincolo previsto dal d.M 27 gennaio 1952 atteneva esclusivamente alla facciata di via del … (censura 1.2.) e quanto all’asseritamente inspiegabile considerazione del T.a.r. secondo la quale la valutazione paesaggistica aveva avuto riferimento sia alla facciata che ai fabbricati retrostanti.
5.1. A fronte di tale profilo critico, lo scrutinio della Sezione si è sviluppato in coerenza con una affermazione già contenuta nella parte della sentenza dedicata a confutare il primo motivo di appello “processuale”, laddove è dato leggere che “dalla lettura del provvedimento impositivo del vincolo apposto negli anni ‘20 dello scorso secolo, che lo stesso riguarda l’intera casa del XVII sec. con tutte le decorazioni interne ed esterne
” .
5.1.1. Ancora, la Sezione ha richiamato:
a) la circostanza che erano stati molteplici i pareri emessi dalla Soprintendenza (così la decisione revocanda: “ha emesso pareri favorevoli prima sul progetto nel suo complesso -nella conferenza di servizi dell’… 2010- poi sui dettagli esecutivi dello stesso, ribadendo la compatibilità dell’intervento con il contesto della città storica. Sono quindi stati forniti tutti gli assensi necessari sia sotto il profilo architettonico e del vincolo specifico gravante sull’immobile, che sotto il profilo paesaggistico.”);
b) ed ha espresso il convincimento (il punto verrà più approfonditamente esaminato in seguito) che il parere del 7.1.2010 riguardasse l’intero intervento e che il parere fosse stato complessivo e relativo all’intero intervento con riferimento sia alla tutela architettonica che paesaggistica.
5.1.2.Va quindi considerato che ad avviso della Sezione vi era stata una valutazione “complessiva” e non limitata alla facciata, ma comprensiva dell’intero immobile, e sotto entrambi i profili, paesaggistico ed architettonico.
5.1.3. Nell’ultima parte del motivo 1.2, per il vero, l’appellante aveva specificamente segnalato quanto segue: “nessuna trasformazione urbanistica avrebbe potuto essere autorizzata senza la previa e completa verifica sulla compatibilità di un intervento sul palazzetto “…” in relazione all’oggetto del vincolo esteso alle sue decorazioni interne ed esterne.”
.
5.1.4. La Sezione, senza riferirsi in particolare al palazzetto “…” ha affermato in proposito (per l’intero complesso oggetto di intervento) che “per quanto attiene alla mancata tutela delle decorazioni interne, si rileva come le stesse, pur in precedenza tutelate, non esistono più a seguito degli interventi demolitori avvenuti negli anni ‘50 del 1900 e il detto parere, prendendo atto di ciò, non ne ha previsto la tutela, fornendo invece puntuali prescrizioni in ordine alla tutela della facciata di via del ….”.
5.1.5. Ad avviso della difesa appellante, tale errore di fatto avrebbe viziato l’intero ragionamento della Sezione, in quanto, posto che il palazzetto “…” non era mai stato oggetto di interventi demolitori avvenuti negli anni ‘50 del 1900 ne discendeva che le decorazioni erano ancora ivi presenti, e che il parere non aveva motivato in ordine alla compatibilità dell’intervento con tale situazione di fatto, e che, quindi, la Sezione ove non avesse per errore di fatto ritenuto un fatto inesistente avrebbe convenuto sulla fondatezza della censura.
5.2. Analizzando i pareri resi dalla Soprintendenza, si evince che essa ebbe a pronunciarsi numerose volte sulla questione: e ciò sia con il parere della Soprintendenza per i Beni architettonici e Paesaggistici per …. del … 2010 (dalle riunioni tecniche risulta scaturita “una proposta progettuale condivisa che riporta l’aspetto esterno del fabbricato alla data del 1952 epoca di imposizione del vincolo, eliminando nel contempo le superfetazioni succedutesi nel tempo”) sia in precedenti pareri del 2009 ( prot. nn. … e …) e poi successivamente, in data … 2010, rendendo prescrizioni specifiche ai fini della progettazione definitiva degli interventi sia su via del … che su via … ed, infine, in data 3 agosto 2010, ai fini della compatibilità con i caratteri storico-architettonici dell’edificio ed il contesto della Città [..].
Inoltre, quanto al contesto archeologico, la Soprintendenza speciale per i Beni Archeologici di […] rilasciava in data … 2010 il parere n. … ai sensi dell’art. 16, comma 8, NTA del vigente PRG di […].
5.3. Ora, è ben vero che in seno al parere del … 2009 recante n. … di prot. la Soprintendenza si espresse una prima volta facendo presente che il vincolo (unico citato) esistente sul plesso immobiliare era relativo alla facciata di via … .
5.4. E’ vero altresì, però che la detta nota venne rettificata dalla Soprintendenza già in data … 2009 con la ulteriore nota prot. … laddove (proprio in rettifica della nota suddetta del 2009 prot. n….) si afferma a chiare lettere che il vincolo monumentale ex lege n. 1089/1939 insisteva sull’intero plesso immobiliare.
5.5. Tutti i pareri della Soprintendenza successivi alla predetta nota del 2009 riguardano l’intero plesso immobiliare: e la prova di ciò si rinviene sin dalla stessa intestazione degli stessi, laddove questi fanno riferimento a tutti gli immobili del plesso ed a tutti i numeri civici (si veda, in particolare il parere di cui alla nota del … 2010).
5.5.1. Occorre avvertire che l’equivoco determinato dalla iniziale riduttiva perimetrazione del vincolo, non è rimasto senza conseguenze nel presente processo: infatti la memoria del … depositata in primo grado il … 2014 ha fatto riferimento soltanto ad un vincolo imposto sulla facciata, ma anche un inciso contenuto nella sentenza di primo grado ha perpetuato l’equivoco (prontamente sottolineato dall’abile difesa di parte appellante nel motivo di appello).
5.5.2. La impugnata sentenza della Sezione ha colto che l’affermazione errata contenuta nella memoria del … depositata in primo grado il … 2014 non poteva certo comportare che, contrariamente al vero, venisse fornita una esegesi degli atti amministrativi della Soprintendenza versati in atti contraria al loro reale contenuto, ed infatti la sentenza di appello ha correttamente colto la portata del vincolo degli anni ‘20 riapposto nel 1952 sull’immobile, evidenziando che esso riguardava (non soltanto la sola particella … e la facciata ma anche) l’intero immobile
.
5.5.3. Se così è, la radicale critica dell’atto di appello, secondo la quale, per errore, la Soprintendenza aveva proceduto come se il vincolo fosse imposto soltanto sulla facciata di via …, non aveva possibilità di accoglimento in quanto la Sezione aveva colto che “dalla lettura del provvedimento impositivo del vincolo apposto negli anni ‘20 dello scorso secolo, che lo stesso riguarda l’intera casa del XVII sec. con tutte le decorazioni interne ed esterne”.”;
b) come si evince dalla superiore esposizione, anche la sentenza n. 3434/2015 della Sezione annullata in sede rescindente aveva colto la circostanza che il parere della Soprintendenza si era pronunciato sull’intero complesso immobiliare, (così testualmente la sentenza in ultimo citata: “circa la tutela architettonica, che gli appellanti ritengono circoscritta alla sola facciata di via …, il parere del … 2010 riguarda l’intero intervento, ai sensi dell’art. 14 ter co. 3 bis della l. n. 241/1990 in base a cui “in caso di opera sottoposta anche ad autorizzazione paesaggistica, il soprintendente si esprime, in via definitiva, in sede di conferenza di servizi, ove convocata, in ordine a tutti i provvedimenti di sua competenza ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42”. Il parere è stato quindi complessivo e relativo all’intero intervento con riferimento sia alla tutela architettonica che paesaggistica. Per quanto attiene alla mancata tutela delle decorazioni interne, si rileva come le stesse, pur in precedenza tutelate, non esistono più a seguito degli interventi demolitori avvenuti negli anni ‘50 del 1900 e il detto parere, prendendo atto di ciò, non ne ha previsto la tutela, fornendo invece puntuali prescrizioni in ordine alla tutela della facciata di via … .”) mentre la sentenza del T.a.r. per il Lazio n. 11348 del 12 novembre 2014 conteneva un errore, avendo reiterato la considerazione contenuta nel primo parere della Soprintendenza secondo cui il vincolo apposto nel 1922 e riapposto nel 1952 riguardava soltanto la sola particella … e la facciata di via … .
11.1. Può pertanto affermarsi che la circostanza che il vincolo riguardasse l’intero complesso monumentale (ivi compreso quindi il Palazzetto …) e che la Soprintendenza si sia pronunciata sull’intero perimetro del vincolo è coperta dal giudicato; rectius: se l’affermazione non fosse scorretta sotto il profilo strettamente sistematico, verrebbe anzi fatto di dire che v’è un doppio giudicato:
a) quello scaturente dalla sentenza n. 3434/2015 della Sezione;
b) quello scaturente dalla sentenza parziale n. 5228 del 13 dicembre 2016 che ha accolto la domanda rescindente;
c) a quest’ultimo proposito, infatti, non deve obliarsi che:
I) sia in appello, che in sede revocatoria, la difesa dell’appellante aveva prospettato due domande, attingenti il parere rilasciato dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici per […] del .. 2010;
II) in particolare, si denunciava che erroneamente la Soprintendenza aveva espresso il parere nella fallace convinzione che il vincolo apposto nel 1922 e riapposto nel 1952 riguardasse soltanto la sola particella … e la facciata di via … (censura principale);
III) ed in via subordinata si lamentava che –se anche il parere correttamente avesse riguardato l’intero plesso sottoposto a vincolo – esso era viziato per non avere espresso una valutazione sugli elementi decorativi architettonici insistenti nell’intero complesso (stucchi e decorazioni interne ivi esistenti).
11.2. Può affermarsi senza tema di smentite che l’intero contraddittorio processuale sotteso al giudizio di appello, e, poi, al segmento revocatorio, si è dipanato intorno a questi due “poli” critici.
Infatti, la radicale tesi della parte appellante secondo cui erroneamente la Soprintendenza aveva espresso il parere nella fallace convinzione che il vincolo apposto nel 1922 e riapposto nel 1952 riguardasse soltanto la sola particella … e la facciata di via …:
a) è rimasta smentita sia per effetto della sentenza parziale di appello (revocata non su tale punto) che per effetto della sentenza resa nella fase rescindente;
b) è stata contestata anche dalle pari appellate, che (vedasi pagg. … e … della memoria di costituzione in grado di appello di … datata … 2015, soprattutto con riferimento al paragrafo … .) che hanno sostenuto che correttamente il parere fosse stato reso sull’intero plesso (così testualmente: “ il parere è stato reso sull’intero intervento, salvo saggiamente rilevare che le “decorazioni interne” a suo tempo tutelate non esistevano piu’ (e da circa sessanta anni) in conseguenza dell’intervento di totale demolizione degli anni ’50 e che l’unica cosa che a tutto voler concedere meritasse conservazione fosse la facciata di via … ed il c.d. “palazzetto” fabbricato …”.
11.2.1. La completa, apprezzabile, ed articolata relazione di verificazione -sul cui contenuto ci si soffermerà immediatamente di seguito- redatta dal … contiene altresì un passaggio ove (sulla scorta di un dato letterale, conseguente all’accertamento che il palazzetto … venne edificato nel 1913 e di un dato teleologico) vengono sollevati dubbi in ordine alla circostanza che il vincolo apposto nel 1922 e riapposto nel 1952 comprendesse anche il Palazzetto .…
11.3. Osserva il Collegio quanto segue:
a) il dubbio esposto dal … nel passaggio della relazione di verificazione sarebbe in teoria idoneo a incidere sull’intero iter processuale, in quanto, ove rimanesse accertato che il vincolo non riguardava il Palazzetto …, ne discenderebbe che larga parte degli argomenti esplorati nel corso di tutti i gradi di giudizio fossero ultronei;
b) in disparte che – come è già stato dimostrato- sull’affermazione relativa alla circostanza che il parere del … 2010 della Soprintendenza fosse stato reso con riferimento all’intero plesso si è formato il giudicato, il Collegio ritiene necessario che, affinchè non rimangano profili inesplorati, ci si soffermi anche su tale profilo.
11.3.1. Si potrebbe sostenere sul punto quanto segue:
a) ciò che costituisce giudicato è la circostanza che il parere del … 2010 della Soprintendenza si sia soffermato sull’intero plesso immobiliare;
b) ma non integra invece giudicato il presupposto oggettivo sotteso a tale circostanza (id est: che anche il Palazzetto … fosse soggetto a vincolo);
c) ove si accertasse invece che il Palazzetto … non era in realtà soggetto al vincolo imposto nel 1922 e ribadito nel 1952, ne discenderebbe che:
I) il parere della Soprintendenza sarebbe stato ultroneo, almeno in parte e sovrabbondante, ma non viziato per tale ragione in quanto avrebbe espresso valutazioni sia su ciò che certamente era vincolato (la sola particella … e la facciata del …) che su ciò che non lo era (il Palazzetto …);
II) e posto che il palazzetto … non era vincolato, e che il parere della Soprintendenza era quindi “sovrabbondante” ne discenderebbe che erano a monte “oggettivamente” inammissibili, sia le censure secondo cui il parere era viziato in quanto non aveva ricompreso il Palazzetto …, che quelle secondo le quali, pur avendolo ricompreso nell’oggetto della tutela, non si era specificamente soffermato sugli elementi decorativi in esso presenti, e sulla compatibilità dell’intervento con i medesimi.
11.4. Il Collegio non ritiene che tali argomenti siano utilmente esplorabili.
11.4.1. Il punto da cui occorre muovere è il seguente:
a) il vincolo riguardava la “casa del sec. XVIII con tutte le sue decorazioni, interne, ed esterne, sita in via …;”
b) il predetto vincolo riferito è alla intera particella n. …;
c) il Palazzetto … è ubicato ai civici … (e quindi è pienamente contemplato nel decreto di vincolo) ed è ubicato sulle due particelle;
d) sotto il profilo oggettivo non può dubitarsi –ad avviso del Collegio – che il vincolo ex lege 1089/1939 lo ricomprendesse pienamente.
11.4.2. Tanto implica che non sia neppure il caso di discettare sulla esattezza della individuazione della data di erezione del plesso (nell’ultima memoria conclusionale la parte appellante contesta che esso sia risalente al 1913, e sostiene che esso sia ben più antico).
Invero, premesso che il palazzetto … è certamente antecedente alla data di apposizione del vincolo (1922) le considerazioni contenute nella relazione di verificazione, sul punto, potrebbero in teoria portare alla conclusione che il Ministero si sia “sbagliato”, ovvero “abbia esagerato” nell’apporre il vincolo anche sul Palazzetto …, e che in quanto di recente costruzione esso non “meritasse” di essere soggetto a tutela: ma che la portata del decreto comprendesse anche quest’ultimo non appare al Collegio argomento controvertibile alla luce delle indicazioni catastali, dei numeri civici, etc, e giammai il Collegio potrebbe ex officio “disapplicare” detto atto impositivo del vincolo, per plurime ragioni processuali (trattasi di atto amministrativo puntuale, mai impugnato da alcuno, non disapplicabile) e sostanziali (trattasi di atto rimesso alla latissima discrezionalità dell’amministrazione, e neppure appare implausibile che per il pregio intrinseco, e per la contiguità spaziale con il nucleo centrale originario del Palazzo, nel 1922 si sia voluto assoggettare a tutela anche il detto Palazzetto).
11.4.3. E d’altro canto, laddove così non fosse sarebbe inspiegabile la ragione per cui gli atti di compravendita del 1955 recanti anche le operazioni da compiere sui fabbricati, escludano sempre, ed espressamente, che la demolizione interessi il Palazzetto … (che, laddove se ne ipotizzasse la estraneità rispetto al decreto di vincolo, non avrebbe dovuto neppure essere menzionato).
11.5. Così chiarito il profilo oggettivo della vicenda, pare al Collegio che l’esito della verificazione sia per il resto univoco, e comprovi la fondatezza delle critiche mosse dalla parte appellante in quanto, come si evince dall’elaborato di verificazione (non contestato da alcuna parte processuale, sul punto, ex art. 64 del c.p.a.):
a) nel palazzetto … vi erano presenti – sin dalla sua costruzione -elementi decorativi ed architettonici di varia natura ( stucchi, modanature etc);
b) essi non furono in passato mai demoliti, sia perché il predetto palazzetto … non fu interessato dalla demolizione degli anni 50, sia perché dalla verificazione risulta provato che tale apparato decorativo ivi permaneva, sino all’inizio dei lavori per cui è causa;
c) tale apparato decorativo oggi non esiste più (e quindi con ogni probabilità è andato distrutto in occasione dei recenti lavori sull’immobile);
c) nessun parere della Soprintendenza spende una parola sui medesimi, né per giustificare la compatibilità dei lavori con l’eventuale mantenimento dei sopradetti elementi decorativi ed architettonici, né, al limite, per escluderne l’eventuale pregio, ed ammettere la fattibilità dell’intervento ( nonostante il regime di tutela cui gli stessi erano sottoposti).
11.6. Non è compito del Collegio esplorare le ragioni di tale assoluta assenza di motivazione.
Nessuna delle alternative logicamente prospettabili appare, per il vero, pienamente appagante:
a) può ipotizzarsi che – a dispetto del tenore del parere del … 2010 e della nota di rettifica n. … del … 2099 con cui la Soprintendenza ha “fatto seguito” al precedente parere dell’… 2009 – la Soprintendenza abbia continuato ad operare nella convinzione che il Palazzetto .. non fosse soggetto nel perimetro del vincolo: ma la tesi del vincolo parziale è smentita, appunto, proprio dal tenore di dette note;
b) ovvero potrebbe ritenersi che, a cagione della non risalente epoca di realizzazione del Palazzetto …, la Soprintendenza avesse (ma soltanto implicitamente, eventualmente, ed anche in questo caso deve porsi il luce che vi sarebbe una rilevante omissione motivazionale ) ritenuto che le decorazioni artistiche ivi insistenti non fossero da tutelare;
c) ancora, si potrebbe ipotizzare che l’errore sia consistito nel ritenere che anche detto Palazzetto fosse stato interessato dalle demolizioni degli anni ’50, e che quindi, non vi fossero (più) elementi decorativi da tutelare (rectius: da contemplare sotto il profilo motivazionale, avuto riguardo al progetto presentato);
d) alla pag. … della relazione del consulente tecnico di parte della … Arch. … allegata alla memoria depositata il … 2017 si ipotizza che la “permanenza del vincolo sia da imputare ad un mancato adempimento amministrativo al momento in cui è stata data l’autorizzazione alla demolizione integrale dell’edificio vincolato (Soprintendenza ai Monumenti del … n. … del .. 1952 e n. … del … 1952)”.
11.7. Tuttavia, si ripete, non rientra tra i doveri di questo Collegio interrogarsi sulle spiegazioni logiche sottese all’adozione di un atto amministrativo.
Nel caso di specie, ciò che emerge dalla verificazione è che il parere reso dalla Soprintendenza non contiene alcuna motivazione circa la compatibilità del progetto con tale apparato decorativo benchè esso fosse tutelato, per quel che si è precisato prima, del decreto di vincolo.
A ciò deve aggiungersi che tale apparato decorativo esisteva al momento in cui iniziarono i lavori e che oggi non esiste più.
Ne consegue che il parere favorevole della Soprintendenza è irrimediabilmente viziato sotto i profili dedotti dagli appellanti, il che vizia a cascata (quanto a tale specifico aspetto) gli atti comunali susseguenti, riposanti sul previo assentimento del progetto da parte dell’Autorità preposta alla gestione del vincolo.
11.8. L’appello, anche in parte qua, deve essere pertanto accolto. […]