Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 4743 del 2018, pubbl. Il 01/08/2018

[…]

FATTO e DIRITTO

1. La società odierna appellante nel 2004 acquistava un appezzamento di terreno nel Comune […], classificato dallo strumento urbanistico come C/2.2. – di espansione per edilizia libera ed edilizia residenziale pubblica – la cui edificabilità è subordinata alla previa approvazione di un piano urbanistico attuativo nel quale almeno il 40% della capacità insediativa totale deve essere destinata all’edilizia residenziale pubblica.
Con deliberazione consiliare n. [..] del 1 ottobre 2007, veniva approvato il piano attuativo, prevedendo la suddivisione dell’area in due lotti e riservando gli interventi di edilizia residenziale pubblica in quello più a nord.
Tale deliberazione prevedeva anche uno schema di convenzione nel quale, tuttavia, non era fissato il prezzo di cessione delle aree da destinare agli interventi di edilizia residenziale pubblica.
A seguito delle trattative intercorse il prezzo alla fine veniva pattuito in 675,00 €/mq di superficie fondiaria, per un totale di € 899.100,00, e pertanto, in data […] 2010 veniva perfezionata la convenzione urbanistica.
2. Con ricorso proposto innanzi al T.a.r. per il Veneto, la società odierna appellante faceva presente di essere ancora proprietaria delle aree destinate alla realizzazione degli interventi di edilizia residenziale pubblica e di subire una grave pregiudizio da tale circostanza perché l’operazione immobiliare dal punto di vista finanziario poteva sorreggersi solo conseguendo le somme previste per la cessione di tali aree. Per tale ragione aveva ripetutamente sollecitato il Comune ad adempiere ai propri obblighi.
L’art. 15 della convenzione prevede infatti che «la ditta lottizzatrice si impegna a cedere al Comune o ad altro soggetto dal Comune stesso indicato per la realizzazione di Edilizia Residenziale Pubblica il lotto a Nord del comparto avente una superficie utile S.U. pari a mq 1.143,36 (millecentoquarantatrè virgola trentasei) e superficie fondiaria pari a mq 1.332 (milletrecentotrentadue), meglio evidenziato nella planimetria del Piano agli atti del Comune (Tav. n. 8) al prezzo di € 675,00 (euro seicentosettantacinque) per mq di superficie fondiaria.
Entro mesi 10 (dieci) dalla comunicazione del Comune di individuazione del soggetto assegnatario dell’area E.R.P. quest’ultimo dovrà dar corso alla stipula del rogito di acquisto del lotto presso un notaio dallo stesso indicato, con versamento, in tal sede dell’importo dovuto».
Secondo la società, per effetto di tale clausola, sarebbe stato concluso un contratto per persona da nominare soggetto alle disposizioni di cui all’art. 1401 e seguenti c.c. e, pertanto, in mancanza dell’indicazione di un terzo da parte del Comune e di un termine diverso da quello previsto in via residuale e suppletiva dall’art. 1402 c.c., il contratto doveva ritenersi concluso con lo stesso Comune quale parte originariamente obbligata tenuta ad adempiere alle prestazioni stabilite dal contratto decorso il termine di tre giorni dalla stipula della convenzione ai sensi dell’art. 1405 c.c..
La società chiedeva pertanto:
– in via principale una pronuncia produttiva degli effetti del contratto di compravendita non concluso ai sensi dell’art. 2932 c.c., oltre alla condanna a corrispondere il prezzo maggiorato della rivalutazione maturata e degli interessi moratori dalla stessa corrisposti agli Istituti di credito a causa dell’indisponibilità di tale somma;
– in via subordinata, qualora la predetta clausola fosse stata qualificata non come contratto preliminare ma come contratto definitivo, l’accertamento dell’autenticità delle sottoscrizioni apposte dalle parti ai fini della successiva iscrizione nelle conservatorie dei registri immobiliari;
– in via ulteriormente subordinata domandava la fissazione di un termine entro il quale il Comune […] doveva dare attuazione agli obblighi previsti dall’art. 15 della convenzione.
3. Nella resistenza della civica amministrazione, premessa la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. a), n. 2, e lett. f), cod. proc. amm., il T.a.r. respingeva tutte le domande formulate sull’assunto che l’art. 15 della convenzione configurava e prevedeva espressamente un obbligo di contrarre solo a carico della parte privata e doveva pertanto essere qualificato come un contratto preliminare unilaterale con obbligazioni solo a carico della società che si era impegnata a cedere al Comune, ove questi avesse esercitato la relativa facoltà, o ad un terzo individuato dal Comune, le aree al prezzo predeterminato nella convenzione.
Era quindi esclusa la configurabilità di un contratto per persona da nominare che presuppone invece obblighi in capo ad entrambi i contraenti.
Una tale conclusione appariva peraltro confermata anche dal comportamento complessivo delle parti posteriore alla conclusione della convenzione, dal quale emergeva che la società ricorrente aveva realizzato l’intervento edilizio privato e solo dal mese di gennaio aveva cominciato a sostenere, in via stragiudiziale, l’esistenza di un obbligo di acquisto in capo al Comune che nel ricorso assumeva essere maturato dopo tre giorni dalla stipula della convenzione.
A favore di tale esito interpretativo militavano altresì profili di carattere sistematico, atteso che di norma gli interventi di edilizia residenziale pubblica sono attuati non dal Comune direttamente, ma da operatori pubblici o privati individuati mediante apposito bando secondo la procedura prevista dai regolamenti comunali per la selezione dei soggetti ai quali le aree vengono cedute in proprietà o in diritto di superficie.
Risultava poi persuasiva la tesi del Comune secondo la quale, in mancanza di una diversa previsione, la facoltà attribuitagli dalla convenzione poteva essere esercitata entro il termine ordinario di prescrizione decennale, decorso il quale permanevano comunque in capo al Comune i poteri di acquisizione coattiva delle aree necessarie alla realizzazione delle previsioni dello strumento urbanistico finalizzate alla realizzazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica.
4. La sentenza forma oggetto di appello da parte della società […] che deduce:
1) Violazione di legge (artt. 1402 e seguenti ed art. 1183 c.c.), erronea applicazione di legge (artt. 1331, 1362, 1363, 1366 e 2946 c.c.), nonché erronea esegesi e conseguente errata applicazione dell’art. 15 della convenzione urbanistica stipulata, nella parte in cui il Giudice adito ha qualificato la disposizione contrattuale anzidetta come “contratto unilaterale con obbligazioni a carico della sola società”, desumendo, da tale non condivisibile qualificazione giuridica, l’infondatezza del motivo di ricorso prospettato ed ha, altresì, asserito, sulla scorta di un’errata applicazione dell’art. 1183 c.c., che il termine entro il quale sarebbero esercitabili le prerogative derivanti dal richiamato art. 15 debba essere considerato quello ordinario di prescrizione decennale.
Secondo l’appellante il giudice di primo grado avrebbe inteso la clausola de qua come disposizione costitutiva di un diritto di opzione a favore del Comune […] e di un contestuale obbligo di non facere (ossia di non cedere il terreno a terzi) a carico della sola […] s.r.l.
Il giudice avrebbe quindi qualificato l’art. 15 come clausola che obbliga e vincola in maniera abnorme la sola parte privata.
Egli non avrebbe altresì tenuto conto del complessivo comportamento delle parti nelle trattative nonché del fatto che l’obbligo di cui si controverte scaturisce non già da una dichiarazione unilaterale ma da una disposizione contenuta in un atto negoziale.
Difetterebbero quindi i presupposti della promessa unilaterale né si tratterebbe di un patto di opzione perché la causa giustificatrice di tale pattuizione non è compatibile con l’attività negoziale della p.a., qualora la medesima sia funzionale – come nel caso di specie – alla composizione di interessi pubblici e privati.
La causa dell’art. 15 della convenzione pubblicistica sottoscritta dalle parti non può individuarsi nell’interesse speculativo a beneficiare di un diritto di opzione rispetto all’acquisto di un bene immobile già di per sé “fuori mercato” (come l’area destinata ad E.R.P.), bensì nell’interesse di entrambe le parti a bilanciare i costi ed i benefici di un intervento urbanistico volto, da un lato, a soddisfare le esigenze dell’amministrazione alla fruizione dell’area E.R.P., come previsto dal P.R.G., previa cessione della relativa proprietà da parte del privato ed all’urbanizzazione della zona stessa e, dall’altro, quelle della proprietaria di un’area caratterizzata in parte da un regime edificatorio ed urbanistico vincolato alle finalità di e.r.p. e quindi non autonomamente fruibile.
L’art. 15 della convenzione stipulata giustificherebbe la stessa fattibilità tecnico-economica dell’intervento costruttivo, come risultante dal piano attuativo approvato, nonché l’ingente investimento effettuato dalla società per rendere possibili, anche attraverso la disponibilità delle risorse finanziarie generate dalla cessione al prezzo convenzionalmente pattuito dell’aera E.R.P., l’esecuzione dell’intervento edilizio programmato sull’ambito sud del comparto e l’integrale urbanizzazione del medesimo.
La società invoca pertanto, come già fatto in primo grado, l’esistenza in capo al Comune di una obbligazione alternativa che opera secondo lo schema specifico del contratto per persona da nominare ex art. 1402 c.c.
Solo tale inquadramento giuridico giustificherebbe le lunghe ed approfondite trattative finalizzate ad integrare la convenzione accessiva al piano attuativo con l’individuazione del prezzo dell’area E.R.P. come pure l’anticipazione da parte della medesima appellante di tutti gli oneri urbanizzativi propri anche di tale area.
Né costituirebbe un valido argomento esegetico il fatto che la società abbia sollecitato solo a partire dal gennaio 2013 l’adempimento dei propri obblighi da parte del Comune, come pure non rileverebbe il fatto che il medesimo Comune abbia, in ipotesi, demandato la realizzazione del comparto E.R.P. ad operatori pubblici o privati individuati attraverso pubblico bando, potendo procedere anche direttamente alla realizzazione degli edifici.
La società contesta infine anche la reiezione della domanda subordinata, volta a ad imporre un termine entro il quale l’amministrazione è tenuta a dare attuazione agli obblighi previsti dall’art. 15 della convenzione.
Sottolinea, al riguardo, che, anche nella denegata ipotesi di qualificazione dell’obbligo sotteso al disposto di cui all’art. 15 della convenzione stipulata quale patto d’opzione, il preteso obbligo unilaterale di […] s.r.l. di garantire la disponibilità, ai fini della successiva alienazione, dell’estesa area E.R.P. all’asserito titolare del diritto di opzione, non potrebbe essere ragionevolmente esteso per un decennio, pena l’evidente svuotamento dei contenuti e delle finalità perseguite dal disposto di cui all’art. 1183 c.c..
L’individuazione di un termine decennale contrasterebbe altresì con le stesse finalità sottese alla stipulazione della convenzione relativa al piano attuativo approvato.
Infatti, se la ratio del piano attuativo è individuabile nella concreta attuazione delle relative previsioni finalizzate alla realizzazione degli interventi edificatori sull’area residenziale privata e su quella residenziale pubblica, nonché nella creazione di un corretto assetto urbanizzativo, risulterebbe incongrua rispetto a tale finalità la facoltà di esercizio del (contestato) diritto di opzione fino ad un momento coincidente con la stessa scadenza del termine di efficacia del piano attuativo, la quale impedirebbe di attuare gli interventi ivi previsti.
5. Si è costituito, per resistere, il Comune […] propugnando anche in appello la tesi secondo cui l’art. 15 della convenzione intercorsa con l’odierna appellante integrerebbe un patto di opzione.
L’amministrazione evidenzia peraltro che anche il contratto preliminare unilaterale – figura cui, nella fattispecie, ha fatto riferimento il T.a.r. – si caratterizza dal punto di vista funzionale per la sussistenza dell’obbligo a contrarre a carico di una sola delle parti.
6. Le parti hanno depositato memorie conclusionali.
In particolare, la società appellante ha ulteriormente sviluppato l’argomentazione secondo cui l’acquisizione dell’area tuttora in proprietà è necessaria per dare attuazione alle previsioni urbanistiche individuate dal P.R.G..
La convenzione urbanistica sottoscritta che la riguarda rientra, infatti, nella categoria degli accordi disciplinati dall’art. 11 della l. n. 241/90 rappresentando uno strumento negoziale di esercizio della funzione amministrativa.
L’esegesi della norma convenzionale proposta dal Comune ne altererebbe la causa, che sarebbe invece connotata da un’equilibrata previsione di obblighi reciproci la cui attuazione garantisce la trasferibilità (secondo la società, altrimenti non conseguibile) del bene di proprietà privata sull’area soggetta al vincolo di edilizia residenziale pubblica.
7. Le parti hanno depositato anche memorie di replica.
Il Comune ha contestato la novità delle argomentazioni relative all’inquadramento della convenzione urbanistica negli accordi di cui all’art. 11 della l. n. 241/1990.
In ogni caso, ha evidenziato che l’art. 15 della convenzione non ha la funzione di sostituire un provvedimento amministrativo ma si inquadra nell’ambito delle normali condizioni previste ai fini dell’esecuzione dei piani urbanistici attuativi.
Ha poi chiarito di essersi comunque impegnato all’individuazione di potenziali acquirenti, esperendo plurimi procedimenti di gara che però sono andati deserti per effetto della contrazione del mercato immobiliare nonché dell’elevato prezzo di cessione concordato.
Stante la situazione di empasse, ha poi dato all’impresa la possibilità di attivarsi direttamente nel reperimento di eventuali soggetti interessati all’acquisizione della zona destinata ad e.r.p., purché, ovviamente, in possesso dei requisiti già enunciati nei pubblicati bandi di gara.
Gli interventi in questione, peraltro, avrebbero potuto essere realizzati anche dalla stessa appellata.
Sarebbe poi la società ad avere effettuato un calcolo imprenditoriale errato nel momento in cui – acquisita l’intera superficie di cui trattasi, comprensiva anche di un’area destinata ad alloggi di e.r.p. – ha ritenuto di finanziare l’attuazione del Piano in rapporto all’intero controvalore dell’area.
8. L’appello, infine, è stato assunto in decisione alla pubblica udienza del 14 giugno 2018.
9. In via preliminare, occorre chiarire alcuni aspetti in fatto, quali emergono dagli atti depositati nel presente processo.
9.1 L’area di cui si verte è classificata dallo strumento urbanistico vigente nel Comune […]quale zona C/2.2 (zone residenziali di espansione per edilizia residenziale libera ed edilizia residenziale pubblica),
In queste zone il P.R.G. «si attua attraverso P.U.A.» con la prescrizione, tra l’altro che «almeno il 40% della capacità insediativa totale è destinata all’edilizia residenziale pubblica ai sensi delle leggi vigenti».
Il Piano Particolareggiato […] è stato approvato con delibera n. 42 del 1 ottobre 2007 ai sensi dell’art. 20 della legge della Regione Veneto n. 11 del 2004.
Nell’ambito di tale piano, l’area riservata all’edilizia residenziale pubblica è stata individuata in un lotto a nord del comparto, evidenziato nella planimetria di cui alla tavola 8 allegata al Piano particolareggiato.
L’approvazione del piano, ai sensi dell’art. 20, comma 12, della l.r. n. 11/2004, ha comportato la dichiarazione di pubblica utilità «per le opere in esso previste per la durata di dieci anni, salvo diverse disposizioni di legge per la singola fattispecie, prorogabile dal comune per un periodo non superiore a cinque anni».
Con la convenzione urbanistica stipulata in data 14.10.2010, la società odierna appellante si è impegnata a realizzare le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, oltre che a cedere e trasferire gratuitamente al Comune le aree “ad uso pubblico” e “tutte le aree a standards” (art. 5) ed altresì, secondo quanto prescrive l’art. 15, qui controverso «a cedere al Comune o ad altro soggetto dal Comune stesso indicato, per la realizzazione di Edilizia Residenziale Pubblica, il lotto a Nord del comparto avente una superficie utile S.U. pari a 1143,36 mq […] e superficie fondiaria pari a mq 1332 […] al prezzo di € 675,00 […] per mq. di superficie fondiaria».
Tale disposizione soggiunge poi che «Entro mesi dieci dalla comunicazione del Comune di individuazione del soggetto assegnatario dell’area E.R.P. quest’ultimo dovrà dar corso alla stipula del rogito di acquisto del lotto presso un notaio dallo stesso indicato, con versamento, in tal sede dell’importo dovuto. Va tenuto conto nella valutazione dell’area dell’incidenza della quota relativa a oneri di urbanizzazione primaria e secondaria in base al parametro della capacità edificatoria».
Dalla lettura dei bandi indetti dal Comune per l’assegnazione dell’area E.R.P. si evince che l’edificazione ivi prevista richiederà la realizzazione di opere di urbanizzazione ulteriori rispetto a quelle inserite nella suddetta convenzione, con assunzione e onere “a carico della ditta lottizzatrice” (cfr. l’art. 3).
9.2. Ciò posto, l’esame delle previsioni di piano e delle pattuizioni intervenute fra le parti, per quanto di interesse nella presente controversia, mette in luce che l’obbligo di cessione dell’area riservata ad E.R.P. da parte della ditta odierna appellante risulta funzionale, prima che all’edificazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, alla realizzazione dell’intervento di edilizia privata dalla stessa progettato, atteso il vincolo derivante dalla disciplina urbanistica vigente nel Comune […].
Come si è visto, il P.R.G. condiziona infatti la realizzazione dell’edilizia “libera” all’approvazione di un Piano attuativo in cui almeno il 40% della capacità insediativa venga destinato ad E.R.P..
Le pattuizioni intervenute configurano poi chiaramente una convenzione urbanistica, e quindi un accordo ad oggetto pubblico con il quale, come ben colto nel caso di specie dalla stessa appellante, l’amministrazione realizza esclusivamente finalità istituzionali.
Poiché i diritti e gli obblighi ivi previsti sono strumentali a dette finalità, la convenzione urbanistica non ha una «specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento di contrapposti interessi delle parti stipulanti» bensì si configura come «accordo endoprocedimentale dal contenuto vincolante quale mezzo rivolto al fine di conseguire l’autorizzazione edilizia» (Cass. civ., Sez. I, 17 aprile 2013, n. 9314).
In tale ottica, non è quindi nemmeno ravvisabile un rapporto strettamente sinallagmatico tra i soggetti stipulanti (cfr. T.a.r. Lombardia, Brescia, 25 luglio 2005, n. 784 e, in precedenza, Cons. Stato, Sez. V, 10 gennaio 2003, n. 33).
Nel caso di specie, è quindi in radice insostenibile la tesi secondo cui la clausola in esame – in disparte la sua inequivocabile formulazione letterale – sarebbe sorretta da una mera causa di scambio, idonea a far sorgere in capo al Comune un obbligo di acquisto del compendio di cui trattasi.
Non occorre spendere molte parole per comprendere che, in tal modo, verrebbe irrimediabilmente condizionata la discrezionalità amministrativa in ordine alla scelta dei tempi e delle modalità di attuazione dell’interesse pubblico perseguito con l’approvazione del P.U.A..
La clausola inserita nella convenzione non costituisce quindi nemmeno un “patto di opzione”, essendo al più assimilabile, come ritenuto dal giudice di prime cure, ad un contratto preliminare unilaterale.
Essa compendia, in definitiva, un atto d’obbligo assunto dal privato al fine di conseguire il permesso di costruire, dal quale promanano «poteri autoritativi della pubblica amministrazione, portatrice di interessi essenzialmente pubblici e non la possibilità per i terzi privati di rivendicare diritti sulla sua base» (cfr., Cass. civ., sentenza n. 1913 del 2014, cit.).
9.3. Per quanto poi concerne il termine di efficacia di tale impegno e, correlativamente, della facoltà attribuita al Comune di esigerne l’adempimento, deve essere ricordato che la perdita di efficacia di un piano urbanistico attuativo non incide sulla validità ed efficacia delle obbligazioni assunte dai soggetti attuatori (Cons. Stato, Adunanza plenaria, 20 luglio 2012, n. 28), dovendosi distinguere – all’interno delle previsioni urbanistiche e successivamente alla scadenza del piano – fra i diversi tipi di prescrizioni, nel senso che «[…] sopravvivono, esclusivamente, la destinazione di zona, la destinazione ad uso pubblico di un bene privato, gli allineamenti, le prescrizioni di ordine generale e quant’altro attenga all’armonico assetto del territorio, trattandosi di misure che devono rimanere inalterate fino all’intervento di una nuova pianificazione, non essendo la stessa condizionata all’eventuale scadenza di vincoli espropriativi o di altra natura ma tutti caratterizzati dall’avere contenuto specifico e puntuale» (da ultimo Cons. Stato, sez. IV, n. 3002 del 2018; n. 4036 del 2017; sez. V, n. 6283 del 2013; sez. IV, n. 5199 del 2006).
In tale ottica, scolorano quindi tutti i rilievi di parte appellante intesi a stigmatizzare il fatto che la facoltà attribuita al Comune e l’obbligo assunto dalla società avrebbero una durata irragionevole in quanto rapportata al termine di efficacia del Piano attuativo.
L’obbligo di cessione delle aree integra infatti, giuridicamente, un’obbligazione propter rem, caratterizzata da realità e ambulatorialità, idonea ad imprimere al bene una qualità giuridica stabile. Ciò a prescindere dal termine di durata del Piano attuativo cui la convenzione accede e dall’eventuale trasferimento del diritto sul bene a titolo particolare o universale, inter vivos o mortiscausa (cfr. Cons. St., Sez. IV, sentenza n. 3672/2018, cit.).
10. Per quanto testé argomentato, l’appello deve essere respinto […]