Consiglio di Stato, Sezione Seconda, Sentenza n. 573 del 2020, pubbl. il 24/01/2020

[…]

FATTO

Con atto d’appello notificato al Comune […] e depositato il 21 luglio 2009 […] ha impugnato in parte qua la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, …, la quale, riuniti per connessione i tre successivi ricorsi proposti dall’attuale appellante e meglio descritti in prosieguo, si è – con condanna alle spese dell’appellante – così pronunciata:
– ha dichiarato improcedibile il ricorso n. …, proposto dall’appellante per l’annullamento, con gli atti prodromici, dell’ordinanza di demolizione n. …, relativa ad opere abusive di completamento su di un fabbricato per civile abitazione composto di seminterrato, piano rialzato, primo e secondo piano – che sia l’appello sia la sentenza appellata riferiscono già oggetto di precedente ordinanza di demolizione impugnata dinanzi allo stesso Tar con precedente ricorso n. …, che la sentenza appellata riferisce “…-”) – perché realizzato senza titolo e in zona identificata al catasto terreni al mappale n. …, con destinazione urbanistica a “zona rurale”, sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale ex decreto legislativo n. … e regolamentato dal Piano territoriale paesistico approvato con decreto ministeriale …, nonché zona di interesse archeologico ex art. 82, comma quinto, del d.P.R. n. 616/1977. La suddetta improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, è stata dichiarata dal Tar per la considerazione che in data 15 maggio 2001, successivamente alla notifica del ricorso (avvenuta in data 13 marzo 2001), parte ricorrente ha proposto per l’abuso realizzato, ai sensi dell’art. 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, istanza d’accertamento di conformità iscritta al numero di protocollo …, cui l’Amministrazione ha dato risposta con il provvedimento esplicito di rigetto, comunicato con nota notificata …, impugnato con il citato ricorso n. …, pure oggetto della sentenza ora appellata (v. infra);
– ha dichiarato inammissibile il ricorso n. …, proposto dall’appellante avverso il verbale d’accertamento dell’inottemperanza alla citata ordinanza di demolizione n. … impugnata con il pure citato ricorso numero n. …. La suddetta inammissibilità, per carenza di interesse, è stata dichiarata dal Tar per la considerazione che quel verbale aveva valore endoprocedimentale ed efficacia meramente dichiarativa delle operazioni effettuate dai Vigili Urbani, e doveva essere poi fatto proprio dalla competente autorità amministrativa attraverso un formale atto d’accertamento;
– ha respinto il ricorso n. …, proposto dall’appellante avverso il diniego, comunicato con lettera notificata in data …, opposto alla suddetta istanza d’accertamento di conformità iscritta al numero di protocollo …. L’impugnato diniego d’accertamento di conformità rilevava trattarsi di abuso realizzato in zona sottoposta a vincoli e in Zona “rurale” del P.d.F. approvato con …, nella quale non sono ammissibili interventi edilizi urbanistici del tipo di quello proposto a sanatoria con l’istanza precitata, essendovi palese contrasto con la destinazione urbanistica e con i parametri edilizi previsti dalla normativa di riferimento e dal Regolamento edilizio in vigore. La sentenza appellata ha respinto questo ricorso numero … rigettandone i rilievi di natura formale e procedimentale, e rilevando che quello impugnato era un atto sostanzialmente vincolato dall’accertamento della mancata rispondenza dell’intervento alla disciplina edilizia comunque vigente al momento della realizzazione del fabbricato; disattendendo altresì il rilievo della ricorrente secondo il quale l’edificio in questione era stato realizzato in un’area di fatto urbanizzata, ed il connesso rilievo che invocava una sentenza di assoluzione in sede penale della ricorrente medesima; assorbendo la tematica, prospettata nel ricorso, relativa al rilievo nel procedimento del parere della Commissione edilizia, e rilevando comunque la natura facoltativa e non obbligatoria del parere di questo organo e di conseguenza rigettando anche le censure, contenute nel secondo motivo di ricorso, d’eccesso di potere, carenza d’istruttoria e difetto di motivazione.
L’appello reca le seguenti censure.
1) error in iudicando – omessa decisione su un punto fondamentale (quanto alla pronuncia sul ricorso n. … avverso il verbale d’accertamento dell’inottemperanza alla citata ordinanza di demolizione n. … impugnata con il pure citato ricorso numero n. …);
2) error in iudicando per erronea applicazione degli artt. 7 e 21-octies della legge n. 241/1990, presupposti erronei ed erronea motivazione (quanto alla pronuncia sul ricorso n. … avverso il diniego opposto dal Comune alla citata istanza d’accertamento di conformità);
3) error in iudicando – inesistenza dell’obbligo della preventiva lottizzazione; erronea applicazione della normativa urbanistica vigente sul territorio, presupposti erronei, erronea motivazione (pure quanto alla pronuncia sul ricorso n. … avverso il diniego opposto dal Comune alla citata istanza d’accertamento di conformità);
4) ulteriore error in iudicando – inesistenza dell’obbligo della preventiva lottizzazione; erronea applicazione della normativa urbanistica vigente sul territorio, presupposti erronei, erronea motivazione (parimenti quanto alla pronuncia sul ricorso n. … avverso il diniego opposto dal Comune alla citata istanza d’accertamento di conformità);
5) error in iudicando in relazione all’assunta irrilevanza dell’inesistenza di violazione delle disposizioni di cui al regio decreto n. 1497/1939.
Il Comune […] si è costituito.
In esito ad avviso di perenzione consegnato in data 29 luglio 2014 parte appellante ha depositato, in data 17 dicembre 2014, domanda di fissazione di udienza.
L’appellante ha depositato una memoria in data 4 novembre 2019, ribadendo e integrando i propri assunti.
La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 10 dicembre 2019.

DIRITTO

L’appello non è fondato.
1.- Il primo motivo d’appello:
– afferma “Essendo stata peraltro presentata la istanza di concessione in sanatoria, l’ordinanza di demolizione aveva perso la sua efficacia come affermato dallo stesso giudicante in relazione a quest’ultimo procedimento (n.d.r.: come affermato dall’appellata sentenza dichiarando l’inammissibilità del ricorso n. … avverso quell’ordinanza di demolizione). Ne discende che non era neppure ipotizzabile, alla presenza di un provvedimento non più efficace, procedere all’accertamento della mancata ottemperanza all’ordine di demolizione non più esistente.”;
– e prosegue: “conseguenzialmente, non potevano maturare gli effetti conseguenti del decorso del termine assegnato per la demolizione spontanea, e quindi l’acquisizione dell’opera al patrimonio comunale. Illegittimamente, pertanto, il Comune ha provveduto alla trascrizione nei registri immobiliari l’acquisizione al patrimonio comunale del bene de quo. […]. Mancano, ai fini dell’acquisizione al patrimonio comunale, anche requisiti di carattere formale […]. In mancanza dei presupposti, il provvedimento è chiaramente illegittimo”.
Il primo dei due rilievi, laddove volesse intendersi (come parrebbe da ritenersi in base al thema decidendum della sentenza appellata) quale autonoma censura alla statuizione d’inammissibilità fatta dall’appellata sentenza con riferimento al ricorso n. … perché avverso atto endoprocedimentale, sarebbe un rilievo infondato: a prescindere dall’efficacia del pregresso ordine di demolizione il verbale d’accertamento di ottemperanza impugnato con quel ricorso numero … restava comunque, come rilevato dalla sentenza appellata, atto privo di efficacia lesiva perché endoprocedimentale.
Il secondo dei due rilievi è inammissibile per violazione del divieto di nova di cui all’articolo 104 del codice del processo amministrativo, poiché contesta, per la prima volta in appello, l’acquisizione dell’opera abusiva al patrimonio comunale, peraltro senza nemmeno indicare gli estremi degli atti relativi, così risultando anche inammissibile per genericità.
1.2 – Le ulteriori censure d’appello contestano la parte della sentenza gravata che ha respinto il ricorso n. …, proposto dall’appellante avverso il diniego opposto all’istanza d’accertamento di conformità dell’abuso edilizio.
Le censure sono infondate, così come di seguito esposto.
Diversamente da quanto asserito dall’appellante la negativa pronuncia sulla domanda d’accertamento di conformità di cui all’art. 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (poi art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) – pronuncia che ha natura vincolata e non è rimessa a valutazioni discrezionali dell’Amministrazione, mancando nella fattispecie l’indefettibile requisito della “doppia conformità” (vedi infra) – non necessitava di comunicazione di avvio del procedimento, perché atto finale di una procedura attivata dalla stessa interessata (confr., per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 30 settembre 2002, n. 5058, emessa nel contesto normativo anteriore alla legge 11 febbraio 2005, n. 15, che ha introdotto nella legge 7 agosto 1990, n. 241 l’articolo 10-bis, sulla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza).
Né la necessaria doppia conformità – riferendosi alla disciplina urbanistica ed edilizia del luogo sia al momento della realizzazione dell’abuso sia al momento della presentazione della domanda, e non invece a circostanze di fatto – poteva ritenersi concretata dalla circostanza che, come affermato dall’appellante, l’abuso era stato realizzato in “zona quasi totalmente urbanizzata ed edificata”.
La stessa appellante rileva che la zona era qualificata “rurale”; ma è incontestato che l’abuso si concretava in una civile abitazione composta di seminterrato, piano rialzato, primo e secondo piano, e dunque incompatibile con la ruralità del sito.
Né può avere rilievo il Piano urbanistico comunale pure richiamato dall’appellante: il Piano era stato adottato con delibera commissariale n. …, e riadottato, in seguito ad osservazioni, con delibera n. …; sicché esso, concretando disciplina urbanistica ed edilizia sopravvenuta anni dopo l’impugnato diniego di sanatoria, che risale all’anno 2002, era irrilevante quanto alla richiesta doppia conformità.
Parimenti priva di rilievo è la circostanza che un’urbanizzazione dell’area non ne impone la lottizzazione: il diniego di sanatoria non si basava su una necessità di lottizzazione ma sull’assenza del suddetto requisito della “doppia conformità”.
L’evidente contrasto dell’opera realizzata con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia alla data di realizzazione dell’abuso sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria, mostra, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, l’adeguatezza della motivazione del diniego, espressamente basato sulla non conformità dell’opera alla diacronica disciplina urbanistica del sito di insistenza.
Il Programma di fabbricazione era pur sempre strumento di disciplina urbanistica ed edilizia, con il quale di conseguenza – e diversamente da quanto asserito dall’appellante – l’abuso realizzato doveva essere posto a raffronto ai fini di un eventuale assenso edilizio in sanatoria.
Correttamente infine la sentenza appellata ha rilevato l’ininfluenza sulla domanda di sanatoria dell’assoluzione dell’appellante dal reato di cui all’articolo 734 del codice penale (“Distruzione o deturpamento di bellezze naturali”), essendo diversi e non assimilabili i presupposti di quella responsabilità penale con i presupposti che hanno escluso la ripetuta doppia conformità urbanistico-edilizia.
2. – L’appello va dunque respinto. […]