[…]
FATTO
Con atto d’appello notificato al Comune […] in data 11 gennaio 2011 (data di spedizione) e depositato in data 1° febbraio 2011 il […] ha impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, n. 8318/2009 del 2 dicembre, la quale ha respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante avverso il provvedimento comunale n. … del … 2008, d’annullamento del permesso di costruire n. … del … 2007 precedentemente assentito dal Comune al medesimo […] per la sopraelevazione dell’immobile sito in …, via …, al fine di potervi realizzare due appartamenti.
L’annullamento è stato disposto sul rilievo che, a seguito di esposto della parte confinante e del conseguente sopralluogo compiuto dalla Polizia municipale, erano emerse circostanze non evidenziate nell’istanza edificatoria, ed era risultato che lo stato dei luoghi non era stato pienamente rappresentato, non essendo stata, riferiva l’annullamento, “evidenziata la presenza di pareti finestrate sulla proprietà a confine, tanto più che sul solaio del piano rialzato interessato dalla sopraelevazione a farsi è stata raffigurata la preesistenza di una muratura cieca di altezza superiore a 3 mt. Nel corso dell’accertamento si è invece avuto modo di constatare che detta muratura si presentava di nuova realizzazione; e che comunque la stessa non trovava legittimazione in ·precedenti titoli abilitativi relativi al fabbricato”.
La sentenza appellata ha rigettato il ricorso disattendendo le prospettazioni in fatto e in diritto dell’attuale appellante.
L’appello:
1) premette che l’appellante, in data … 2011, ha presentato al Comune istanza di rilascio di permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; e prospetta che la pendenza del procedimento di sanatoria determina conseguentemente, l’illegittimità dei provvedimenti impugnati dinanzi al Tar;
e denuncia:
2) Erroneità del provvedimento. Inesistenza della difformità contestata dal Comune. Assenza di pareti finestrate sul confine. Sproporzione della sanzione;
3) Violazione dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990. Genericità del provvedimento di autotutela;
4) Violazione degli artt. 3 e 10 della legge n. 241/1990. Insufficiente valutazione delle difese sviluppate dal ricorrente.
In esito ad avviso di perenzione consegnato in data … 2016 parte appellante ha depositato, in data 3 agosto 2016, domanda di fissazione d’udienza.
Il Comune […] si è costituito per resistere, e con memoria depositata il 30 luglio 2019 ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica ad alcuno dei controinteressati e contestato nel merito la fondatezza dell’appello.
L’appellante ha replicato.
Entrambe le parti hanno depositato documenti.
La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 22 ottobre 2019.
DIRITTO
Si prescinde dall’eccezione d’inammissibilità del ricorso di primo grado (a tutto concedere, comunque, si osserva che, avendo l’originario ricorrente notificato il ricorso ad uno dei due controinteressati, l’originario ricorso non poteva essere dichiarato inammissibile, ma, semmai, si sarebbe potuto porre unicamente un problema di disintegrità parziale del contradittorio di primo grado) perché l’appello è infondato nel merito (art. 95 c. IV c.p.a.).
1.1- La circostanza che l’appellante abbia prodotto al Comune, in data … 2011, istanza di rilascio di permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 è priva di rilievo; sia perché la domanda è stata prodotta dopo la pubblicazione della sentenza appellata, avvenuta in data 2 dicembre 2009; sia perché, come evidenziato dal Comune, quella domanda di sanatoria è stata respinta con provvedimento prot. n. … dell’… 2011, in atti.
1.2. – Le successive contestazioni, rubricate sub 2) nell’appello (erroneità del provvedimento; inesistenza della difformità contestata dal Comune; assenza di pareti finestrate sul confine; sproporzione della sanzione; conseguente erroneità e carenza motivazionale della sentenza appellata) sono infondate, così come di seguito specificato.
L’atto impugnato in primo grado espone così le circostanze fattuali che ne sono alla base: “ […] lo stato dei luoghi non è stato pienamente rappresentato: in particolare, non è stata evidenziata la presenza di pareti finestrate sulla proprietà a confine, tanto più che sul solaio del piano rialzato interessato dalla sopraelevazione a farsi è stata raffigurata la preesistenza di una muratura cieca di altezza superiore a 3 mt. Nel corso dell’accertamento si è avuto modo di constatare che detta muratura si presentava di nuova realizzazione e che, comunque, la stessa non trovava legittimazione in precedenti titoli abilitativi relativi al fabbricato.”.
In proposito l’appello afferma che, come già evidenziato nel corso del giudizio di primo grado e non adeguatamente considerato dal Tar, non esiste (e non esisteva) alcuna parete finestrata sul confine, e che la parete non finestrata rinvenuta sui luoghi è da sempre esistita, risultando chiaramente visibile tanto dalla documentazione fotografica quanto dai grafici di progetto allegati alla richiesta dell’annullato permesso di costruire.
In proposito si osserva che l’annullamento si riferisce a “pareti finestrate sulla proprietà a confine”, non già alla “parete non finestrata rinvenuta sui luoghi”, presente “sul confine” e indicata nei grafici di progetto, allegati alla richiesta dell’annullato permesso di costruire e che l’impugnato provvedimento ha rilevato essere non pienamente rappresentativi dello stato dei luoghi.
L’appello afferma altresì che erroneamente l’impugnato provvedimento, e di conseguenza la pronuncia del Tar che ne ha ravvisato la legittimità, si è basato sulla considerazione che la parete rappresentata sul progetto era stata realizzata solo di recente. Questo assunto dell’Amministrazione sarebbe smentito nella documentazione fotografica allegata alla richiesta di permesso di costruire, da cui si evincerebbe chiaramente la presenza del muro in questione; e – prosegue l’appello – era stato smentito dallo stesso odierno appellante con nota acquisita al protocollo comunale il … 2008, la quale aveva precisato: “la parete a confine di altezza superiore a mt. 3,00, esisteva già da molti anni, la stessa in fase di esecuzione dell’opera di cui al permesso di costruire n. … 2006 è stata oggetto di bonifica strutturale […] per soddisfare il grado di sismicità attualmente imposto dalla normativa vigente in materia, che nel Comune […] prevede 5=9 (ecco perché la parete posta a confine oggi appare come fosse di nuova costruzione)”.
Il Comune avrebbe ignorato questa prospettazione, ed erroneamente emesso l’impugnato atto di autotutela, basato sul falso presupposto della pregressa inesistenza del muro suddetto.
L’assunto è infondato, poiché, come rilevato dalla sentenza appellata, nell’impugnato provvedimento di autotutela è valutata correttamente la situazione dei luoghi, prendendo atto anche delle prospettazioni procedimentali dell’attuale appellante, e correttamente ritenendole non rilevanti per carenza di adeguata prova su di esse, specificando altresì che l’opera in muratura di cui si discute non trovava, in ogni caso, legittimazione in precedenti titoli abilitativi.
Parimenti infondato è il rilievo secondo cui l’Ente, nel momento in cui ha rilevato opere nuove non autorizzate, piuttosto che procedere all’annullamento del permesso di costruire avrebbe dovuto intimare solo ed esclusivamente la demolizione delle opere ritenute abusive: come precisato dapprima nell’impugnato provvedimento e poi nella sentenza appellata, era lo stesso assenso edilizio oggetto d’annullamento in autotutela a risultare erroneo, perché basato una infedele rappresentazione della realtà.
La circostanza che i lavori, sospesi in data … 2007 per la mancanza di documentazione circa l’avvenuto deposito dei calcoli al competente ufficio del Genio civile, sono stati poi ripresi dopo comunicazione dell’appellante circa l’avvenuto deposito di quei calcoli, è circostanza irrilevante sul fondamentale rilievo alla base dell’atto impugnato e delle contestate considerazioni del Tar: il contrasto fra la situazione prospettata nella domanda di permesso di costruire e l’effettiva situazione sulla quale la richiesta edificazione andava a sovrapporsi.
L’appellante precisa che, come evidenziato in una perizia da depositare, e poi in effetti qui depositata (vedi la “Relazione tecnica illustrativa sulle valutazioni architettoniche ed urbanistiche dell’opera”, datata … 2011 ed allegata alla memoria depositata in questo giudizio d’appello il 9 agosto 2019):
1) il fabbricato esistente al piano terra-rialzato di proprietà dell’appellante è legittimo per essere stato edificato in conformità a permesso di costruire n. …/…;
2) lo stesso fabbricato è stato edificato prima dei fabbricati confinanti, come dimostrato dai titoli abilitativi alla edificazione;
3) al piano primo del fabbricato dell’appellante […] erano presenti fabbricati posti sul confine mentre su una porzione dei confini era preesistente una parete di altezza superiore a ml 3,00, come ampiamente documentato dalla documentazione fotografica posta a corredo dell’istanza del permesso di costruire n. … 2007.
In proposito, anche a prescindere dalla tardività della documentazione ai sensi dell’art. 104, comma 2, del codice del processo amministrativo, si osserva quanto segue:
Le considerazioni sub 1) e 2) sono irrilevanti, perché si riferiscono a edificazioni diverse dalla sopraelevazione oggetto dell’annullato permesso di costruire;
La considerazione sub 3) non fa che riproporre un richiamo alla documentazione fotografica a corredo della domanda relativa all’annullato permesso di costruire, e quindi a documentazione inidonea a contrastare il rilievo dell’atto impugnato di mancata indicazione di “presenza di pareti finestrate sulla proprietà a confine”; ed altresì ininfluente sulla circostanza che in ogni caso il muro in argomento (quand’anche oggetto, come affermato dall’appellante, di bonifica strutturale antisismica, peraltro effettuata dopo il permesso di costruire e non previamente comunicata all’Amministrazione) risultava privo di pregresso assenso edilizio.
L’ulteriore affermazione secondo cui l’odierno appellante, all’atto della presentazione della domanda del permesso di costruire prima concesso e poi annullato, avrebbe fedelmente riportato lo stato dei luoghi ove eseguire l’intervento risulta, in quanto priva di ulteriori prospettazioni, meramente assertiva.
1.3 – Gli ulteriori rilievi, rubricati sub 3) nell’appello (“Violazione art. 21-nonies della legge n. 241/1990. Genericità del provvedimento di autotutela”) sono anch’essi da respingere.
Nell’esercizio del potere d’annullamento in autotutela esercitato con l’impugnato provvedimento del … 2008 sul permesso di costruire n. … del … 2007 (e quindi non dopo circa ventiquattro mesi, come affermato dall’appellante, ma dopo circa diciassette mesi) non è stato violato l’art. 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241.
La disposizione, nel testo vigente alla data dell’atto impugnato, prevedeva l’esercizio del potere d’annullamento in autotutela di un atto amministrativo illegittimo “sussistendone le ragioni di interesse pubblico” ed “entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati”.
Nella fattispecie l’adozione dell’atto di autotutela dopo circa diciassette mesi appare rispettosa del “termine ragionevole” imposto dalla legge (confr. Cons. Stato, Sez. VI, 27 febbraio 2012, n.1081), ed invero altresì rispettosa del termine di diciotto mesi successivamente posto dalla novella legislativa di cui all’art. 6, comma 1, lett. d), n. 1), della legge 7 agosto 2015, n. 124; tanto più ove si consideri che la comunicazione d’avvio del procedimento è stata adottata il … 2008 (quattordici mesi dopo l’assenso edilizio oggetto di autotutela), tenuto conto altresì degli accertamenti e delle valutazioni demandate all’Amministrazione procedente.
Quanto alla comparazione degli interessi coinvolti (interesse pubblico, interesse dei destinatari e dei controinteressati) l’atto di autotutela ha considerato, oltre all’evidente interesse pubblico, l’interesse dei frontisti, titolari degli immobili con pareti finestrate e lesi dalla edificazione basata su un erroneo titolo edilizio, ritenendo recessivo, rispetto agli interessi contrapposti, l’interesse privato al mantenimento degli effetti dell’erroneo titolo edilizio; ciò anche in applicazione del principio, sottolineato dal giudice di prime cure, secondo il quale se è stata rappresentata una situazione dei luoghi difforme da quanto in realtà esistente e tale difformità costituisce un vizio di legittimità del titolo edilizio, determinato dallo stesso soggetto richiedente, la circostanza costituisce ex se ragione idonea e sufficiente per l’adozione del provvedimento d’annullamento, sì da poter prescindere, in simili casi, dalla valorizzazione dell’interesse del titolare del viziato permesso di costruire (v. Cons. Stato, Sez. IV, 27 agosto 2012 n. 4619).
Correttamente pertanto il Tar, anch’esso richiamando i principi testé esposti, ha rigettato sul punto le censure di primo grado.
1.4 – Anche l’ultima censura del ricorso (“Violazione artt. 3 e 10 della legge n. 241/1990. Insufficiente valutazione delle difese sviluppate dal ricorrente”) va respinta.
Come rilevato, seppur sinteticamente, dal Tar, le lamentate violazioni del procedimento sono da escludere: l’atto impugnato in primo grado ha considerato e valutato le osservazioni dell’appellante alla comunicazione d’avvio del procedimento, alla quale – come espressamente riferisce l’atto impugnato – ha fatto seguito anche un contraddittorio orale; ha rilevato che le osservazioni svolte dall’interessato non erano accoglibili in quanto non era stata fornita la prova della legittimità della muratura cieca in questione; ha rilevato che il rilascio del permesso di costruire si era basato su una rappresentazione non completa dello stato di fatto fornita dal richiedente (preesistenza della muratura e non raffigurazione di parete finestrate sulla proprietà a confine); ha rilevato che in esito alle ulteriori risultanze istruttorie ed in sede di sopralluogo era emerso che la muratura preesistente non trovava legittimazione in alcun titolo abilitativo mentre sulla proprietà edificata sul fondo confinante vi erano delle pareti finestrate non evidenziate sui grafici sì da imporre l’annullamento del permesso di costruire, non sussistendone i presupposti che ne avevano determinato il rilascio ai sensi dell’art 39 comma 6, delle Norme tecniche di attuazione al vigente Piano regolatore generale.
Anche il rilievo del Tar circa la natura sostanzialmente vincolata del provvedimento impugnato, tale da non comportare comunque annullabilità dell’atto per violazione di norme di forma o del procedimento (violazione peraltro non ravvisabile nel caso di specie, come risulta da quanto sopra esposto) è da condividere, poiché nella fattispecie la diversa rappresentazione della realtà dei grafici, rendeva necessitata e vincolante l’adozione, da parte dell’Amministrazione comunale, del provvedimento d’annullamento in autotutela; sicché il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (v. Cons. Stato, Sez. IV, 27 agosto 2012 n. 4619).
2. – L’appello va dunque respinto. […]