Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 2419 del 2020, pubbl. il 14/04/2020

[…]

FATTO e DIRITTO

1. – Le vicende che fanno da presupposto al giudizio di appello n. R.g. 7600/2011 possono rappresentarsi in estrema sintesi come segue.
Il signor […], è proprietario di un immobile sito nel Comune … (identificato come in atti e che, in forza del Piano regolatore generale entrato in vigore nel 2006, insiste in una ZTRI, zone a tessuto urbano prevalentemente residenziale, con indice edificatorio di 2,00 mc./mq. ed altezza massima di 10,00 mt.) rispetto al quale il predetto comune aveva rilasciato in favore della sua dante causa, la società …, il permesso di costruire n. … 2007 con il quale era assentito un intervento che comportava la trasformazione dell’immobile anche mediante incremento della volumetria.
Più in particolare, riferisce l’appellante, il lotto interessato aveva un’ampiezza di … mq. ed in concreto l’immobile misurava mc. …, presentando quindi una volumetria inferiore a quanto consentito nella zona (mc. .. pari a mq. …).
Nello specifico il permesso di costruire rilasciato nel 2007 alla società dante causa del […] era volto a consentire la demolizione di una preesistente villa unifamiliare e la successiva realizzazione, su sedime differente, di un fabbricato di 5 unità abitative avente volume di mc. … (…. di recupero sottotetto).
Detto intervento edilizio era ultimato nel … del 2009, in epoca antecedente rispetto alla entrata in vigore della legge della Regione Lombardia 16 luglio 2009 n. 13.
Soggiunge sul punto l’appellante che la Regione Lombardia, con la suindicata legge regionale, aveva introdotto la disciplina di attuazione dell’istituto del c.d. piano casa e detta legge, all’art. 3, comma 1, consentiva la possibilità di incrementare il volume di edifici residenziali esistenti alla data del 31 marzo 2005 nella misura del 20%. Conseguentemente il […], che aveva acquistato una delle unità immobiliari del nuovo fabbricato, presentava al Comune … domanda per il rilascio di un permesso per realizzare opere di sopralzo dell’edificio esistente al fine di ricavare un piano terzo su parte dell’edificio, con un incremento della volumetria nella misura di mc. …, e quindi in misura inferiore al 20% della volumetria esistente alla data del 31 marzo 2005 (che era pari a mc. …).
Il […] nell’atto di appello segnala anche due ulteriori circostanze relative al procedimento inerente alla richiesta del permesso di realizzare il detto incremento di volumetria:
– al momento della presentazione dell’istanza la volumetria dell’edificio era erroneamente quantificata in mc. …, ma il calcolo non era corretto perché non era stata operata la detrazione dei volumi derivanti dai maggiori spessori necessari a garantire risparmio energetico (non computabili in virtù della legge regionale n. 26/1995), tanto che nel corso del giudizio di primo grado veniva depositata una tabella esplicativa afferente al corretto calcolo della volumetria del fabbricato pari a mc. 1…;
– in occasione della richiesta di rilascio del permesso di costruire non veniva allegata la documentazione tecnica comprovante il raggiungimento del risparmio energetico nella misura del 10%, adempimento probatorio che veniva effettuato nel corso del giudizio di primo grado.
In ragione di quanto sopra il Comune … procedeva al rilascio del permesso di costruire … 2010 n. … 2010 con il quale era assentita la realizzazione dell’incremento volumetrico, consistente nella effettuazione di opere di sopralzo dell’edificio, così come richiesto dal […].
2. – Il signor … impugnava detto permesso di costruire dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Brescia, ritenendolo illegittimo per i due seguenti motivi:
– violazione dell’art. 3 l.r. 13/2009 perché detta norma consente l’incremento volumetrico per i soli edifici residenziali esistenti alla data del 31 marzo 2005, mentre l’immobile di proprietà del […], per effetto dell’intervento edilizio assentito dal comune nel 2007, è stato trasformato radicalmente e quindi non può considerarsi riconducibile alla categoria degli immobili “esistenti al 31 marzo 2005”, oltre al fatto che l’immobile non avrebbe dovuto presentare una volumetria superiore a 1.200 mc. e che, comunque, non era dimostrato il rispetto della disciplina in tema di risparmio energetico;
– violazione dell’art. 35 l.r. 12/2005 e dell’art. 11 d.P.R. n. 380/2001 in ragione della mancata acquisizione del consenso all’incremento volumetrico da parte dei proprietari delle unità immobiliari del condominio interessato al sopralzo.
3. – Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Brescia, con sentenza della Sezione Prima 27 maggio 2011 n. … accoglieva il primo motivo di ricorso dedotto dal …, assorbendo – seppur parzialmente – le ulteriori censure proposte.
Il Tribunale amministrativo, infatti, ha ritenuto che nella specie i presupposti richiesti dall’art. 3 l.r. 13/2009 non sussistessero in quanto, per effetto del permesso di costruire rilasciato nel 2007 ed in ragione delle opere conseguentemente effettuate (demolizione di una villa unifamiliare e ricostruzione di un nuovo fabbricato) l’immobile esistente alla data presa in considerazione dalla legge (31 marzo 2005) non esisteva più, perché “sostituito da un altro che ha differenti caratteristiche e maggiore volumetria. (…) Infatti, anche se è stata mantenuta la precedente area di sedime (…) è stato comunque realizzato un edificio di forma e struttura del tutto differente dal preesistente e avente un ben maggiore volumetria (…)” (così, testualmente, a pag. 10 della sentenza qui oggetto di appello). Né potrebbe validamente sostenersi che i lavori realizzati nel 2007-2009 possano ricondursi alla categoria dei lavori di ristrutturazione edilizia, in quanto anche facendo propri i più recenti approdi giurisprudenziali in materia “la ristrutturazione, se può spingersi fino all’estremo della demolizione e successiva ricostruzione del fabbricato, sconta però in tal caso il vincolo che il nuovo edificio deve essere del tutto fedele a quello preesistente” (così, testualmente, a pag. 11 della sentenza qui oggetto di appello).
Ad avviso del primo giudice anche due ulteriori profili di contestazione colgono nel segno in quanto:
a) per quel che concerne il ricalcolo delle volumetrie questo è stato dimostrato non in sede di presentazione dell’istanza per il rilascio del permesso di costruire impugnato in primo grado ma è contenuto (solo) nella perizia prodotta in giudizio dal […], non potendo dunque il giudice tenerne conto ai fini della decisione visto che non risulta ammissibile introdurre in sede processuale una nuova e differente modalità di calcolo del volume rispetto a quella che era stata prospettata in sede di richiesta del titolo;
b) in sede di presentazione dell’istanza di rilascio del permesso di costruire non è stata offerta dimostrazione, da parte del richiedente, della realizzazione del risparmio energetico, che pure è pretesa dalla norma regionale, né tale prova può essere fornita a lavori ormai conclusi. D’altronde sebbene la previsione di cui all’art. 2, comma 2, l.r. 13/2009 richieda la presentazione di una certificazione sul risparmio energetico a fine lavori (volta a confermare l’esatta esecuzione dei lavori stessi), ciò non esclude che il conseguimento di una diminuzione del fabbisogno energetico dovesse essere già comprovato in sede progettuale.
Il Tribunale amministrativo ha poi respinto il secondo motivo di ricorso proposto dal … atteso che il lastrico solare oggetto dell’intervento è stato venduto in via esclusiva al […] dalla società dante causa, sicché nessuna richiesta di autorizzazione condominiale doveva essere pretesa.
4. – Il […] ha proposto appello nei confronti della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia chiedendone la riforma per i seguenti motivi:
a) se è vero che la disciplina regionale della Lombardia sul c.d. piano casa, di cui alla l.r. 13/2009, è chiaramente preordinata a favorire interventi volti alla riqualificazione del patrimonio edilizio, anche consentendo di derogare agli indici ed ai parametri edificatori della strumentazione locale, ammettendo la possibilità, anche in deroga alle previsioni quantitative degli strumenti urbanistici, di procedere ad incrementi fino al 20% della volumetria esistente di edifici residenziali, purché esistenti alla data del 31 marzo 2005, e di volumetria non superiore a 1.200 (e sempre che venga dimostrata una diminuzione superiore al 10% del fabbisogno annuo di energia primaria per la climatizzazione invernale), pare evidente, a differenza di quanto erroneamente ritenuto dal primo giudice, che sussistano nella specie tutti i presupposti richiesti dalla legge regionale per consentire il rilascio del titolo abilitativo ad effettuare operazioni di incremento della volumetria, anche perché l’edificio è sempre esistito. Peraltro la circostanza che l’edificio nel corso degli anni sia stato demolito e ristrutturato (con ampliamento) non assume alcun rilievo (diversamente da quanto affermato dal giudice di primo grado) al fine di (non) ritenere possibile l’applicazione dell’istituto del c.d. piano casa, laddove si consideri che la destinazione residenziale non è mai venuta meno e che l’ampliamento calcolato ai fini dell’applicazione della l.r. 13/2009 è stato limitato alla consistenza volumetrica esistente e cristallizzata al 31 marzo 2005 e tenuto anche conto che detta legge regionale non impone che l’edificio, oltre che esistente alla data del 31 marzo 2005, debba rimanere tal quale nel tempo;
b) neppure coglie nel segno la sentenza di primo grado laddove il primo giudice sostiene che, al momento della richiesta di rilascio del permesso di costruire ai sensi della l.r. 13/2009, non fosse stata allegata una planimetria idonea a dimostrare la consistenza volumetrica effettiva, onde poter verificare l’esistenza del presupposto per il rilascio del titolo abilitativo a costruire consistente nella presenza di una volumetria (dell’immobile sul quale si intendeva intervenire) nei limiti della previsione normativa. In effetti nella tabella allegata al momento della richiesta di rilascio del titolo abilitativo la indicazione della volumetria dell’edificio pari a 1.408,44 mc. non era corretta, mentre la reale volumetria era pari a mc. 1.168,28, come è stato dimostrato dalla tabella depositata in corso di causa, oltre a quanto è emerso dal sopralluogo del comune durante il quale è stato accertato che l’effettiva consistenza dell’immobile fosse inferiore a 1.200 mc;
c) quanto poi al capo della sentenza nel quale si afferma che la dimostrazione del conseguimento del risparmio energetico connesso alla realizzazione del nuovo immobile doveva essere offerta ex ante e non all’esito della realizzazione dei lavori, nel denunciare la erroneità di tale assunto l’odierno appellante ricorda come l’art. 3, comma 2, della legge regionale n. 13/2009 non impone affatto di dimostrare ex ante il risparmio energetico, ma fa obbligo all’interessato di produrre una “diminuzione certificata del fabbisogno di energia”, sicché è irragionevole pensare che una dimostrazione certificata del risparmio possa essere conseguita a lavori ancora da completarsi.
In ragione di quanto sopra l’appellante chiede la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Brescia, Sez. I, 27 maggio 2011 n. 791.
5. – Si è costituito in giudizio il Comune … che ha aderito pienamente all’appello proposto dal […]. Nel merito il predetto comune ha segnalato come la zona in cui insiste l’immobile è caratterizzata da un intenso sfruttamento edilizio ed in particolare ha ricordato come “(…) la circostanza che il titolo edilizio impugnato non avesse sfruttato la capacità raggiunta con l’intervento del 2007, ma quella che, come impone la norma, esisteva al 31 marzo del 2005, è utile a dimostrare come l’intervento contestato fosse, invece, chiaramente consentito nei limiti previsti dalla LR n.13 del 2009” (così, testualmente, a pag. 3 della memoria del Comune).
Di conseguenza il Comune chiedeva che, in accoglimento dell’appello proposto dal […], venisse riformata la sentenza di primo grado, con conseguente conferma della legittimità del permesso di costruire a suo tempo rilasciato.
6. – Si è costituito altresì nel giudizio di appello il vicino del […], signor […], che aveva proposto il ricorso in primo grado definito con la sentenza del TAR per la Lombardia che è oggetto di questo giudizio di secondo grado.
Nel confermare la correttezza della decisione adottata dal primo giudice, posto che il signor […] ha ritenuto di (ri)formulare nel grado di appello le contestazioni (in chiave di controdeduzioni) a suo tempo mosse al ricorso di primo grado presentato dal signor […] e non esaminate dal Tribunale amministrativo, in quanto assorbite dalla fondatezza del primo motivo di ricorso proposto dal predetto […], quest’ultimo ha promosso appello incidentale nei confronti della sentenza nella parte in cui non ha esaminato gli ulteriori motivi di ricorso.
Instava quindi per la reiezione dell’appello e, comunque, per l’accoglimento dell’appello incidentale riferito ai motivi di censura dedotti in primo grado e non scrutinati dal Tribunale amministrativo in quanto ritenuti assorbiti dalla dichiarata fondatezza del primo motivo di ricorso.
7. – Accadeva che, in epoca successiva rispetto ai fatti come sopra descritti e, soprattutto, rispetto alla emanazione della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Brescia, Sez. I, 20 aprile 2011 n. 791, in seguito a ricorso per ottemperanza proposto dal […] (poi dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse alla decisione dal TAR per la Lombardia, sede di Brescia), il Comune […], con provvedimento … 2014 n. … rilasciava al signor […] un permesso di costruire in sanatoria per le stesse opere che avevano fatto oggetto del permesso di costruire … 2010 n. …2010, che era stato annullato dalla surrichiamata sentenza 791/2011.
Il […] impugnava dinanzi al TAR per la Lombardia anche il suddetto atto di sanatoria sostenendone la illegittimità in quanto:
– la c.d. fiscalizzazione del contestato abuso si potrebbe accordare solo in caso di annullamento del titolo edilizio per ragioni formali e non già sostanziali, come accaduto nel caso di specie per effetto di quanto dichiarato con la sentenza n. 791/2011;
– è evidente il difetto di motivazione dell’atto assunto in sanatoria per non avere il comune tenuto conto della memoria presentata nel corso del procedimento dal […] con la quale egli aveva sostenuto la impossibilità della sanatoria edilizia mediante il bonus volumetrico, perché riferita ad una sola parte dell’edificio;
– con l’adozione del provvedimento di sanatoria il comune ha violato dell’art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (recante il T.U. dell’edilizia), per assenza del requisito della cd. doppia conformità, dal momento che già la sentenza n. 791/2011 del TAR per la Lombardia aveva escluso che l’intervento edilizio fosse assentibile al momento della sua realizzazione;
– il provvedimento impugnato è affetto da eccesso di potere, in quanto deve escludersi che si poteva rilasciare una sanatoria relativa alle opere realizzate sull’immobile di proprietà […] ai sensi della l.r. 4/2012, visto che il presupposto della stessa è rappresentato da un miglioramento dell’efficienza energetica di tutto l’edificio, mentre nel caso di specie il beneficio riguarda solo una parte del fabbricato;
– è stato violato l’art. 38 d.P.R. 380/2001 perché nel provvedimento di sanatoria non sono adeguatamente esplicitate le ragioni per cui non si è proceduto alla demolizione dell’immobile nella parte in cui erano state realizzate le opere abusive.
8. – Il Tribunale amministrativo regionale decideva di disporre verificazione (affidandola al responsabile dell’Ufficio tecnico della Provincia …), oltre a chiedere al Comune … il deposito di tutta la documentazione utilizzata nel corso del procedimento e sulla quale gli uffici comunali hanno fondato le ragioni per rilasciare il titolo in sanatoria.
Il controinteressato (nel giudizio di primo grado) […] produceva una perizia di parte.
Il Tribunale amministrativo regionale, in via preliminare, chiariva che il procedimento che ha dato luogo all’adozione del provvedimento in sanatoria, impugnato dal […], muove da due istanze presentate dal signor […] al Comune di […] ed aventi differenti obiettivi:
1) con una prima istanza il […] intendeva ottenere, con riferimento ad una porzione dell’intervento sull’immobile di sua proprietà, il rilascio di un titolo edilizio postumo per accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 d.P.R. 380/2001;
2) con una seconda domanda il predetto intendeva mantenere la restante parte della struttura, che avrebbe dovuto essere demolita ai sensi dell’art. 38 d.P.R. 380/2001 in seguito all’annullamento, per effetto della sentenza del TAR per la Lombardia, sede di Brescia, n. 791/2011, del permesso di costruire … 2010 n. …, attraverso lo strumento della c.d. fiscalizzazione dell’abuso, chiedendo la sostituzione della sanzione demolitoria con quella pecuniaria, attesa la impossibilità di demolire le opere abusive senza compromettere la restante costruzione.
Il Tribunale amministrativo aveva modo di ricordare, sempre in via preliminare, come entrambe le richieste erano accolte dal Comune … con il provvedimento … 2014 n. … , in quanto il comune ha ritenuto che:
A) si potesse applicare il cd. bonus volumetrico previsto dalla l.r. Lombardia 4/2012 al sopralzo (oggetto del permesso di costruire rilasciato nel 2010 e annullato con la sentenza n. 791/2011), potendosi quindi riconoscere come lecita una volumetria aggiuntiva pari al 5% della preesistente, essendo stato riscontrato il requisito richiesto dalla norma, ovvero il miglioramento energetico nella misura indicata dal legislatore;
B) potesse essere accordata la c.d. fiscalizzazione dell’ulteriore maggiore cubatura realizzata, in luogo della demolizione, considerando che “la copertura delle due porzioni costituisce corpo unico realizzato da struttura intelaiata di acciaio con travi tipo IPE perimetrali, e la loro interruzione comprometterebbe la staticità dell’intera struttura” (così nel provvedimento di sanatoria del 2014).
9. – Esaminando il merito del ricorso, il giudice di primo grado ha:
– ribadito che l’intervento edilizio “è stato realizzato, sulla scorta del permesso di costruire … 2010, annullato con la sentenza di questo Tribunale n. 791/2011, perché autorizzava un aumento di volumetria mediante sopralzo, in applicazione della L.R. n. 13/2009, nonostante l’edificio interessato non presentasse le caratteristiche richieste dal legislatore per poter accedere ai benefici del c.d. “piano casa” della Lombardia” (così, testualmente, a pag. 9 della sentenza n. 218/2016);
– osservato come anche il (secondo) titolo edilizio rilasciato dal comune nel 2014 sconta un errore di fondo, che replica dal primo procedimento e dal primo provvedimento del 2010, poi annullato dal giudice amministrativo, nel senso che non è affatto dimostrato, come invece sarebbe stato necessario per poter fare applicazione delle disposizioni recate dal c.d. piano casa, “che sia stato realizzato un miglioramento dell’efficienza energetica dell’intero stabile”, effetto, che “(…) è puntualmente escluso dalla relazione tecnica prodotta dal ricorrente e non risulta in alcun modo contestato dalle difese del controinteressato e del Comune (…) Al contrario, la relazione tecnica che era stata allegata al momento della richiesta del permesso di costruire quello stesso sopralzo che poi è divenuto abusivo per effetto dell’annullamento del titolo stesso, descrive l’intervento come destinato a “ricavare un piano terzo su parte dell’edificio”. Essa non contiene (quindi) alcun riferimento all’adozione di particolari misure destinate a migliorare l’efficienza energetica dell’immobile, né ciò appare ricavabile dal riferimento ai materiali utilizzati, privi di rilevanza a tal fine” (così, testualmente, a pag. 12 della sentenza n. 218/2016);
– puntualizzato che, in ragione di quanto sopra e della non contestata circostanza che il sopralzo realizzato nel 2010 (e oggetto del permesso di costruire annullato dal TAR per la Lombardia nel 2011) è ad uso esclusivo del proprietario di uno degli appartamenti che compongono il fabbricato, è operazione non logica quella, proposta dal […] ed accolta dal comune, di calcolare la volumetria sanabile applicando la percentuale del 5% alla cubatura dell’intero edificio, che non ha formato oggetto, nel 2010, di interventi di efficientamento energetico.
Con riferimento poi alla parte del provvedimento comunale che accoglie l’istanza di c.d. fiscalizzazione dell’abuso, ai sensi dell’art. 38 d.P.R. 380/2001, il giudice di prime cure ritiene fondata la censura dedotta dal … sul presupposto che la realizzazione del sopralzo, per come sopra detto, non poteva accedere alla sanatoria per accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 d.P.R. 380/2001, non rinvenendosi la c.d. doppia conformità, visto che la sua costruzione si è posta in contrasto sia con il PRG vigente al momento della sua realizzazione che con il PGT vigente al momento del rilascio del titolo (come già accertato con sentenza n. 791/2011) e non sussistendo, inoltre, alcuna possibilità di applicare una sanatoria parziale della maggior volumetria realizzata ai sensi della l.r. 4/2012.
In ragione di ciò, nel caso di specie, ad avviso del giudice di primo grado, non poteva trovare applicazione neppure la disposizione di cui all’art. 38 d.P.R. 380/2001, non essendo posto in discussione che la totale demolizione della sopraelevazione possa avvenire senza pregiudizio della parte preesistente dell’edificio, in relazione al quale dovrà essere ripristina l’originaria copertura.
In ragione di quanto sopra, dunque, il Tribunale amministrativo regionale, con la sentenza 9 febbraio 2016 n. 218, accoglieva anche il (secondo) ricorso proposto dal … .
10. – Il […] propone appello anche nei confronti della suddetta sentenza ritenendola errata per i seguenti motivi di appello:
1) in via preliminare eccepiva che non fosse stata esaminata, con la necessaria accuratezza, la sussistenza della legittimazione attiva del … ad impugnare il provvedimento edilizio assunto in sanatoria, essendosi questi limitato a proclamarsi proprietario di immobile confinante con quello di proprietà […], senza chiarire quali pregiudizi derivavano dalla realizzazione edilizia;
2) nel merito l’appellante sostiene che il giudice di primo grado abbia fatto confusione rispetto alle norme applicate dal comune all’atto dell’adozione del provvedimento di sanatoria, non potendosi ritenere necessario il requisito della c.d. doppia conformità, proprio della diversa procedura di cui all’art. 36 d.P.R. 380/2001, avendo invece il ridetto comune fatto uso degli ampi poteri (e diversi) ad esso assegnati dall’art. 38 d.P.R. 380/2001 e quindi, seppure dovesse ritenersi illegittimo per vizi sostanziali il permesso di costruire rilasciato nel 2010 e annullato nel 2011 dal TAR per la Lombardia, sede di Brescia, situazione non consolidata per effetto della pendenza di appello (qui pure in esame) dinanzi al Consiglio di Stato, tale circostanza non avrebbe costituito giuridico impedimento per la c.d. fiscalizzazione dell’abuso, stante la diversità ontologica che corre tra la scelta legislativa contenuta nella previsione dell’art. 38 rispetto a quella dell’art. 36 d.P.R. 380/2001;
3) l’appellante, nello stesso tempo, chiarisce che correttamente egli ha presentato una doppia istanza anche ai fini dell’applicazione dell’art. 36 d.P.R. 380/2001, sussistendo i presupposti della c.d. doppia conformità ed essendo stato ampiamente dimostrato anche nella relazione del verificatore – che inspiegabilmente è stata ritenuta irrilevante dal primo giudice – il risparmio energetico, preteso dalla norma, con riferimento all’intero fabbricato ed ottenuto anche grazie alla realizzazione del sopralzo in corretta applicazione della normativa sul c.d. piano casa, di talché il TAR per la Lombardia, sede di Brescia, ha completamente travisato gli esiti istruttori che, invece, avevano dimostrato la sussistenza (anche) della c.d. doppia conformità. Erra dunque il primo giudice nell’affermare (nella sentenza qui oggetto di appello) che il permesso di costruire in sanatoria “(…) non avrebbe potuto essere (giammai) rilasciato in quanto ontologicamente difettava di uno dei presupposti stabiliti dall’art. 3, comma 2, della L.R. n. 4/2012 per il riconoscimento del premio volumetrico, ossia il miglioramento dell’efficienza energetica dell’intero edificio” (così, testualmente, alle pagg. 28 e 29 dell’atto di appello), fatto smentito dalle indicazioni provenienti dalla relazione del settembre 2013 e confermato dal comune a seguito di approfondita istruttoria dalla quale emerge un miglioramento energetico complessivo del fabbricato e non limitato all’appartamento, che derivava proprio dalla realizzazione delle opere, sopralzo compreso, effettuate nella proprietà […], raggiungendo “(…) il miglioramento dell’efficienza energetica dell’edificio come già esistente al momento della loro esecuzione (…)”;
4) ancora sull’applicabilità al caso di specie dell’istituto della c.d. fiscalizzazione dell’abuso, ai sensi dell’art. 38 d.P.R. 380/2001, il giudice di prime cure si spinge irragionevolmente fino ad esprimere un giudizio tecnico sulla indimostrata possibilità che le opere abusive ed estranee all’accertamento di conformità potessero essere demolite, mentre nel provvedimento n. … del … 2014 il Comune … illustra puntualmente le ragioni che hanno condotto all’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo della sanzione demolitoria, stante la impossibilità della “(…) rimessa in pristino della restante porzione oggetto di annullamento, in quanto strutturalmente non scindibile da quella oggetto di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/2001 e s.m.i. (…)” (così, testualmente nel provvedimento del 2014, per come riprodotto in parte a pag. 31 dell’atto di appello). Su tale punto anche il verificatore si era espresso chiaramente, rappresentando che la struttura si presentava come un corpo unico “costituito da struttura intelaiata in acciaio con travi tipo IPE perimetrali”, accertando altresì che “una eventuale interruzione della struttura comprometterebbe sia la staticità dell’intera struttura, che le caratteristiche antisismiche”.
In ragione di quanto sopra il […] chiedeva a questo Consiglio di riformare la sentenza e di respingere il ricorso di primo grado, oltre a riformare le ulteriori statuizioni espresse dal giudice di prime cure e riferite alla trasmissione degli atti alla competente Procura della Repubblica ed alla condanna alle spese del giudizio di primo grado.
11. – Si è costituito in giudizio (anche con riferimento a tale secondo processo di appello) il … sostenendo la infondatezza dei motivi di appello e chiedendone la reiezione.
In particolare l’appellato affermava di voler condividere l’impostazione fatta propria dal primo giudice in merito alla irrilevanza delle relazione del verificatore in ordine alla valutazione sui profili tecnici che avrebbero costituito il presupposto per l’adozione del provvedimento di sanatoria edilizia del 2014, essendosi sviluppata la verificazione, su esplicita richiesta del primo giudice, esclusivamente con riguardo al percorso logico seguito dal comune durante il procedimento, acquisendo così tutta la documentazione utile a consentire al Tribunale amministrativo di valutarne autonomamente la conformità legale. Quindi le operazioni di verificazione, che erroneamente non hanno coinvolto il …, non hanno condotto il verificatore ad esprimere valutazioni e si sono sviluppate senza che venissero esaminati i dati esposti nei progetti e nella relazione energetica.
L’appellato ripropone quindi le eccezioni ed i motivi di doglianza proposti in primo grado e spiega appello incidentale con riferimento ai motivi ritenuti assorbiti dal Tribunale amministrativo regionale.
12. – Si è costituito anche in questo secondo giudizio di appello il Comune … che ha aderito pienamente all’appello proposto dal […] e ha sviluppato memorie in linea con quanto espresso dall’appellante negli atti processuali, confermando la correttezza del provvedimento di sanatoria n. … del … 2014 e chiedendo, di conseguenza la riforma della sentenza di primo grado 9 febbraio 2016 n. 218.
13. – Nel corso del processo, con riferimento al ricorso n. R.g. 3706/2016, la Sezione accoglieva l’istanza cautelare proposta dall’appellante […] con ordinanza 25 luglio 2016 n. 3019.
Successivamente, con ordinanza collegiale 1 agosto 2017 n. 3852, si procedeva alla riunione dei due ricorsi e veniva disposta verificazione.
Nella suindicata ordinanza, una volta precisate le ragioni che imponevano di definire il quadro istruttorio procedendo con lo strumento della verificazione, si sottoponevano al nominando verificatore i seguenti quesiti:
a) quale sia la distanza tra le proprietà […] e del … e conseguentemente quale sia, dal punto di vista strettamente tecnico, la possibile incidenza negativa dell’incremento volumetrico della prima rispetto alla seconda;
b) quale sia stata, in termini descrittivi, la consistenza della villa preesistente all’edifico in cui ora sta l’appartamento del […] e – ove rilevabili – quale fossero gli indici della sua efficienza energetica;
c) quale sia quindi stata, in termini descrittivi, la consistenza planovolumetrica dell’edificazione che ha preso il posto della villa, quale fosse il regime edificatorio di zona all’epoca della realizzazione di tale edificazione, quali fossero gli indici della sua efficienza energetica, quali fossero i suoi effettivi ingombri volumetrici lordi e netti (decurtati, cioè, quelli resisi eventualmente necessari per dotare l’edificazione di efficienza energetica), nonché quale fosse la volumetria massima sfruttabile in situ;
d) in termini descrittivi, quale sia stata e in cosa sia consistita, anche eventualmente frazionata nel tempo, l’ulteriore attività edilizia che ha interessato l’appartamento del […], quale fosse il regime edificatorio di zona all’epoca di tali incrementi edilizi, se e quali siano stati gli indici del suo ulteriore efficientamento energetico, anche nei riguardi dell’edificazione esistente, quali siano stati gli effettivi ingombri volumetrici di tali incrementi edilizi, lordi e netti (decurtati, cioè, quelli resisi eventualmente necessari per creare ulteriore efficienza energetica), nonché quale fosse la volumetria massima sfruttabile in regime di c.d. piano casa;
e) se tale volumetria massima sfruttabile, nella fattispecie, sia stata calcolata in funzione delle dimensioni dell’edificio – che ha sostituito la preesistente villa – prima dell’avvio realizzativo degli incrementi edilizi posti in essere dal […] ovvero anche utilizzando parametri conseguenti ad incrementi edilizi progressivamente effettuati.
Le funzioni di verificatore erano affidate al direttore del Dipartimento di ingegneria civile, … , con facoltà di delega, che veniva esercitata dal predetto direttore nei confronti dell’architetto …, ricercatore di ruolo presso il suindicato Dipartimento.
Le parti nominavano consulenti tecnici di parte, nello specifico il […] nominava …, il signor … nominava … e il Comune .. nominava … .
14. – Tutte le parti in giudizio depositavano nel fascicolo del processo osservazioni alla bozza di relazione del verificatore, con note critiche e memorie, in particolare da parte del …, alle quali replicava il […].
La relazione del verificatore era depositata nel fascicolo del processo in data … 2018.
Tenuto conto delle obiezioni di carattere tecnico espresse dal …, alle quali hanno fatto seguito le repliche del […], la Sezione ha ritenuto che di disporre un supplemento di verificazione, con ordinanza 30 luglio 2018 n. 4629, al fine di fugare i residui margini di incertezza.
Con l’ordinanza suindicata era chiesto al verificatore, in via suppletiva e sinteticamente, di indicare:
– motivatamente, le sue considerazioni sulle predette obiezioni, alla luce peraltro dell’insieme degli scritti delle parti depositati successivamente al deposito della relazione finale di verificazione;
– in particolare, se il volume della porzione di edificio avente sagoma di torretta sovrastante la costruzione per cui è causa rientri o meno nei limiti volumetrici aggiuntivi di edificazione consentiti in base alla legislazione vigente all’epoca della sua realizzazione.
La relazione inerente al supplemento di verificazione veniva depositata nel fascicolo del processo, dall’…, in data … 2018.
Tutte le parti in giudizio hanno, quindi, depositato memorie con ulteriori documenti ed anche memorie di replica, confermando le opposte conclusioni già rassegnate negli atti del processo.
15. – In via preliminare deve darsi atto della disposta riunione dei due giudizi qui in esame intervenuta per effetto dell’ordinanza della Sezione 1 agosto 2017 n. 3852.
D’altronde appare più che evidente la pressoché integrale connessione soggettiva ed oggettiva tra gli stessi, recando quali parti processuali le stesse già costituite nel giudizio di primo grado ed avendo ad oggetto la delibazione di motivi di appello – anche incidentale – dal contenuto pressoché sovrapponibile, seppur riferiti a due ricorsi di primo grado proposti ai fini dell’annullamento di due provvedimenti diversi, benché collegati da una relazione di continuità quanto allo scopo sottostante all’esercizio del potere autoritativo ed attinenti a due mezzi di gravame che hanno come bersaglio due sentenze di primo grado diverse.
Deriva da quanto sopra che va confermata la già disposta riunione del ricorso in grado di appello n. R.g. 3706/2016 al ricorso n. R.g. 7600/2011, in quanto quest’ultimo ricorso in appello è stato proposto in epoca antecedente rispetto al primo, perché siano decisi in un unico contesto processuale e ciò sia per evidenti ragioni di economicità e speditezza dei giudizi sia al fine di prevenire la possibilità (eventuale) di un contrasto tra giudicati (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 3 giugno 2019 n. 3696 nonché Sez. IV, 28 novembre 2018 n. 6738, 3 marzo 2017 n. 1005, 7 gennaio 2013 n. 22 e 23 luglio 2012 n. 4201).
16. – Ad avviso del Collegio, onde rappresentare in modo chiaro le risultanze istruttorie, all’esame del merito degli appelli principali ed incidentali proposti nel presente grado di giudizio, deve essere anteposta la illustrazione degli accertamenti eseguiti dal verificatore e delle risposte rese ai quesiti formulati, tratti dalla prima relazione e dalla relazione suppletiva, nonché la rappresentazione delle contestazioni mosse dalle parti in controversia, attraverso i consulenti di parte nominati, alla procedura di verificazione e alle conclusioni espresse nelle due relazioni dall’… . Con la prima relazione il suddetto verificatore, dopo avere dato atto dei tempi e delle modalità di svolgimento delle operazioni, anche in contraddittorio con i consulenti di parte nominati, ha risposto nel modo seguente ai quesiti formulati dalla Sezione con l’ordinanza 1 agosto 2017 n. 3852
Il primo quesito atteneva all’accertamento su quale fosse la distanza tra le proprietà del […] e del …, accompagnato da un secondo aspetto dell’indagine relativo alla possibile incidenza negativa, sotto il profilo squisitamente tecnico, dell’incremento volumetrico della proprietà […] rispetto alla proprietà … .
In ordine alla questione di cui sopra il verificatore ha appurato che:
– la distanza tra le due proprietà, misurata al cospetto dei consulenti di parte, è molto ridotta in quanto, nella parte di maggiore vicinanza, è pari a m. 4, …;
– l’ampliamento in elevazione (il c.d. sopralzo, così definito in molti degli atti depositati nel presente giudizio) di proprietà […], riduce sensibilmente la vista del … dalla terrazza esistente nella proprietà … . Detto sopralzo provoca, quindi una interruzione dello skyline sul …, che nel passato appariva omogeneo e continuo nonché una, seppur modesta, interferenza sulla illuminazione della proprietà … .
17. – E’ stato poi chiesto al verificatore di accertare quale fosse la consistenza della villa che preesisteva nell’area dove è stato eretto il fabbricato nel quale si trova la proprietà del […].
La risposta a tale quesito, stante la demolizione del precedente fabbricato (la villa), si è basata sulla consultazione dei documenti presenti presso gli uffici comunali e relativi agli atti di abilitazione a costruire la villa (preesistente).
Il verificatore ha quindi appurato che l’edificio in questione era “un villino unifamiliare, costruito plausibilmente intorno agli anni ’60, caratterizzato da un piano classificato seminterrato, anche se quasi completamente fuori terra, da un piano terra sopraelevato e da un sottotetto. All’interno del livello inferiore, erano localizzati una tavernetta, un bagno ed una serie di vani accessori adibiti a cantina/ripostiglio. Al piano terra, trovavano la loro localizzazione le principali funzioni abitative, organizzate con un soggiorno/cucina, n° 3 camere, disimpegni e bagno. Il sottotetto, privo dei requisiti per una destinazione residenziale, era comunque utilizzabile, in ragione di un’altezza al colmo rilevante (m 2, …) e, soprattutto, per la presenza di finestrature su ambedue i lati corti” (così, testualmente, a pag 5 della relazione di verificazione).
Con riferimento ad un secondo quesito attinente alla individuazione degli indici di efficienza energetica della villa, il verificatore risponde che, proprio a causa della demolizione del preesistente edificio e non essendo quindi in possesso di dati certi tratti da una specifica documentazione sugli indici di efficienza energetica della villa, si può ipotizzare che, considerando l’epoca di realizzazione della stessa, gli spessori delle murature tratti dai disegni dello stato di fatto, la plausibile vetustà degli impianti tecnologici e le caratteristiche della costruzione, ricavabili dalla documentazione fotografica in atti, si può ragionevolmente ritenere che l’edificio non presentasse un adeguato isolamento termico e che avesse una scarsa efficienza energetica.
18. – Passando poi ai quesiti con riferimento alla nuova costruzione (ove insiste la proprietà […]), che ha preso il posto della preesistente “villa”, al verificatore è stato chiesto di accertare quale “sia stata la consistenza planovolumetrica dell’edificazione che ha preso il posto villa”.
Nella risposta al suddetto quesito il verificatore, dopo avere chiarito che l’intervento è consistito in un’opera di demolizione (della villa) e di ricostruzione (del nuovo fabbricato), con un sensibile ampliamento sia nell’ingombro planimetrico che in elevazione, ha premesso che detto intervento si è realizzato in due momenti diversi attraverso due diversi titoli abilitativi:
– con il progetto allegato al permesso di costruire n. … del … 2007 si prevedeva di effettuare la ricostruzione sul sedime del corpo originario, liberando dal parziale interramento il livello inferiore nonché di effettuare un intervento di recupero del sottotetto (ai sensi della l.r. 12/2005) oltre all’innalzamento delle quote di gronda di colmo e riduzione della pendenza delle falde. Il fabbricato sarebbe stato ampliato (rispetto alla villa) in altezza ed in ampiezza portando il corpo a due livelli ed allungando una porzione di fabbricato verso il confine nord;
– con il progetto allegato ad un secondo permesso di costruire con n. … del … 2007, veniva incrementata la volumetria del nuovo corpo in ampliamento.
Risultava, all’esito, la realizzazione di un nuovo edificio nel quale erano ricomprese 5 unità abitative (un quadrilocale ed un trilocale al piano terra …).
Quanto alle caratteristiche urbanistico-edilizie relative all’area in questione, pure oggetto di quesito, nella relazione il verificatore riferiva che l’intervento di demolizione e ricostruzione avviato nel 2007 [e rispetto al quale risultava una ultimazione dei lavori certificata in data … 2007 (l’anno 2017 riportato nella relazione dal verificatore è evidentemente frutto di un errore di digitazione) ed attestata il … 2009 con presentazione dell’istanza per il rilascio del certificato di agibilità] riguardava una zona di PRG del Comune … identificata come “Zona a tessuto urbano prevalentemente residenziale ad alta densità” ZTR1, assimilabile alla zona B di cui all’art. 2 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, appartenente alla Città …), recante un indice fondiario di 2 mc/mq, con un’altezza massima consentita di 10 metri, un indice di permeabilità maggiore o uguale al 30% un rapporto di copertura: minore o uguale al 50%.
19. – Con riferimento agli “indici di efficienza energetica” del nuovo edificio costruito nel 2007, il verificatore comunicava, nella sua relazione conclusiva, che il documento ufficiale dal quale egli aveva avuto la possibilità di trarre gli elementi utili per rispondere al relativo quesito era costituito dalle “Relazioni tecniche della rispondenza alle prescrizioni in materia di contenimento del consumo energetico”, depositate presso gli uffici del Comune … il .. 2009 (redatte ai sensi dei decreti legislativi 19 agosto 2005, n. 192 e 29 dicembre 2006, n. 311 nonché delle delibere della Giunta regionale della Lombardia …2007 n…. e … 2008 n. …), nei quali sono riportati i dati tecnici relativi agli impianti ed alle caratteristiche dei materiali utilizzati nella costruzione, una per ogni appartamento.
La risposta al quesito si coagulava nella dichiarazione del progettista dell’edificio, inserita in tutte le “Relazioni” di cui sopra, che attestava la (cor)rispondenza dei progetti alle prescrizioni legislative, riportando valori di progetto inferiori al valore limite riportato nell’allegato A della D.G.R. … 2007 n. …
Veniva poi chiesto al verificatore di dire quali fossero gli effettivi ingombri volumetrici lordi dell’edificio e la risposta, in termini complessivi, era che fossero pari a mc … .
Nella relazione il verificatore chiariva metodo e procedimento seguiti per approdare al suindicato risultato numerico.
Sotto il profilo normativo egli ha fatto riferimento all’art. 7 delle NTA del PRG del Comune … nel quale, al punto 7.11, nel definire i diversi parametri urbanistici, edilizi ed ambientali, viene precisato che “il volume di un fabbricato esprime il prodotto della superficie lorda di pavimento del fabbricato per l’altezza”, dove, “per i fabbricati ad uso residenziale di nuova edificazione, di ampliamento e di ristrutturazione nonché di demolizione e ricostruzione, si computa come altezza virtuale di interpiano, pari a m 3,10, indipendentemente dall’altezza effettiva e dalla destinazione d’uso dei locali”.
A questo punto il verificatore ha scelto, al fine di poter rispondere al quesito, di non tenere conto dei “conteggi allegati agli elaborati autorizzati, ma di procedere ad una determinazione (autonoma) delle volumetrie realizzate, ridisegnando al CAD il perimetro di ogni piano, sulla base delle quote riportate nei grafici e riportando come superficie lorda di piano i dati che il calcolo automatico di volta in volta (..) forniva” (così, testualmente, a pag. 7 della relazione).
Aggiungeva poi, il verificatore, che per la valutazione del volume del sottotetto, caratterizzato da un soffitto a falda inclinata, la norma non offre un ausilio puntuale, atteso che in essa è presente un riferimento “all’altezza che nei sottotetti con solai inclinati deve essere misurata l’intradosso del solaio interno, determinabile come punto medio del solaio stesso al suo intradosso tra l’imposta e il colmo, ma questo riferimento vale per determinare l’altezza massima ammissibile e non viene citato per il calcolo volumetrico” (così ancora, testualmente, a pag. 7 della relazione).
Il volume del sottotetto, tenuto conto dell’ampliamento dello stesso realizzato ai sensi degli artt. 63 e 65 l.r. 12/2005, veniva dunque determinato sulla base delle sue misure reali lorde con la conseguenza che l’ingombro volumetrico lordo si ottiene moltiplicando la superficie lorda di piano per un’altezza di m 3,10 limitatamente ai primi due livelli e moltiplicando la superficie lorda di piano per l’altezza reale lorda, per il sottotetto.
Da qui il volume complessivo finale pari a mc .…
A questo punto il verificatore è passato a rilevare quali fossero gli effettivi ingombri volumetrici netti del sottotetto, in virtù del corrispondente quesito formulato dalla Sezione.
L’indagine si è fondata sulle norme regionali che via via si sono succedute nel tempo.
Con la l.r. 26/1995 la Regione Lombardia aveva stabilito che “I tamponamenti perimetrali e i muri perimetrali portanti, nonché i tamponamenti orizzontali e i solai delle nuove costruzioni di qualsiasi genere, soggette alle norme sul risparmio energetico e indistintamente di tutti gli edifici residenziali che comportino spessori complessivi, sia per gli elementi strutturali che sovrastrutturali, superiori a cm 30, non sono considerati nei computi per la determinazione dei volumi e nei rapporti copertura, per la sola parte eccedente i cm 30 e fino ad un massimo di ulteriori cm 25 per gli elementi verticali e di copertura e di cm 15 per quelli orizzontali intermedie, se il maggior spessore contribuisce al miglioramento dei livelli di coibentazione termica acustica o di inerzia termica”.
Successivamente, con la l.r. 33/2007, all’art. 12, comma 1, punto a), è stato previsto che “I muri perimetrali portanti e di tamponamento, nonché i solai che costituiscono involucro esterno di nuove costruzioni e di ristrutturazioni soggette al rispetto dei limiti di fabbisogno di energia primaria o di trasmittanza termica, previsti dalle disposizioni regionali in materia di risparmio energetico, non sono considerati nei computi per la determinazione della superficie lorda di pavimento (s.l.p.), dei volumi e dei rapporti di copertura in presenza di riduzioni certificate superiori al 10% rispetto ai valori limite previsti dalle disposizioni regionali sopra richiamate”.
Tenendo conto dell’entrata in vigore della l.r. 33/2007 in data 1 gennaio 2008 e della circostanza che il rilascio di entrambi i permessi di costruire è avvenuto nel 2007, il verificatore ha ritenuto “di dover detrarre dal conteggio della superficie lorda di piano, tutte le parti di murature perimetrali e solai di copertura eccedenti i cm 30, in quanto è stata sicuramente migliorata l’efficienza energetica, rispetto alla preesistente costruzione” (così, testualmente, a pag. 8 della relazione).
Il verificatore, in particolare, ha ritenuto “corretto decurtare l’ingombro volumetrico lordo di tutti quegli elementi che sono stati aggiunti alle murature perimetrali/coperture per migliorarne l’efficienza energetica, quali ad esempio lo spessore del cappotto termico” (così ancora, testualmente, a pag. 8 della relazione).
In conclusione, dunque, il verificatore ha accertato gli spessori delle murature perimetrali in tutto l’edificio, stabilendo che gli stessi risultano essere pari “cm 36, sicuramente comprensivi di un cappotto termico esterno, e che non sono stati modificati nel tempo quindi dal momento in cui la casa è stata ricostruita ad oggi”. Da ciò “consegue che gli ingombri necessari per migliorare l’efficienza energetica della costruzione sono quantificabili nel maggior spessore di 6 cm rispetto ai preesistenti cm 30 per cui, applicando questa detrazione, il conteggio dell’ingombro volumetrico risulta di mc …” (cfr. pagg. 8 e 9 della relazione).
20. – Il verificatore rispondeva quindi all’ulteriore quesito con il quale si chiedeva quale fosse “la volumetria massima sfruttabile in sito”.
L’esito dell’accertamento, effettuato tenendo conto delle disposizioni urbanistiche contenute nella normativa di settore vigente all’epoca del rilascio dei titoli abilitativi a costruire (2007) e della realizzazione degli interventi (2009), conduceva ad affermare che:
– la edificabilità massima consentita corrisponde alla volumetria che si ottiene moltiplicando la superficie del lotto di proprietà per l’indice fondiario;
– considerato che la superficie del lotto inserita nei calcoli progettuali era pari mq. … (dato da ritenersi veritiero in seguito ad indagine dello stesso verificatore, nonostante la diversità della misura riportata nella visura catastale pari a mq …), utilizzando la superficie di mq. … si ottiene che, secondo il PRG, la volumetria massima sfruttabile in sito è di mc … .
E’ stato anche appurato dal verificatore che per l’edificio preesistente era applicabile anche l’intervento di recupero del sottotetto, con un incremento volumetrico al di fuori degli indici di Piano, sicché il recupero effettuato, con un incremento finale pari a mc …, costituisce un ulteriore potenzialità volumetrica realizzabile nel sito, per cui complessivamente la stessa risulta pari a mc .…
21. – Veniva poi chiesto al verificatore di accertare “Quale sia stata, in cosa sia consistita in termini descrittivi, anche eventualmente frazionata nel tempo, l’ulteriore attività edilizia che ha interessato l’appartamento del […]”.
L’architetto …, con riferimento all’attività edificatoria realizzata dal […] successivamente alla edificazione del nuovo fabbricato completata nel 2009, ha acclarato che essa si compendia in un “ampliamento in sopraelevazione che interessa una porzione della sua abitazione, più precisamente quella sovrastante il corpo edificato come ampliamento. E’ quindi una sopraelevazione a pianta rettangolare, con misure lorde di m … x 5,00, che riprende esattamente le dimensioni del locale sottostante, raggiungendo un’altezza lorda da terra pari a m …”.
Come è noto la predetta realizzazione è stata autorizzata con il rilascio del permesso di costruire n. … del … 2010, annullato dal TAR per la Lombardia, sede di Brescia, con la sentenza 27 maggio 2011 n. 791 e rispetto ad essa il Comune … ha successivamente rilasciato il permesso di costruire in sanatoria n. … del … 2014.
Ulteriore quesito ineriva alla conoscenza del regime edificatorio di zona all’epoca degli incrementi edilizi.
Su tale aspetto il verificatore confermava che nulla era cambiato rispetto al 2007 sotto il profilo delle norme urbanistico-edilizie applicabili all’area in questione, restando fermo, quindi, il regime edificatorio di PRG (stessi indici e parametri edilizi) già descritto in precedenza nella relazione (cfr. supra punto 19). A tali informazioni aggiungeva soltanto che nella zona poteva trovare applicazione anche la l.r. 13/2009 (di introduzione in Lombardia del c.d. piano casa), grazie alla quale veniva consentito di derogare ai parametri di PRG.
22. – Il successivo quesito al quale veniva data risposta era il seguente: “Quali siano stati gli indici del suo ulteriore efficientamento energetico”.
Anche in questo caso, riferisce il verificatore, la fonte dalla quale trarre gli elementi di risposta non può che essere costituita dalle “Relazioni tecniche della rispondenza alle prescrizioni in materia di contenimento del consumo energetico”, depositate con il progetto di ampliamento della […] presso i competenti uffici del Comune … il … 2010 e il … 2013.
Nella Relazione del … 2010 (redatta ai sensi dei decreti legislativi 192/2005 e 311/2006 nonché delle delibera di Giunta regionale … 2007-n. … e … 2008 – n. …), sono riportati i dati tecnici relativi agli impianti ed alle caratteristiche dei materiali utilizzati nella costruzione, per il solo appartamento del […], con il che il progettista concludeva per una attestazione di valori sensibilmente inferiori a quelli limite riportati nell’Allegato A della D.G.R. … 2007 n. .…
Nelle Relazioni successive erano, poi, riportati i dati tecnici relativi agli impianti ed alle caratteristiche dei materiali utilizzati nella costruzione, per tutti gli appartamenti presenti nel complesso edilizio ed anche in questo caso l’attestazione confermava, per tutti gli appartamenti dell’edificio, valori sensibilmente inferiori a quelli limite riportati nell’Allegato A della D.G.R. 3.…
Si dava poi atto dell’effettuazione di una verifica “EPh” per la premialità della volumetria aggiuntiva prevista dalla l.r. 4/2012.
Il verificatore si sentiva nella necessità di chiarire che “il miglioramento dell’efficienza energetica non avviene per interventi sulle murature perimetrali o solai di copertura, ma per modifiche agli impianti tecnologici, consistenti nell’installazione di nuovi elementi che garantiscono prestazioni superiori in merito al contenimento dei consumi energetici” (così, testualmente, alle pagg. 10 e 11 della relazione di verificazione).
23. – A questo punto il verificatore rispondeva al quesito avente ad oggetto “Quali siano stati gli effettivi ingombri volumetrici di tali incrementi edilizi lordi”.
Egli rispondeva sulla base delle stesse valutazioni effettuate in merito ai conteggi degli ingombri volumetrici lordi e già riportate in precedenza nella stessa relazione di verificazione (ved. supra punto 19). Partendo da tale presupposto … elaborava grafici e tabelle relative all’edificazione avvenuta successivamente al 2009, giungendo alla conclusione che il volume complessivo finale sia pari a mc …, per cui il lordo realizzato risulta pari a mc … (valore ottenibile confrontando il volume esistente al 2009 e quello successivamente realizzato).
Seguiva quindi la risposta al seguente quesito: “Quali siano stati gli effettivi ingombri volumetrici tali incrementi edilizi netti”.
Il verificatore partiva dal presupposto che all’epoca dei nuovi interventi edilizi era in vigore la l.r. 33/2007 e dalla ulteriore circostanza che, negli atti relativi alla realizzazione degli stessi, è stato dichiarato un consistente incremento dell’efficientamento energetico.
Tenuto conto di quanto sopra il verificatore ha, dunque, ritenuto corretto computare gli ingombri volumetrici degli incrementi edilizi netti scorporando le murature perimetrali ed i solai di copertura dalla superficie lorda di piano. Posto, quindi, che la nuova superficie lorda di piano si ottiene detraendo uno spessore di cm 36 sull’intero perimetro, mentre l’altezza dell’ultimo livello viene determinata come altezza interna tra pavimento ed intradosso del solaio di copertura, il conteggio dell’ingombro volumetrico netto risulta quindi di mc … e l’ingombro volumetrico netto dell’incremento edilizio realizzato risulta essere di mc … (il dettaglio di quanto sopra era poi riportato nelle tabelle allegate).
24. – Ulteriore quesito era il seguente: “Quale fosse la volumetria massima sfruttabile in regime del cosiddetto piano casa”.
Segnalava … che in ordine al c.d. piano casa la Regione Lombardia si era dotata di due leggi regionali: n. 13/2009 e n. 4/2012.
Con la l.r. 13/2009 le premialità previste nei vari articoli, in deroga ai parametri urbanistici, sono attribuibili ad edifici residenziali esistenti al 31 marzo 2005, mentre con la l.r. 4/2012 le premialità derogatorie ivi previste sono attribuibili ad edifici esistenti alla data del 18 luglio 2009.
In particolare, per effetto della l.r. 13/2009 viene consentito di approfittare di un nuovo ed ulteriore incremento volumetrico e quindi incrementare la volumetria massima sfruttabile, dimostrando però di poter raggiungere, grazie ai nuovi interventi edilizi incrementativi, specifici requisiti di efficienza energetica.
All’esito di tale riflessione preliminare, il verificatore giunge ad affermare che, se l’edificio preesistente era caratterizzato da una unità unifamiliare, la premialità indicata è pari al 20% e, quindi, la volumetria massima realizzabile per l’applicazione della legge sul c.d. piano casa corrisponde ad un incremento pari a metri cubi … rispetto ai parametri urbanistici vigenti (volume lordo preesistente x 0,20).
Se poi si considera che la preesistenza è stata oggetto di una demolizione/ricostruzione, sulla base di quanto indicato all’art. 3, punto 3, della l.r. 13/2009, la premialità potrebbe essere estesa al 30%, con una possibilità di incremento pari a metri cubi … .
La l.r. 4/2012 permette di approfittare di un ampliamento della costruzione esistente pari al 5%, pur sempre dimostrando il raggiungimento di talune condizioni di efficientamento energetico.
Con riferimento a tale seconda normativa, se l’edificio esistente a luglio del 2009 aveva una volumetria complessiva netta pari a metri cubi …, la premialità aggiuntiva di incremento corrisponde a metri cubi … .
25. – L’ultimo quesito rivolto dalla Sezione al verificatore ha il seguente contenuto: “se tale volumetria massima sfruttabile sia stata calcolata in funzione delle dimensioni dell’edificio che ha sostituito la preesistente villa prima dell’avvio realizzativo degli incrementi edilizi posti in essere dal […], ovvero anche utilizzando parametri conseguenti ad incrementi edilizi progressivamente effettuati”.
Sul punto … ricorda che la volumetria massima sfruttabile in regime di c.d. piano casa non può essere calcolata utilizzando parametri conseguenti agli incrementi edilizi progressivamente realizzati dal […], in quanto successivi al 18 luglio 2009. Ne deriva quindi che:
– con riferimento alla l.r. 13/2009 il fabbricato di riferimento non poteva che essere quello esistente prima dell’intervento di demolizione/ricostruzione (la c.d. villa);
– con riferimento alla l.r. 4/2012 il fabbricato di riferimento non poteva che essere quello realizzato tra il 2007 e 2009.
26. – Per come è stato sopra già precisato, nei confronti della relazione finale del verificatore sono stati mossi, dai consulenti di parte nominati, appunti e osservazioni critiche, che hanno determinato la Sezione a disporre, con ordinanza collegiale 30 luglio 2018 n. 4629, un supplemento di verificazione.
L’architetto … , nella relazione finale inerente al supplemento di verificazione, depositata agli atti del fascicolo digitale in data … 2018, riferiva di avere effettuato una attenta lettura dei vari documenti depositati dalle parti e quindi, all’esito della nuova istruttoria, era in grado di poter confermare il contenuto di tutte le risposte – ai quesiti posti dalla Sezione al momento della disposta verificazione – rese nella relazione finale. Ciò nondimeno riteneva, rispondendo agli ulteriori quesiti formulati dalla Sezione con l’ordinanza di supplemento di verificazione, attraverso alcune precisazioni riferite ai grafici e ai conteggi allegati alla relazione finale di verificazione, che all’esito dello scrutinio in merito al contenuto delle obiezioni formulate, fosse utile approfondire le motivazioni che lo avevano condotto alle conclusioni già espresse nella relazione finale.
Vale la pena di rammentare che la Sezione, con l’ordinanza collegiale 4629/2018, aveva chiesto al verificatore, in via suppletiva e sinteticamente, di indicare:
– in via generale, motivatamente, le sue considerazioni sulle obiezioni formulate dai consulenti di parte nominati alla luce degli scritti prodotti in giudizio successivamente al deposito della relazione finale di verificazione;
– in particolare, se il volume della porzione di edificio avente sagoma di torretta sovrastante la costruzione per cui è causa rientri o meno nei limiti volumetrici aggiuntivi di edificazione consentiti in base alla legislazione vigente all’epoca della sua realizzazione.
27. – A questo punto il Collegio, dopo avere illustrato tutti gli elementi che dovranno essere tenuti in considerazione per giungere alla definizione del giudizio, ritiene utile procedere analizzando le singole doglianze contenute nei due giudizi di appello proposti dal […] e qui riuniti nonché nei due appelli incidentali proposti dal …, prendendo in esame, orizzontalmente per ciascun nucleo di doglianza, oltre ai profili giuridici emergenti, le singole risposte rese dal verificatore nelle due relazioni depositate, confrontandole con le obiezioni ad esse mosse dai consulenti di parte, laddove ve ne fossero.
Tale tecnica di esame (che tiene conto dei principi discendenti dalla nota sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 27 aprile 2015 n. 5, che hanno permesso di consolidare nel processo amministrativo – e non solo, cfr. in tal senso Cass. civ., Sez. un., 12 dicembre 2014 n. 26242 – il “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale, grazie al quale è consentito al giudice della decisione di derogare all’ordine logico di esame delle questioni e quindi di tralasciare ogni valutazione pregiudiziale sugli eccepiti o rilevabili profili di inammissibilità dell’appello nonché sulla violazione del divieto dei “nova” in appello e di risolvere la lite nel merito) permetterà al Collegio di esaminare ogni profilo di doglianza prospettato dalle parti nell’ambito dei due giudizi qui in esame, giungendo ad esprimere l’esito della valutazione definitiva in merito al complicato dedalo di questioni di fatto e di diritto sottoposte alla sua delibazione.
In via preliminare il Collegio ritiene utile affrontare due aspetti che, indipendentemente dalla sollecitazione delle parti in via di eccezione sollevata, debbono essere esaminati d’ufficio dal giudice di appello.
La relazione tra i due provvedimenti impugnati in primo grado, la cui richiesta di annullamento è stata oggetto dei due giudizi definiti con le sentenze del TAR per la Lombardia qui sottoposti ad appello, considerato il contenuto dei motivi di appello (principale e incidentale) proposti dalle parti, non può condurre ad una eventuale dichiarazione di improcedibilità del primo appello a causa dell’adozione della complessa determinazione di accertamento di conformità (n. … del … 2014) dell’immobile ritenuto abusivo per le due seguenti ragioni:
– in primo luogo l’abusività delle opere realizzate (il …) sorge dall’annullamento da parte del TAR per la Lombardia, con la sentenza 791/2011, del permesso di costruire … 2010 n. … rilasciato dal Comune … in favore del […] proprio al fine di realizzare tali opere. Posto dunque che detta sentenza di primo grado è qui oggetto di appello, sussiste pieno l’interesse a coltivare il mezzo di gravame in capo all’appellante …, atteso che l’eventuale esito favorevole del processo potrebbe travolgere, nei contenuti, anche solo in parte (si pensi all’applicazione dell’art. 38 d.P.R. 380/2001), il provvedimento di accertamento di conformità n. … del … 2014, successivamente rilasciato dal Comune d… in favore del […] richiamando nelle premesse, espressamente, sia la decisione del TAR per la Lombardia 791/2011 sia la pendenza dinanzi al Consiglio di Stato dell’appello su detta sentenza di primo grado;
– in secondo luogo l’eventuale coltivazione favorevole dell’appello nei confronti della sentenza 791/2011 provocherebbe, inevitabilmente, il superamento di taluni dei motivi di appello proposti nei confronti della seconda sentenza 9 febbraio 2016 n. 218 (sempre del TAR per la Lombardia), determinando la rilevanza di alcuni motivi dedotti dal … con gli appelli incidentali.
28. – La seconda questione preliminare attiene alla eccezione formulata, in sede di appello, dal […] nei confronti del …, laddove sospetta l’assenza di legittimazione attiva ad impugnare il provvedimento edilizio in sanatoria per carenza di interesse al suo annullamento, affermando l’insussistenza nella specie dei requisiti dal codice del processo amministrativo, mutuati da quelli richiesti dall’art. 100 c.p.c., per contestare in sede giurisdizionale il provvedimento edilizio adottato dal Comune … .
Nella specie il […], in via preliminare, con l’atto di appello nei confronti della sentenza del TAR per la Lombardia, sede di Brescia, Sez. I, 9 febbraio 2016 n. 218, con la quale è stato annullato il provvedimento di accertamento di conformità rilasciato nel 2014, ha eccepito la inammissibilità del ricorso di primo grado perché … aveva meramente affermato di essere proprietario di un immobile che si trova nelle vicinanze dell’appartamento sul quale sono state effettuati gli interventi edilizi ritenuti abusivi. Tale affermazione non sarebbe sufficiente a radicare in capo al … la legittimazione a chiedere l’annullamento del permesso di costruire in sanatoria.
Come è noto, per costante giurisprudenza (cfr., ex multis, Cons. Stato, Ad. pl., 25 febbraio 2014 n. 9), l’azione di annullamento è soggetta a tre condizioni fondamentali:
a) il c.d. titolo o la possibilità giuridica dell’azione (ossia la posizione giuridica configurabile in astratto da una norma quale interesse legittimo, ovvero la legittimazione a ricorrere discendente dalla posizione qualificata del soggetto, che lo distingue dal quisque de populo rispetto all’esercizio del potere amministrativo);
b) l’interesse ad agire (ex art. 100 c.p.c.);
c) la legitimatio ad causam (o legittimazione attiva).
Tutte le suindicate condizioni dell’azione devono necessariamente sussistere anche nel caso di impugnativa di titoli relativi alla realizzazione di opere edilizie.
La nozione di vicinitas consente, in astratto, di censurare i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione di opere edilizie nella zona che si trovi in situazione di stabile collegamento con la proprietà del ricorrente.
La giurisprudenza, tuttavia, ha affinato e più adeguatamente specificato la nozione di vicinitas attraverso significativi e sostanziali correttivi, tra cui la “necessaria sussistenza di un reale pregiudizio che venga a derivare dalla realizzazione dell’intervento assentito, specificando con riferimento alla situazione concreta e fattuale come, perché, ed in quale misura il provvedimento impugnato incida la posizione sostanziale dedotta in causa, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale” (cfr. sul punto, tra le molte, Cons. Stato, Sez. IV, 19 novembre 2015 n. 5278).
Nel caso di specie, in disparte il nutrito numero di pose fotografiche, acquisite in atti, che mostrano come tra i due immobili in questione vi sia una evidentissima prossimità spaziale, la Sezione ha formulato il primo quesito al verificatore proprio per potersi sincerare sulla esistenza, nel concreto, non solo del requisito della vicinitas, ma anche di quello inerente all’effettivo pregiudizio che sarebbe stato prodotto dalla realizzazione delle opere edilizie in contestazione.
Nella relazione finale della verificazione l’… ha riferito che:
– la distanza tra le due proprietà è estremamente ridotta in quanto, nella parte di maggiore vicinanza, è di soli m. 4,…;
– effettivamente le opere edilizie realizzate dal […] (l’ampliamento in elevazione …) provocano una sensibile, seppur non totale, riduzione della vista del … dalla terrazza dell’appartamento del …, alla quale si aggiunge una interferenza sulla illuminazione di detta proprietà.
Ne deriva dunque che sussisteva ampiamente l’interesse del … ad impugnare il provvedimento di accertamento di conformità rilasciato nel 2014 in favore dello […], anche perché l’atto è stato adottato richiamando espressamente la sentenza 791/2011 con la quale era stato accolto il ricorso proposto dallo stesso … nei confronti del permesso di costruire rilasciato dal comune nel 2010.
29. – Con il primo motivo di appello nei confronti della sentenza 791/2011 il […] ha ritenuto errata la conclusione alla quale è giunto il TAR per la Lombardia, nella sentenza 791/2011, che ha ritenuto illegittimo il permesso di costruire … 2010 n. … 2010 in quanto il progetto assentito non presentava i presupposti utili per l’applicazione del c.d. piano casa, nella versione risultante dalla disciplina regionale della Lombardia, di cui alla l.r. 13/2009, dovendosi ritenere, a differenza di quanto ha sostenuto il … nel ricorso di primo grado, sul punto condiviso dal Tribunale amministrativo, che l’edificio in questione fosse da considerarsi “esistente” alla data del … 2005, nonostante abbia subito nel tempo, in forza del permesso di costruire n. … 2007, con il quale era stata assentita alla …, dante causa del […], la realizzazione di un intervento che comportava, mediante demolizione e ricostruzione, la trasformazione dell’immobile anche mediante incremento della volumetria.
Sinteticamente, l’appellante sostiene che la norma regionale non ha preteso che, per poter fruire dei vantaggi del c.d. piano casa, occorresse dimostrare, accanto alla esistenza dell’immobile alla data 31 marzo 2005, anche la permanenza della consistenza dello stesso nel tempo, fino alla domanda di rilascio del permesso di costruire ai sensi della l.r. 13/2009.
La questione è una di quelle “centrali” nell’impianto del presente contenzioso perché la soluzione di tale profilo della controversia (che ha visto contrapporsi le tre parti processuali fino alle memorie di replica depositate in vista dell’udienza di merito) condiziona tutti gli ulteriori aspetti del complesso terreno litigioso che ha gemmato gli appelli (principali e incidentali) che sono qui in esame e per la sua soluzione non è necessario riferirsi agli esiti della verificazione, dipendendo la stessa dalla valutazione giuridica della portata applicativa delle norme di settore che disciplinano la vicenda sottesa all’intero contenzioso qui in esame.
L’art. 3, comma 1, l.r. 13/2009, rubricato “Facoltà di ampliamento e sostituzione degli edifici esistenti”, così recita: “1. All’esterno dei centri storici e delle zone individuate dagli strumenti urbanistici vigenti quali nuclei urbani di antica formazione è consentito, anche in deroga alle previsioni quantitative degli strumenti medesimi, vigenti o adottati, e ai regolamenti edilizi, l’ampliamento di edifici in tutto residenziali ultimati alla data del 31 marzo 2005: a) uni-bifamiliari, in misura non superiore al 20 per cento della volumetria esistente alla medesima data e in ogni caso non superiore a 300 metri cubi per ogni unità immobiliare residenziale preesistente; b) diversi dai casi di cui alla lettera a) e comunque di volumetria non superiore a 1.200 metri cubi, in misura non superiore al 20 per cento della volumetria esistente alla medesima data (…)”.
La norma dunque è destinata, come pare evidente, a consentire un ampliamento edilizio in deroga rispetto agli strumenti urbanistici vigenti (all’esterno del centro storico, essendo prevista apposita disposizione, contenuta nel comma 4 del medesimo articolo, per gli interventi su immobili ubicati all’interno del centro storico urbano), seppur entro i limiti descritti dalla disposizione medesima, “di edifici in tutto residenziali ultimati alla data del 31 marzo 2005”.
Dalla lettura della norma e da una esegesi lineare delle espressioni utilizzate dal legislatore regionale, per il significato comune che alle stesse viene dato, non emerge alcun elemento utile a ritenere che la portata e la efficacia della surriprodotta disposizione normativa escluda la possibilità di ricomprendere nelle opportunità del c.d. piano casa anche gli edifici esistenti al 31 marzo 2005 che nel corso della loro “vita” abbiano subito trasformazioni radicali, quali ad esempio una demolizione e ricostruzione, ed anche con modifiche sostanziali rispetto al fabbricato originario, non essendo tale tipo di interventi vietato dal nostro ordinamento giuridico (sempreché siano assistititi dal previo rilascio di un titolo abilitativo adeguato), né essendo rinvenibile nella normazione sul piano casa regionale, nella Lombardia, una disposizione che induca a pretendere, quale presupposto indispensabile per usufruire dei vantaggi costruttivi in deroga agli strumenti urbanistico-edilizi, che il fabbricato da ampliare non abbia subito modifiche radicali tra il 31 marzo 2005 e il momento in cui l’interessato proponga il progetto per ottenere il titolo abilitativo invocando l’applicazione del c.d. piano casa.
In altri termini, condizionare l’applicazione della normativa edilizia più favorevole agli edifici “ultimati” alla data del 31 marzo 2005, non può significare anche che l’edificio ultimato alla data del 31 marzo 2005 debba rimanere tal quale nel tempo e fino alla presentazione del progetto ampliativo e ciò in applicazione del noto criterio per il quale l’espressione normativa deve essere interpretata nel suo chiaro significato letterale, alla stregua del consolidato canone ermeneutico per cui ubi lex non distinguit nec nos distinguere debemus.
In tale senso deve osservarsi che la suindicata interpretazione della disposizione di cui all’art. 3, comma 1, l.r. 13/2009 non discende solo dal dato testuale della norma, atteso che essa non reca alcuna distinzione tra gli edifici “ultimati” al 31 marzo 2005 e quelli ultimati in detta data e poi “trasformati” (anche radicalmente) in epoca successiva, ma anche da una ragione di ordine teleologico, atteso che, diversamente ragionando, si creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra coloro che non hanno effettuato interventi radicali sull’edificio ultimato al 31 marzo 2005 e coloro che, pur sulla scorta di un titolo abilitativo ad intervenire sull’edificio, abbiano effettuato interventi edilizi decisivi in epoca successiva ed abbiano ancora “margine” per poter utilizzare i vantaggi discendenti dall’applicazione del c.d. piano casa, dai quali resterebbero irragionevolmente esclusi.
Il Collegio ritiene quindi di non poter condividere l’impostazione interpretativa della norma surriprodotta fatta propria dal primo giudice che ha affermato come il “detto edificio non esiste più dal 2007, perché è stato demolito in forza del cit. permesso di costruire del 2007 e sostituito da un altro che ha differenti caratteristiche e maggiore volumetria” escludendo poi “che l’edificio realizzato con il permesso di costruire del 2007 possa in alcun modo essere ricollegato al precedente, essendosi trattato della realizzazione di una nuovo edificio, distinto e diverso dal precedente, sicché si è prodotta una soluzione di continuità fra i due edifici” (così, testualmente, a pag. 11 della sentenza n. 791/2011) e da ciò far discendere l’inapplicabilità della normativa sul c.d. piano casa al progetto presentato dal […] che ha dato luogo al rilascio del permesso di costruire .. 2010 n. … 2010.
Il primo giudice ha solo rappresentato, anche in altri passaggi della sentenza n. 791/2011, correttamente peraltro, la differenza tra i vari tipi di intervento edilizio realizzabili su un edificio esistente, giungendo ad affermare, condivisibilmente, che “la ristrutturazione, se può spingersi fino all’estremo della demolizione e successiva ricostruzione del fabbricato, sconta però in tal caso il vincolo che il nuovo edificio deve essere del tutto fedele a quello preesistente”, ma ciò non prova che il c.d. piano casa non trovi applicazione nell’ipotesi in cui l’edificio, esistente alla data del 31 marzo 2005, abbia subito una (autorizzata) demolizione e una (altrettanto autorizzata) non fedele ricostruzione in forma di un idoneo titolo all’uopo rilasciato dall’autorità competente. E ciò per le semplici, concomitanti, ragioni secondo le quali:
– tale operazione (demolizione e non fedele ricostruzione) non è vietata dall’ordinamento settoriale edilizio (d.P.R. 380/2001), ben potendo essere legittimamente realizzata attraverso il rilascio di un idoneo permesso di costruire;
– nessuna norma dichiara tecnicamente “inesistente” un edificio, seppur per un breve periodo di tempo (ad esempio quello utile a passare dalla demolizione alla ricostruzione) sol perché, una volta demolito, non sarà ricostruito riproducendo fedelmente la sagoma e le altre caratteristiche edilizie che caratterizzavano la precedente costruzione;
– la l.r. 13/2009, all’art. 3, comma 1, non ipotizza espressamente l’esclusione dalla applicazione della disciplina sul c.d. piano casa degli edifici che, seppur esistenti (in quanto ultimati) alla data del 31 marzo 2005, abbiano successivamente subito autorizzati interventi di demolizione e non fedele ricostruzione
Il primo motivo di appello proposto dal […] nel primo giudizio di appello qui in esame è, dunque, fondato (con le conseguenze che successivamente verranno specificate, anche con riferimento al secondo giudizio di appello qui in esame).
30. – Avendo il giudice di primo grado, nella sentenza n. 791/2011, accolto il primo motivo di ricorso, vertente sulla inapplicabilità della disciplina regionale del c.d. piano casa al progetto ampliativo proposto dal […], perché l’edificio sul quale l’intervento doveva realizzarsi non poteva dirsi “ultimato” e quindi “esistente” alla data del 31 maggio 2005, essendo stata radicalmente trasformata, nel 2007-2009, la “villa” esistente nel 2005, egli ha ritenuto che “In tale contesto non v’è quindi necessità di disaminare l’ulteriore questione relativa al recupero dei sottotetti anche in relazione al superamento del limite di 1.200 mc” (così, testualmente, a pag. 12 della sentenza 701/2011).
L’accoglimento del primo motivo di appello, in riforma dell’esame della corrispondente doglianza operato dal Tribunale amministrativo, rende necessario nel presente grado di giudizio, stante la riedizione da parte del … di tutti i motivi di ricorso dedotti in primo grado, anche con lo strumento dell’appello incidentale, lo scrutinio della censura riferita al permesso di costruire … 2010 n. … 2010, ritenuto dal … illegittimo (anche) perché violativo dell’art. 3, comma 1, lett. b), l.r. 13/2009, non sussistendo (anche) il duplice requisito della presentazione di un progetto di ampliamento per una “volumetria non superiore a 1.200 metri cubi” e comunque “in misura non superiore al 20 per cento della volumetria esistente” alla data del 31 marzo 2005.
Per sciogliere tale nodo di natura tecnica la Sezione, con l’ordinanza collegiale 3852/2017, ha chiesto al verificatore di dire, in termini descrittivi:
– quale sia stata la consistenza della villa preesistente all’edifico;
– quale sia quindi stata la consistenza planovolumetrica dell’edificazione che ha preso il posto della villa, quali fossero i suoi effettivi ingombri volumetrici lordi e netti nonché quale fosse la volumetria massima sfruttabile in situ;
– quale sia stata e in cosa sia consistita, anche eventualmente frazionata nel tempo, l’ulteriore attività edilizia che ha interessato l’appartamento del […], quale fosse il regime edificatorio di zona all’epoca di tali incrementi edilizi, quali siano stati gli effettivi ingombri volumetrici di tali incrementi edilizi, lordi e netti nonché quale fosse la volumetria massima sfruttabile in regime di c.d. piano casa;
– se tale volumetria massima sfruttabile, nella fattispecie, sia stata calcolata in funzione delle dimensioni dell’edificio – che ha sostituito la preesistente villa – prima dell’avvio realizzativo degli incrementi edilizi posti in essere dal […] ovvero anche utilizzando parametri conseguenti ad incrementi edilizi progressivamente effettuati.
A tali quesiti il verificatore rispondeva dichiarando di avere accertato che:
– con il progetto allegato al permesso di costruire n. … del … 2007 era previsto un intervento di demolizione della preesistente villa e di (ri)costruzione di un nuovo fabbricato, con un sensibile ampliamento sia nell’ingombro planimetrico che in elevazione, svolto in due momenti e grazie al rilascio di due diversi titoli abilitativi;
– infatti, con il progetto allegato ad un secondo permesso di costruire con n. … del … 2007, veniva incrementata la volumetria del nuovo corpo in ampliamento;
– all’esito risultava la realizzazione di un nuovo edificio nel quale erano ricomprese 5 unità abitative (un quadrilocale ed un trilocale al piano terra, …) insistente in zona di PRG (del Comune …) identificata come “Zona a tessuto urbano prevalentemente residenziale ad alta densità” ZTR1, assimilabile alla zona B di cui all’art. 2 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, appartenente alla Città …, recante un indice fondiario di 2 mc/mq, con un’altezza massima consentita di 10 metri, un indice di permeabilità maggiore o uguale al 30% un rapporto di copertura minore o uguale al 50%;
– gli effettivi ingombri volumetrici lordi dell’edificio era pari a mc 1.420,01. Tale dato era raggiunto tenendo conto che l’art. 7, punto 7.11, delle NTA del PRG del Comune …, nel definire i diversi parametri urbanistici, edilizi ed ambientali, precisa che “il volume di un fabbricato esprime il prodotto della superficie lorda di pavimento del fabbricato per l’altezza”, dove, “per i fabbricati ad uso residenziale di nuova edificazione, di ampliamento e di ristrutturazione nonché di demolizione e ricostruzione, si computa come altezza virtuale di interpiano, pari a m 3,10, indipendentemente dall’altezza effettiva e dalla destinazione d’uso dei locali”. Sulla scorta di quanto sopra il verificatore ridisegnava al CAD il perimetro di ogni piano, sulla base delle quote riportate nei grafici e riportando come superficie lorda di piano i dati che il calcolo automatico di volta in volta forniva. Inoltre, per la valutazione del volume del sottotetto, caratterizzato da un soffitto a falda inclinata, il verificatore ha tenuto conto dell’ampliamento dello stesso realizzato ai sensi degli artt. 63 e 65 l.r. 12/2005, giungendo a determinare l’ingombro volumetrico lordo moltiplicando la superficie lorda di piano per un’altezza di m 3,10 limitatamente ai primi due livelli e moltiplicando la superficie lorda di piano per l’altezza reale lorda;
– per individuare gli effettivi ingombri volumetrici netti del sottotetto occorreva accertare la consistenza degli spessori delle murature perimetrali in tutto l’edificio. Il verificatore stabiliva che gli stessi risultano essere pari a cm 36, comprensivi di un cappotto termico esterno, e che non sono stati modificati nel tempo dal momento in cui la casa è stata ricostruita ad oggi;
– la volumetria massima sfruttabile in situ era di mc 1.211,60 estendibile per ulteriori mc 51,48 e quindi complessivamente era pari a mc 1.263,08. Tale risultato si ottiene tenendo conto delle disposizioni urbanistiche contenute nella normativa di settore vigente all’epoca del rilascio dei titoli abilitativi a costruire (2007) e della realizzazione degli interventi (2009), ed in particolare: a) la edificabilità massima consentita corrisponde alla volumetria che si ottiene moltiplicando la superficie del lotto di proprietà per l’indice fondiario; b) considerato che la superficie del lotto inserita nei calcoli progettuali era pari mq. …, utilizzando la superficie di mq. … si ottiene che, secondo il PRG, la volumetria massima sfruttabile era di mc 1.211,60; c) a ciò si aggiunga che per l’edificio preesistente era applicabile anche l’intervento di recupero del sottotetto, con un incremento volumetrico al di fuori degli indici di Piano, sicché il recupero effettuato, con un incremento finale pari a mc 51,48, costituisce un ulteriore potenzialità volumetrica realizzabile nel sito, con il che complessivamente la stessa risulta pari a mc 1.263,08.
31. – Come è noto alle parti in giudizio, tali risultanze della verificazione effettuata dall’architetto … sono state sottoposte a critica dai consulenti di parte, in particolare dal consulente nominato dal … .
Ciò ha indotto la Sezione a disporre un supplemento di verificazione, con l’ordinanza 4629/2018, nella quale era chiesto al verificatore di esaminare le critiche prospettate e di rispondere ad esse con adeguata motivazione, anche alla luce dell’insieme degli scritti depositati dalle parti in controversia successivamente al deposito della relazione finale di verificazione.
Nello stesso tempo veniva chiesto al verificatore di accertare se il volume della porzione di edificio avente sagoma di torretta sovrastante la costruzione per cui è causa rientri o meno nei limiti volumetrici aggiuntivi di edificazione consentiti in base alla legislazione vigente all’epoca della sua realizzazione.
L’architetto … confermava la bontà degli accertamenti effettuati nel corso della verificazione i cui risultati erano stati espressi nella prima relazione finale di verificazione e ciò anche alla luce delle considerazioni critiche espresse dai consulenti di parte, siccome confortate da documentazione nuovamente prodotta, motivando in modo ancor più approfondito metodi e criteri di valutazione utilizzati e le ragioni degli esiti ai quali egli era pervenuto.
In particolare …, consulente di parte nominato dal …, oltre a criticare integralmente l’impostazione della verificazione svolta dall’architetto …, sostenendo la necessità di una radicale revisione della relazione depositata, contesta la correttezza di alcune delle conclusioni alle quali è pervenuto il verificatore, indipendentemente dalla considerazione degli interventi edilizi consentiti dalla legislazione regionale della Lombardia, in quanto le disposizioni regionali sul c.d. piano casa non possono essere applicate al caso in esame, tra l’altro, in quanto:
– il progetto allegato all’istanza a seguito della quale è stato rilasciato il permesso di costruire del 2010 non conterrebbe tutte le indicazioni necessarie per l’applicazione delle norme sul c.d. piano casa nella Regione Lombardia;
– in particolare non sono condivisibili i conteggi utilizzati per determinare l’ingombro volumetrico netto nella misura complessiva di mc … , tenuto anche conto delle mura perimetrali e dei solai di copertura;
– oltre alla mancanza di idonea documentazione sull’ottenimento dell’efficientamento energetico per l’intero fabbricato.
Su tali punti il verificatore ha offerto i chiarimenti suppletivi richiesti dalla Sezione con l’ordinanza 4629/2018.
Nello specifico, per quanto riguarda la questione dei presupposti per l’applicazione del c.d. piano casa al progetto che ha dato luogo al rilascio del permesso di costruire del 2010 (annullato con la sentenza del giudice di primo grado n. 791/2016) e, nello specifico, con riferimento alla misura dell’altezza del piano sottotetto, il verificatore ha ribadito che, in presenza di una disciplina normativa settoriale non perspicua e di non semplice applicazione, grazie agli ulteriori approfondimenti effettuati, la misura dell’altezza da applicare nella determinazione dei volumi è quella dell’altezza media reale del solaio di copertura (già prescelta dal verificatore nella prima relazione depositata).
L’architetto …, nella relazione suppletiva ha avuto modo di chiarire che, “Al di là delle posizioni contraddittorie delle parti che disquisiscono sul significato della parola “interpiano”, la Legge Regionale 12/05, all’art. 63, punto 1 bis, precisa che “Si definiscono sottotetti i volumi sovrastanti l’ultimo piano degli edifici dei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura”, sottolineando così che tali volumi non sono da considerarsi un “piano” dell’edificio esistente. Se poi all’art. 63, punto 6, si stabilisce che “Il recupero abitativo dei sottotetti è consentito purché sia assicurata per ogni singola unità immobiliare l’altezza media ponderale di metri 2,40”, anche con “modificazioni di altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde, unicamente al fine di assicurare i parametri di cui all’articolo 63, comma 6” (vedi art. 64, punto 1), è indiscutibile che il nuovo volume non possa superare questo parametro di altezza, anche in deroga alle normative urbanistiche vigenti nei singoli Comuni. Considerato, infine, che all’art. 65, punto 1 quinquies, si precisa che “In sede di redazione del PGT, i volumi di sottotetto recuperati ai fini abitativi in applicazione della l.r. 15/1996, ovvero delle disposizioni del presente capo, sono computati ai sensi dell’articolo 10, comma 3, lettera b)” quindi come “consistenza volumetrica esistente”, ritengo che la Legge Regionale 12/05 sia l’unico riferimento da prendere in considerazione quando si conteggia la volumetria di un sottotetto e che, conseguentemente, siano corretti i miei calcoli” (così, testualmente, alle pagg. 58 e 59 del supplemento di verificazione).
Con riguardo poi al calcolo dell’ingombro volumetrico netto, individuato nella misura complessiva di mc … il verificatore tiene conto non solo del permesso di costruire rilasciato nel 2010 ma anche del permesso di costruire in sanatoria rilasciato dal Comune … nel 2014. Sotto tale profilo egli, nella relazione finale del supplemento di verificazione, precisa che:
– la realizzazione delle opere effettuate nella proprietà […], per effetto del rilascio del permesso di costruire nel 2010, non è avvenuta in un unico contesto temporale ma l’incremento si è prolungato nel tempo, tanto che ha reso necessario il rilascio del permesso di costruire “in sanatoria” n. … 2014:
– in tale ricostruzione, anche temporale, degli eventi, bisogna tener conto che a quella data era entrata in vigore la l.r. 4/12, in virtù della quale è stata prevista una premialità pari ad una volumetria aggiuntiva del 5% rispetto a quella preesistente e riferibile agli edifici ultimati alla data del 18 luglio 2009 (nel quale rientra anche l’immobile in cui si trova la proprietà del […]), sempre che fosse raggiunto un miglioramento dell’efficienza energetica, superiore al 50% del valore limite attribuito all’edificio prima dell’intervento;
– alla appena descritta condizione andava ad aggiungersi quella secondo la quale l’incremento volumetrico dovesse essere utilizzato unicamente sul fabbricato oggetto di intervento, con conseguenti modifiche di sagoma.
Afferma in conclusione il verificatore che, qualora l’incremento realizzato grazie alla l.r. 13/2009 fosse eccessivo rispetto all’incremento consentito nel 2009, ciò che conta è che l’incremento finale rientri nei parametri migliorativi indicati nella l.r. 4/2012, cosa che nella specie è avvenuta.
Difatti se la volumetria netta al 18 luglio 2009 era pari a mc …, discostandosi parzialmente da quanto previsto dalla l.r. 13/2009, la normativa successiva consentiva un incremento di mc 57,32 [sulla base del seguente conteggio: mc … (volumetria netta esistente alla data del 18 luglio 2009) x 0,05 = mc 57,32], tenendo anche conto che l’ampliamento in questione è un sopralzo, quindi un ampliamento realizzato sul fabbricato.
D’altronde la suesposta situazione è cristallizzata dal permesso di costruire n. 17915 del 24 novembre 2014, che per l’appunto è stato qualificato come titolo edilizio “in sanatoria”, nel quale viene riconosciuta legittima una porzione del fabbricato, per altro inferiore a quella che risulta dai calcoli espressi dal verificatore.
Ne deriva che anche sotto tale profilo va ritenuta fondata la censura dedotta in sede di appello dal […] nei confronti della sentenza 791/2011 del TAR per la Lombardia, dovendosi ritenere nella più parte respinta la riproposizione del motivo di ricorso, ritenuto assorbito parzialmente dal giudice di primo grado, da parte del … nell’appello incidentale e dovendosi considerare poi superati alcuni profili di doglianza, sempre presenti nell’appello incidentale ma travolti dalla legittimità del permesso di costruire “in sanatoria” n. … 2014, per quanto si dirà ancora appresso.
32. – Il restante motivo di appello dedotto dallo […] (al quale fa eco la contrapposta riproposizione del corrispondente motivo di ricorso di primo grado, nella parte non puntualmente scrutinata dal primo giudice, da parte del … nell’appello incidentale) inerisce alla contestata dimostrazione del conseguimento del risparmio energetico connesso alla realizzazione del nuovo immobile, non solo per insussistenza di tale requisito ma anche perché la sua esistenza doveva essere offerta ex ante e non all’esito della realizzazione dei lavori.
Il verificatore, in entrambe le relazioni depositate, ha affermato con chiarezza di avere accertato che l’edificazione che ha preso il posto della villa ha indiscutibilmente determinato un miglioramento degli indici di efficienza energetica nei confronti del fabbricato preesistente, così come un analogo miglioramento è avvenuto anche in occasione della realizzazione dell’ulteriore incremento della proprietà del […].
Nell’affermare ciò, tenendo conto delle contestazioni che sono state rivolte a tale conclusione dal consulente di parte del … , l’architetto … puntualizzava, trattandosi di un profilo di criticità più volte dibattuto tra i consulenti nel corso della verificazione (vale a dire il calcolo dell’ingombro volumetrico netto e le detrazioni applicate a tale calcolo), che:
– la detrazione delle murature perimetrali è consentita quando sussistono “riduzioni certificate superiori al 10% dei valori limite”, per cui è certo che ciò sia avvenuto nell’edificio che ha sostituito la villa originaria, nonché nel nuovo incremento, dove gli attestati certificano addirittura una riduzione del 50%;
– un profilo di criticità poteva emergere in merito alla detrazione del volume relativo alla scala di accesso alla copertura, posta nel volume dell’incremento della proprietà […]. Per come risulta dai conteggi indicati nei grafici All. 8, All. 9, All. 10, e nella Tabella All. 11 – punti 4, 5a e 5b, della relazione finale della verificazione, in forza delle previsioni del PRG vigente fino al 2012, dal calcolo dal computo della superficie lorda di piano andavano escluse le scale di accesso alla copertura. Successivamente, però, con l’approvazione del Piano di governo del territorio (PGT), avvenuta in data … 2012, tale previsione è stata modificata, venendo eliminato espressamente il riferimento alle scale di accesso alla copertura;
– è per le suindicate ragioni che il verificatore, con riferimento alla data del rilascio del primo permesso di costruire, ha detratto dal conteggio della superficie lorda di piano, tutte le parti di murature perimetrali e solai di copertura eccedenti i cm 30, quali elementi aggiunti per migliorarne l’efficienza energetica, rispetto alla preesistente costruzione;
– controllando gli spessori delle murature perimetrali di tutto l’edificio e verificando che gli stessi, risultando di cm 36, sono sicuramente comprensivi di un cappotto termico esterno, il verificatore ha quindi accertato che gli ingombri necessari per migliorare l’efficienza energetica della costruzione erano quantificabili nel maggior spessore di 6 cm rispetto ai preesistenti cm 30, derivando quindi un ingombro volumetrico che risulta essere di mc … .
Da ciò deriva che al momento del rilascio del primo permesso di costruire era dimostrato anche il risparmio energetico, alla luce della normativa in quel momento in vigore. Successivamente, in un contesto di diversa e rinnovata disciplina edilizia anche con riferimento al calcolo delle misure per dimostrare la correlazione tra i nuovi interventi edilizi e il corrispondente risparmio energetico, il permesso di costruire in sanatoria del 2014, per le ragioni sopra espresse, ha “sanato” le incongruenze presenti con il rilascio del primo permesso di costruire.
Neppure ha pregio, ad avviso del Collegio, la contestazione circa la mancata prova ex ante della idoneità degli incrementi edilizi consentiti con il primo permesso di costruire, atteso che, oltre che ragionevolmente, anche testualmente l’art. 3, comma 2, della legge regionale n. 13/2009 non impone affatto di dimostrare ex ante il risparmio energetico, ma fa obbligo all’interessato di produrre una “diminuzione certificata del fabbisogno di energia”, sicché è irragionevole pensare che una dimostrazione certificata del risparmio possa essere conseguita a lavori ancora da completarsi.
33. – In virtù di quanto si è sopra illustrato e, soprattutto, per effetto degli esiti della verificazione disposta, ivi compresi gli esiti del supplemento di verificazione, il Collegio è in grado di ritenere fondati i motivi di appello dedotti dal […] e non condivisibili i motivi di appello incidentale prospettati dal …, sicché l’appello n. R.g. 7600/2011 deve essere accolto con conseguente riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Brescia, Sez. I, 27 maggio 2011 n. 791; mentre va respinto l’appello incidentale proposto in detto giudizio dal … .
Il Collegio ritiene utile ribadire, prima di scrutinare il secondo appello principale ed il secondo appello incidentale proposti nel giudizio n. R.g. 3706/2016, alcuni principi oramai consolidati in giurisprudenza con riferimento alla rilevanza dello strumento della verificazione nel processo amministrativo, laddove vengano in emersione profili di elevata tecnicità, come appare evidente nel caso di specie, trattandosi di materia edilizia.
In tali casi la soluzione della controversia è rimessa ad un giudizio “tecnico” dell’esercizio di potere dell’amministrazione, laddove per “tecnico” si intende un giudizio di qualificazione che appartiene a discipline non giuridiche, in quanto i criteri dell’interpretazione giuridica non forniscono un significato autosufficiente né comprovabile in maniera assoluta.
Si suole ritenere che il giudizio tecnico partecipa della relatività delle conoscenze, propria dell’esperienza umana e coinvolge regole desunte da c.d. scienze (meglio sarebbe dire esperienze) non esatte.
Due caratteri, dunque, connotano tale prospettiva decisionale:
– l’essere basata su regole non giuridiche;
– l’essere basata su regole non comprovabili in maniera universalmente accettata e, dunque, su regole opinabili, come si ritengono, normalmente, quelle relative agli assetti urbanistico-edilizi del territorio.
In siffatto contesto non è del tutto esatto che il giudizio tecnico-discrezionale si avvalga di regole desunte da “scienze” inesatte, potendo essere inesatto solo il risultato cui si perviene attraverso l’uso di scienze esatte. Ad esempio, le scienze dell’assetto del territorio sono esatte nella misura in cui si servono di criteri di rilevazione di ordine matematico, fisico, ingegneristico, ecc., ma possono non esserlo con riferimento ai risultati che si vogliono ottenere, come lo stabilire con assoluta certezza e prevedibilità il grado di stabilità di un territorio, ad esempio ai fini della possibile allocazione di insediamenti umani.
È certo, comunque, che la facoltà di scelta fra varie opzioni possibili, cioè la discrezionalità, si colora della qualificazione di tecnica quando essa comunque presuppone l’uso di regole scientifiche o tecniche.
Quando ciò non avvenga e la facoltà di scelta sia ancorata a valutazioni non presupponenti applicazione di regole tecniche o scientifiche, ci si trova di fronte a discrezionalità amministrativa, per la quale, tradizionalmente, si ritiene che il legislatore abbia enunciato il fine pubblico che l’amministrazione è chiamata a perseguire ed è essa così a dover esercitare i suoi poteri in maniera coerente con le indicazioni provenienti dalla legge, nel presupposto che l’interesse pubblico sia ormai compiutamente definito e che spetti all’amministrazione solo di ponderarlo con gli altri interessi, pubblici o privati, in gioco (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 5 marzo 2010 n. 1276).
Di qui la forma di sindacato consentita al Giudice, definita con formula felice, come “sindacato debole”.
Con l’espressione “sindacato di tipo debole”, però, non si intende limitare il potere giurisdizionale di piena cognizione sui fatti oggetto di indagine e sul processo valutativo, mediante il quale l’autorità applica alla fattispecie concreta la regola individuata dalla legge.
Con tale espressione si vuole porre solo un limite alla statuizione finale del giudice, il quale, dopo aver accertato in modo pieno i fatti ed aver verificato il processo logico-valutativo svolto dall’autorità in base a regole tecniche o del buon agire amministrativo, anch’esse sindacate, se ritiene le valutazioni dell’autorità corrette, ragionevoli, proporzionate ed attendibili, non deve spingersi oltre fino ad esprimere proprie autonome scelte, perché, altrimenti, assumerebbe egli la titolarità del potere. Il giudice non può sostituirsi ad un potere già esercitato, ma deve solo stabilire se la valutazione complessa operata nell’esercizio del potere debba essere ritenuta corretta sia sotto il profilo delle regole tecniche applicate, sia nella fase di contestualizzazione della norma posta a tutela della conformità ai parametri tecnici, che nella fase di raffronto tra i fatti accertati ed il parametro contestualizzato (cfr., tra le molte, Cons. Stato, sez. VI, 2 marzo 2004 n. 926).
Alle ontologiche carenze di ordine tecnico del giudice supplisce la nomina del verificatore, alla cui relazione il giudice può affidarsi laddove la plausibilità delle considerazioni svolte nella relazione di verificazione in termini coerenti con gli atti dell’istruttoria traduce le conclusioni alle quali giunge il verificatore in un complesso di soluzioni attendibili e condivisibili.
In tale operazione acquisisce un rilievo importantissimo il complesso delle controdeduzioni tecniche espresse dai consulenti di parte. Tuttavia laddove dal confronto tra le conclusioni alle quali giungono i consulenti, d’ufficio e di parte, non emerga una irragionevolezza o illogicità evidente e facilmente percepibile a carico delle conclusioni alle quali è giunto il verificatore, per come coagulate nella relazione finale, accompagnata dalla evidenza che egli abbia utilizzato metodi e criteri, anche di calcolo, comunemente accolti dalla scienza del settore, il mantenimento di posizioni divergenti tra tecnici rientra nell’ambito della “opinabilità” e quindi costituisce terreno di scontro scientifico che deve essere superato dal giudice in favore delle ragionevoli conclusioni alle quali è giunto il verificatore, non possedendo ex se il giudice gli strumenti tecnici utili a poter dipanare il groviglio delle contestazioni scientifiche tra esperti di pari livello, né essendo questo il suo compito.
In altri termini, dunque, se le indagini del verificatore risultano essere state eseguite secondo una metodica corretta e coerente con quanto indicato dal giudice che ha disposto la verificazione, come pare al Collegio nel caso in esame, anche con riferimento al supplemento di verificazione, arricchita da affermazioni espresse tenendo in puntuale conto le osservazioni critiche mosse alla prima relazione finale, gli esiti dell’attività istruttoria svolta dal verificatore debbono costituire il fondamento tecnico-scientifico della soluzione della controversia posta all’attenzione del giudice.
34. – Come è stato più sopra riferito il Comune …, con provvedimento … 2014 n. … rilasciava al […] un permesso di costruire in sanatoria per le stesse opere che avevano fatto oggetto del permesso di costruire … 2010 n… 2010, che era stato annullato dalla sentenza 791/2011.
Il … impugnava dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Brescia, anche tale secondo permesso di costruire e il Tribunale, con la sentenza 9 febbraio 2016 n. 218, accoglieva il ricorso, anche in ragione del fatto che il secondo permesso di costruire, rilasciato dal Comune .., si poneva in evidente contrasto con l’annullamento del permesso di costruire del 2010 operato dalla sentenza 791/2011.
Il […] propone appello, n. R.g. 3706/2016, anche nei confronti della suddetta sentenza del 2016 ritenendola errata sotto vari profili.
In primo luogo l’appellante ricorda come il permesso di costruire del 2014 sia il frutto di una doppia istanza e quindi (cor)risponda all’esercizio di due diversi poteri dell’amministrazione, riferibili a due diversi interessi pubblici.
In primo luogo si tratta di una sanatoria edilizia ai sensi dell’art. 36 d.P.R. 380/2001 ed in secondo luogo con detto permesso di costruire il Comune … convertiva, ai sensi dell’art. 38 d.P.R. 380/2001, la sanzione demolitoria nella irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del […].
Dagli atti prodotti agli uffici comunali a corredo della relativa istanza di “accertamento di conformità”, confermata in sede di sopralluogo effettuato dagli uffici in data 6 giugno 2014, può leggersi che le opere abusive rispetto alle quali è richiesta la sanatoria corrispondono alla “realizzazione del sopralzo di parte dell’unità abitativa posta al piano secondo, la struttura realizzata non risulta ultimata, mancano i pavimenti, gli impianti, serramenti, gli intonaci, ecc.. L’edificio è stato oggetto di ristrutturazione eseguita alcuni anni fa, allo stato ottimo. La porzione prevista nel permesso di costruire annullato consist(e) nel sopralzo di una parte dell’edificio esistente per ricavare una camera con bagno, collegata al piano sottostante mediante scala di accesso preesistente. La terrazza (solarium), (…), risulta realizzata e sagomata come in origine al piano sottostante (…)” (così nella documentazione prodotta anche all’esito del sopralluogo del … 2014).
Nel provvedimento di sanatoria del 2014 si legge che il comune aveva appurato come la richiesta di applicazione dell’art. 36 d.P.R. 380/2001 fosse accoglibile in quanto la realizzazione delle opere godeva della c.d. doppia conformità in ragione della vigenza dei duplice disposto normativo di cui alla l.r. 13/2009 ma soprattutto della sopravvenuta l.r. 4/2012, in particolare del disposto di cui all’art. 3, comma 2 di tale legge regionale. Conseguentemente “attesa l’esistenza dell’edificio alla data del 18/07/2009 è possibile a seguito dell’applicazione del suddetto art. 3 della L.R. 4 del 13/03/2012 rilasciare per una porzione di immobile pari al 5% del volume dell’intero edificio preesistente al sopralzo il permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 380/2001 e s.m.i. in quanto come risulta dalla documentazione agli atti: “Relazione tecnica – rispondenza alle prescrizioni in materia di contenimento del consumo energetico” depositata in data … 2013 con prot. …, risulta verificato sull’intero edificio il miglioramento energetico nella quantità prevista dal citato art. 3 comma “2” della L.R. 4/2012, considerato inoltre che l’altezza dell’edificio di progetto è inferiore a mt. 14,00 (altezza di progetto mt. …)” (così nella parte motiva del provvedimento di sanatoria del 2014).
Quanto sopra coincide con le risultanze della prima verificazione e della verificazione suppletiva alle quali è giunto … e delle quali più sopra si è ampiamente detto. Ne deriva che il corrispondente motivo di appello può essere accolto, tenendo anche conto della significativa circostanza che l’annullamento del permesso di costruire del 2010 per effetto della sentenza del TAR per la Lombardia n. 791/2011 è stato travolto dall’accoglimento del primo dei due appelli qui in esame.
35. – Quanto all’applicabilità al caso di specie dell’istituto della c.d. fiscalizzazione dell’abuso, ai sensi dell’art. 38 d.P.R. 380/2001, il giudice di prime cure ha ritenuto che fosse indimostrata la possibilità che le opere abusive ed estranee all’accertamento di conformità non potessero essere demolite.
Nell’appello il […] ricorda che nel provvedimento n. … del … 2014 il Comune … ha illustrato puntualmente le ragioni che hanno condotto all’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo della sanzione demolitoria, stante la impossibilità della “(…) rimessa in pristino della restante porzione oggetto di annullamento, in quanto strutturalmente non scindibile da quella oggetto di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/2001 e s.m.i. (…)” (così, testualmente nel provvedimento del 2014, per come riprodotto in parte a pag. 31 dell’atto di appello).
Dagli atti depositati in giudizio è possibile rilevare che il competente ufficio comunale al quale era giunta la doppia istanza (di accertamento di conformità e di applicazione dell’art. 38 d.P.R. 380/2001) aveva disposto un sopralluogo nella proprietà del […] che si era svolto in data … 2014. Dalla relazione redatta dall’Ufficio tecnico comunale, con allegata documentazione fotografica, risultava che “sotto l’aspetto strutturale la copertura dell’edificio realizzato costituisce un corpo unico costituito da struttura intelaiata in acciaio con travi tipo IPE perimetrali e una eventuale interruzione della struttura comprometterebbe sia la staticità dell’intera struttura, che le caratteristiche antisismiche”.
Orbene, pare evidente che i requisiti per l’applicazione dell’istituto disciplinato art. 38 d.P.R. 380/2001 (c.d. fiscalizzazione degli abusi) sussistano in ragione della verifica tecnico amministrativa effettuata dall’ufficio comunale di cui sopra.
L’art. 38, comma 1, d.P.R. 380/2001 dispone che “In caso di annullamento del permesso, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall’agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest’ultima e l’amministrazione comunale. La valutazione dell’agenzia è notificata all’interessato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa”.
Nel caso di specie l’annullamento al quale si fa riferimento è quello provocato dalla sentenza 791/2001 al permesso di costruire rilasciato al […] nel 2010 e le opere sono quelle realizzate in base a detto permesso di costruire.
La norma prevede la c.d. fiscalizzazione dell’abuso che si applica indipendentemente dal tipo di vizio che ha caratterizzato la procedura, ovvero nel caso di vizi sia formali che sostanziali. In tal senso va ricordato l’indirizzo prevalente, in giurisprudenza (cfr., tra le tante, Cons. stato, Sez. VI, 28 novembre 2018 n. 6753 e Sez. IV, 17 settembre 2012 n. 4923), secondo il quale, se è vero che l’espressione “vizi delle procedure amministrative” contenuta nel comma sopra riportato allude a vizi di carattere formale; si tratta però di una soltanto delle ipotesi in cui la sanatoria è ammessa. La norma infatti ne contiene un’altra, messa su un piano di parità, che è quella in cui non sia possibile la “rimessione in pristino”, ipotesi che ha riguardo anzitutto ad una problematica tecnico ingegneristica e quindi prescinde dal tipo di vizio cui si sia di fronte. In definitiva, l’autorità comunale è tenuta a rimuovere eventuali vizi di carattere formale, ma ove ciò non sia possibile, perché i vizi sono inemendabili o sono di altra natura, prima di ordinare la rimessione in pristino deve valutare se essa sia possibile o no (in tal senso si è espressa la citata sentenza della Sez. VI, n. 6753/2018, secondo la quale in questo caso si è di fronte ad una norma di favore per il privato, che ha costruito in base ad un titolo che esisteva, e quindi nel valutare l’impossibilità va considerato rilevante non solo il caso di mera impossibilità o grave difficoltà tecnica, ma anche quello ove si riconoscano ragioni di equità o al limite anche di opportunità).
Il citato art. 38 si ispira ad un principio di tutela degli interessi del privato mirando ad introdurre un regime sanzionatorio più mite proprio per le opere edilizie conformi ad un titolo abilitativo successivamente rimosso, rispetto ad altri interventi abusivi eseguiti sin dall’origine in assenza di titolo, per tutelare un certo affidamento del privato, sì da ottenere la conservazione di un bene che è pur sempre sanzionato (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI 9 aprile 2018 n. 2155 e 10 maggio 2017 n. 2160).
Il fondamento del regime sanzionatorio più mite riservato dalla norma agli interventi edilizi realizzati in presenza di un titolo abilitativo che solo successivamente sia stato dichiarato illegittimo rispetto al trattamento ordinariamente previsto per le ipotesi di interventi realizzati in originaria assenza del titolo va quindi rinvenuto nella specifica considerazione dell’affidamento riposto dall’autore dell’intervento sulla presunzione di legittimità e comunque sull’efficacia del titolo assentito. A tal fine, all’amministrazione si impone di verificare se i vizi formali o sostanziali siano emendabili, ovvero se la demolizione sia effettivamente possibile senza recare pregiudizio ad altri beni o opere del tutto regolari. In presenza degli anzidetti presupposti per convalidare l’atto, “l’integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all’articolo 36” del testo unico (così l’art. 38, comma 2, d.P.R. 380/2001).
La norma in definitiva ha previsto tre possibili rimedi: a) la sanatoria della procedura nei casi in cui sia possibile la rimozione dei vizi della procedura amministrativa, con conseguente non applicazione di alcuna sanzione edilizia; b) nel caso in cui non sia possibile la sanatoria, l’amministrazione è obbligata ad applicare la sanzione in forma specifica della demolizione; c) soltanto nel caso in cui non sia possibile applicare la sanzione in forma specifica, in ragione della natura delle opere realizzate, l’amministrazione è obbligata ad applicare la sanzione pecuniaria nel rispetto delle modalità sopra indicate. Si tratta di una gradazione di sanzioni modulata alla luce della gravità della violazione della normativa urbanistica.
In argomento il Collegio non ignora l’esistenza di un orientamento di segno contrario, secondo il quale l’art. 38 d.P.R. si applicherebbe esclusivamente ai vizi formali (cfr., in tal senso, Con. Stato, Sez. VI, 9 maggio 2016 n. 1861), tuttavia al Collegio non sembra di riscontrare la sussistenza, nella formulazione della norma qui in esame, di impedimenti ad una lettura estensiva della sua portata applicativa). Nel caso di specie il giudice di primo grado non ha tenuto conto, ad avviso del Collegio, della circostanza che il permesso di costruire del 2014 aveva offerto adeguato riscontro alla indagine circa la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’istituto della c.d. fiscalizzazione degli abusi, avendo l’ufficio tecnico comunale provveduto a verificare, peraltro all’esito di un apposito sopralluogo, quale fosse la reale consistenza delle opere abusive e quali conseguenze avrebbe provocato la loro demolizione sulla restante parte dell’immobile, realizzata correttamente oppure “sanata” per effetto della domanda di accertamento di conformità contemporaneamente accolta dal comune …, concludendo per il coinvolgimento distruttivo della parte “sana”, in quanto realizzata legalmente, dell’immobile nell’intervento demolitorio incidente sulla parte “abusiva” dello stesso.
L’art. 38 citato richiede infatti in primo luogo una “motivata valutazione” sulla impossibilità di rimettere in pristino, che come si è visto può essere fondata su ragioni tecniche o anche di equità od opportunità; richiede poi in aggiunta una motivazione ulteriore sul valore venale delle opere, motivazione che ovviamente non può ridursi alla semplice indicazione di un prezzo. Tutto ciò nel provvedimento del 2014 impugnato in primo grado è presente.
D’altronde anche il verificatore aveva avuto modo di rappresentare nella relazione che la struttura si presentava come un corpo unico “costituito da struttura intelaiata in acciaio con travi tipo IPE perimetrali”, accertando altresì che “una eventuale interruzione della struttura comprometterebbe sia la staticità dell’intera struttura, che le caratteristiche antisismiche”.
Deriva da quanto sopra che anche tale motivo di appello va accolto mentre non possono trovare accoglimento i motivi dedotti nell’appello incidentale proposto, anche in questo secondo giudizio, dal …, rispetto ai quali si manifesta la loro infondatezza tenendo conto di ciò che si è riferito nell’esame dei motivi del secondo appello proposto dal […].
36. – Le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c. , in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016 n. 3176).
Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Si segnala, infine, che, ai fini della esplicita richiesta di “riformare le ulteriori statuizioni espresse dal giudice di prime cure e riferite alla trasmissione degli atti alla competente Procura della Repubblica”, non appare rilevante la questione della trasmissione degli atti alla competente Procura della Repubblica presso il Tribunale penale, per come disposta dal primo giudice, in quanto la presente decisione riforma integralmente le due sentenze qui appellate emesse dal giudice di primo grado, con la conseguenza che la Procura della Repubblica potrà considerare anche tale decisione nell’ambito del quadro valutativo della questione ad essa rimessa, oltre al fatto che, dalla documentazione prodotta in atti, non pare che siano seguiti sviluppi alla disposta trasmissione.
37. – Dalle considerazioni che precedono discende che gli appelli principali, siccome riuniti, debbano essere accolti, mentre vanno respinti gli appelli incidentali, per come si è sopra specificato. […]