Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 2991 del 2020, pubbl. il 12/05/2020

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FATTO e DIRITTO

1. – I sigg. … dichiarano d’esser proprietari del e residenti nell’appartamento di civile abitazione sito in …, al 2° p. dell’edificio condominiale di via …. .
Al p.t. di tal edificio v’è un locale di proprietà del sig…. e consorte, in origine con destinazione commerciale e dal 1999, a seguito di cambio di destinazione d’uso, affittato alla sig…, titolare dell’impresa individuale denominata … . Il sig. … e consorte sono altresì proprietari e residenti nell’appartamento posto al 1° p. di detto edificio, sotto quello del sig. … e consorte.
In aderenza al muro perimetrale dell’edificio stesso, all’altezza dell’appartamento di questi ultimi ed in corrispondenza della terrazza di loro proprietà esclusiva, da tempo esisteva una canna fumaria a servizio soltanto della caldaia per il riscaldamento dell’abitazione del sig. … e consorte. Detta caldaia era posta a sua volta nel ripostiglio ricavato sul balcone dell’appartamento del sig. … e raggiungeva il tetto condominiale dopo aver attraversato il solaio del terrazzo del sigg. … e consorte.
2. – Accadde tuttavia che il sig. …, dante causa del sig. …, senza accordo dei condomini installò, in assenza di titolo edilizio, una canna fumaria in rame per convogliare i fumi della pizzeria sita al p.t. e che s’immise, in corrispondenza della parte inferiore del terrazzo del sig…. e consorte, nel tubo che già raccoglieva lo scarico del gas della preesistente caldaia a muro dell’appartamento posto al 1° p.
Il sig. … e consorte fanno presente pure che tal installazione determinò a loro danno un grave pregiudizio delle condizioni di normale vivibilità e godibilità della loro abitazione, oltre all’immissione di fumi e odori superiori alla normale tollerabilità, oltreché non conformi a legge e con nocumento alla salute, sì da creare la costituzione di fatto e invito domino d’una servitù. Sicché il sig. … e consorte agirono innanzi all’AGO per far accertare l’inesistenza di servitù a favore del locale pizzeria, diffidando altresì e fin dal … giugno 2007 il Comune di … a non rilasciare titoli in sanatoria per la predetta canna fumaria. Tuttavia il Comune, con PDC in sanatoria n. … del … 2008, autorizzò il sig. … ad installare il condotto di esalazione a servizio del locale pizzeria.
3. – Avverso tal statuizione insorsero allora il sig. … e consorte avanti al TAR Marche, col ricorso NRG -…2009, deducendo: 1) il difetto d’istruttoria per omesso accertamento sul reale stato dei luoghi oggetto dell’invocata sanatoria, nonostante l’espressa contestazione dei ricorrenti, condomini direttamente pretermessi da tale opera, nonché le statuizioni dell’AGO da loro adita, che avevano accertato l’insalubrità ed il nocumento delle esalazioni e dei fumi scaricati da una canna fumaria pensata per usi civili ed inidonea per un locale-pizzeria; 2) l’omessa considerazione della denuncia dei ricorrenti per far constare il proprio dissenso sull’istanza edificatoria de qua, mentre il Comune, secondo ferma giurisprudenza amministrativa, avrebbe dovuto verificare se, sull’istanza, vi fosse, o no, l’effettiva sussistenza della disponibilità del bene oggetto dell’intervento edificatorio; 3) l’inesistenza o falsità del presupposto di fatto (la presenza di canna fumaria idonea) per il rilascio del PDC.
L’adito TAR, con sentenza n. … del 9 gennaio 2015, respinse la pretesa così azionata in quanto: I) – l’installazione d’una canna fumaria, interessante la facciata in corrispondenza delle proprietà di altri condomini, non è a priori impossibile purché non siano pregiudicati l’armonia e il decoro della facciata dell’edificio condominiale (cosa, questa, nella specie non accaduta); II) – il Comune svolse vari approfondimenti istruttori sui profili igienico-sanitari implicati (coinvolgendo anche l’ASUR Marche), i quali non confermarono le perplessità dei ricorrenti sulla conformità dell’impianto, pure a seguito d’apposito sopralluogo in situ (ma in assenza dei ricorrenti), nella cui occasione non fu riscontrata la presenza di esalazioni nel vano scala condominiale, nel cortile retrostante e nella via pubblica; III) – il titolo edilizio, in sé conforme all’art. 98 del vigente REC (la pizzeria è munita di forno elettrico), prescinde dagli eventuali diritti dei terzi e, quindi, il Comune non era responsabile dei pregiudizi cagionati dall’esecuzione non a regola d’arte di lavori regolarmente assentiti, tranne che per le varianti significative e rilevanti dal punto di vista edilizio e/o igienico-sanitario; IV) fu questione civilistica e non amministrativa l’illecita immissione di esalazioni e fumi nell’immobile attoreo, tant’è che i ricorrenti già ebbero soddisfazione dei loro diritti innanzi all’AGO.
Appellarono quindi il sig. … e consorte, col ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità della gravata sentenza per: A) – l’irrilevanza del riferimento alle dimensioni della canna, al mancato nocumento di essa al decoro dell’edificio o all’art. 98 del R.E.C. e men che mai all’impossibilità per il Comune di negarne la regolarizzazione col titolo in sanatoria, dirimente essendo solo il fatto non contestato che la canna fumaria fu installata per i fumi non della caldaia dell’immobile sottostante, bensì del locale pizzeria (locale prima privo di tal opera e non assistito da servitù alcuna), così obliterando la destinazione completamente difforme della canna rispetto al suo uso domestico; B) – l’inidoneità della canna fumaria a convogliare i fumi del locale pizzeria, in varia guisa già accertata da tutti i CTU nei giudizi civili tra gli odierni appellanti ed il controinteressato, con riguardo al superamento della normale tollerabilità delle esalazioni di fumo, odore e calore provenienti dalla canna stessa; C) – l’inerzia del Comune a verificare l’effettiva disponibilità della canna, tenendo per fermo solo quel che espose il controinteressato nel procedimento di sanatoria; D) – la necessità, avvertita pure della giurisprudenza e dal TAR ritenuta irrilevante, del consenso dei condomini ai fini del PDC e dell’effettiva disponibilità del bene oggetto d’intervento, visto che il condomino può apportare le modifiche necessarie al miglior godimento della cosa senza il consenso degli altri condomini solo se compia atti idonei a non modificare il titolo del suo possesso; E) – l’irrilevanza in questa controversia dell’avvenuta soddisfazione in sede civile delle ragioni degli appellanti (per cui non vi sarebbe margine per l’annullamento del titolo edilizio in questa sede), ché l’esito delle liti civili non esimono il GA dall’esercitare il suo ufficio. Resiste in giudizio il solo Comune intimato, il quale conclude per il rigetto dell’appello.
All’udienza del 16 aprile 2020, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.
4. – L’appello è fondato e va accolto, per le considerazioni qui di seguito indicate.
La presente controversia ha un duplice risvolto: da un lato, vi sono le cause civili avanti all’AGO tra le parti private, le quali furono proposte e vinte dagli odierni appellanti per ragioni sia dominicali (o condominiali), sia di tutela contro immissioni nocive e furono citate, pure nelle varie missive attoree dal 2007 in poi, per far constare al Comune tali vicende preclusive al rilascio del PDC in sanatoria al controinteressato; dall’altro, v’è il presente contenzioso amministrativo contro tal PDC, ove sono citate in questa sede per corroborare l’erroneo rilascio.
È evidente che i due contenziosi, per identità di materia, tendano ad intersecarsi, anche a causa della diversa scansione temporale tra i relativi giudizi. Quel che preme al Collegio qui ribadire è la non perfetta coincidenza di soddisfazione degli interessi azionati nelle due sedi giudiziarie. In disparte le pronunce favorevoli dell’AGO nei confronti degli appellanti, in questa sede è in gioco non solo l’effetto meramente demolitorio dell’eventuale giudicato favorevole, bensì quello conformativo. Di ciò il Comune, che non è parte nei giudizi civili in via di definizione innanzi all’AGO, è per certi versi consapevole, laddove, nella memoria del … marzo 2020, dice di non poter «… essere chiamata a rispondere dei pregiudizi cagionati dall’esecuzione non a regola d’arte dei lavori, salvo che si tratti di varianti significative e rilevanti dal punto di vista edilizio ovvero igienico-sanitario …». E che permanga l’interesse attoreo al riguardo, non par dubbio in punto di fatto, prima che in diritto, giacché, dal deposito documentale del controinteressato in primo grado (… novembre 2014), s’evince, in allegato alla relazione del CTU geom. … (incaricato dal Tribunale qual delegato all’ottemperanza della sentenza favorevole agli odierni appellanti) l’installazione nel cortile della pizzeria d’un elettroaspiratore con filtri a carboni attivi e d’una tubazione aspirante.
Ora, si rammenti che almeno tre volte, nel 2007 e con le missive del … dicembre 2008 e del … febbraio 2009, gli appellanti o i loro avvocati diffidarono il Comune dal rilascio di detto PDC al sig. …, per questioni sia prettamente dominicali (il consenso dei condomini sull’uso singolare di parti comuni dell’edificio condominiale) che igienico sanitarie (per immissioni nocive alla salute nell’appartamento attoreo). Tanto a causa dell’installazione sul muro perimetrale dell’edificio della canna fumaria poi rivelatasi non idonea all’attività di pizzeria svolta dall’affittuario dello stesso …, tanto da imporne jussu judicis la rimozione (e, come s’è accennato, pure la sostituzione con altro manufatto). Sicché il Comune era stato avvertito della pari importanza delle due questioni, tant’è che interessò l’ASUR Marche – zona di … al riguardo, ma gli accertamenti svolti, peraltro in assenza degli appellanti e senza indicazione di data e di orario (evidentemente, prima della nota ASUR n. … del … 2006), non riscontrarono alcuna immissione nociva. Di diverso avviso fu l’ing. …, CTU nel giudizio civile tra le parti private per le esalazioni dalla canna stessa, il quale accertò l’esistenza di immissioni nocive derivanti da questa e dalla pizzeria, a causa dell’incoerenza e dell’inadeguatezza di tal condotto. Non a caso, il CTU ne suggerì, in esito alla sua relazione depositata al Tribunale di Ancona il … dicembre 2006, l’eliminazione o con cappe fumarie a carboni attivi, o con una nuova canna fumaria a doppia parete in acciaio inox.
Ebbene, sui poteri del Comune nel rilascio del titolo edilizio, ex ante o in sanatoria (come nella specie, ai sensi dell’art. 37 del DPR 6 giugno 2001 n. 380), questo Consiglio ha più volte ribadito (tra i più recenti arresti, cfr. Cons. St., VI, 31 dicembre 2018 n. 7305; id., IV, 14 gennaio 2019 n. 3-…-; id., VI, 25 novembre 2019 n. 7989) che tal rilascio fa comunque salvi i diritti dei terzi e non interferisce nell’assetto dei rapporti fra privati, ferma restando la possibilità per la P.A. di verificare la sussistenza di limiti di matrice civilistica per la realizzazione dell’intervento edilizio da assentire.
Pare al Collegio che la regola generale, per cui il PDC è rilasciato salvi i diritti dei terzi, sui quali quindi il Comune non è tenuto a svolgere particolari indagini, trovi un limite nei soli casi in cui il Comune, come nella presente vicenda: 1) debba rilasciare una sanatoria, 2) sia avvertito che il diritto di chi richiede il titolo abilitativo è contestato sul piano privatistico e, come nel caso in esame, 3) sappia che la pretesa di chi chiede la sanatoria sia relativa ad un’opera fonte di pregiudizi igienici ( che nella specie si concretizzavano nella presenza di una canna fumaria inidonea come poi emerso nel giudizio civile ).
In tali casi, la P.A., soprattutto se segnalata dal terzo coinvolto o se v’è contenzioso in atto sul diritto, deve compiere le indagini necessarie per verificare se tali contestazioni siano fondate e, se del caso, denegare o differire il rilascio del titolo se il richiedente non è in grado di fornire elementi seri a fondamento del suo diritto o della liceità dell’opera, eventualmente adeguandola e/o compatibilizzandola in modo tale da escludere immissioni nocive ( e ciò anche senza attendere necessariamente la soluzione del contenzioso civile ).
Si può discettare se la questione dell’uso del muro perimetrale, da parte del condomino per la canna fumaria, soggiaccia al consenso degli altri condomini. Per vero, da tempo (cfr., per tutti, Cons. St., V, 3 gennaio 2006 n. 11; Cass., II, 23 novembre 2018 n. 30462) si sa che il condomino può apportare al muro perimetrale, senza bisogno del consenso degli altri partecipanti alla comunione, tutte le modificazioni che consentano di trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini, ivi compreso l’inserimento nel muro d’una canna fumaria (che è volume tecnico e di per sé privo d’autonoma rilevanza edilizia), estranea al muro e posta al servizio esclusivo della sua porzione, purché non impedisca agli altri condomini l’uso del muro comune e non ne alteri la normale destinazione con interventi di eccessiva vastità. Diverso è invece il regime delle immissioni nocive su fondi altrui, poiché in tal caso l’uso del muro comune realizza un interesse particolare del condomino a danno degli altri comunisti e, se noto al Comune, va investigato con più accuratezza di quanto fatto dalla P.A. intimata, smentita dalle pronunce rese dall’AGO sul punto.
Allora, è da ritenere che, ferma la doverosità del rilascio del titolo per una canna fumaria grazie al possibile e non illecito godimento esclusivo del condomino su parte comune dell’edificio (cfr. così Cons. St., II, 9 gennaio 2020 n. 166), il Comune non possa trincerarsi, quand’anche tale intervento per la sua consistenza non escluda detto godimento o il decoro dell’edificio condominiale, dietro l’irrilevanza del dissenso degli altri condòmini alla relativa installazione o la clausola «fatti salvi i diritti dei terzi». E ciò allorquando questi ultimi, come nella specie, denuncino l’abuso della parte comune e/o la nociva immissione di fumi e odori a causa dell’evidente inidoneità della canna fumaria per la funzione assentita. Infatti, affinché sia vero che detto rilascio faccia salvi i diritti dei terzi e non interferisca nell’assetto dei rapporti fra privati, spetta pur sempre alla P.A. emanante – quando si tratti di abuso edilizio da sanare– di verificare la sussistenza di limiti di matrice civilistica secondo ragionevolezza e proporzionata spendita dei poteri amministrativi, compresa, quindi, la seria verifica di natura ed effetti di fumi e odori nocivi sull’agibilità dei beni e la salute degli altri condòmini ( nella specie mancata come è emerso all’esito del giudizio civile ).
Da ciò discende la fondatezza delle deduzioni degli appellanti: a) contro l’affermata irrilevanza delle dimensioni della canna fumaria (ormai rimossa), nonché sul nocumento di essa al decoro ed all’agibilità del fabbricato condominiale e sulla possibilità per il Comune di negarne la sanatoria col titolo impugnato; b) sull’inidoneità della canna fumaria a convogliare i fumi del locale pizzeria, in varia guisa già accertata dai consulenti nei giudizi civili tra gli appellanti ed il controinteressato e non smentiti dal per vero poco centrato accertamento dell’ASUR.
5. – In questi termini l’appello va accolto. […]