Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 4169 del 2022, pubbl. il 25/05/2022

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FATTO e DIRITTO

Con ricorso al T.A.R. Campania – Napoli, …, hanno impugnato le ordinanze …2004, n. … e … 2004, n. …, con le quali il Comune … ha ingiunto la demolizione di alcune opere abusive concernenti un preesistente fabbricato.
Nelle more del giudizio … ha domandato (istanza … 2012, n. …) l’accertamento di conformità delle opere di cui alle suddette ordinanze.
Il comune, con nota … 2014, n. …, ha comunicato al richiedente il preavviso di rigetto dell’istanza, senza tuttavia adottare, poi, il provvedimento definitivo.
L’adito Tribunale, con due distinte ordinanze collegiali, ha chiesto al comune elementi istruttori e pur non avendoli ricevuti ha trattenuto la causa in decisione, respingendo il ricorso con sentenza 11/12/2014, n. 6513.
Avverso la sentenza hanno proposto appello…., i quali, con successiva memoria, hanno meglio illustrato le proprie tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 12/5/2022 la causa è passata in decisione.
Col primo motivo si denuncia l’errore commesso dal Tribunale nel respingere il ricorso, anziché dichiararlo improcedibile in considerazione dell’avanzata richiesta di accertamento di conformità.

Infatti, la presentazione dell’istanza di cui all’art. 36 del D.P.R. 6/6/2001, 380, per opere già oggetto di un’ordinanza di demolizione, priverebbe quest’ultima di efficacia, con la conseguente necessità di riadottare il provvedimento sanzionatorio all’esito eventualmente negativo del procedimento di sanatoria.

Tutto ciò, sul piano processuale, determinerebbe l’improcedibilità del ricorso proposto contro l’ordine demolitorio per sopravvenuta carenza d’interesse.

La doglianza è infondata.

Infatti, in linea con un condivisibile orientamento giurisprudenziale, questa Sezione, con recente sentenza alle cui motivazioni può farsi rinvio, ha affermato che la presentazione di un’istanza di accertamento di conformità ex art. 36, del D.P.R. n. 380/2001, non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso e, quindi, non determina l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza d’interesse, dell’impugnazione avverso il medesimo proposta, ma comporta, tuttalpiù, un arresto temporaneo dell’efficacia della misura repressiva, la quale riacquista integralmente i suoi effetti nel caso di reiezione della domanda di sanatoria (Cons. Stato, Sez. VI, 16/2/2021, n. 1432; si vedano, in termini, anche Cons. Stato, Sez. VI, 18/8/2021, n. 5922; 22/01/2021, n. 666; 15/1/2021, n. 488; 28/9/2020, n. 5669; 4/1/2021, n. 43; Sez. II, 6/5/2021, n. 3545).

Col secondo motivo si deducono le seguenti censure.

1) Il Tribunale ha definito nel merito il ricorso, respingendolo, nonostante il comune non avesse dato riscontro alle ordinanze istruttorie con cui gli era stato richiesto di relazionare sull’istanza di sanatoria presentata dal … e sulla conformità urbanistica dell’intervento edilizio in contestazione.

Il giudicante avrebbe, quindi, omesso di trarre argomenti di prova a favore degli odierni appellanti, dalla mancata esecuzione dell’incombente posto a carico dell’appellata amministrazione, ai sensi degli artt. 116, comma 2, c.p.c. e 64, comma 4, c.p.a.

2) La sentenza risulterebbe, altresì, erronea nella parte in cui ha ritenuto che sull’istanza di accertamento di conformità presentata dagli odierni appellanti si fosse formato il silenzio rifiuto, avverso il quale questi ultimi avrebbero avuto l’onere di agire entro i termini decadenziali.

Invero, la norma di cui all’art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001 secondo cui l’inerzia sull’istanza protrattasi per oltre sessanta giorni assume valore legale tipico di diniego, non opererebbe laddove, come nella fattispecie, l’amministrazione abbia comunicato all’interessato il preavviso di rigetto, ai sensi dell’art. 10-bis della L. 7/8/1990, n. 241, e costui, riscontrando la comunicazione, abbia presentato osservazioni scritte.

In tal caso, infatti, il procedimento dovrebbe essere definito con un provvedimento espresso che tenga contro delle dette osservazioni.

Il motivo non merita accoglimento.

Quanto alla censura sub 1) occorre rilevare che la circostanza che l’organo giudicante abbia ritenuto, re melius perpensa, di poter decidere il ricorso anche in assenza degli elementi istruttori richiesti al comune e da quest’ultimo non forniti, non è idonea, di per sé sola, a viziare la sentenza, atteso che la correttezza della stessa va vagliata esclusivamente alla stregua dei suoi percorsi motivazionali e dei suoi contenuti decisori.

Del resto, l’invocato art. 64, comma 4, c.p.a. nel disporre che il giudice “può desumere argomenti di prova dal comportamento tenuto dalle parti nel corso del processo”, riserva a quest’ultimo la facoltà di valutare, secondo il suo prudente apprezzamento, quale peso attribuire al comportamento processuale delle parti.

Senza contare che, gli appellanti nemmeno specificano quali argomenti di prova il giudice di prime cure avrebbe dovuto trarre dalla condotta tenuta dall’amministrazione comunale.

Peraltro, nel caso di specie, l’onere di dimostrare l’eventuale rilascio del permesso di costruire in sanatoria e il conseguente travolgimento delle gravate ordinanze di demolizione, al fine di farne discendere la sopravvenuta carenza d’interesse al ricorso, incombeva sugli odierni appellanti, ricorrenti in primo grado, che, invece, non solo non vi hanno provveduto, ma nemmeno hanno addotto che il permesso di costruire sia stato rilasciato.

La censura sub 2) è invece inammissibile, dato che la stessa si rivolge contro un’affermazione del giudice di prime cure che, in quanto estranea all’oggetto del giudizio, costituisce un mero obiter dictum, come tale insuscettibile di ledere la sfera giuridica dell’interessato.

In ogni caso il mezzo di gravame è infondato, in quanto, contrariamente a quanto mostrano di ritenere gli appellanti, l’inerzia dell’amministrazione protrattasi per il tempo prescritto dalla legge, equivale, inderogabilmente, a un provvedimento tacito di diniego, senza che l’effetto legale tipico possa restare pregiudicato dal fatto che nel corso del procedimento sia intervenuto un preavviso di rigetto in relazione al quale la parte interessata abbia proposto le proprie osservazioni, ferma restando, in ogni caso, la possibilità dell’adozione di un tardivo provvedimento di diniego espresso.

L’appello va, in definitiva, respinto.