Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 4638 del 2018, pubbl. il 30/07/2018

[…]

FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso in appello il Comune […] ha chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del T.A.R. per l’Abruzzo, sede di L’Aquila, Sez. I, 14 febbraio 2013 n. 117, con la quale è stato accolto il ricorso (R.G. n. 385/2007) proposto dal signor ai fini dell’annullamento del permesso di costruire in sanatoria, prot. n. […] 2007, con il quale il predetto comune aveva accolto l’istanza presentata dalla signora […] al fine di ottenere la regolarizzazione planimetrica del porticato facente parte di un fabbricato esistente.
Il Comune […], nell’atto di appello, ricostruisce la vicenda come segue:
– con istanza del 15 aprile 2002 la [….] chiedeva al Comune […] il rilascio di un permesso di costruire per la sistemazione interna ed esterna di un fabbricato di civile abitazione sito nel medesimo comune, rione di […] e, nello specifico “la demolizione della scala esterna tra il piano terra ed il primo piano e la sua ricostruzione all’interno del fabbricato tramite scala a chiocciola (…). Nella parte esterna dove attualmente è edificata la scala verrà realizzato un portico”. Detto intervento edilizio era autorizzato dai competenti uffici comunali con il rilascio del permesso di costruire 8 luglio 2003 n. […];
– posto che il proprietario dell’immobile attiguo, […], aveva contestato la legittimità del titolo abilitativo rilasciato, sostenendo che la realizzazione dell’intervento edilizio assentito avrebbe provocato l’occupazione di parte di una corte comune adiacente il fabbricato oggetto dell’intervento edilizio autorizzato, il responsabile del Servizio tecnico comunale effettuava un sopralluogo dal quale emergeva che “la situazione di fatto non è uguale a quella catastale e riportata negli elaborati progettuali allegati al permesso di costruire”;
– l’esito dell’approfondimento effettuato dal comune induceva la […] a chiedere al Comune […], con istanza del […] 2004, il rilascio di un nulla osta per una “sanatoria esclusivamente planimetrica”, avente il solo fine di eliminare le precedenti erronee rappresentazioni planimetriche dell’opera per ottenere una corretta rappresentazione grafica dell’intervento già autorizzato, in particolare al fine di evidenziare che lo spazio trasformato con il progetto approvato (porticato aperto) era già parte delle opere di accesso al fabbricato (così il senso del contenuto dell’istanza prodotta in atti). Il Comune […] rilasciava alla […] il permesso di costruire in sanatoria, prot. n. […] 2007;
– il permesso di costruire in sanatoria veniva gravato dal signor […] dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo che accoglieva il ricorso con la sentenza febbraio 2013 n. 117, annullando il provvedimento impugnato.
2. – Il Tribunale amministrativo, dei motivi dedotti dalla parte ricorrente, considerava assorbente e meritevole di condivisione la doglianza con la quale il […] contestava il provvedimento impugnato sotto il profilo dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà e sviamento della causa tipica della categoria del provvedimento comunale adottato.
I giudici di primo grado, nel condividere l’assunto di parte ricorrente, specificavano nella sentenza oggi qui impugnata che:
– sebbene nella relazione tecnico-illustrativa del progetto in sanatoria per la regolarizzazione planimetrica, a firma del tecnico incaricato dalla […], si fa presente che “il corpo anteriore della scalinata di accesso al piano primo del fabbricato non faceva parte della particella n. 1984 allineata con la corte comune n. 1954, ma risultava sporgente per mt. 5,85×1,35 circa, comprensiva della zona di accesso al fabbricato, posto al piano terra”;
– la domanda volta ad ottenere il rilascio del permesso di costruire in sanatoria del 13 ottobre 2004 prot. n. 3368, invece, riporta che le opere predette sono state realizzate sulla particella 1983, fg. 38. Solo successivamente la porzione di terreno per la quale la […] ha chiesto il provvedimento di sanatoria, veniva intestato nella part. 3090 e ciò a seguito del frazionamento avvenuto in data 18 aprile 2007.
In conclusione, ad avviso del Tribunale amministrativo il permesso di costruire rilasciato nel 2004 non ricomprendeva la particella 3090, di talché le opere realizzate in epoca antecedente erano collocate in una porzione di terreno di cui la controinteressata non era esclusiva proprietaria e quindi priva del titolo che la legittimava la chiedere la sanatoria.
Da qui l’accoglimento del ricorso e l’annullamento del provvedimento di sanatoria impugnato.
3. – Il Comune […] insorgeva nei confronti della sentenza del TAR per l’Abruzzo formulando un unico e complesso motivo di appello, nel quale poneva in risalto l’errore in cui era incorso il giudice di prime cure nel ritenere che la […] non avesse titolo legittimante a chiedere il rilascio del permesso di costruire, per come richiede l’art. 11 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
La […], ad avviso del Comune appellante, era perfettamente e pienamente legittimata a chiedere il rilascio del permesso in sanatoria.
Anzitutto il provvedimento impugnato in primo grado va (più) esattamente inquadrato quale atto di autotutela adottato dal comune al solo fine di rettificare la rappresentazione grafica degli interventi edilizi già autorizzati, rispetto alla situazione di fatto effettivamente esistente.
In secondo luogo, se è vero che l’istanza per il rilascio di una concessione edilizia può essere proposta anche da soggetto diverso dal proprietario dell’area oggetto di intervento, purché abbia titolo a disporre del suolo, o che sia da questi abilitato anche per concludentia, non possono assumere rilievo, al fine di escludere la legittimazione a chiedere il rilascio del titolo edilizio in capo alla […] le eventuali contestazioni in ordine alla proprietà della porzione di terreno su cui insistono la opere autorizzate con il provvedimento impugnato, trattandosi di questioni di carattere strettamente privatistico che esulano dagli accertamenti che l’amministrazione era tenuta a compiere.
In altri termini, dal momento che le opere realizzate attenevano alla trasformazione di un elemento architettonico (scala esterna) già esistente da tempo nel corpo di fabbrica principale, pacificamente nella disponibilità della […], quanto meno in regime di comproprietà per come sostenuto dal […], la predetta richiedente il titolo edilizio in sanatoria era legittimata a farlo ai sensi dell’art. 11 DPR 380/2001.
Il provvedimento edilizio in sanatoria annullato all’esito del giudizio di primo grado è stato legittimamente rilasciato dal Comune […], al contrario di quello che si afferma nella sentenza impugnata, che va quindi annullata.
4. – Si è costituito nel giudizio di secondo grado il […] eccependo la inammissibilità dell’appello proposto dal comune appellante per carenza di interesse dello stesso a gravare la sentenza del TAR per l’Abruzzo in quanto tale interesse, semmai, va riconosciuto in capo esclusivamente della […] che, tuttavia, non solo non si è costituita nel giudizio di primo grado, ma è rimasta estranea anche dal giudizio di appello, non costituendosi anche in tale grado del processo.
Nel merito il […] conferma la correttezza della ricostruzione giuridica fatta propria dai giudici di primo grado che, puntualmente, hanno rilevato l’illegittimità nella quale sono incorsi gli uffici comunali, non avendo previamente accertato la legittimazione a chiedere il rilascio del permesso in sanatoria della […] in quanto non proprietaria esclusiva della parte dell’immobile nella quale si trova la particella catastale corrispondente all’area in cui sono stati realizzati gli interventi edilizi abusivi.
In secondo luogo il […] segnala che il provvedimento impugnato in primo grado non avrebbe superato neppure lo scrutinio delle ulteriori doglianze assorbite e non esaminate dal Tribunale, atteso che le stesse appaiono all’evidenza fondate, di talché l’appello, qualora non lo si debba ritenere inammissibile, va respinto anche in ragione della fondatezza del ricorso originale nella sua integralità.
5. – Nell’assenza processuale della […], le parti hanno prodotto memorie, anche di replica, confermando le conclusioni già rassegnate negli atti introduttivi del presente giudizio di appello.
Il ricorso è stato trattenuto per la decisione all’udienza pubblica del 10 maggio 2018.
6. – In via preliminare il Collegio deve scrutinare l’eccezione di inammissibilità dell’appello per carenza di interesse del comune a gravare la sentenza del T.A.R. per l’Abruzzo, sede di L’Aquila, Sez. I, 14 febbraio 2013 n. 117, soprattutto perché la interessata al mantenimento dell’efficacia del provvedimento di sanatoria fatto oggetto di impugnazione in primo grado non si è costituita nel giudizio di primo grado.
L’eccezione non può trovare accoglimento.
Infatti, ai sensi dell’art. 102 c.p.a. “1. Possono proporre appello le parti fra le quali è stata pronunciata la sentenza di primo grado. 2. L’interventore può proporre appello soltanto se titolare di una posizione giuridica autonoma”.
Appare evidente che, per quanto è qui di interesse, il legislatore nella norma surriprodotta abbia voluto, ex ante, stabilire con fonte primaria la regola della sussistenza di una generale legittimazione ad appellare la sentenza di primo grado – comunque – in capo all’amministrazione soccombente nel giudizio di primo grado e ciò indipendentemente dalla dimostrazione di un concreto pregiudizio che derivi dalla sentenza (rectius, dalla sua esecuzione) all’interesse pubblico.
Il legislatore ha inteso garantire, con la norma in questione, la possibilità per gli uffici pubblici di difendere il proprio operato, anche solo al fine di non dover svolgere nuovamente l’istruttoria e di adottare, conseguentemente, un nuovo provvedimento, nel caso in cui fosse stata assunta una decisione giudiziale erronea di annullamento del provvedimento impugnato.
Deriva da ciò che il Comune […], parte necessaria del giudizio di primo grado, è sicuramente legittimato a proporre appello nei confronti della sentenza del T.A.R. per l’Abruzzo, sede di L’Aquila, Sez. I, 14 febbraio 2013 n. 117, che l’ha visto soccombente.
7. – Nel merito, per quanto si è sopra detto, oggetto dell’appello è costituito dalla ritenuta erroneità della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo che, accogliendo il ricorso proposto dal […] ed annullando il provvedimento di sanatoria rilasciato dal Comune […] in favore della […], ha ritenuto che quest’ultima non avesse titolo legittimante a formulare l’istanza di sanatoria.
Sotto il profilo legislativo va rammentato che, con riferimento alla legittimazione a chiedere il rilascio di un titolo abilitante alla realizzazione di un intervento edilizio, l’art. 11, comma 1, D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 stabilisce che “il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”; quanto poi alla sanatoria di un abuso edilizio il successivo art. 36 del medesimo testo unico prevede che l’accertamento di conformità – da rapportare sia al momento di realizzazione delle opere che a quello di presentazione della domanda – possa essere richiesto dal “responsabile dell’abuso”, o da “l’attuale proprietario dell’immobile”.
In giurisprudenza è, poi, pacifico che, dalla lettura delle norme contenute negli art. 11, comma 1 e 36 DPR 380/2001, nell’ottica della necessaria conformità degli interventi edilizi alla disciplina urbanistica, nell’esclusivo interesse pubblico ad una programmata e disciplinata trasformazione del territorio, l’impulso ad effettuare tale trasformazione debba provenire da un soggetto, che si trovi in posizione di detenzione qualificata del bene, anche nell’ambito di un rapporto di locazione (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 26 gennaio 2015 n. 316).
Quanto alla necessità che sia chiara e incontestabile la proprietà dell’immobile sul quale è stato realizzato l’abuso, sembra opportuno sottolineare che il rilascio del titolo abilitativo (anche in sanatoria) fa comunque salvi i diritti dei terzi e non interferisce, pertanto, nell’assetto dei rapporti fra privati, ferma restando la possibilità per l’Amministrazione di verificare la sussistenza di limiti di matrice civilistica, per la realizzazione dell’intervento edilizio da assentire (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. Stato, Sez. IV, 5 giugno 2012 n. 3300, 4 aprile 2012 n. 1990, 16 marzo 2012 n. 1488).
Non appare casuale, tuttavia, che in materia di sanatoria la normativa di riferimento (art. 36 T.U. cit.) ammetta la proposizione dell’istanza da parte non solo del proprietario, ma anche del “responsabile dell’abuso”, tale dovendo intendersi lo stesso esecutore materiale, ovvero chi abbia la disponibilità del bene, al momento dell’emissione della misura repressiva (ivi compresi, evidentemente, concessionari o conduttori dell’area interessata, fatte salve le eventuali azioni di rivalsa di questi ultimi – oltre che dei proprietari – nei confronti degli esecutori materiali delle opere, sulla base dei rapporti interni intercorsi: cfr. anche, per il principio, mai più messo in discussione, Cons. Stato, Sez. V, 8 giugno 1994 n. 614 e Consiglio giust. amm. Sic. 29 luglio 1992 n. 229).
La relativamente maggiore ampiezza della legittimazione a richiedere la sanatoria, rispetto al preventivo permesso di costruire, trova d’altra parte giustificazione nella possibilità da accordare al predetto responsabile – ove coincidente con l’esecutore materiale delle opere abusive – l’utilizzo di uno strumento giudiziario utile al fine di evitare le conseguenze penali dell’illecito commesso, ferma restando la salvezza dei diritti di terzi (cfr., ancora sulla sussistenza della legittimazione a presentare la domanda di sanatoria in capo all’autore dell’abuso, Cons. Stato, Sez. IV, 8 settembre 2015 n. 4176).
Con la formula utilizzata nella redazione dell’art. 36 D.P.R. n. 380/2001 il legislatore ha voluto ricomprendere la legittimazione a chiedere la sanatoria in capo a più soggetti che, astrattamente, possono aver concorso a realizzare l’abuso, fermo restando che non tutti, indifferenziatamente, possono richiedere, senza il consenso dell’effettivo titolare del bene sul quale insistono le opere (il quale potrebbe essere completamente estraneo all’abuso ed avere anzi un interesse contrario alla sua sanatoria), una concessione che potrebbe risolversi in danno dello stesso.
Nel caso di specie, tuttavia, la contestazione sul titolo proprietario, che fa da sfondo alla contesa amministrativa sulla sanatoria dell’abuso, riguarda il diritto di proprietà esclusiva della particella di terreno sulla quale sono state realizzate le opere per le quali è stata accolta la domanda di sanatoria, peraltro con esplicito riferimento al tempo in cui le stesse sono state realizzate, ne deriva che il diritto sul bene vantato dalla […], autodichiaratasi “autore” dell’abuso, per quanto risulta dalla documentazione processuale è oggetto di contestazione civilistica quanto al titolo di proprietà esclusiva, senza però escludersi né il titolo di comproprietario né la mera detenzione dell’immobile. Ciò consente di affermare, al contrario di quanto sostenuto dai giudici di primo grado, che la […] fosse legittimata a chiedere il rilascio del permesso in sanatoria, considerato anche che nella sentenza qui gravata (alla pag. 3) si è ritenuta la carenza della legittimazione a chiedere la sanatoria in capo alla […] solo perché non era proprietaria esclusiva dell’immobile, senza considerare che la stessa ben poteva essere legittimata a proporre la sanatoria da un mero titolo di detenzione o di uso dell’immobile medesimo.
8. – Essendo fondato il motivo di appello dedotto dal comune appellante debbono ora scrutinarsi le censure proposte in primo grado dal […], nel ricorso introduttivo del giudizio, ritenute assorbibili dai giudici di prime cure.
Tale necessità processuale discende dalla circostanza che nella memoria di costituzione in giudizio, depositata in data 28 giugno 2013, ad un mese esatto dalla data di deposito dell’appello, il signor […] ha riproposto i motivi dedotti in primo grado e non scrutinati dal Tribunale amministrativo per effetto del loro assorbimento provocato dall’accoglimento del motivo di impugnazione principale.
Come è noto la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire con nettezza che “ai sensi dell’art. 101 comma 2, c.p.a. la riproposizione in appello dei motivi di censura non esaminati dal giudice di primo grado o dallo stesso dichiarati assorbiti non richiede necessariamente la proposizione di appello incidentale proprio per la parte vittoriosa in primo grado, potendo avvenire anche con semplice memoria non notificata, ma questa deve essere depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio e quindi, ex artt. 38 e 46 dello stesso c.p.a., entro sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso, divenendo irricevibile se depositata successivamente” (così, testualmente, Cons. Stato, Sez. IV, 9 febbraio 2016 n. 513 e sez. V, 17 marzo 2015 n. 1379).
9. – Nondimeno i motivi dedotti in primo grado e non scrutinati dal Tribunale amministrativo non si prestano a poter essere accolti.
Il secondo motivo (seguendo l’ordine del ricorso introduttivo proposto innanzi al TAR alla pag. 9) di ricorso ribadiva la violazione dell’art. 11 del D.P.R. 380/2001 nella parte in cui si imporrebbe al comune “di rilasciare il permesso di costruire al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”. Su tale punto si è già detto precedentemente, sicché tale doglianza non può trovare accoglimento.
Il terzo motivo (pag. 10 del ricorso introduttivo) tende a sottolineare come il permesso di sanatoria in questione non reca alcun riferimento alla normativa urbanistica comunale applicata alla fattispecie, e ciò in violazione dell’art. 12 del D.P.R. 380/2011. In particolare e nella specie lo strumento urbanistico comunale vigente definisce l’area sulla quale insiste l’immobile come zona di risanamento conservativo per la quale è previsto il mantenimento dei prospetti e delle facciate ed il provvedimento di sanatoria appare carente sotto il profilo della motivazione anche perché non tiene conto dei diversi interessi in gioco delle altre parti coinvolte.
Anche tale motivo non può trovare accoglimento dal momento che esso si presenta in parte generico, perché non specifica sotto quale profilo l’opera abusiva oggetto di sanatoria intercetterebbe i divieti costruttivi recati dallo strumento urbanistico generale e, sotto altro versante, il richiamo alla insufficienza della motivazione si pone come una riproposizione dei precedenti motivi di doglianza scrutinati dal collegio e ritenuti infondati.
10. – In ragione di quanto si è fin qui osservato, il ricorso in appello di presenta fondato e quindi va annullata la sentenza del T.A.R. per l’Abruzzo, sede di L’Aquila, Sez. I, 14 febbraio 2013 n. 117 con conseguente reiezione del ricorso di primo grado (n. R.g. 385/2007) […]