Consiglio di Stato, Sentenza n. 2453 del 2002, dep il 8.05.2002

[…]

 

 

F A T T O

1) – Con la sentenza appellata il TAR ha riunito e respinto i ricorsi (nn. 1010/86, 1034/86 e 1039/86) proposti dagli odierni appellanti avverso tre ordini di demolizione di opere edilizie abusive eseguite in località […], nel Comune di […] (ordinanze comunali 15 settembre 1986 nn. 8096/466 e 8097/465 e 16 settembre 1986, n.8126/464).

2) – Per gli appellanti l’appello dovrebbe essere accolto per difetto di notifica della sentenza nel domicilio eletto, che il TAR avrebbe erroneamente individuato; inoltre, sarebbe stato violato l’art. 40 della legge n.47/85, in quanto il Comune avrebbe indirizzato il diniego di condono al solo intestatario della relativa istanza, con la conseguenza che la sospensione del giudizio avrebbe dovuto continuare ad operare nei confronti degli altri ricorrenti originari, non notificatari; la sentenza sarebbe, inoltre, afflitta da difetto i motivazione sotto vari profili.

Resiste il Comune di […], insistendo per il rigetto dell’appello.

D I R I T T O

1) – L’appello è infondato.

L’indicazione erronea, in sentenza, dell ’indirizzo del procuratore domiciliatario degli odierni appellanti ed originari ricorrenti costituisce, infatti, una mera irregolarità formale che potrebbe assumere rilievo, a tutto concedere, solo in relazione alla tempestività dell’appello (che, nella specie, non è, peraltro in discussione), mentre non può assumere alcuna efficacia invalidante della sentenza stessa che, tra l ’altro, è comunque pervenuta agli stessi appellanti, tanto da aver consentito loro di proporre tempestivo appello.

2) – Da disattendere è anche la censura che si appunta sulla circostanza che il diniego di condono sarebbe stato irritualmente notificato solo ai firmatari della relativa istanza, laddove avrebbe dovuto essere notificato a tutti i soggetti interessati – in quanto comproprietari – che, al pari del sottoscrittore della domanda, hanno beneficiato della sospensione del giudizio.

A parte che i ricorsi di cui si tratta investivano ordini di demolizione del 1986 e non i dinieghi di condono del 1990 (che neppure risultano impugnati), vi è da notare che nessuna norma della legge n.47/1985 prescrive che il diniego di condono debba essere notificato a soggetto diverso rispetto a colui che ne ha sottoscritto la domanda; quanto alla sospensione del giudizio, essa opera fino a quando non sia stata adottata, dall’Amministrazione, una determinazione in merito all ’istanza stessa; ma, una volta che questa sia intervenuta, viene meno per tutti gli interessati l’efficacia sospensiva ex art. 44 della stessa legge n.47/1985. Né ciò ha determinato una qualche disparità di trattamento nella presente fattispecie, dal momento che tutti gli originari ricorrenti hanno dimostrato di conoscere l ’esito negativo delle relative istanze in sanatoria, avendo dedotto, già in primo grado, con memorie del 7 giugno 1990, la richiesta di ulteriore sospensione correlata al difetto di notificazione di cui si tratta (tanto che il TAR ha espressamente e correttamente respinto l’istanza degli odierni appellanti intesa alla sospensione dell’esame dei ricorsi in attesa della regolarizzazione del contraddittorio).

3) – Circa il dedotto difetto di motivazione, esso è pure insussistente; laddove i primi giudici hanno fatto riferimento a ragioni reiettive già in precedenza svolte in seno alla stessa sentenza, non difetta, invero, alcuna motivazione, dal momento che i richiami sono stati fatti a motivi di reiezione resi all’interno della medesima decisione e con riferimento a doglianze – rivelatesi infondate – del tutto analoghe.

4) – Quanto alla dedotta violazione dell ’art. 15 della legge n.10/1977 (per la parte che si riferisce alla mancata acquisizione da parte del Comune dell’immobile al patrimonio indisponibile) essa, come rilevato correttamente dal TAR, era insussitente, in quanto esattamente il Comune ha graduato la propria azione disponendo, in primo luogo, per la demolizione delle opere abusive; solo in caso di inadempimento a tale ordine, infatti, il Comune avrebbe dovuto assumere il provvedimento sanzionatorio – più gravoso per le parti private – di acquisizione al patrimonio indisponibile; con la conseguenza che neppure è dato comprendere quale possa essere l’interesse sostanziale sotteso alla detta censura.

5) – In merito, infine, al fatto che il Comune avrebbe potuto esercitare i propri poteri discrezionali senza pervenire ad ordinare la demolizione, ma adottando una diversa e più tenue misura sanzionatoria, basti osservare che, nella specie, si trattava di attività vincolata; rilevata la realizzazione di opere abusive, il Comune, conformandosi pienamente al disposto di cui alla legge n.47/1985, correttamente ne ha ordinato la demolizione.

6) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e va respinto.

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