Corte di Cass., Sez. 1, Sent. n. 5089 del 2016, dep. il 15/03/2016

[…]
Motivi della decisione
1.1- I primi tre motivi del ricorso principale attengono tutti alla controversa legittimazione attiva di […]; e vanno dunque esaminati congiuntamente anche al ricorso incidentale condizionato, il cui unico motivo attiene allo stesso tema, avendo censurato le ricorrenti la dichiarazione di inammissibilità del loro intervento in appello. Con il primo motivo la ricorrente principale deduce vizi di motivazione della decisione impugnata e lamenta che i giudici del merito, pur avendo ritenuto che […] avesse agito a tutela e reintegrazione dei titoli acquistati per mezzo della banca, ne abbiano poi contraddittoriamente riconosciuto la legittimazione ad agire sulla base del contratto di deposito e amministrazione, strumentale e anteriore rispetto all’acquisto dei titoli, ordinato peraltro da […]. E in realtà, secondo la ricorrente, le domande proposte da […] attenevano al modo in cui era stato eseguito l’ordine di acquisto, non al successivo loro deposito sul conto cointestato. Sicché […], pur legittimata rispetto al rapporto di deposito, era priva di legittimazione rispetto all’ordine di acquisto.
Con il secondo motivo la ricorrente principale deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c, in relazione all’art. 1372 c.c., ribadendo che […] non era legittimata ad agire per la nullità o l’inadempimento del contratto stipulato da […] per l’acquisto dei titoli, da tenersi ben distinto rispetto al contratto quadro posto a base del rapporto tra il cliente e l’intermediario finanziario, perché, come ha precisato la giurisprudenza, non ne costituisce mera esecuzione.
Con il terzo motivo la ricorrente principale deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c, in relazione agli art. 1102, 1103, 1105 e 1108 c.c., censurando la decisione impugnata per avere riconosciuto a […], quale comproprietaria dei titoli, il diritto di agire, non per tutelarne la comproprietà, bensì per renderne inefficace il contratto di acquisto e ottenere in restituzione una somma pari all’intero loro valore nominale.
2. I tre motivi del ricorso principale sono tutti infondati; e il loro rigetto risulta assorbente del ricorso incidentale condizionato. Come ricorda la stessa ricorrente, secondo la giurisprudenza di questa corte in tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del “contratto quadro” di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (Cass., sez. un., 19 dicembre 2007, n. 26724, m. 600329). Nel caso in esame, come risulta dalla narrativa della sentenza impugnata, fu contestuale la stipulazione sia del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti sia del contratto di negoziazione dei titoli emessi dalla Cirio. E infatti i giudici del merito condannarono la banca «per violazione degli obblighi di condotta su di essa normativamente e contrattualmente gravanti», benché qualificarono erroneamente come contrattuale tale responsabilità, che è invece precontrattuale. Ne consegue che, in conformità a una risalente giurisprudenza di questa corte, ciascuna delle contitolari delle obbligazioni controverse era legittimata ad agire per il risarcimento dei danni derivanti dalla violazione degli obblighi di informazione imposti alla banca dal d.lgs. n. 58/1998, perché l’azione di responsabilità extracontrattuale non postula necessariamente un’identità fra il titolo al risarcimento ed il titolo giuridico di proprietà o di godimento (Cass., sez. II, 5 novembre 1975, n. 3705, m. 377918, Cass., sez. III, 14 maggio 1979, n. 2780, m. 399083); e nel caso di comproprietà la legittimazione ad agire del singolo deve essere esclusa solo quando, a seguito dell’intervento in causa degli altri partecipanti, si accerti l’esistenza di un contrasto (Cass., sez. III, 23 gennaio 1976, n. 218, m. 378874). Potrebbe del resto essere messa in discussione la liquidazione del danno in misura corrispondente all’intero valore dei titoli controversi, ma non la legittimazione ad agire di […] (Cass., sez. Il, 9 maggio 1978, n. 2253, m. 391650). E nel caso in esame è vero che tra le ragioni di contestazione della legittimazione viene indicata anche la pretesa dell’intero valore dei titoli. Ma questa deduzione è destinata a censurare il riconoscimento della legittimazione, non la liquidazione del danno. D’altro canto è indiscusso che tutte le investitrici avevano sottoscritto il contratto quadro, riconoscendosi poteri disgiunti di gestione, sicché ciascuna delle investitrici era legittimata ad agire per i danni derivanti dal contratto attuativo, benché stipulato da una sola di esse (Cass., sez. I, 11 marzo 1987, n. 2524, m. 451677). Il conseguente rigetto dei tre motivi del ricorso principale risulta assorbente del ricorso incidentale condizionato.
2.1- Il quarto e il quinto motivo del ricorso principale attengono entrambi alla questione del controverso adempimento da parte della banca degli obblighi di informazione nei confronti delle investitrici. Con il quarto motivo la ricorrente principale deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 21 d.lgs. n. 58/1998, 28 e 29 Regolamento Consob n. 11522/1998, lamentando che i giudici del merito le abbiano erroneamente addebitato di non avere fornito sufficienti informazioni sulla rischiosità . dell’investimento, nonostante la sottoscrizione da parte di […] della dichiarazione ricognitiva della segnalata inadeguatezza dell’operazione. Con il quinto motivo la ricorrente deduce vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che i giudici del merito abbiano arbitrariamente considerato generica una deposizione testimoniale dalla quale risultava che all’investitrice erano state fornite informazioni «sulle caratteristiche principali del titolo» Cirio.
2.2- I motivi sono entrambi infondati. Secondo la giurisprudenza di questa corte, «nel giudizio di risarcimento del danno proposto da un risparmiatore, il giudice di merito, per assolvere l’intermediario finanziario dalla responsabilità conseguente alla violazione degli obblighi informativi previsti dalla legge, non può limitarsi ad affermare che manca la prova della sua negligenza ovvero dell’inadempimento, ma deve accertare se sussista effettivamente la prova positiva della sua diligenza e dell’adempimento delle obbligazioni poste a suo carico e, in mancanza di tale prova, che è a carico dell’intermediario fornire (art. 23 d. lgs. n. 58 del 1998), questi sarà tenuto al risarcimento degli eventuali danni causati al risparmiatore» (Cass., sez. I, 19 ottobre 2012, n. 18039, m. 624750). Sicché, a fronte di un’operazione non adeguata, come si riconosce essere stata quella in discussione, la banca «può darvi corso soltanto a seguito di un ordine impartito per iscritto dall’investitore in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute» (Cass., sez. I, 25 giugno 2008, n. 17340, m. 604058, Cass., sez. I, 29 ottobre 2010, n. 22147, m. 615478). Infatti, secondo quanto prevede l’art. 21 del TUF, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono «acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati». E secondo quanto prevede l’art. 28 del Regolamento Consob all’epoca vigente, «prima della stipulazione del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti e dell’inizio della prestazione dei servizi di investimento e dei servizi accessori a questi collegati, gli intermediari autorizzati devono: a) chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L’eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto di cui al successivo art. 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall’investitore; consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari». Nel caso in esame dunque i giudici del merito hanno ritenuto che la banca, cui incombeva l’onere della prova, non abbia dimostrato di avere fornito informazioni più che generiche e burocratiche, perché la dichiarazione sottoscritta da […] si limitava a dare atto dell’inadeguatezza dell’operazione, senza indicarne specificamente le ragioni; mentre il funzionario che aveva ricevuto l’ordine di acquisto, assunto come testimone, si era limitato a riferire di avere fornito le informazioni dovute, senza ulteriori specificazioni. Sicché questa interpretazione delle prove fornite dalla banca è certamente incensurabile nel giudizio di legittimità, perché, attenendo al giudizio di fatto, risulta plausibilmente giustificata; tanto più se si consideri che l’ordine di acquisto dei titoli Cirio fu impartito contestualmente alla stipulazione del contratto quadro.
3.1- Con il sesto motivo la ricorrente principale deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 23 ultimo comma d.lgs. n. 58/1998, degli art. 1218 e 2697 c.c., dell’art. 115 comma 2 c.p.c., censurando sia il mancato accertamento del nesso di causalità tra l’inadempimento e il pregiudizio lamentato anche per quanto attiene all’entità del danno.
3.2- Il motivo, in quanto deduce la mancata prova del danno e del suo collegamento causale con l’inadempimento della banca, è infondato perché tale prova può essere anche di carattere presuntivo (Cass., sez. I, 17 febbraio 2009, n. 3773, m. 606918); e la corte d’appello l’ha ragionevolmente desunta dal sopravvenuto fallimento della società emittente nell’anno successivo all’acquisto dei titoli. Né questo convincimento espresso dai giudici del merito è censurabile, come sostiene la ricorrente, per la ritenuta notorietà dell’azzeramento dei titoli Cirio. Non pare discutibile infatti che la definizione di notorietà desumibile dall’art. 115 comma 2 c.p.c. si imponga come criterio legale di giustificazione del giudizio di fatto, in quanto è destinata a individuare le premesse di fatto che possono assumersi per vere anche in mancanza di prova. Ne consegue che sia il disconoscimento sia il riconoscimento di un fatto come notorio può essere censurato solo per vizio di motivazione, ove dipenda dall’erronea determinazione dei criteri di notorietà. Deve escludersi invece che possa essere comunque sindacato nel giudizio di legittimità l’erroneo giudizio sulla notorietà che, non dipendendo dall’utilizzazione di criteri impropri, non sia desumibile dalla motivazione (Cass., sez. I, 10 settembre 2015, n. 17906, m. 636706).
4. Con il settimo motivo la ricorrente principale deduce violazione degli art. 1224 e 1282 c.c., lamentando che i giudici del merito, nel condannare […] alla restituzione dei titoli alla banca, abbiano omesso di imporre all’investitrice il pagamento degli interessi dalla data dell’accredito al saldo, pur avendo riconosciuto all’attrice gli interessi a decorrere dalla data dell’investimento sulla somma di E. 103.000 liquidata a titolo di risarcimento dei danni. Il motivo è infondato, perché pretenderebbe il riconoscimento degli interessi su un credito non pecuniario, qual è quello di restituzione dei titoli. Né la domanda sottesa a tale motivo può essere interpretata come riferita ai frutti civili dei titolo, perché la ricorrente neppure deduce che ne siano state effettivamente incassate le cedole e per quale importo.

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