Corte Cass. Sez. 2, Sent. n. 12260 del 2012, dep. 17/07/2012

MOTIVI DELLA DECISIONE

  1. Con il primo motivo, il ricorrente […] lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 cod. civ. e della L.R. Piemonte 28 maggio 2007, n. 13 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo il ricorrente, la Corte di Appello di Torino non avrebbe fatto corretta applicazione del disposto di cui all’art. 2932 cod. civ. perché nell’ipotesi in esame il venditore non aveva consegnato la certificazione energetica relativa agli immobili promessi in vendita, così come richiesta dalla legislazione nazionale e, per quanto di interesse, dalla L.R. Piemonte n. 13 del 2007. La mancata allegazione del certificato di attestazione energetica – sostiene il ricorrente – influirebbe sui presupposti della sentenza di trasferimento perché, avendo funzione sostitutiva di un atto negoziale dovuto, non può realizzare un effetto maggiore e diverso da quello che sarebbe stato possibile alle parti o un effetto che ,comunque, eluda le norme che governano l’autonomia negoziale delle parti. Per altro il contratto preliminare di compravendita del 18 aprile 1988 non conteneva alcun riferimento al certificato di conformità o di qualificazione energetica ne’ era stata allegata una tale certificazione.

1.1. La censura non è fondata e non può essere accolta perché la Corte torinese ha correttamente applicato la normativa e i principi giuridici in tema di allegazione, al contratto di vendita e al contratto preliminare di vendita, della certificazione energetica. 1.1.a). Va qui precisato che il D.Lgs. n. 192 del 2005, art. 6, comma 1-bis, lett. c come successivamente modificato dal D.Lgs. n. 112 del 2008, aveva introdotto l’obbligo per i venditori di immobili di consegnare ai compratori, al momento del rogito, l’attestato di certificazione energetica (ACE) dell’immobile compravenduto. A sua volta, il D.Lgs. n. 192 del 2005, art. 15, comma 8, stabiliva che:

“In caso di violazione dell’obbligo previsto dall’art. 6, comma 3, il contratto è nullo. La nullità può essere fatta valere solo dall’acquirente”. Tuttavia, l’intera disciplina ha subito nel tempo profonde modifiche (da ultimo modificata dal D.Lgs. n. 28 del 2011) ma, soprattutto, la L. 6 agosto 2008, n. 133, art. 35 – cui fa riferimento lo stesso ricorrente – ha abrogato i commi 8 e 9 del D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192, art. 15 e, cioè, la norma che disponeva la nullità del contratto nell’ipotesi in cui allo stesso non fosse stata allegata la certificazione energetica. Ciò posto è da ritenere che il certificato cui si fa riferimento (tralasciando di considerare la normativa di cui al D.Lgs. n. 28 del 2011, la quale per altro non richiede più la certificazione di efficienza energetica, ma semplicemente un’attestazione resa dal venditore) andava ad ampliare il novero dei documenti (permesso di costruire, certificato di abitabilità), relativi alla proprietà ed all’uso della cosa venduta che, ai sensi dell’art. 1477 cod. civ., il venditore doveva consegnare al compratore. Pertanto, la mancata consegna dell’ACE non rendeva la vendita invalida, ovvero, nulla, piuttosto legittimava l’acquirente a domandare la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1477 – 1453 – 1455 cod. civ., in quanto era interesse del compratore acquisire la proprietà di un bene conforme alla normativa vigente, anche in materia di efficienza energetica. E di più, considerato che la mancata consegna della certificazione energetica (ACE) non comportava l’invalidità dell’atto, la stessa poteva essere consegnata anche, successivamente, o in ragione di un preventivo accordo delle parti o su semplice richiesta del compratore, anche dopo la vendita del bene.

1.1.a.1). Non sembra -come emerge anche da quel che afferma lo stesso ricorrente – che la L.R. Piemonte n. 13 del 2007 abbia modificato la normativa nazionale tanto più che l’art. 5, comma 1 di detta legge prescrive semplicemente che “nel caso di compravendita di un intero immobile o di singole unità immobiliari, l’attestato di certificazione energetica è allegato al contratto, in originale o in copia autenticata, a cura del venditore”. Insomma, anche la legge della regione piemontese si è limitata ad ampliare il novero dei documenti (permesso di costruire, certificato di abitabilità), relativi alla proprietà ed all’uso della cosa venduta, che il venditore deve consegnare al compratore. Tuttavia, la consegna di cui si dice, anche per la legge piemontese, non integra gli estremi di una condizione di validità o di efficacia dell’atto di compravendita, ma comporta un inadempimento da parte del venditore che può legittimare il compratore alla risoluzione del contratto. 1.2. Pertanto, nel caso specifico, anche in mancanza dell’allegazione della certificazione energetica, il giudice del merito poteva emettere, come ha fatto, sentenza di trasferimento del bene promesso in vendita ex art. 2932 cod. civ. proprio perché le stesse parti avrebbero potuto stipulare il contratto di compravendita e rinviare, tacitamente o esplicitamente, la consegna ad un tempo successivo alla stipula del contratto di compravendita. Nell’ipotesi specifica, e alla luce di quanto si è detto, successivamente alla vendita: il venditore per legge ha obbligo di far pervenire (ovvero di consegnare) al compratore la certificazione di efficienza energetica e il compratore potrà, per forza di legge, richiedere la stessa documentazione.

  1. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1454, 1460, 1478, 2932 cod. civ., degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
  2. A) Secondo il ricorrente, la Corte torinese, nonostante avesse evidenziato che il […] “sia stato già anteriormente all’inizio della presente controversia e nei tempi congrui fissati dal preliminare nella effettiva possibilità di stipulare l’atto definitivo, facendo acquistare ai coniugi […], in virtù della procura irrevocabile rilasciatagli dalla società […], la proprietà dei beni di terzi”, avrebbe ritenuto di accogliere la domanda degli appellanti incidentali di cui all’art. 2932 cod. civ. e di ritenere assorbita la domanda del […] relativa alla condanna dei […], perché formulata sull’errato presupposto dell’inadempimento del contratto imputabile ai suddetti coniugi. Epperò, specifica il ricorrente, così ragionando la Corte torinese sarebbe incorsa in un’omessa motivazione per quanto avrebbe riferito un inadempimento del […] (“non si è attivato per far acquisire la proprietà, ai promissari acquirenti, di beni di terzi, pur essendo egli munito della necessaria procura”), nonostante avesse già premesso che, il […], era già fin dall’inizio della presente controversia nell’effettiva possibilità di stipulare l’atto definitivo. E di più, le risultanze processuali, ritiene il ricorrente, dimostrerebbero l’inadempimento dei […] proprio perché: a) nonostante diffidati con atto stragiudiziale, del 19 febbraio 2000, ad adempiere ai sensi dell’art. 1454 cod. civ. e b) nonostante […] avesse, concretamente, posto a disposizione dei promissari acquirenti tutta la documentazione necessaria al fine di rogare l’atto di trasferimento immobiliare allegandola alla comunicazione del 17 marzo 2000, i promissari acquirenti non riscontravano la diffida, ne’ provvedevano ad indicare il notaio e il giorno della stipula del contratto, così come avrebbero dovuto fare in ragione della facoltà loro attribuita dall’art. 8 del contratto preliminare. Insomma, l’impugnata sentenza – specifica il ricorrente – implicitamente avrebbe posto a carico del promittente venditore un inadempimento, quando, invece, questi era disponibile a concludere il contratto definitivo e avvalendosi del mezzo concessogli dall’art. 1454 cod. civ. aveva provveduto ad intimare all’altra parte l’adempimento, oneri che, ne’ il contratto preliminare, ne’ la legge ponevano a suo carico. La Corte torinese, sempre a dire dal ricorrente, avrebbe omesso del tutto di valutare il comportamento delle parti nelle more del giudizio. In particolare, avrebbe omesso di dar rilievo al fatto che il […] con lettera del 7 aprile 2003 informava i coniugi […] di aver fissato appuntamento, per il giorno 18 aprile 2003 alle ore 18,30, presso il notaio […] per provvedere a rogitare l’atto di trasferimento della proprietà […] e li invitava a comparire in quella data. Invito che veniva disatteso dai […].
  3. b) Piuttosto, il comportamento dei promissari acquirenti si è sostanziato nel rifiuto di rogare l’atto notarile, adducendo circostanze che si sono rivelate tutte infondate. Le uniche ed esclusive ragioni dedotte nell’atto di citazione notificato in data 13 aprile 2000, con cui i […] richiedevano che fosse pronunciata la sentenza ex art. 2932 c.c. di trasferimento di immobili oggetto del contratto preliminare del 18 aprile 1998 con correlativa riduzione del prezzo ed invocavano il disposto di cui all’art. 1460 c.c. sono state rigettate dalla Corte torinese, avendo, questa, statuito che “nessuna indebita riduzione di parti comuni può dirsi in concreto operata”; che non poteva operarsi una riduzione del prezzo di compravendita in ragione dell’assunto esercizio di un passaggio di fatto sulle cose comuni dell’edificio, non potendosi applicare il disposto di cui all’art. 1489 c.c..

In definitiva, conclude il ricorrente – quanto detto escluderebbe che la mancata stipula del definivo fosse da imputare all’inadempimento del […] con la conseguente assenza del presupposto legittimante l’accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto di cui all’art. 2932 cod. civ. che postula l’inadempimento di una delle parti, nella fattispecie, del promittente alienante. Del pari sarebbe – secondo il ricorrente – del tutto assente il medesimo presupposto per il rigetto della domanda di condanna al pagamento del prezzo residuo della medesima compravendita.

2.1.= Il motivo è infondato e non può essere accolto, non solo o non tanto perché propone mere doglianze di merito, non proponibili all’esame del Giudice di legittimità, ma e soprattutto perché la decisione della Corte torinese è adeguatamente motivata e conforme a diritto, considerato che l’affermazione secondo la quale “(…) la mancata stipula è da imputare ab initio proprio all’inadempimento del medesimo […] che non si è attivato per far acquisire in proprietà ai promissari acquirenti i beni di terzi pur essendo munito di necessaria procura, costituendo tale comportamento omissivo del […] una chiara violazione degli accordi conclusi con il preliminare”, è la conclusione di un ragionamento puntuale e supportato da riscontri processuali.

2.2= Correttamente, la Corte torinese ha accertato un inadempimento del […] perché ha verificato che il […]. nonostante munito di una procura a vendere, non si era attivato per far acquisire in proprietà ai promissari acquirenti i beni di terzi, dato che essere investiti di poteri rappresentativi non significa, di per sè, che qualunque attività posta in essere dal rappresentante sia imputabile al rappresentato, se il rappresentante non specifica di agire in nome e per conto del rappresentato. A ben vedere, il […], ancor prima di sollecitare l’adempimento del contratto preliminare, posto che era stata effettuata, in parte, una vendita di beni altrui, (e giusto l’orientamento di questa Suprema Corte a Sezioni Unite, sent. n. 11624 del 2006), avrebbe dovuto far acquisire ai promissari acquirenti i beni altrui, nell’ipotesi, direttamente dalla società […], sia pure rappresentata, dallo stesso […]. Insomma, il […], avrebbe dovuto realizzare, in qualità di rappresentante della società […], una vendita dei citati beni altrui direttamente in capo ai promissari acquirenti. E, infatti, come ha affermato correttamente la Corte torinese, “il […] in qualità di promittente venditore avrebbe dovuto procurare ai sensi dell’art. 1478 cod. civ., il trasferimento in capo ai promissari acquirenti, acquisendo direttamente detti beni, ovvero facendoli loro acquistare direttamente dalla suddetta società attuale proprietaria”. Un inadempimento, quello del […], che appare rafforzato dal fatto che nelle more del giudizio lo stesso era diventato proprietario dei citati beni altrui con atto pubblico di compravendita, senza per altro, far menzione di ciò nei suoi atti difensivi.

Per altro, è corretta anche l’affermazione della Corte torinese, laddove evidenzia che, avendo il […] acquistato i citati beni altrui, ha realizzato (giusto orientamento di questa Suprema Corte già richiamato) la condizione necessaria perché i […] ottenessero – come hanno ottenuto, sentenza ai sensi dell’art. 2932 cod. civ..

3.= Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1537, 1538 cod. civ., art. 342 c.p.c. del D.Lgs. n. 30 dicembre 1992, n. 504 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Avrebbe errato la Corte torinese, secondo il ricorrente, nell’aver respinto le richieste economiche di […], ulteriori rispetto al prezzo di vendita e dovute in ragione dei maggiori costi di completamento dell’immobile, per la posa dei serramenti, per maggiori lavori all’impianto elettrico e per i maggiori costi nei materiali usati per i pavimenti. In particolare, […] aveva chiesto “al Giudice di Appello di statuire circa l’errata interpretazione del contratto preliminare e del capitolato, posta a fondamento della sentenza di prime cure e rappresentata dal fatto che, sia l’impianto elettrico, sia il costo dei materiali da utilizzare per il pavimento erano stati circostanziati e solo in tali ambiti potevano, quindi, essere ricompresi nel prezzo a corpo. Ora sostiene il ricorrente – rigettare le richieste economiche per la ragione che il prezzo dell’immobile era stato convenuto a corpo ed era omnicomprensivo di tutte le opere, comporta: a) un’errata applicazione degli artt. 1537 e 1538 cod. civ. perché il convenire un prezzo a corpo inerisce unicamente all’estensione del bene compravenduto, attribuendo alle parti la facoltà di chiedere una diminuzione o un supplemento del prezzo qualora la misura reale sia inferiore o superiore di un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto; b) e, comunque, un’errata applicazione delle norme sull’interpretazione degli atti di autonomia negoziale, dato che la Corte torinese, pur richiamando le voci indicate nel capitolato, è giunto a ritenere che i maggiori costi sostenuti dal […] e rappresentate dalle opere ulteriori per la realizzazione dell’impianto elettrico nonché della fornitura di pavimenti di costi eccedenti L. 25.000 al mq., fossero ricompresi nel prezzo convenuto tra le parti, così, attribuendo alle predette voci di capitolato un significato ed un’estensione maggiori di quelle loro proprie e come delimitate dalle parti. Al contrario, posto che il prezzo era comprensivo delle opere riportate nel capitolato, il prezzo convenuto era quello comprensivo delle opere previste nel capitolato e solo di quelle, e rimessa al promittente venditore la dimostrazione dei maggiori costi, eventualmente sostenuti. Ed ancora avrebbe errato la Corte di Appello di Torino nell’aver rigettato la domanda del […] volta alla refusione delle somme corrisposte a titolo di imposta comunale sugli immobili (ICI) per il periodo successivo all’ottobre 1999, allorquando i […] furono immessi nel possesso delle unità immobiliari di cui è causa. In particolare, ritiene il ricorrente la Corte torinese non avrebbe fatto corretta applicazione del disposto di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1 laddove stabilisce che presupposto dell’imposta è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa”. 3.1.= Anche questo motivo non ha ragion d’essere e non può essere accolto, e anche in questo caso, non solo perché propone mere doglianze di merito, non proponibili all’esame del Giudice di legittimità, ma, e soprattutto, perché la decisione della Corte torinese è adeguatamente motivata nonché conforme a diritto, considerato che (la Corte torinese): a) ha respinto le richieste economiche avanzate da […] per più ragioni e non ultima perché il […] reiterava genericamente la richiesta di prove orali al fine di sostenere che le opere di cui chiedeva il pagamento non sarebbero state comprese nel capitolato, quando, invece, l’esistenza di patti aggiunti, e in ipotesi, modificativi, del contratto e del relativo capitolato,(opere ulteriori per la realizzazione dell’impianto elettrico, fornitura di pavimenti eccedenti L. 25.000 al mq.) avrebbero dovuto essere dimostrati con la prova scritta, b) ha interpretato correttamente la clausola dell’onnicomprensività del prezzo di vendita ritenendo che anche i lavori e le finiture dell’opera realizzate da […] fossero necessari e strettamente inerenti al completamento dell’immobile, dato che l’immobile era stato promesso in vendita completo in ogni sua parte, e le voci di ulteriori spese, di cui si dice, erano state espressamente previste nel capitolato; c) ha correttamente applicato il D.Lgs. n. 504 del 1992 considerato che l’art. 3 di detto decreto, prevede (…) che i soggetti passivi dell’ICI sono: il proprietario di immobili (…) e nel periodo considerato, proprietario risultava essere […] e tale restava fino all’atto di trasferimento del bene con atto di compravendita definitivo.

[…]