Corte Cass., Sez. L, Sentenza n. 798 del 2017, dep. il 13/01/2017

 

[…]

                                                 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto depositato il 26.5.11 il Tribunale di Bassano del Grappa rigettava
l’opposizione proposta ex art. 98 L.F. da […] contro il decreto con cui il giudice delegato del Fallimento della […] in liquidazione aveva respinto la sua domanda di ammissione al passivo, in privilegio, del credito di euro 748.688,93 quale risarcimento dei danni patiti a seguito d’un infortunio sul lavoro occorsogli il 22.6.07.
Rilevava il Tribunale che […] lavorava come saldatore alle dipendenze d’una società croata – la […] – presso la […]. (e non alle dipendenze di quest’ultima, come invece sostenuto dall’opponente) in forza d’un contratto d’appalto stipulato fra le predette società e avente ad oggetto la costruzione e l’assiemaggio d’un impianto di movimentazione materiali commesso alla […] dalla […]. Affermava altresì che la dinamica del sinistro non aveva evidenziato alcuna responsabilità della […], neppure a livello di omessa formazione e informazione sul corretto utilizzo del carroponte la cui errata manovra, ad opera dello stesso lavoratore, era stata all’origine dell’infortunio.
Per la cassazione del decreto ricorre […] affidandosi a cinque motivi. La Curatela del Fallimento della […] in liquidazione non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2094, 2086 e 1362 co. 2° c.c., nonché vizio di motivazione, per avere il Tribunale erroneamente escluso il rapporto di lavoro subordinato fra il ricorrente e la […] pur esistendone tutti i requisiti: infatti – prosegue il ricorso – era emerso dalle dichiarazioni rese agli ufficiali di p.g. dello SPISAL (Servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza in Ambienti di Lavoro) che il ricorrente percepiva un compenso fisso stabilito ad ore e a cadenza periodica; egli aveva un vincolo di orario di lavoro e operava all’interno della struttura aziendale della […], che ne coordinava l’attività lavorativa rispetto all’assetto organizzativo aziendale esercitando nei suoi confronti il potere direttivo e disciplinare e mettendogli a disposizione materiali e attrezzature, iltutto in assenza di rischio economico da parte del […].
1.2. Il secondo motivo prospetta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2087 c.c., nonché vizio di motivazione, nella parte in cui il decreto impugnato ha attribuito la responsabilità del sinistro ad una manovra maldestra e imprudente dello stesso infortunato, del quale aveva apoditticamente affermato una notevole esperienza nonostante che – in realtà – di ciò non vi fosse prova alcuna, anzi il ricorrente aveva appena un anno di esperienza all’interno dell’azienda della […]; in breve, in ricorso si esclude che vi fossero gli estremi per ravvisare un’ipotesi di c.d. rischio elettivo da parte dell’infortunato.
1.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99 L.F., 112 e 113 c.p.c. e 2697 c.c., oltre che vizio di motivazione, per avere il Tribunale immotivatamente rigettato le istanze di prova testimoniale avanzate dall’opponente al fine di dimostrare l’esistenza del rapporto di lavoro direttamente in capo alla […].
1.4. Il quarto motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 444c.p.p. e vizio di motivazione, per avere il Tribunale del tutto ignorato un importante elemento di prova della responsabilità della […] desumibile dalla sentenza di applicazione della pena su richiesta con cui l’amministratore della società […] aveva patteggiato la pena in relazione all’infortunio de quo.
1.5. Il quinto motivo deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 21 e 22 d.lgs. n. 626/94 (applicabili ratione temporis nel caso di specie), nonché vizio di motivazione, per avere l’impugnato decreto erroneamente ritenuto che la […] non avesse l’obbligo di formare e informare adeguatamente il lavoratore circa l’utilizzo degli apparecchi di sollevamento e i rischi relativi.
2.1. Il secondo e il quinto motivo di ricorso – da esaminarsi preliminarmente perché potenzialmente dirimenti – si rivelano fondati.
Il decreto impugnato, avendo ritenuto che il ricorrente non fosse alle dipendenze della […], ne ha escluso per ciò solo ogni obbligo, anche solo di tipo formativo od informativo, verso il lavoratore.
Ha altresì affermato che, ad ogni modo, non vi è prova che le informazioni riguardanti la sicurezza sul lavoro non gli fossero state fornite e ha concluso con il dire che la responsabilità esclusiva del sinistro è da ascriversi allo stesso infortunato, che aveva effettuato un’errata manovra operando con il carroponte.
Si tratta di affermazioni in punto di diritto errate. Ai sensi tanto dell’art. 2087 c.c. quanto dell’art. 7 d.lgs. n. 626/94 (applicabile ratione temporis all’infortunio in esame, occorso il 22.6.07), che disciplina l’affidamento di lavori in appalto all’interno dell’azienda, il committente nella cui disponibilità permanga l’ambiente di lavoro è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell’impresa appaltatrice, misure che consistono nel fornire adeguata informazione ai singoli lavoratori circa le situazioni di rischio, nel predisporre tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza degli impianti e nel cooperare con l’appaltatrice nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all’attività appaltata, tanto più se caratterizzata dall’uso di macchinari pericolosi (cfr., ex aliis, Cass. n. 21694/11; Cass. n. 19494/09). È – questo – il caso di specie, dal momento che lo stesso decreto impugnato afferma che l’appalto affidato dalla […] alla […] aveva esecuzione all’interno del cantiere della stessa società committente e che […] vi svolgeva attività di saldatore. Pertanto, ancor più era dovuta nei suoi riguardi un’adeguata formazione e informazione sulle modalità di manovra e sui rischi connessi all’uso d’un carroponte, macchinario normalmente estraneo alle mansioni proprie d’un saldatore.
Si legge nell’impugnato decreto che non vi sarebbe prova che le informazioni in materia di prevenzione infortuni non fossero state fornite, ma l’assunto è erroneo, noto essendo che l’onere di provare di aver adempiuto il debito di sicurezza (in esso compreso, giova rimarcare, anche quello formativo e informativo), ossia di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire l’evento dannoso e di aver vigilato circa l’effettivo uso delle misure di sicurezza, grava sull’imprenditore e non sul lavoratore (cfr., da ultimo e per tutte, Cass. n. 2209/16).
Ribadito, quindi, che nel caso in oggetto anche il committente (ossia la […] ) era onerato del debito di sicurezza di cui agli artt. 2087 c.c. e 7 d.lgs. n. 626/94 nei confronti di tutti i lavoratori che operavano all’interno del suo cantiere, va altresì confermato il costante insegnamento di questa Corte Suprema anche in tema di c.d. rischio elettivo. Di esso e di conseguente responsabilità esclusiva del lavoratore può parlarsi soltanto ove questi abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento, creando egli stesso condizioni di rischioestraneo a quello connesso alle normali modalità del lavoro da svolgere (cfr., ex aliis, Cass. n. 21694/11; Cass. n. 4656/11; Cass. n. 19494/09).
In altre parole, la responsabilità dell’infortunato sorge esclusivamente in presenza di condotte del tutto anomale, inopinabili e imprevedibili, che esulano dai sistemi e dai procedimenti di lavoro e sono con essi incompatibili, oppure qualora vi sia stata una violazione, da parte del prestatore di lavoro, di ,precise disposizioni antinfortunistiche o di specifici ordini (il che il decreto impugnato non ha accertato in alcun modo). Diversamente, la condotta colposa del lavoratore è irrilevante sia sotto il profilo causale che sotto quello dell’entità del risarcimento (cfr. Cass. 18.2.2004 n. 3213 Cass. 8.4.2002 n. 5024; Cass. 17.2.1998, n. 1687; Cass. 7.4.1992, n. 4227; Cass. 8.2.1993, n. 1523; Cass. 6.7.1990, n. 7101), atteso che la ratio di ogni normativa antinfortunistica è proprio quella di prevenire le condizioni di rischio insite negli ambienti di lavoro e nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia degli stessi lavoratori, destinatari della tutela. In breve, non essendo né imprevedibili né anomale le eventuali imprudenze, negligenze o imperizie dei prestatori di lavoro nell’espletare le mansioni loro assegnate, esse non sono idonee ad escludere il nesso causale rispetto alla condotta colposa del committente che non abbia provveduto ad adottare tutte le misure di prevenzione rese necessarie dalle concrete condizioni di svolgimento del lavoro. Ne consegue l’esclusione, in tale ipotesi, del c.d. rischio elettivo, idoneo ad interrompere il nesso causale solo quando l’attività non sia in alcun rapporto con lo svolgimento del lavoro o sia esorbitante da esso. Nella vicenda in oggetto lo stesso decreto impugnato riferisce che l’infortunio si è verificato per un’erronea manovra del carroponte da parte dell’odierno ricorrente, che avrebbe dovuto prima togliere le catene del gancio del carroponte e, poi, eseguire le richieste manovre di spostamento del carroponte medesimo, ovvero usarne il gancio in un’area sicura e, ancora, fissare od ancorare il pesante grigliato metallico che stava sollevando. Tale uso del carroponte, per quanto avvenuto in modo imperito od imprudente nei tempi delle relative manovre, nondimeno non è stato affatto anomalo, rientrando anzi nell’ordinario procedimento lavorativo, che – appunto – lo prevedeva (sempre secondo quel che si legge nel decreto impugnato) per trasportare due pesanti grigliati metallici dall’ingresso del capannone al reparto saldatura, dove tali manufatti dovevano essere saldati nelle parti interne delle mensole e dei traversi di ferro. Lo stesso decreto del Tribunale dà espressamente atto che la movimentazione del manufatto metallico rientrava, quale operazione accessoria, nell’oggetto del contratto d’appalto stipulato fra la […] e la […]. Non si vede, dunque, come possa supporsi un’ipotesi di rischio elettivo.
2.2. L’accoglimento del secondo e del quinto motivo assorbe la disamina delle residue censure.
3.1. In conclusione, vanno accolti il secondo e il quinto motivo, con assorbimento di quelli restanti; per l’effetto, si cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e si rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Padova, che si atterrà ai seguenti principi di diritto:
“Ai sensi tanto dell’art. 2087 c.c. quanto dell’art. 7 d.lgs. n. 626/94
(applicabile ratione temporís), che disciplina l’affidamento di lavori in appalto
all’interno dell’azienda, il committente nella cui disponibilità permanga
l’ambiente di lavoro è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie a
tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell’impresa
appaltatrice, misure che consistono nel fornire adeguata informazione ai singoli lavoratori circa le situazioni di rischio, nel predisporre tutte le misure
necessarie a garantire la sicurezza degli impianti e nel cooperare con
l’appaltatrice nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei
rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all’attività appaltata”.
“In tema di infortuni sul lavoro e di c.d. rischio elettivo, premesso che la ratio
di ogni normativa antinfortunistica è proprio quella di prevenire le condizioni di
rischio insite negli ambienti di lavoro e nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia degli stessi lavoratori, destinatari della tutela, la responsabilità
esclusiva del lavoratore sussiste soltanto ove questi abbia posto in essere un
contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento
lavorativo e alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva
dell’evento, creando egli stesso condizioni di rischio estraneo a quello connesso alle normali modalità del lavoro da svolgere. In assenza di tale contegno da parte del lavoratore, l’eventuale suo coefficiente colposo nel determinare l’evento è irrilevante sia sotto il profilo causale sia sotto quello dell’entità del risarcimento dovuto.”.
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