[…] Con il ricorso principale viene riproposta la questione della individuazione del termine di decorrenza della prescrizione dell’azione di riduzione, ed è per risolvere il contrasto esistente sul punto che la causa è stata rimessa alle Sezioni unite di questa S.C..
Secondo un orientamento il termine di prescrizione dell’azione di riduzione decorre dalla data di apertura della successione (sent. 7 maggio 1987 n. 4230, per la quale non ha rilievo l’individuazione del momento in cui il legittimario ha scoperto la lesione della propria quota di riserva; sent. 25 novembre 1997 n. 11809, per la quale non rilevano ne’ l’eventuale ignoranza dell’esistenza di un testamento, nè la circostanza che eventualmente il testamento olografo non sia in possesso del legittimario).
Secondo una più recente decisione (sent. 15 giugno 1999 n. 5920, la quale si ricollega alla sentenza 17 gennaio 1970 n. 99), invece, il termine di prescrizione dell’azione di riduzione inizia a decorrere dalla pubblicazione del testamento. Soltanto da tale momento, che determina una presunzione iuris tantum di conoscenza delle disposizioni lesive, i legittimari sono in condizione di fare valere il loro diritto e richiedere la riduzione delle disposizioni lesive della propria quota di riserva, atteso che da tale data, salvo prova contraria, sono a conoscenza della lesione. In base al combinato disposto degli artt. 620 e 623 c.c., in relazione all’art. 2935 c.c., secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, la riduzione delle disposizioni contenute in un testamento non può essere chiesta se le stesse non sono ancora a conoscenza di coloro che da quelle disposizioni hanno visto leso il proprio diritto di legittimari e a nulla rileva che il testamento sia esecutivo.
Tale decisione ha, poi, aggiunto che, anche se il testamento pubblico è eseguibile subito, e sin dall’apertura della successione (art. 61 legge notarile e a contrariis ex art. 623, comma 4, c.c.), la comunicazione agli eredi ed ai legatari prevista dall’art. 623 c.c. deve essere fatta a cura del notaio che il testamento ha ricevuto e solo dall’avvenuta pubblicazione può discendere una presunzione iuris tantum di conoscenza delle disposizioni in esso contenute. Ritiene il collegio che nessuno degli orientamenti esposti meriti completa adesione.
In proposito sembra opportuno premettere due osservazioni. In primo luogo, nessuna norma prevede che il termine (incontestabilmente quello decennale di cui all’art. 2946 cod. civ.) per esperire l’azione di riduzione decorra dalla data di apertura della successione.
In secondo luogo, un problema di individuazione del termine di decorrenza della prescrizione dell’azione di riduzione può porsi solo con riferimento alla lesione di legittima ricollegabile a disposizioni testamentarie. Nel caso in cui la lesione derivi da donazioni, infatti, è indubbio che tale termine decorre dalla data di apertura della successione, non essendo sufficiente il relictum a garantire al legittimario il soddisfacimento della quota di riserva. Diversa è la situazione che si presenta, invece, con riferimento alla ipotesi in cui la (potenziale) lesione della legittima sia ricollegabile a disposizioni testamentarie.
In tal caso, infatti, il legittimario, fino a quando il chiamato in base al testamento non accetta l’eredità, rendendo attuale quella lesione di legittima che per effetto delle disposizioni testamentarie era solo potenziale, non sarebbe legittimato (per difetto di interesse) ad esperire l’azione di riduzione.
Appare allora evidente che se manca la situazione di danno (accettazione dell’eredità da parte del chiamato in base al testamento) alla quale l’azione di riduzione consente di porre rimedio, non può decorrere il termine di prescrizione di tale azione. Per potere eliminare la situazione di incertezza il legittimario potrà esperire nei confronti del chiamato all’eredità per testamento l’actio interrogatoria ex art. 481 cod. civ.. Alla luce di tali considerazioni appare evidente che non si può condividere l’orientamento di cui sono espressione le sentenze 7 maggio 1987 n. 4230 e 25 novembre 1997 n. 11809, in sostanziale applicazione del principio costantemente affermato da questa S.C. secondo il quale, ai fini della decorrenza della prescrizione, non rilevano gli impedimenti di mero fatto all’esercizio del diritto. Con la sola apertura della successione, infatti, non si è ancora realizzata la lesione di legittima e quindi mancano le condizioni di diritto perché possa iniziare a decorrere il termine per l’esperimento del rimedio predisposto dal legislatore per porre riparo a tale lesione. L’orientamento in questione può essere ritenuto valido, alla luce del principio in precedenza richiamato in tema di interpretazione dell’art. 2935 cod. civ., nel senso che, successivamente alla accettazione dell’eredità da parte del chiamato in base a testamento, non costituisce ostacolo alla decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di riduzione la mancata conoscenza da parte del legittimario leso di tale accettazione dell’eredità. Non può condividersi neppure l’orientamento espresso dalla più recente sentenza 15 giugno 1999 n. 5920, a prescindere dalla considerazione che la decorrenza della prescrizione viene ricollegata ad una conoscenza delle disposizioni lesive della legittima desumibile in base ad una presunzione iuris tantum di cui non vi è traccia nella legge e che comunque manca di fondamento logico. Per quanto riguarda il testamento pubblico, infatti, la comunicazione agli eredi e legatari da parte del notaio che l’ha ricevuto, prevista dall’art. 623 cod. civ., potrebbe in astratto valere come presunzione di conoscenza (salvo individuare le concrete conseguenze sul piano giuridico) per i destinatari di tale comunicazione, ma non per il legittimario leso in base a tale testamento.
Per quanto riguarda specificamente il testamento olografo, ricollegando l’inizio della prescrizione dell’azione di riduzione alla pubblicazione dello stesso, a prescindere dal fatto che anche in tal caso non viene chiarito quale sarebbe il fondamento logico di una presunzione di conoscenza da parte dei legittimari, non si tiene conto che: a) tale pubblicazione può anche mancare (cfr. la sentenza di questa S.C. 24 febbraio 2004 n. 3636); b) tale pubblicazione deve essere richiesta da chi è nel possesso del testamento, che potrebbe essere – ed anzi spesso è – persona diversa dal chiamato all’eredità in base ad esso e quindi da essa non è desumibile una accettazione dell’eredità da parte del chiamato; c) alla richiesta di pubblicazione del testamento olografo, anche ove dovesse provenire dal chiamato in base ad esso, non è necessariamente ricollegabile una accettazione dell’eredità, potendo essere fatta esclusivamente in adempimento dell’obbligo di cui all’art. 620, primo comma, cod. civ..
Alla pubblicazione del testamento può essere ricollegata, ai sensi dell’art. 475 cod. civ., l’accettazione dell’eredità (e, correlativamente, la decorrenza del termine di prescrizione per l’esperimento dell’azione di riduzione) solo ove il chiamato assuma espressamente nel relativo verbale la qualità di eredi. Va, poi, aggiunto che la pubblicazione serve a dare legale esecuzione al testamento olografo, ma nulla esclude che il chiamato in base ad esso abbia compiuto in precedenza atti idonei a comportare l’accettazione dell’eredità e quindi la decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di riduzione.
Alla luce di tali considerazioni il ricorso principale, con il quale si censura la sentenza impugnata per avere fatto decorrere il termine per la prescrizione dell’azione di riduzione dalla data di pubblicazione del testamento olografo, va cassata, con rinvio, per un nuovo esame, alla Corte di appello di Napoli, anche per le spese del giudizio di legittimità, che si atterrà al seguente principio di diritto: “Il termine di prescrizione dell’azione di riduzione decorre dalla data di accettazione dell’eredità da parte del chiamato in base a disposizioni testamentarie lesive della legittima”. Il ricorso incidentale, con il quale si censura la sentenza impugnata, per avere escluso la nullità della divisione operata da […], con il testamento in data 10 agosto 1968, senza tenere conto che la posizione della moglie superstite quale riservataria andava stabilita con riferimento all’epoca dell’apertura della successione (avvenuta nella vigenza della riforma del diritto di famiglia) e non all’epoca della confezione del testamento, va rigettato.
Pur dovendosi riconoscere, infatti, l’errore in cui è incorsa la sentenza impugnata in ordine alla affermazione in diritto, e pur dovendosi riconoscere che l’eventuale nullità del testamento per pretermissione di un legittimario (nella specie la moglie del de cuius) farebbe venire meno la base per l’esperimento dell’azione di riduzione, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, il de cuius lasciò alla moglie l’usufrutto dell’intero patrimonio, per cui non si può parlare di legittimario pretermesso ai sensi dell’art. 735, primo comma, cod. civ., ma eventualmente di legittimario leso, ai sensi dell’art. 735, secondo comma, cod. civ., senza incidenza sulla validità del testamento e con semplice possibilità di esperimento dell’azione di riduzione […]