[…]
Con il primo motivo di ricorso la società […] denuncia violazione degli artt. 282 e 474 c.p.c. e art. 2932 c.c. assumendo l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha considerato immediatamente esecutive le sentenze ex art. 2932 cod. civ. limitatamente alle statuizioni di condanna in esse contenute, dimenticando che integra il concetto di “condanna” anche quella implicitamente contenuta nell’accoglimento della domanda ex art. 2932 cod. civ. proposta dal promissario acquirente e diretta al trasferimento del bene in suo favore, sicché il promittente venditore, per l’effetto della pronuncia del trasferimento, è “obbligato al rilascio del bene”. In altri termini, la Corte di appello ha omesso di considerare che la statuizione di trasferimento del bene, contenuta nella sentenza costitutiva prevista dall’art. 2932 cod. civ., implica una vera e propria “condanna” del promittente venditore ad un “facere”, alla stessa stregua della condanna del proprietario del fondo servente a consentire l’esercizio della servitù coattiva di passaggio (come statuito con la sentenza n. 1619 del 2005 della 3 sez. della Corte di cassazione): infatti, nel caso di condanna implicita, l’esigenza di esecuzione della sentenza deriva dalla stessa funzione che il titolo è destinato a svolgere. Pertanto, in applicazione di tale principio, vertendosi in tema di sentenza costitutiva, la funzione della stessa è da intendersi caratterizzata da un’esigenza di esecuzione, che non avrebbe potuto trovare altra alternativa se non nel ritenere che la sentenza contenesse – per la struttura del diritto sostanziale azionato – una condanna implicita al rilascio del bene, previa, naturalmente, la pronuncia di trasferimento dell’immobile stesso. Evidenzia al riguardo la ricorrente che gli effetti consequenziali all’esecuzione di una sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ. si presentano assolutamente reversibili, ben potendosi, in caso di riforma di tale pronuncia, ripristinare la pregressa situazione, con la restituzione, anch’essa attuabile nelle forme dell’esecuzione forzata, dell’immobile oggetto del contratto preliminare, trasferito al promissario acquirente dopo l’emanazione sentenza di cui al citato art. 2932 cod. civ.. La […] censura l’impugnata pronuncia anche con riferimento al discutibile richiamo dei principi espressi con la sentenza della S.C. n. 18512 del 2007 intervenuta sull’argomento con la quale non era stata operata alcuna distinzione tra il promittente venditore – cui era stata riconosciuta la possibilità di agire immediatamente per il recupero del prezzo della vendita (possibilità prevista anche nella sentenza oggetto di ricorso) – e il promissario acquirente, titolare del diritto di conseguire il rilascio dell’immobile compravenduto, quale diretta ed immediata conseguenza – pur se implicita – della pronuncia di trasferimento dell’immobile contenuta nella sentenza emessa ai sensi del più volte menzionato art. 2932 cod. civ.. Da ciò si sarebbe dovuto inferire che, in concreto, una volta ottenuta siffatta sentenza costitutiva, la tutela accordata al promissario acquirente sarebbe rimasta monca ove non fossero stati apprestati adeguati strumenti per consentirgli l’esercizio immediato dei diritto di proprietà e, tra questi strumenti, particolare rilievo avrebbe dovuto assumere l’istituto della provvisoria esecutività ex art. 282 cod. proc. civ., per la sua attitudine ad assicurare l’anticipazione dell’efficacia propria del giudicato, volta ad evitare che la durata del processo possa pregiudicare l’attore vittorioso in primo grado. Del resto proprio in considerazione di questa esigenza pratica, sottesa al richiamato istituto dell’esecuzione provvisoria disciplinata dal citato art. 282 cod. proc. civ., si era ritenuto da parte della più avveduta dottrina, di poterne estendere l’applicazione anche al di fuori dei tradizionali confini della tutela condannatoria, con la conseguenza che anche le sentenze costitutive potrebbero beneficiare della indicata provvisoria esecutorietà.
La corte di appello ha in definitiva errato nel ritenere che la pubblicazione della sentenza n. 357 del 2005 adottata in primo grado dal Tribunale di Isernia non avesse esplicato effetti giuridici tra la […] e la […]. Diversamente opinando, invece, al cospetto della immediata e completa esecutività della sentenza di primo grado emessa ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., il giudice del gravame avrebbe dovuto ritenere il contratto di locazione stipulato dalla […], oramai non più proprietaria, risolto di diritto, con rutti i derivanti effetti del caso, anche in ordine al pagamento dei canoni, non più dovuti alla […], bensì alla riconosciuta proprietaria […], sin dalla data in cui era stata pubblicata la predetta sentenza del Tribunale di Isernia con la quale era stato trasferito l’immobile oggetto del contratto di locazione in questione.
Con riguardo al primo complesso motivo la ricorrente ha formulato i seguenti quesiti di diritto:
– “se sia conforme all’ordinamento l’affermata non esecutività ex art. 282 cod. proc. civ. del capo di trasferimento dell’immobile contenuto nella sentenza resa ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., ove la domanda di esecuzione in forma specifica diretta al trasferimento del bene sia stata proposta dal promissario acquirente”;
– “se sia conforme all’ordinamento la non ravvisata condanna implicita al rilascio dell’immobile, in danno del promittente venditore, immediatamente eseguibile nelle forme dell’espropriazione forzata, nella sentenza resa ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. nella parte che dispone il trasferimento dell’immobile, ove la domanda di esecuzione in forma specifica diretta al trasferimento del bene sia stata proposta dal promissario acquirente”.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione del principio di ragionevolezza e/o di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge di cui all’art. 3 Cost. e/o del principio della parità delle parti nel processo di cui all’art. 111 Cost., comma 2 e/o del principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all’art. 111 Cost. e/o del principio dell’azionabilità dei propri diritti e dell’effettività delle garanzie processuali di cui all’art. 24 Cost.. Deduce la ricorrente che, ragionando nel solco tracciato dall’impugnata sentenza e nella piena consapevolezza dell’assenza di tutela immediata per il promissario acquirente, un soggetto può stipulare un preliminare di compravendita e sottrarsi alla stipula del definitivo per, poi, ritardare quanto più a lungo possibile la consegna del bene, attraverso la proposizione dei rimedi impugnatori esperibili avverso la sentenza che decide sull’azione ex art. 2932 cod. civ., intrapresa dal promissario acquirente dopo la mancata stipula del contratto definitivo di vendita: e tutto ciò nonostante che egli possa, ancor prima del passaggio in giudicato di tale sentenza, aver ottenuto (o aver agito per ottenere) l’intero prezzo della vendita. Di qui l’innegabile esigenza di riconoscere, in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost., contrariamente a quanto operato dalla Corte di appello (che non si è posta affatto la problematica degli effetti devastanti derivanti dall’applicazione del criterio del “doppio binario di tutela”), una sollecita tutela al promissario acquirente, sottoposto al più che concreto rischio di dover attendere lunghissimi anni per conseguire l’immobile, malgrado abbia potuto corrispondere interamente il residuo del prezzo. senza che possa fungere da ostacolo, al riconoscimento in discorso, la questione della reversibilità (comunque sicura) degli effetti in caso di caducazione della sentenza di primo o secondo grado. Si deve pertanto escludere che alla sentenza decisa ex art. 2932 cod. civ. si possa attribuire (come l’impugnata sentenza ha stabilito), sul piano del diritto sostanziale, un’efficacia limitata ai soli profili obbligatori, senza estendersi a quello reale. Ne consegue che deve essere necessario, sotto ogni angolazione, giuridica e sociale, consentire, a ciascuna parte, di potersi avvalere della generale regola della immediata esecutività delle sentenze di primo grado di cui all’art. 282 cod. proc. civ., pur se pronunciate ex art. 2932 cod. civ., sin dal loro deposito, in aderenza al diritto vigente, necessariamente condizionata, ma per entrambe le parti, dall’accettazione del rischio dell’attendibilità della prima o della seconda pronuncia.
Con riguardo al secondo proposto motivo, quindi, è stato formulato il seguente quesito di diritto:
“se sia conforme al principio di ragionevolezza e/o di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge di cui all’art. 3 Cost. e/o del principio della parità delle parti nel processo di cui all’art. 111 Cost., comma 2 e/o del principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all’art. 111 Cost. e/o del principio dell’azionabilità dei propri diritti e dell’effettività delle garanzie processuali di cui all’art. 24 Cost., in tema di sentenza pronunciata ex art. 2932 cod. civ., la riconosciuta immediata esecutività ex art. 282 c.p.c. al diritto del promittente venditore di esigere il prezzo della vendita e l’affermato differimento, al momento del passaggio in giudicato di tale sentenza, del trasferimento del diritto di proprietà del promissario acquirente e dell’esercizio delle facoltà a questi spettanti”.
Le dette numerose censure possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza riguardando tutte, quale più quale meno, sia pur sotto aspetti e profili diversi, le stesse collegate questioni – ritenute di particolare importanza e per il cui esame il ricorso è stato assegnato a queste Sezioni Unite – che possono essere così sintetizzate:
dicano le Sezioni unite se sia riconoscibile l’esecutività provvisoria, ex art. 282 cod. proc. civ., del capo decisorio relativo al trasferimento dell’immobile contenuto nella sentenza di primo grado resa ai sensi dell’art. 2932 c.c. e, inoltre, se possa ravvisarsi, tenendo conto anche dei principi di ragionevole e di tutela del diritto di azione, previsti rispettivamente dagli artt. 3 e 24 Cost., l’esecutività provvisoria della condanna implicita al rilascio dell’immobile, in danno del promittente venditore, scaturente dalla suddetta sentenza mila parte in cui dispone il trasferimento dell’immobile, ove la domanda di esecuzione in forma specifica diretta all’ottenimento di una statuizione produttiva degli effetti del contratto definitivo di compravendita non concluso sia stata proposta dal promissario acquirente.
Ai detti quesiti va data risposta negativa così come ritenuto dalla sentenza impugnata dalla […] per cui i primi due motivi di ricorso devono essere rigettati.
Occorre osservare che – con riferimento alla peculiarità dell’azione personale e non reale prevista dall’art. 2932 c.c. e della sua correlata sentenza – questa Corte ha ripetutamente affermato che la detta sentenza ha natura costituitiva e spiega la sua efficacia solo con decorrenza “ex nunc” al momento del suo passaggio in giudicato, con conseguente necessità della sussistenza delle condizioni dell’azione al momento dell’intervento della pronuncia. In particolare questa Corte in proposito ha avuto modo di affermare i seguenti principi:
– nell’ipotesi in cui la sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c. imponga all’acquirente di versare il prezzo della compravendita, l’obbligo diviene attuale al momento del passaggio in giudicato della sentenza che trasferisce il bene o allo spirare del termine ulteriore da essa eventualmente stabilito (sentenza 16/1/2006 n. 690);
– la pronuncia ex art. 2932 c.c. produce gli effetti del contratto di compravendita non concluso soltanto dal momento del suo passaggio in giudicato (sentenza 2/12/2005 n. 26233);
– ai fini della sospensione necessaria del giudizio di cui all’art. 295 c.p.c., è indispensabile la esistenza di un rapporto di pregiudizialità giuridica che ricorre nel solo caso in cui la definizione di una controversia costituisca, rispetto all’altra, un indispensabile antecedente logico – giuridico. Non ricorre il detto rapporto di pregiudizialità necessaria nel caso di una controversia relativa ad uno sfratto per morosità e quella attinente all’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di compravendita stipulato tra locatore e conduttore. Infatti, attesa la natura costitutiva della sentenza che dispone il trasferimento coattivo, destinata a produrre effetti solo alla data del passaggio in giudicato della relativa pronuncia, permanendo nelle more l’obbligo di corrispondere il canone al locatore, gli esiti del giudizio instaurato con la domanda di adempimento del contratto preliminare non possono interferire con quelli del procedimento di sfratto per morosità ( ordinanza 3/8/2005 n. 16216);
– poiché nel caso di contratto preliminare di compravendita l’effetto traslativo è determinato soltanto dal contratto definitivo, sicché la ricorrenza dei requisiti di forma e sostanza necessari ai fini della validità del contratto traslativo non possono che fare riferimento alla legge vigente al momento della stipula di questo, la sopravvenienza, rispetto al momento di formazione del preliminare, della disposizione di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 18, comma 2, con cui il legislatore aveva allora sancito il divieto di lottizzazione abusiva, opera non come causa di nullità del contratto preliminare bensì come impossibilità oggettiva di concludere il contratto definitivo, e precludendo la stipulazione di questo, è ugualmente di impedimento all’emissione della sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c., che allo stesso si sostituisce (sentenza 21/2/2008 n. 4522);
– la sentenza che dispone l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre, ex art. 2932 c.c., produce i propri effetti solo dal momento de passaggio in giudicato; ne consegue che, quando detta sentenza abbia subordinato l’effetto traslativo al pagamento del residuo prezzo, l’obbligo di pagamento in capo al promissario acquirente non diventa attuale prima dell’irretrattabilità della pronuncia giudiziale, essendo tale pagamento la prestazione corrispettiva destinata ad attuare il sinallagma contrattuale (sentenza 6/4/2009 n. 8250);
– in tema di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, l’art. 2932 c.c. consente l’emanazione di una sentenza che abbia gli effetti del contratto non concluso soltanto “qualora sia possibile”, situazione che non si verifica se, prima che la pronuncia abbia acquistato piena efficacia esecutiva, il promittente venditore perde la proprietà del bene (sentenza 10/3/2006 n. 5162);
– la domanda di reintegra nel possesso di un bene è proponibile anche nei confronti del promissario acquirente di questo che abbia ottenuto la sentenza di cui all’art. 2932 c.c., purché non passata in giudicato. Invero tale sentenza essendo costitutiva ed avendo efficacia ex nunc, solo con il passaggio in giudicato produce gli effetti del contratto preliminare e trasferisce la proprietà del bene, sicché sino a tale data il promittente venditore è proprietario e possessore (sentenza 10/3/1999 n. 2522);
– poiché nel caso di contratto preliminare di compravendita l’effetto traslativo è determinato soltanto dal contratto definitivo, sicché la ricorrenza dei requisiti di forma e sostanza necessari ai fini della validità del contratto traslativo non possono che fare riferimento alla legge vigente al momento della stipula di questo, la sopravvenienza, rispetto al momento di formazione del preliminare, della disposizione di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 18, comma 2, con cui il legislatore aveva allora sancito il divieto di lottizzazione abusiva, opera non come causa di nullità del contratto preliminare bensì come impossibilità oggettiva di concludere il contratto definitivo, e precludendo la stipulazione di questo, è ugualmente di impedimento all’emissione della sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c., che allo stesso si sostituisce (sentenza 21/2/2008 n. 4522). Pertanto, secondo il riportato orientamento giurisprudenziale, le sentenze emesse ex art. 2932 c.c. non possono conoscere un’efficacia esecutiva anticipata rispetto al momento della formazione del giudicato perché l’effetto traslativo della compravendita è condizionato dall’irretrattabilità della pronuncia con la quale viene determinato l’effetto sostitutivo del contratto definitivo non stipulato.
Un mutamento di indirizzo si è però avuto con la sentenza 3/9/2007 n. 18512 (più volte richiamata dalla ricorrente a sostegno della propria tesi) con la quale è stato affermato il principio secondo cui nel caso di pronuncia della sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c., le statuizioni di condanna consequenziali, dispositive dell’adempimento delle prestazioni a carico delle parti tra le quali la sentenza determina la conclusione del contratto, sono da ritenere immediatamente esecutive ai sensi dell’art. 282 c.p.c., di modo che qualora l’azione ai sensi dell’art. 2932 c.c. sia stata proposta dal promittente venditore, la statuizione di condanna del promissario acquirente al pagamento del prezzo è da considerare immediatamente esecutiva.
In particolare nella citata sentenza si afferma testualmente che “in relazione alla sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 2932 c.c., la legge non prevede alcunché che possa giustificare l’esclusione della immediata esecutività delle statuizioni condannatorie consequenziali alla statuizione di accertamento del modo di essere dell’ordinamento in relazione alla vicenda dedotta nel senso della sussistenza delle condizioni che avrebbero dovuto giustificare la conclusione del contratto in adempimento del contratto preliminare con la prestazione dei relativi consensi, e, quindi, all’ulteriore statuizione, in via consequenziale, degli effetti costitutivi del vincolo contrattuale, che di tale consenso tengono luogo. Ciò, sia per quanto attiene all’ipotesi che si tratti di statuizioni a favore del promissario acquirente, sia – come nella specie – quando si tratti di statuizioni a favore del promissario venditore.”
La detta innovativa sentenza – rispetto al riportato costante orientamento giurisprudenziale di questa Corte – è stata variamente commentata in dottrina.
Alcuni autori hanno analizzato le implicazioni della menzionata sentenza sotto il profilo del diritto sostanziale sottolineandone gli aspetti discutibili in rapporto alla specifica tematica del preliminare di compravendita inadempiuto rilevando che la parziale anticipazione degli effetti obbligatori ricollegabili alla pronuncia giudiziale determina l’alterazione del sinallagma contrattuale e concludendo che rispetto alla sentenza ex art. 2932 c.c. – in tema di contratto preliminare di compravendita – non vi è spazio per ipotizzare un’immediata efficacia delle statuizioni propriamente costitutive con conseguente impossibilità di un’esecuzione coattiva anticipata delle obbligazioni derivanti da dette statuizioni. Secondo questo orientamento dottrinale critico, aderendo alla decisione in questione al regolamento di interessi in cui l’obbligo di pagare il prezzo è contestuale al trasferimento di proprietà ed al conseguente passaggio dei rischi, se ne sostituirebbe un altro in cui l’effetto reale viene differito fino al passaggio in giudicato della sentenza mentre l’attuazione immediata degli obblighi di pagamento del prezzo e di consegna del bene assegnerebbe all’esecuzione provvisoria una funzione anche cautelare che non le sarebbe propria. Peraltro il problema non consiste nello stabilire se l’accertamento della pretesa azionata per addivenire alla modificazione della realtà giuridica abbia un rilievo a qualche effetto per l’ordinamento prima del giudicato, quanto nell’accertare se quella rilevanza porti in sè anche quella capacità di innovare la realtà giuridica nelle relazioni interprivate in cui l’efficacia costitutiva si concreta. La rilevanza giuridica, sul terreno sostanziale, della sentenza costitutiva di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. ancora assoggettabile ad impugnazione può valere solo a radicare in capo all’attore un’aspettativa in ordine alla modificazione della realtà giuridica verificabile esclusivamente con il passaggio in giudicato della sentenza. Non è poi pertinente il richiamo operato nella sentenza alla pronunce con le quali è stata riconosciuta l’esecutività del capo concernente le spese della sentenza costitutiva posto che la pronuncia sulle spese costituisce una statuizione a sè stante e non autenticamente accessoria. Altri autori, invece, si solo allineati alla sentenza in esame rilevando che l’art. 282 c.p.c. va interpretato nel senso che, venga esercitata un’azione di condanna o esperita un’azione costitutiva, è possibile utilizzare la sentenza come titolo esecutivo se all’accoglimento della domanda si accompagni, come complemento della protezione sostanziale richiesta, una statuizione condannatoria, fatte salve le disposizioni ostative previste dalla legge. Pertanto è consentita l’immediata esecutività delle statuizioni condannatorie consequenziali alla statuizione di accertamento del diritto alla conclusione del contratto definitivo non sussistendo alcuna norma che escluda tale esecutività con riferimento alla sentenza pronunciata ex art. 2932 c.c..
Altra parte della dottrina – dopo aver posto in evidenza che le relazioni che si pongono reciprocamente tra capi di condanna e capi costitutivi non sono omogenee nelle diverse fattispecie – rileva che nell’ipotesi di azione ex art. 2932 c.c. non ci si trova in presenza di reciproche pronunce di condanna in quanto l’attore deve offrire la prestazione alla quale è tenuto per cui questa non viene fatta oggetto di una pronuncia di condanna, ma viene dedotta quale condizione dell’effetto traslativo della proprietà: ne consegue che si fa luogo solo alla condanna alla consegna o al rilascio del bene o al pagamento del prezzo e, in ogni caso, rimane l’impossibilità della produzione immediata dell’effetto traslativo della proprietà sino al passaggio in giudicato della sentenza. Può quindi verificarsi un’alterazione del sinallagma contrattuale o, comunque, della reciprocità delle attribuzioni che conseguono alla decisione. Proprio il caso esaminato nella sentenza di questa Corte n. 18512/2007 costituisce un esempio di questa alterazione della corrispettività delle obbligazioni ove agisca il promittente venditore e si abbia condanna del promissario acquirente al pagamento del prezzo senza che questi possa contare sul contemporaneo trasferimento della proprietà a suo favore.
Tanto rilevato, con riferimento agli orientamenti dottrinali successivi alla più volte richiamata sentenza 18512/2007, va evidenziato che i principi affermati nella detta sentenza non hanno trovato successiva conferma nella giurisprudenza di legittimità la quale è rimasta nel complesso ferma nel propendere per la soluzione negativa in ordine all’ammissibilità della provvisoria esecutività delle sentenze costitutive ex art. 2932 c.c..
In particolare, con la pronuncia 6/4/2009 n. 8250, questa Corte ha ribadito e confermato che la sentenza che dispone l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre, ex art. 2932 c.c., produce i propri effetti solo dal momento del passaggio in giudicato; ne consegue che, quando detta sentenza abbia subordinato l’effetto traslativo al pagamento del residuo prezzo, l’obbligo di pagamento in capo al promissario acquirente non diventa attuale prima dell’irretrattabilità della pronuncia giudiziale, essendo tale pagamento la prestazione corrispettiva destinata ad attuare il sinallagma contrattuale.
Queste Sezioni Unite, tenuto conto del descritto complesso quadro dottrinale e giurisprudenziale, ritengono di dover dare continuità al prevalente orientamento ravvisabile nella giurisprudenza di legittimità e di condividere sostanzialmente molti degli argomenti sviluppati dalla dottrina maggioritaria, sopra riportati, a sostegno della tesi secondo cui, nel caso di preliminare di compravendita e di pronuncia ex art. 2932 c.c. l’effetto traslativo della proprietà del bene si produce solo con l’irretroattività della sentenza che determina l’effetto sostitutivo del contratto definitivo. La sentenza di primo grado di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. non può pertanto produrre, prima del passaggio in giudicato, proprio quegli effetti del contratto definitivo che è destinato a surrogare:
non è possibile dare esecuzione ad obblighi che sul piano sostanziale non sono ancora sorti.
Da ciò la conseguente impossibilità di scissione, nelle sentenze ex art. 2932 c.c. in tema di contratto preliminare di compravendita, tra capi costitutivi principali e capi condannatori consequenziali, con riferimento specifico a quelli cc.dd. sinallagmatici le cui relative statuizioni fanno parte integrante della pronuncia costitutiva nel suo complesso.
Va precisato che la possibilità di anticipare l’esecuzione delle statuizioni condannatorie contenute nella sentenza costitutiva va riconosciuta in concreto volta a volta a seconda del tipo di rapporto tra l’effetto accessivo condannatorio da anticipare e l’effetto costitutivo producibile solo con il giudicato. A tal fine occorre differenziare le statuizioni condannatorie meramente dipendenti dal detto effetto costitutivo, dalle statuizioni che invece sono a tale effetto legate da un vero e proprio nesso sinallagmatico ponendosi come parte – talvolta “corrispettiva” del nuovo rapporto oggetto della domanda costitutiva.
Così, ad esempio, nel caso di condanna del promissario acquirente al pagamento del prezzo della vendita, non è possibile riconoscere effetti esecutivi a tale condanna altrimenti si verrebbe a spezzare il nesso tra il trasferimento della proprietà derivante in virtù della pronuncia costitutiva ed il pagamento del prezzo della vendita. L’effetto traslativo della proprietà del bene si produce solo con l’irretrattabilità della sentenza per cui è da escludere che prima del passaggio in giudicato della sentenza sia configurabile un’efficacia anticipata dell’obbligo di pagare il prezzo: si verificherebbe un’alterazione del sinallagma. Ritenere diversamente consentirebbe alla parte promittente venditrice – ancora titolare del diritto di proprietà del bene oggetto del preliminare – di incassare il prezzo prima ancora del verificarsi dell’effetto, verificabile solo con il giudicato, del trasferimento di proprietà. Possono quindi ritenersi anticipabili i soli effetti esecutivi dei capi che sono compatibili con la produzione dell’effetto costitutivo in un momento temporale successivo, ossia all’atto del passaggio in giudicato del capo di sentenza propriamente costitutivo. Così la condanna al pagamento delle spese processuali contenuta nella sentenza che accoglie la domanda. La provvisoria esecutività non può invece riguardare quei capi condannatori che si collocano in un rapporto di stretta sinallagmaticità con i capi costitutivi relativi alla modificazione giuridica sostanziale.
La soluzione adottata – che non è riferita al tipo di sentenza costitutiva, ma alla sentenza pronunziata su contratto preliminare di compravendita -non si pone in contrasto con “i parametri della ragionevole durata del processo – di cui all’art. 111 Cost., comma 2, e art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – e del principio della azionabilità dei diritti di cui all’art. 24 Cost.” posto che, come precisato dalla Corte costituzionale nella citata sentenza 232 del 2004, “il preteso incentivo a proporre appelli dilatori e la possibilità di subire opposizioni all’esecuzione in caso di esercizio dell’azione esecutiva costituiscono, a tutto concedere alla loro plausibilità, inconvenienti di mero fatto e non certamente indici della violazione delle invocate norme costituzionali”.
Da quanto precede deriva che correttamente la corte di appello, nella decisione impugnata, ha escluso la ravvisabilità di effetti traslativi immediati alla sentenza del tribunale di Isernia 28/5/2005 n. 357 – di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. proposta da […] nei confronti della società […] – potendosi produrre tali effetti solo dopo il passaggio in giudicato di detta sentenza.
Le ragioni per escludere che la situazione di fatto debba poter essere adeguata a quella di diritto, accertata da sentenza non passata in giudicato, affondano nella stessa scelta delle parti di differire ad un accordo successivo il trasferimento della proprietà, accordo successivo che può essere surrogato dalla sentenza che deve però avere i caratteri della irretrattabilità.
Ha quindi errato la conduttrice società […] ad accogliere (prima del passaggio in giudicato della citata sentenza del tribunale di Isernia 357/2005) le richieste avanzate nei suoi confronti dalla […] volte ad ottenere il pagamento dei canoni di locazione, la risoluzione del rapporto di locazione e il rilascio dell’immobile locato e ciò perché al momento di tali richieste – come al momento della notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado nonché alla data della sentenza impugnata – il rapporto di locazione tra la locatrice […] e la conduttrice […] era ancora in corso permanendo in capo alla […] il diritto di proprietà ed il possesso dell’immobile oggetto del contratto di locazione in questione. In definitiva i motivi di ricorso in esame devono essere rigettati in quanto – al contrario di quanto sostenuto dalla società ricorrente – la sentenza impugnata è conforme al seguente principio di diritto:
non è riconoscibile l’esecutività provvisoria, ex art. 282 cod. proc. civ., del capo decisorio relativo al trasferimento dell’immobile contenuto nella sentenza di primo grado resa ai sensi dell’art. 2932 c.c, ne’ è ravvisabile l’esecutività provvisoria della condanna implicita al rilascio dell’immobile, in danno del promittente venditore, scaturente dalla suddetta sentenza nella parte in cui dispone il trasferimento dell’immobile producendosi l’effetto traslativo della proprietà del bene solo dal momento del passaggio in giudicato di detta sentenza con la contemporanea acquisizione al patrimonio del soggetto destinatario della pronuncia. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. deducendo che essa società, in primo grado, aveva proposto domanda riconvenzionale al fine di ottenere la condanna alla restituzione, in favore di […], dell’importo versato a titolo di deposito cauzionale e di quello dovuto per la perdita dell’indennità di avviamento commerciale, oltre al risarcimento di tutti i danni patiti, con interessi e rivalutazione, senza che, con riferimento alla suo rigetto, il tribunale di Isernia avesse adottato un’apposita motivazione. Senonché, a fronte del gravame interposto dalla […], la Corte di appello, pur attestando sul punto che il giudice di primo grado aveva omesso di adottare la prescritta motivazione, ha operato un malgoverno delle disposizioni di legge applicabili in materia, fornendo una propria motivazione rispetto all’omesso “decisum” del primo giudice, così mancando di rilevare la nullità della decisione impugnata malgrado fosse stata dedotta con l’atto di appello. La ricorrente ha formulato, in ordine a tale motivo, il seguente quesito di diritto: “se sia conforme all’ordinamento, in relazione all’obbligo del giudice di pronunciare su tutta la domanda ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., l’aver il giudice di secondo grado omesso di esaminare la dedotta nullità della sentenza di prime cure per essere la stessa priva di motivazione in ordine al rigetto delle proposte domande riconvenzionali”.
Con il connesso quarto ed ultimo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c. e art. 111 Cost. formulando il seguente quesito di diritto: “se sia conforme all’ordinamento, in relazione all’obbligo del giudice di motivare i provvedimenti giurisdizionali ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e dell’art. 111 Cost., il comportamento del giudice di seconde cure che ha sopperito alla mancanza assoluta di motivazione della sentenza di prime cure di rigetto delle proposte domande riconvenzionali, attraverso la predisposizione di un’autonoma motivazione, suppletiva di quella mancante”.
La Corte rileva la manifesta infondatezza dei detti motivi – da esaminare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione logica – che si pongono in netto ed insanabile contrasto con il principio più volte affermato nella giurisprudenza di legittimità secondo cui, in virtù del principio generale, deducibile dall’art. 354 c.p.c., dell’effetto cosiddetto devolutivo dell’impugnazione, stante la tassativita delle ipotesi di rimessione del processo al giudice di primo grado, previste dalla citata disposizione, le eventuali invalidità di carattere processuale, verificatesi nel corso del giudizio di primo grado, debbono ritenersi irrilevanti, nel senso che spetta al giudice dell’appello il potere-dovere di pronunciarsi sull’intera causa. In particolare il vizio di omessa pronunzia non rientra fra quelli che determinano la regressione del processo dallo stadio di appello a quello precedente, ma comporta la necessità, per il giudice d’appello che rilevi il vizio, di porvi rimedio, trattenendo la causa e decidendola nel merito – nei limiti dell’oggetto delineato dalle effettive domande delle parti – senza che a ciò osti il principio del doppio grado di giurisdizione, che è privo di rilevanza costituzionale (nei sensi suddetti, tra le tante, sentenze 12/6/2007 n. 13705; 30/8/2006 n. 18824; 8/6/2005 n. 13892; 20/7/2004 n. 13426).
Pertanto correttamente, nonché nel pieno rispetto dei detti principi giurisprudenziali, la corte di appello ha escluso l’eccepita nullità della sentenza di primo grado “perché assolutamente priva di motivazione” in ordine al rigetto della domanda riconvenzionale proposta dalla società […] volta “ad ottenere la restituzione della somma di Euro 15.500,00 a suo tempo versata alla […] a titolo di deposito cauzionale”. Al riguardo il giudice di appello ha ritenuto di dover confermare la pronuncia di rigetto di tale domanda fornendo sul punto ampia e esaustiva motivazione che peraltro non ha formato oggetto di specifiche censure da parte della ricorrente. Ai quesiti di diritto formulati al termine dei due motivi di ricorso in esame va quindi data risposta in senso sfavorevole a quello auspicato dalla ricorrente.
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