Motivi della decisione. […] Con il terzo motivo viene denunciata la falsa applicazione dell’art. 177 c.c. per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto applicabile detta disposizione ai soli acquisti di beni immobili effettuati dai coniugi che comportano l’effettivo trasferimento o costituzione di diritti reali in capo ai medesimi. Di converso, essendo la comunione legale tra coniugi una comunione senza quote ed essendo il consenso dell’altro coniuge solo ed esclusivamente un negozio unilaterale autorizzativo, la cui mancanza non rende invalido o nullo il contratto stipulato dall’altro, la stessa doveva essere ritenuta obbligata ex lege nei confronti della ricorrente. Il motivo culmina nel seguente quesito di diritto: “Le disposizioni di cui all’art. 177 c.c. possono applicarsi anche ai rapporti obbligatori di credito di natura relativi e personali o trovano applicazione con riferimento esclusivo agli acquisti di beni comportanti la costituzione o il trasferimento di diritti reali?”.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la falsa ed erronea applicazione dell’art. 184 c.c. per avere la corte territoriale ritenuto nullo nei confronti della D. il preliminare di compravendita del 10.1.1992 pur non avendo la medesima proposto l’azione di annullamento prevista ex lege. Infatti gli atti di disposizione dei beni immobili appartenenti alla comunione compiuti da un coniuge, senza il consenso dell’altro, sono pienamente validi ed efficaci, solo sottoponibili all’azione di annullamento, da esperire entro un anno dalla data in cui questi ha avuto conoscenza dell’atto stipulato dall’altro, per cui la D. avrebbe dovuto proporre l’azione di annullamento entro e non oltre l’11.2.1994. La ricorrente conclude formulando il seguente quesito di diritto: “il contratto preliminare di compravendita ha efficacia nei confronti del coniuge che non lo abbia sottoscritto pur non avendo quest’ultimo esperito l’azione di annullamento ex art. 184 c.c.?”
I motivi – che per la loro stretta connessione, involgendo entrambi la questione della legittimazione del coniuge che non abbia partecipato al contratto concluso dell’altro coniuge in ipotesi di comunione legale, vanno esaminati congiuntamente – appaiono fondati e quindi meritevoli di accoglimento. La corte di merito ha affermato che l’art. 177 c.c. non trovava applicazione quanto ai contratti obbligatori, i quali, non comportando l’effettivo trasferimento di un bene, ma ponendosi come momento originario di una serie obbligatoria consequenziale e successiva, in cui il solo esito conclusivo necessitato è il trasferimento della proprietà del bene, determinano solo un obbligo di natura relativa e personale per il coniuge che ha concluso l’accordo, con la conseguenza che la domanda di annullamento della D. , prevista dall’art. 184 c.c. ed accordata al coniuge non stipulante e dissenziente, risultava prematuramente formulata. Sulla base di detti presupposti i giudici di appello hanno ritenuto che dovesse trovare accoglimento l’eccezione del R. di impossibilità di trasferimento del bene ex art. 2932 c.c. senza il consenso dell’altro coniuge. L’argomentazione è erronea, considerato che l’assenza del consenso del coniuge non impedisce il trasferimento del bene, ma lo rende solo annullabile.
Infatti occorre premettere che le sezioni unite, risolvendo un contrasto insorto tra le sezioni semplici – diversamente da quanto asserito del giudice del gravame – hanno affermato che in caso di contratto preliminare stipulato senza il consenso dell’altro coniuge, quest’ultimo deve considerarsi litisconsorte necessario del giudizio per l’esecuzione specifica del contratto (Cass. SS.UU. 24 agosto 2007 n. 17952), proprio perché detto coniuge è ancora titolare di una situazione giuridica inscindibile che lo rende litisconsorte necessario nel giudizio di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre e l’eventuale decisione in assenza di contraddicono sarebbe inidonea a spiegare i propri effetti, cioè a produrre un risultato utile e pratico, anche nei riguardi delle sole parti presenti, stante la natura plurisoggettiva e concettualmente unica ed inscindibile del rapporto. Ciò posto, si deve rilevare che la domanda (reiterata con le difese formulate dalla società appellata in sede di gravame) di esecuzione in forma specifica del contratto è stata respinta dalla corte distrettuale senza che venisse effettuato alcun accertamento sulle eccezioni sollevate dalla D. circa la nullità ovvero inefficacia del contratto preliminare per mancanza del consenso del coniuge (v. in tal senso pag. 7 della sentenza di appello laddove viene dato atto di una richiesta della stessa D. di “declaratoria di nullità e comunque di inefficacia del preliminare di vendita”), ma semplicemente sulla base dell’affermazione per la quale la D. “non aveva alcun interesse, né del resto avrebbe avuto il diritto, di veder annullare il contratto preliminare di compravendita, che ha creato obbligazioni personali in capo al promittente venditore R. , ma che a lei terza estranea non è opponibile”, proseguendo che doveva essere semplicemente accertato se esistessero o meno le condizioni perché il preliminare di compravendita fosse trasfuso in atto pubblico, nella specie non realizzate per non avere il promittente venditore ottenuto il consenso da parte del coniuge comproprietario a vendere il fondo in questione.Nella sentenza si sostiene, in sostanza, che per il trasferimento del bene occorrerebbe il formarsi di un’unica volontà negoziale in capo ai due coniugi in comunione dei beni, data l’unicità e la inscindibilità del bene in comunione e che, quindi, il coniuge stipulante avrebbe potuto cedere la propria quota, ma non cedere anche quella del coniuge non stipulante. Risulta pertanto evidente la violazione dei principi di cui agli artt. 180 e 184 c.c., e, in generale, dei principi relativi agli atti di disposizione di beni della comunione legale perché la corte territoriale ha applicato alla comunione legale i diversi principi che regolano la comunione ordinaria e che non si applicano nell’ipotesi di comunione legale tra coniugi. Il giudice distrettuale non ha considerato che la comunione legale tra coniugi costituisce una comunione senza quote, nella quale i coniugi sono solidalmente titolari di un diritto avente ad oggetto tutti i beni di essa e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei; ne consegue che nei rapporti con i terzi ciascun coniuge, mentre non può disporre della propria quota, ben può disporre dell’intero bene comune (contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata), mentre il consenso dell’altro coniuge si configura come un negozio unilaterale autorizzativo che rimuove un limite all’esercizio del potere dispositivo sul bene e si traduce in un vizio da far valere ai sensi dell’art. 184 c.c., nel termine di un anno decorrente dalla conoscenza dell’atto o dalla data di trascrizione (v., di recente, Cass. 21 maggio 2008 n. 12849; Cass. 11 giungo 2010 n. 14093; Cass. 24 luglio 2012 n. 12923). In particolare, come ha avuto occasione di chiarire questa corte (decisione a SS.UU. n. 17952 del 2007 cit.), il consenso del coniuge pretermesso non è atto autorizzativo nel senso di atto attributivo di un potere, ma piuttosto nel senso di atto che rimuove un limite all’esercizio di un potere e requisito di regolarità del procedimento di formazione dell’atto di disposizione, la cui mancanza, ove si tratti di bene immobile o mobile registrato, si traduce in un vizio del negozio: l’ipotesi regolata dall’art. 184 c.c., comma 1, dunque, si riferisce non ad un caso di acquisto inefficace perché a non domino, bensì ad un caso di acquisto a domino in base ad un titolo viziato. Ne discende che la mera mancanza di sottoscrizione del contratto da parte del coniuge non era sufficiente per il rigetto della domanda di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, dovendosi esaminare il profilo del consenso e della rilevanza della conoscenza dell’atto da parte dell’altro coniuge. L’art. 184 c.c., infatti, per l’esigenza di tutelare la rapidità e la certezza della circolazione dei beni in regime di comunione legale, disciplina il conflitto tra il terzo ed il coniuge pretermesso in modo più favorevole (rispetto alla comunione ordinaria) al primo, con il regime degli effetti tendente alla conservazione del negozio; di conseguenza il contratto, in assenza del consenso del coniuge pretermesso non è inefficace né nei confronti dei terzi, né nei confronti della comunione, ma è solo soggetto alla disciplina dell’art. 184 c.c., comma 1, ed è solamente esposto all’azione di annullamento da parte del coniuge non consenziente, nel breve termine prescrizionale entro cui è ristretto l’esercizio di tale azione, decorrente dalla conoscenza effettiva dell’atto, ovvero, in via sussidiaria, dalla trascrizione o dallo scioglimento della comunione (in tal senso, v. Cass. 21 dicembre 2001 n. 16177; Cass. 31 gennaio 2012 n. 1385). In conclusione si deve annullare tale decisione affermandosi il principio che per l’esecuzione in forma specifica di un preliminare di vendita immobiliare non è necessaria la sottoscrizione di entrambi i coniugi in comunione legale, ma è sufficiente il consenso dell’altro coniuge e la mancanza del suo consenso si traduce in un vizio da far valere ai sensi dell’art. 184 c.c., (nel rispetto del principio generale di buona fede e dell’affidamento), per cui spetta al giudice del merito verificare la proposizione della domanda di annullamento da parte della D. , quantomeno sotto forma di eccezione in base all’art. 1442 c.c., ult. comma (v. in tal senso Cass. 27 ottobre 2003) […].