[…]
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
[…] ed i germani […], con ricorso al presidente del tribunale di Brindisi esposero quanto segue.
Il 17 aprile 1980 era deceduto “ab intesto” […], rispettivamente, marito e padre di essi istanti e, a distanza di pochi mesi, il 16 settembre 1980, il coniuge superstite aveva denunciato al procuratore della Repubblica di Taranto la scomparsa di un libretto al portatore di pertinenza del “de cuius” sul quale, come era stato accertato in sede di indagini di polizia giudiziaria, era depositata al momento della morte del titolare, la complessiva somma di L. 69.200.463.
Il libretto era stato estinto il 29 aprile 1980 da […], sorella del defunto, che aveva ridepositato gran parte della somma su di un libretto accesso presso la Banca Popolare di […], e nei confronti della quale era stato iniziato procedimento penale per il reato di furto aggravato.
La donna si era difesa sostenendo che il libretto era stato donato dal germano alla madre, […], alcuni anni prima, il 28 ottobre 1978, ed era stato estinto in accordo con costei alla morte del congiunto.
Il processo penale si era concluso con sentenza di assoluzione dell’imputata per insufficienza di prove, non essendosi potuto stabilire se il libretto fosse stato o meno oggetto di donazione la quale, sebbene nulla per difetto di forma, avrebbe escluso l’illegittimità dell’impossessamento ad opera della prevenuta. Dopo il passaggio in giudicato di tale sentenza, il tribunale di Taranto aveva disposto il dissequestro dei documenti e la restituzione di essi alla […].
Deducevano, peraltro, i ricorrenti che alla stregua delle risultanze del procedimento penale era rimasto inoppugnabilmente che l’originario libretto intestato a […] apparteneva esclusivamente allo stesso per cui la somma da esso portata era di pertinenza degli eredi; che l’eventuale donazione era da ritenere nulla per difetto di forma ai sensi dell’art. 782 c.c. e per la mancata accettazione nella forma prescritta; che, infine, ove si fosse ritenuto che la somma era di pertinenza della […], si sarebbe dovuto procedere alla sua devoluzione per successione legittima.
Tanto premesso, gli istanti nella spiegata qualità di eredi legittimi di […], chiesero di essere autorizzati a procedere, ai sensi dell’art. 671 c.p.c. e nel fondato timore di perdere le garanzie de loro credito, al sequestro conservativo mobiliare, anche presso terzi, e immobiliare in danno di […] fino alla concorrenza del loro credito.
La misura cautelare venne concessa ed eseguita in via immobiliare, mediante trascrizione del provvedimento sulla quota indivisa di un immobile, ed in via mobiliare sul libretto di piccolo risparmio della Banca Popolare di […] innanzi citato nonché nelle forme del pignoramento presso terzi con citazione della creditrice Banca Popolare di […].
Il tribunale di Brindisi accolse la domanda condannando la convenuta alla restituzione in favore degli attori della somma di L. 69.200.463 esistente alla morte del “de cuius” sul libretto al portatore acceso il 30 ottobre 1978 e dichiarò inefficace la misura cautelare in riferimento al libretto esistente presso la Banca Popolare di […], convalidandola per il resto.
La corte di appello di Lecce, giudicando sull’appello principale proposto dalla […] e su quello incidentale proposto dagli appellati, ha respinto l’appello principale ed in accoglimento di quello incidentale ha dichiarato efficace il sequestro conservativo in relazione al libretto da ultimo indicato, sulla base delle seguenti considerazioni.
L’eccezione di improponibilità della domanda degli appellati in conseguenza del giudicato penale con il quale la […] era stata assolta dal reato di furto aggravato del libretto per insufficienza di prove, formulata dall’appellante ai sensi dell’art. 345 c.p.c., ammissibile in rito, non era fondata nel merito. Ciò in quanto il giudicato si era formato soltanto in relazione al fatto – reato del furto nel senso che era stato posto in dubbio se il documento fu effettivamente donato dal figlio alla madre, ovvero se l’imputata si impossessò di esso in modo illegittimo. Era, perciò, da escludere la sussistenza della dedotta preclusione atteso che in sede civile si discuteva in ordine agli effetti civili della “traditio”. E quest’ultima, che neppure era provata come avvenuta, sarebbe comunque nulla ai sensi dell’art. 782 c.c. per difetto di forma, non potendosi al riguardo opporre che si era trattato di donazione di modico valore.
Nè, d’altra parte, era riscontrabile la figura dell’obbligazione naturale, come tale non ripetibile, atteso che non vi era prova dell’esecuzione da parte del defunto […] di una prestazione spontanea in esecuzione di doveri morali o sociali.
Sussistevano, inoltre, le condizioni di legge per fare luogo al sequestro conservativo, sia in relazione al “fumus boni iuris”, sia in relazione al “periculum in mora” tenuto conto della scarsa capacità patrimoniale della […] e del comportamento tenuto da costei dopo la morte del fratello.
Quanto, infine, alla doglianza proposta in via incidentale dagli appellati e concernente il modo di esecuzione della misura cautelare in ordine al libretto acceso dall’appellante presso la Banca Popolare di […], la sua fondatezza discendeva dal rilievo per il quale il sequestro andava eseguito mediante la materiale apprensione del documento presso la debitrice, e non nella forma del pignoramento presso terzi, come invece aveva ritenuto il giudice di primo grado. Ricorre per cassazione […] sulla base di sei motivi. Resistono con controricorso […].
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 22, 25, 26, 27 e 28 del codice di procedura penale nel testo di cui al R.D. 19 ottobre 1930, n. 1399, vigente all’epoca dei fatti, 2909 c.c., nonché il vizio di motivazione e richiamati i principi che regolavano, sotto la vecchia disciplina, l’esercizio dell’azione civile in sede penale, nonché la distinzione dell’ambito di operatività delle disposizioni di cui agli artt. 25, 27 e 28, sostiene che nella specie, avendo gli appellati esercitato l’azione civile in sede penale, non avrebbero potuto riproporla in sede civile, stante la pronuncia assolutoria per insufficienza di prove adottata nel giudizio penale. Avrebbe perciò errato il giudice del merito nel ritenere non operante la preclusione di cui all’art. 25 c.p.p. e nel non aver percepito che nella specie vi era stata costituzione di parte civile nel processo penale e che non ricorrono i presupposti per l’applicabilità dell’art. 28 c.p.p. La censura non è fondata.
È pacifico, ed il dato risulta chiaramente da quanto si è esposto in premessa, che il giudicato penale si è formato esclusivamente sul punto concernente le modalità con le quali la ricorrente acquisì la materiale disponibilità del libretto nel senso che, non essendo in discussione il fatto nella sua oggettiva sussistenza, non è stato possibile accertare in sede penale se questa disponibilità venne conseguita in modo lecito, ovvero mediante illegittima apprensione.
In tale situazione non ricorrono le condizioni per l’operatività della preclusione di cui all’art. 25 del codice di procedura penale innanzi citato secondo il quale, per la parte che interessa in questa sede, l’azione civile non era proponibile, proseguibile o riproponibile qualora nel giudizio penale non vi fosse prova sufficiente in ordine alla sussistenza del fatto ovvero alla commissione di esso da parte dell’imputato. Ciò in quanto il giudicato contiene un accertamento positivo circa il fatto, la disponibilità del documento da parte della ricorrente, mentre ciò che è stato posto in dubbio e che ha portato alla pronuncia assolutoria per insufficienza di prove, inerisce alla rilevanza penale di esso sotto il profilo dell’elemento soggettivo. Risulta da ciò evidente l’insussistenza di qualsiasi preclusione in ordine all’esercizio dell’azione poiché con essa i resistenti hanno fatto valere, in esito al giudizio penale, il diritto al conseguimento della somma portata dal libretto, sulla base della non contestata qualifica di eredi del defunto […].
Si è trattato in sostanza, dell’esercizio dell’azione di cui all’art. 533 c.c. intrapresa allo scopo di conseguire la restituzione dei beni ereditari contro chi li possedeva senza averne titolo e rispetto alla quale non sussisteva, per le ragioni esposte, la preclusione di cui alla norma processuale innanzi indicata. Identificato in tal modo l’oggetto del giudizio ed esclusa la ricorrenza delle ragioni di preclusione derivanti dalla pregressa pronuncia adottata in sede penale, in ordine ai successivi motivi di ricorso mette conto di rilevare quanto segue.
Il secondo motivo si articola in due profili con i quali, per un verso, si deduce la violazione degli artt. 783 e 2909 c.c. atteso che sulla base della pronuncia penale sopra indicata, non si sarebbe potuto proporre il giudizio sulla invalidità di un atto la cui sussistenza era stata ritenuta dubbia, e per altro verso si rileva che, stante la consistenza del patrimonio del donante adombrata anche dal giudice penale, la somma erogata dal […] avrebbe potuto essere considerata modica e la donazione non invalida per vizio di forma.
Neppure questa doglianza merita accoglimento.
Quanto al primo profilo, è sufficiente rilevare che, essendo il giudicato penale circoscritto al dubbio sull’elemento psicologico del reato, la qualificazione giuridica del fatto compiuta dal giudice civile non era in alcun modo preclusa dalla sentenza penale. In riferimento al secondo punto, giova rilevare che secondo la costante giurisprudenza di questa corte (per tutte: Cass. 23 febbraio 1973, n. 527) la donazione di modico valore per la quale non si richiede la forma scritta “ad substantiam” va accertata alla stregua del contemperamento di due criteri: quello oggettivo, correlato al valore del bene che ne è oggetto, e quello soggettivo per il quale si tiene conto delle condizioni economiche del donante, dal che consegue che l’atto di liberalità, per essere considerato di modico valore, non deve mai incidere in modo apprezzabile sul patrimonio di quest’ultimo. Nella specie siffatti parametri sono stati tenuti ben presenti dalla corte del merito la quale ha escluso che potesse considerarsi modica una donazione avente ad oggetto, nell’anno 1978, la somma di lire 55.000.000, avuto riguardo alle condizioni economiche del […], funzionario di banca con moglie e tre figli a carico (p. 17 della decisione impugnata). La correttezza giuridica dei criteri adottati e la congruenza logica della motivazione tolgono valore alla censura così come proposta la quale va, conseguentemente, disattesa.
Nè migliore sorte può essere riservata al terzo motivo con il quale si addebita alla corte di appello la violazione dell’art. 2034 c.c. ed il vizio di motivazione per non avere tenuto conto che nella specie ricorreva la situazione descritta nella norma per prima indicata, riconducendosi la prestazione del […] all’adempimento di un dovere morale o sociale, come la vicenda del procedimento penale aveva palesato.
È noto che l’obbligazione naturale costituisce esecuzione di una prestazione che si collega ad un atteggiamento generalizzato e sentito della società in un determinato momento storico ed è espressione delle idee e del modo di percepire la rilevanza di valori che formano il patrimonio comune di quest’ultima.
Il giudice del merito ha escluso la giuridica possibilità di configurarne la sussistenza argomentando, per un verso, che non vi era prova che il defunto avesse operato sotto a spinta di doveri morali o sociali, per altro verso, che tale intento avrebbe potuto essere realizzato nelle forme di legge e siffatta conclusione va sostanzialmente condivisa, essendo evidente che un’eventuale prestazione assistenziale del […] a favore della madre sarebbe stata riconducibile alla previsione di cui all’art. 433 n. 2 c.c. La corte salentina ha, poi, ulteriormente osservato, con un giudizio di fatto motivato e congruo, che se con l’elargizione di cui si tratta il defunto […] avesse voluto sopperire alle esigenze della madre non si vede perché quest’ultima non prelevò alcuna somma dal libretto dalla data della presunta elargizione fino a quella del decesso del figlio sicché, anche alla stregua di tale rilievo resta confermata l’impossibilità di riscontrare la figura giuridica dell’obbligazione natura e da ciò consegue il rigetto della censura.
Con il quarto motivo, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’art. 671 c.p.c. si contesta la sussistenza delle condizioni per la concessione e per la convalida del sequestro conservativo.
Con il quinto motivo viene addotta la violazione degli artt. 543 e 26 c.p.c. 1997 e 2786 c.c. sul riflesso che non era consentito il pignoramento del libretto di risparmio, dovendosi procedere nelle forme stabilite dalla norma processuale per prima indicata. Neppure queste doglianze meritano accoglimento ed al riguardo è sufficiente rilevare: a) che la corte di appello ha ampiamente motivato in ordine alla ricorrenza delle condizioni per la concessione della misura cautelare, sia in relazione al “fumus boni iuris”, sia in relazione al pericolo nel ritardo avuto riguardo alle condizioni economiche della sequestrata ed al comportamento tenuto subito dopo la morte del fratello; b) che costituendo il libretto di risparmio al portatore un titolo di credito, il pignoramento va eseguito secondo le regole dell’espropriazione di cose mobili ed il punto risulta in modo dall’art. 1997 c.c. il quale stabilisce che pegno, il sequestro, il pignoramento e ogni altro vincolo sul diritto menzionato in un titolo di credito non hanno effetto se non si attuano sul titolo.
Con il sesto motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 112 c.p.c. e 1815 c.c. avendo il giudice del merito attribuito gli interessi bancari in luogo di quelli legali.
La censura è palesemente inammissibile poiché con essa si introduce una questione che non formano oggetto del giudizio di appello come risulta dall’esame dei motivi di gravame con i quali l’odierna ricorrente dedusse:
a) la questione concernente la preclusione derivante dal giudicato penale; b) l’errore nell’interpretazione della sentenza penale; c) l’omesso esame dei verbali della causa penale; d) l’omessa indagine sulla qualificazione giuridica della fattispecie; e) ulteriori violazioni del giudicato penale; f) la sussistenza nella specie degli estremi della successione testamentaria e non di quella legittima; g) l’illegittimità del sequestro; h) l’omissione del provvedimento sull’istanza di restituzione del libretto; i) l’erroneità della dichiarazione di esecutorietà della decisione di primo grado, senza in alcun fare cenno del tema che forma oggetto del ricorso in questa sede.
Si impone, quindi, per quanto si è esposto, il rigetto del ricorso, con la condanna della ricorrente al pagamento, in favore degli intimati delle spese del giudizio che si liquidano nella misura di cui al dispositivo. […]