Corte di Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 1832 del 2003, dep. il 7 febbraio 2003

 

[…]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Latina, con sentenza pubblicata il 2 giugno 1997, a seguito di contestazione del curatore del fallimento dalla s.p.a. […], rigettava la domanda proposta da […] a norma dell’art. 101 legge fallimentare per l’ammissione in prededuzione del proprio credito privilegiato di lire 182.359.000 a titolo di indennità di mancato preavviso, avendo ritenuto che non ricorresse nella specie alcuna delle condizioni di cui all’art. 111, n. 1 l.f. e che, in particolare, non potesse la pretesa indennità considerarsi oggetto di “debito contratto per l’amministrazione del fallimento”, essendo commisurata alla pregressa anzianità del […] (che aveva prestato la sua attività a favore del fallimento per il breve periodo dal 5 dicembre 1991 – data dalla sentenza dichiarativa – all’8 gennaio 1992).
Accogliendo solo in parte l’impugnazione del […], la Corte d’Appello di Roma, con la sentenza pubblicata il 17 maggio 1999, riconosceva la prededucibilita del suo credito limitatamente all’importo della indennità sostitutiva di preavviso riferibile alla attività lavorativa prestata – per brevissimo periodo – dopo la dichiarazione di fallimento, con esclusione quindi del maggior importo imputabile alla attività prestata a favore della società nel periodo precedente. Richiamando una pronuncia di questa Corte in tema di indennità di fine rapporto (Cass. 2637/1966) riconosciuta in prededuzione solo nella parte riferibile al rapporto con l’amministrazione del fallimento (in fattispecie di continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa), la Corte di merito rilevava che l’unicità del credito per indennità sostitutiva di preavviso “che matura per effetto e nel momento in cui si verifica la risoluzione dell’unico rapporto di lavoro, non vien meno con l’applicazione del criterio di imputazione predetto il quale, traendo la sua causa nella particolarità del collegamento di una parte del rapporto con l’amministrazione del fallimento, incide solo sul diverso grado di prelazione di una quota proporzionale del credito medesimo”.
Facendo infine riferimento al principio affermato nella più recente giurisprudenza di legittimità (secondo cui il titolo di privilegio di cui si chiede il riconoscimento non attiene alla qualificazione giuridica del rapporto di credito dedotto in giudizio, ma integra la causa petendi della domanda), la stessa Corte dichiarava inammissibile, come domanda nuova in appello, la istanza subordinata – avanzata dal […] – di collocamento del (residuo) credito in via privilegiata.
Contro questa decisione […] ha proposto ricorso per cassazione argomentando due motivi di impugnazione. Il curatore del fallimento ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale con unico motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I due ricorsi, separatamente iscritti nel ruolo generale, debbono essere previamente riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c..
2. Con il primo motivo di ricorso […], denunciando vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione del disposto di cui all’art. 111, c. 1, legge fallimentare, critica la decisione impugnata per avere la Corte di merito assimilato la indennità sostitutiva di preavviso alla indennità di fine rapporto, applicando anche alla prima il principio della frazionabilità, affermato dalle sezioni unite di questa Corte (Cass. n. 2637 del 1966) con riguardo alla seconda, in fattispecie di licenziamento del lavoratore intervenuto dopo ch’egli aveva continuato a prestare la sua opera alle dipendenze della amministrazione del fallimento.
L’indennità sostitutiva di preavviso – afferma il ricorrente – è infatti dovuta nel momento e a causa del licenziamento intimato dal curatore ed è oggetto perciò, nel suo integrale, indivisibile, importo, di un debito di massa, come già ha riconosciuto la Corte di legittimità in analoga vicenda di licenziamento di un giornalista operato dal curatore del fallimento che aveva mantenuto in vita il rapporto di collaborazione in funzione del disposto esercizio provvisorio (e dunque la indennità “fissa”, dovuta a norma del contratto nazionale, doveva essere integralmente “pagato” in prededuzione).
Con il secondo motivo, prospettato in subordine, il […], deducendo vizio di motivazione e violazione dei disposti di cui agli artt. 99 e 112 c.p.c; 111, n. 2, legge fallimentare, critica la decisione per avere la Corte di merito ritenuto domanda nuova, e perciò inammissibile in appello, la istanza subordinata di ammissione dello stesso credito (escluso dalla prededuzione) al passivo del fallimento in via privilegiata, istanza che doveva invece considerarsi implicitamente compresa nella domanda principale (come nel più è compreso il meno).
Con l’unico motivo del ricorso incidentale il curatore del fallimento, denunciando “violazione e falsa applicazione” degli artt. 112 c.p.c, 2082 e 2094 C.C., 72 e 111, n. 1, legge fallimentare, critica la decisione per avere la Corte di merito omesso di considerare il profilo essenziale della fattispecie (che avrebbe dovuto indurre ad escludere la configurabilità stessa di un diritto alla indennità di sostituzione di preavviso), costituito dalla “assenza di esercizio provvisorio dell’impresa”, sicché il rapporto di prestazione di lavoro subordinato, che “presuppone l’impresa” (art. 2094 C.C.), non poteva essere proseguito, ma era rimasto automaticamente sospeso ex art. 72 legge fallimentare (“non potendo il rapporto di lavoro funzionare senza impresa”) in funzione della eventuale autorizzazione alla continuazione temporanea dell’esercizio della impresa; e, poiché tale autorizzazione non era intervenuta, quel rapporto era necessariamente cessato. L’opera prestata dal […] a favore della amministrazione fallimentare non poteva quindi essere riferita al rapporto di lavoro subordinato nel quale il curatore non era (e non poteva essere) subentrato (ma, così deve intendersi, doveva essere assimilata alla prestazione del custode a norma dell’art. 65 c.p.c. o di altro ausiliare del giudice a norma dell’art. 68 c.p.c. e a quel titolo retribuita).
3. Il motivo del ricorso incidentale che pone una questione di rilievo logico-giuridico pregiudiziale (contestando la configurabilita stessa del diritto del […] alla indennità sostitutiva del preavviso) deve essere esaminato con priorità rispetto al primo motivo del ricorso principale (che nega la frazionabilità della stessa indennità, il cui credito deve perciò essere integralmente riconosciuto e pagato in prededuzione a norma dell’art. 111, c. 1, l.f.).
3.1. Ebbene, non può condividersi la premessa maggiore da cui muove la difesa del fallimento, secondo cui condizione necessaria per la prosecuzione del rapporto di prestazione di lavoro subordinato con il subentro del curatore (all’imprenditore datore di lavoro) è “la continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa” che sia disposta dal Tribunale a norma dell’art. 30 legge fallimentare, sicché nella specie, escluso l’esercizio provvisorio e perciò venuta definitivamente meno l’impresa, anche il rapporto con il dirigente […] era automaticamente cessato (e della sua opera a diverso titolo si era avvalsa l’amministrazione fallimentare). Si deve infatti rilevare che a norma dell’art. 2119, comma 2, C.C. (la cui considerazione è del tutto omessa nello sviluppo del motivo) il fallimento dell’imprenditore non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto di lavoro e la ratio di tale disposto si fonda (Cass., S.U. n. 2637 del 1966) sulla considerazione della unitarietà della azienda e della sua sopravvivenza alla dichiarazione di fallimento, alla quale non consegue la cessazione dell’impresa “che passa soltanto da una gestione per fini di produzione, suscettibile per altro di essere continuata o ripresa (come non infrequentemente accade), ad una gestione per fini di liquidazione” (Cass. n. 3493 del 1979). Nè il disposto dell’art. 2119, comma 2, esclude l’applicazione dei principi relativi agli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti di cui è espressione l’art. 72, c. 2, legge fallimentare, che benché dettato per la compravendita ancora ineseguita, trova applicazione generale (salva la diversa disciplina dettata specificamente dagli articoli successivi della stessa sezione della legge) nel senso che il curatore non è tenuto a perfezionare o proseguire i rapporti che trova pendenti e ha invece, ove non ne ritenga utile il perfezionamento o la prosecuzione, facoltà di sciogliersi (Cass. n. 799 del 1980). Deve per altro aggiungersi che il disposto dell’art. 2119, comma 2, C.C., là dove esclude che la procedura concorsuale, che denota una obiettiva e insuperabile situazione di crisi aziendale, possa assurgere a causa di automatica risoluzione del rapporto, è stato inteso (Cass. n. 648 del 1988) nel senso che esso introduce una deroga al diritto di recedere dal contratto senza preavviso “qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto” come dispone lo stesso art. 2119, al primo comma), con la conseguenza che se il curatore si sia avvalso della facoltà di “sciogliersi” ex art. 72, e. 2, l.f. dal rapporto di lavoro deve riconoscersi al dipendente il diritto alla indennità sostitutiva di preavviso. (Se il credito relativo sia soggetto al concorso con ruolo privilegiato, ovvero debba essere soddisfatto in prededuzione è questione – estranea alla presente fattispecie – controversa in dottrina e giurisprudenza: per la seconda soluzione si sono pronunciate le sezioni unite di questa Corte nella motivazione della sentenza n. 7914 del 1994, affermando il principio della non cumulabilità della indennità sostitutiva di preavviso riconosciuta e corrisposta dal curatore che abbia licenziato senza preavviso i lavoratori al momento della dichiarazione di fallimento dell’impresa datrice di lavoro e il trattamento per lo stesso periodo della Cassa integrazione guadagni a norma della legge 301/1979 – vigente al tempo di quella considerata fattispecie).
3.2 Ebbene – come da atto la sentenza impugnata – nella presente fattispecie il curatore, autorizzato al riguardo dal giudice delegato, espressamente mantenne in vita il rapporto di lavoro con il dirigente […] (mentre aveva invece provveduto al “licenziamento” di ogni altro dipendente della impresa fallita, così “sciogliendosi” dai relativi rapporti ex art. 72, comma 2, l.f.), intendendo avvalersi delle sue prestazioni sia pure in funzione della gestione liquidatoria dell’azienda; osservò il trattamento economico cui l’impresa – in bonis – era tenuta; assicurò la “regolare copertura assicurativa” e l’8 gennaio 1992 recedette infine dal rapporto (che era proseguito quindi per oltre un mese dalla dichiarazione di fallimento del 5 dicembre 1991). Con piena ragione quindi la Corte di merito ha identificato il “titolo” delle prestazioni rese dal […] dopo la dichiarazione di fallimento nel perdurante rapporto di lavoro (e non già in un incarico come conferito a custode o ad altro ausiliare del giudice a norma degli artt. 65 o 68 c.p.c.) e ha riconosciuto che lo stesso […] avesse maturato il diritto (al preavviso o) alla indennità sostitutiva nel momento in cui, con il recesso del curatore, si era verificata la risoluzione del rapporto; e che il credito relativo – sorto dopo la dichiarazione di fallimento – dovesse essere soddisfatto in prededuzione (benché con imputazione proporzionale alla durata del rapporto nel suo sviluppo successivo alla dichiarazione di fallimento, determinazione – questa – criticata, con fondamento come più oltre si dirà, nel primo motivo del ricorso principale).
Il motivo come argomentato nel ricorso incidentale non può essere quindi condiviso e lo stesso ricorso deve essere conseguentemente rigettato.
4. Fondato invece è il primo motivo del ricorso principale che censura il criterio di determinazione della (porzione di) indennità sostitutiva di preavviso come oggetto del credito che deve essere soddisfatto in prededuzione ex art. 111, c. 1, l.f. e a ragione critica, perché in contrasto con la finalità stessa della indennità, l’operato frazionamento del credito (invece unitario) per imputazione proporzionale alla durata del rapporto, prima e dopo la dichiarazione di fallimento (riconosciuta la prededuzione limitatamente al minore importo proporzionalmente riferibile al secondo più breve periodo del rapporto).
La Corte di merito ha così inteso applicare analogicamente il principio affermato da questa Corte con la sentenza s.u. 27 ottobre 1966, n. 2637 in tema di trattamento di fine rapporto, ma si deve rilevare che le ragioni che indussero questa Corte a disattendere il principio della non frazionabilità della indennità di anzianità (la nuova disciplina del trattamento di fine rapporto introdotta dalla legge 297/1982 ne ha accentuato la natura di retribuzione differite – come ha riconosciuto la Corte Costituzionale con sentenza n. 142 del 1991 – con la previsione di speciali ipotesi di “anticipazione”) non possano valere per la – non assimilabile – indennità sostitutiva di preavviso dovuta in dipendenza del recesso con efficacia immediata – senza preavviso – disposto dal curatore a conclusione del rapporto da lui mantenuto in vita con il dipendente in funzione della amministrazione fallimentare. Come già questa Corte (Cass. n. 71 del 1987) ha deciso in analoga fattispecie (per la indennità cd. fissa – cioè predeterminata nel contratto collettivo – dovuta al giornalista dipendente che aveva prestato il suo lavoro nell’esercizio provvisorio) la indennità sostitutiva di preavviso è oggetto di un debito sorto dopo la dichiarazione di fallimento e deve perciò essere soddisfatto integralmente in prededuzione a norma dell’art. 1, n. 1, l.f.. La sentenza impugnata non indica il criterio di determinazione della indennità sostitutiva di preavviso operante nella specie (sul relativo importo non era infatti sorta contestazione tra le parti), sicché neppure risulta se e in quale misura la “anzianità” del dipendente (assunto, come riferisce la sentenza, il 1 gennaio 1987) avesse in concreto influito in quella determinazione. Certo è che, avuto riguardo alla finalità della indennità – equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso:
art. 2118 C.C. -, la imputazione proporzionale di essa allo sviluppo del rapporto (con ammissione in prededuzione della sola porzione così riferibile al periodo successivo alla dichiarazione di fallimento, come ha deciso la Corte di merito) è operazione del tutto arbitraria, in palese contrasto con la genesi del diritto alla indennità che trova esclusivo fondamento nella gestione del rapporto da parte del curatore.
5. Accolto dunque il primo motivo del ricorso principale e rimasto perciò assorbito il secondo (prospettato in linea subordinata), la sentenza impugnata deve essere sul punto cassata; e, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa ben può essere decisa nel merito, a norma dell’art. 384, primo comma, seconda ipotesi, c.p.c, con la ammissione in prededuzione dell’intero credito vantato dal […] a titolo di indennità sostitutiva di preavviso.
[…]