Corte di Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 21887 del 2015, dep. il 27/10/2015

[…]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 12 maggio 2009, la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha risolto per inadempimento il contratto di intermediazione finanziaria concluso tra le parti, revocando il decreto ingiuntivo emesso in favore della banca per l’importo di L. 954.187.515 e condannando la medesima a restituire all’investitore la somma di L. 60.000.000, con interessi dalla domanda. La Corte territoriale ha ritenuto, per quanto ancora rileva in questa sede, che il […] non avesse, contrariamente a quanto accertato dal tribunale, la natura di investitore qualificato, ai sensi dell’art. 31 reg. Consob n. 11522 del 1998, pur avendo egli elevata competenza in materia di investimenti per avere lavorato presso l’ufficio titoli e borsa dell’Istituto […] e poi presso altre società di gestione di fondi e di consulenza finanziaria: ciò in quanto la norma riserva detta qualifica alle persone fisiche che documentino il possesso dei requisiti di professionalità degli esponenti aziendali di società d’intermediazione mobiliare, requisiti “non indicati e non documentati“.
Ha, comunque, riscontrato la sussistenza della forma scritta del contratto quadro concluso tra le parti e la validità degli ordini di borsa impartiti verbalmente, nonché del cd. conto corrente margini, destinato unicamente a documentare l’andamento delle operazioni finanziarie del cliente.
Ha, tuttavia, reputato fondata la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento della banca alle proprie obbligazioni.
Dopo aver richiamato, in via generale, gli obblighi gravanti sulla banca, ai sensi degli art. 21 e 22 del d.lgs. n. 58 del 1998 e del reg. Consob n. 11522 del 1998, la corte territoriale ha, in particolare, ritenuto la banca – che aveva omesso tali adempimenti, avendo reputato il […] un operatore qualificato – inadempiente all’obbligo di porre in essere tutte le procedure affinché l’investitore versasse i margini dovuti in relazione alle operazioni di borsa ordinate, in quanto, anziché informarlo tempestivamente chiamandolo a coprire le perdite, ha provveduto in proprio ad anticipare i versamenti procrastinando sino al 21 dicembre 1999 la sua situazione debitoria, quando ormai le perdite ammontavano a L. 954.187.515; inoltre, la banca non ha comunicato per iscritto al cliente l’esistenza di perdite superiori al 50% dell’originario investimento di L. 60.000.00, ai sensi dell’art. 28, 3 °comma, reg. Consob; ha continuato ad eseguire gli ordini di compravendita di prodotti ad alto rischio omettendo di bloccare la posizione, come dovuto ai fini di una prudente e sana gestione del patrimonio del cliente ex art. 21, 1 °coma, lett. e), d.lgs. n. 58 del 1998.
Ha concluso per l’accoglimento delle domande subordinate di risoluzione del contratto e di risarcimento del danno, revocando il decreto ingiuntivo, in quanto la somma ingiunta costituisce il danno per l’investitore, oltre all’importo pari all’intero patrimonio investito, negando invece il danno all’immagine (rectius, reputazione). Avverso la predetta sentenza propone ricorso la soccombente, articolato in dieci motivi. Non si costituisce l’intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – La ricorrente censura la sentenza impugnata sulla base di dieci motivi, come segue riassunti:

1) la violazione e la falsa applicazione degli art. 31, nonché 27, 28, 29, 30 reg. Consob n. 11522 del 1998, 13 d.lgs. n. 58 del 1998, l d.m. n. 486 del 1998, perché, in forza di tali disposizioni, è operatore qualificato chi abbia maturato un’esperienza complessiva di almeno un triennio attraverso, fra l’altro, l’esercizio di attività di amministrazione o controllo o compiti direttivi presso imprese, o mediante lo svolgimento di attività professionali attinenti al settore creditizio, finanziario, mobiliare, assicurativo: situazioni entrambe riscontrabili in capo al […], il quale aveva ricoperto il ruolo di capufficio presso l’ufficio titoli e borsa del […] per sette anni, di aiuto gestore patrimoni presso […] s.p.a. per tredici mesi, di responsabile gestione […] s.p.a. per sei anni, di amministratore unico della […] s.r.1., società di studi e ricerche economico-finanziarie, per ulteriori sei anni.
Qualità di cui egli aveva reso edotta la banca, avendo ad essa consegnato il suo curriculum, recante indicazione specifica delle pregresse mansioni svolte, e per scienza diretta del funzionario responsabile dei rapporti borsistici, come era stato accertato già in primo grado e come la corte d’appello ha parimenti ritenuto. Senza motivazione, la corte del merito ha però reputato che a tali requisiti “manca un qualunque riferimento” e che essi non sono stati “neppure indicati e documentati“, presumibilmente riferendosi o alla insufficienza di quelle concrete caratteristiche ad integrare la qualità (così la prima censura del motivo) o alla prova nel momento dell’instaurazione del rapporto (così la seconda censura del motivo), con conseguente errore di diritto: nel primo caso, perché invece si tratta di qualità del tutto idonee ad integrare quella veste; nel secondo caso, perché non ha considerato come “ontologicamente” qualificato l’operatore in possesso di tali requisiti, in assenza di qualsiasi obbligo della banca di acquisirne formale documentazione, oppure perché, in ogni caso, la banca può acquisire la documentazione dei requisiti dell’operatore qualificato, come di fatto avvenuto, senza particolari formalità, ed anche attraverso altri elementi di valenza probatoria equivalente, ivi compresi il fatto notorio o una diretta conoscenza da parte della stessa;
2) per il caso che la sentenza impugnata debba interpretarsi nel senso di aver negato l’esistenza di detti requisiti, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la consegna alla banca del curriculum, la sua intrinseca veridicità e la scienza diretta di quei fatti in capo al dirigente responsabile dei servizi borsistici […], circostanze tutte confermare dallo stesso […] in sede di interrogatorio formale;
3) per il caso che la sentenza impugnata debba interpretarsi nel senso di aver negato l’allegazione e la prova di tali circostanze in giudizio, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa l’indicazione in giudizio dei requisiti posseduti dal […] e conosciuti dalla banca, dato che invece essi erano stati specificamente elencati nella comparsa di costituzione in appello e nella comparsa conclusionale;
in subordine e per il caso di negazione della qualifica di operatore qualificato in capo all’investitore:
4) l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la circostanza che il […] era quotidianamente al corrente dell’andamento di tutte le operazioni finanziarie poste in essere, di perdite e guadagni anche previsionali, mediante la ricezione delle note informative e colloqui personali interattivi con la banca e il dr. […], ad ogni fine giornata e con l’ausilio di un proprio personale software: tutto ciò dimostrato dalle richiamate risultanze probatorie;

5) l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il fatto che il […] fu invitato al versamento dei cd. margini sin dal 3 dicembre 1999, ossia solo qualche giorno dopo il sorgere del conflitto circa le cd. marginazioni della banca ed il rilevamento da parte del software del cliente, come emerge dalle risultanze probatorie;

6) la violazione e la falsa applicazione degli art. 21, l °comma, lett. e), d.lgs. n. 58 del 1998 ed allegato 3, parte b), art. 1.1. reg. Consob n. 11522 del 1999, per avere la sentenza impugnata imputato alla banca di non aver provveduto alla chiusura della posizione dell’investitore in presenza di rilevanti perdite, posto che si tratta di mera facoltà della banca ad essa attribuita nel suo esclusivo interesse;

7) l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il fatto che, in ogni caso, il […] fu tempestivamente invitato al versamento dei cd. margini sin dal 3 dicembre 1999 e che il 21 dicembre 1999 fu disposta la chiusura coattiva della sua posizione; 8) la violazione e la falsa applicazione degli art. 1223, 1226, 1227, 2697 c.c., non essendo stato provato il nesso di causalità immediata e diretta tra gli allegati inadempimenti e il danno, una volta comunque accertato che il […] è un investitore particolarmente capace;

9) l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sull’interruzione del nesso causale con il preteso inadempimento della banca, o perlomeno riduzione del danno risarcibile, attesi, da un lato, l’intento doloso del […] – che, dopo l’azione di nullità intentata con riguardo a precedente rapporto e la dispersione di tutto il suo patrimonio nell’anno anteriore al nuovo rapporto di borsa, aveva inteso lucrare i soli possibili elevatissimi guadagni ponendo in atto operazioni ad altro rischio – e, dall’altro lato, la notevolissima competenza specifica del cliente, il quale si serviva di un elaborato sistema software per monitorare quotidianamente la propria situazione; questioni sulle quali la sentenza impugnata non ha speso neppure una parola;

10) la nullità del procedimento per omessa pronuncia sulle eccezioni e domande della banca, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., esposte nei due precedenti motivi.

2. – I primi tre motivi, che possono essere trattati congiuntamente, concernendo tutti il tema dei requisiti affinché una persona fisica, a norma dell’art. 31 Reg. Consob n. 11522 del 1998, possa reputarsi operatore qualificato, sono fondati, nei termini di seguito esposti.

2.1. – A norma dell’art. 6, 2 °comma, d.lgs. n. 58 del 1998, la Consob, sentita la Banca d’Italia, disciplina con regolamento gli obblighi degli intermediari finanziari “tenuto conto delle differenti esigenze di tutela degli investitori connesse con la qualità e l’esperienza professionale dei medesimi“.

L’art. 31, 2 0 comma, reg. Consob n. 11522 del 1998, nel testo applicabile ratione temporis, individua come operatore qualificato – fra gli altri – “le persone fisiche che documentino il possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare“.

Il rinvio è all’art. 13 d.lgs. n. 58 del 1998, il quale impone che gli esponenti aziendali posseggano fra l’altro i “requisiti di professionalità” stabiliti dal Ministero del Tesoro (ora dell’economia e delle finanze), con regolamento, sentite la Banca d’Italia e la Consob.

Si tratta del d.m. Tesoro 11 novembre 1998, n. 468 (in G.U., 11 gennaio 1999, n. 7), a tenore del quale tali soggetti devono aver “maturato una esperienza complessiva di almeno un triennio attraverso l’esercizio di: a) attività di amministrazione o di controllo ovvero compiti direttivi presso imprese; b) attività professionali in materia attinente al settore creditizio, finanziario, mobiliare, assicurativo o comunque funzionali all’attività della SIM, della SGR o della SICAV; (…)“.

Dal rivestire tale qualifica discende l’inapplicabilità di numerose prescrizioni, come dispone l’art. 31, l °comma, del regolamento n. 11522 del 1998, vale a dire, in particolare, la previsione della forma scritta ex art. 23 d.lgs. n. 58 del 1998, la disciplina del conflitto di interessi (art. 27 reg. Consob), gli obblighi di informazione attiva e passiva (art. 28 reg. Consob), le previsioni in tema di operazioni inadeguate (art. 29 reg. Consob).

Dunque, la legge prevede forme di tutela differenziata, sulla base della vigilanza regolamentare svolta dalla Consob, riconoscendo la necessità di graduare la tutela giuridica offerta alla clientela degli intermediari finanziari, in particolare nei casi in cui il cliente sia già, di per sé, in grado di riconoscere e valutare le caratteristiche e i rischi specifici dell’operazione (così pure Cass. 26 maggio 2009, n. 12138).

2.2. – Con riguardo ai presupposti per la disapplicazione della disciplina protettiva alle società ed alle persone giuridiche, con la medesima decisione ora ricordata (Cass. 26 maggio 2009, n. 12138) questa Corte aveva, altresì, evidenziato come nel vigore dell’art. 13 reg. Consob n. 5387 del 1991 – che definiva operatore qualificato, tra gli altri, anche “ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in valori mobiliari espressamente dichiarata per iscritto” – fosse necessaria “la contemporanea presenza di due requisiti: uno di natura sostanziale, vale a dire l’esistenza della specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in valori mobiliari in capo al soggetto (società o persona giuridica) che intenda concludere un contratto avente ad oggetto operazioni su detti valori; l’altro, di carattere formale, costituito dalla espressa dichiarazione di possedere la competenza ed esperienza richieste, sottoscritta dal soggetto medesimo“.
Essa aveva, dunque, concluso nel senso che, “in mancanza di elementi contrari emergenti dalla documentazione già in possesso dell’intermediario in valori mobiliari, la semplice dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante, che la società disponga della competenza ed esperienza richieste in materia di operazioni in valori mobiliari – pur non costituendo dichiarazione confessoria (…) esoneri l’intermediario stesso dall’obbligo ulteriori verifiche sul punto e, in carenza di contrarie allegazioni specificamente dedotte e dimostrate dalla parte interessata, possa costituire argomento di prova che il giudice (…) può porre a base della propria decisione, anche come unica e sufficiente fonte di prova in difetto di ulteriori riscontri, per quanto riguarda la sussistenza in capo al soggetto che richieda di compiere operazioni nel settore dei valori mobiliari del presupposti per il riconoscimento della sua natura di operatore qualificato”.

In definitiva, questa Corte ha ritenuto la dichiarazione dell’investitore sufficiente sia per esonerare l’intermediario dal compiere accertamenti al riguardo, sia per ritenere provata in giudizio la qualità.

Con riguardo alle persone fisiche, invece, il regolamento n. 5387 del 1991 non contemplava alcuna possibilità di inclusione nella categoria, riservata solo a società ed in generale persone giuridiche, alla presenza delle ricordate condizioni: in altri termini, la persona fisica, ove pure munita di competenza ed esperienza nel settore degli strumenti finanziari, era sempre soggetta alla disciplina protettiva che imponeva regole di comportamento agli intermediari.

2.3. – Occorre ora prendere in esame la diversa previsione, concernente la qualità di operatore qualificato in capo alle persone fisiche, secondo il dettato dell’art. 31 reg. Consob n. 11522 del 1998.

Tale norma non menziona l’esigenza di una espressa dichiarazione scritta del cliente persona fisica circa la sussistenza dei requisiti di operatore qualificato, contenendo la diversa previsione secondo cui tali soggetti “documentino il possesso dei requisiti di professionalità“. La previsione, sulla quale questa Corte non si è ad oggi ancora pronunciata, deve essere interpretata – sia nella sua lettera complessiva, sia nel sistema che parte dall’art. 6, 2 °comma, d.lgs. n. 58 del 1998 e termina nel d.m. Tesoro 11 novembre 1998, n. 468, alla stregua della volontà del legislatore e dello scopo della disciplina, secondo i canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi nel senso che l’intermediario finanziario possa apprendere anche senza una formale dichiarazione scritta del cliente, ma mediante qualsiasi altro mezzo, idoneo a rendere ciò noto all’intermediario, la sussistenza di quei requisiti che lo esonerano (salvo diverso accordo tra le parti) dall’applicazione della disciplina di protezione all’investitore. Ciò che, inoltre, la norma sottintende, è che la volontà, anche tacita, di essere considerato operatore qualificato, sia pure senza obbligo di forma scritta, provenga necessariamente dal cliente medesimo e non sia, ad esempio, autoindotta dalla banca.

Mentre, per le persone giuridiche, la disposizione richiede una dichiarazione per scritto del cliente (cd. autoreferenziale), per le persone fisiche l’accento è posto infatti direttamente sul possesso delle effettive qualità, che vanno rese note (“documentino“) all’intermediario. Nel riferire il predicato verbale al cliente, il legislatore ha sottinteso comunque l’iniziativa del medesimo; nel contempo, non trattandosi di disposizione relativa alla prova nel processo e non parlandosi in alcun modo di forma scritta, la prova delle qualità predette non può restringersi al documento formale né ad una dichiarazione scritta del cliente medesimo, ma va estesa, in senso sostanziale, alla verifica effettiva ed anche aliunde di quelle qualità. A fronte della dichiarazione scritta menzionata per le persone giuridiche, la sentenza sopra ricordata ha reputato la dichiarazione autoreferenziale del cliente, che attesti nella fase genetica del contratto di essere un operatore qualificato ai fini della normativa di settore, come integrante una presunzione semplice di tale qualità (cfr. Cass. n. 12138/2009): per le persone fisiche, la normativa secondaria ha dettato invece una previsione che, da un lato, è meno formale, non richiedendo la dichiarazione e scritta, ma, dall’altro lato, è nella sostanza più incisiva, perché, ferma restando l’implicita necessità della provenienza di una richiesta del cliente in tal senso, non si affida però alla sua mera autodichiarazione, né menziona la consegna all’intermediario, al momento della stipula del contratto, di documenti da cui risulti il pregresso svolgimento di quei ruoli e compiti nel periodo minimo indicato dal decreto ministeriale, ma richiede direttamente una cd. “documentazione” delle qualità possedute, vale a dire l’acquisizione delle informazioni necessarie che permettano di raggiungere, in capo all’operatore, la ragionevole certezza dell’esistenza di quelle condizioni che, alla stregua del d.m. n. 468 del 1998, integrano la particolare capacità professionale del soggetto al riguardo dei prodotti finanziari. In conclusione, con riguardo all’investitore persona fisica la norma richiede la verifica delle competenze effettive in capo alla stessa, da parte dell’intermediario; tale ragionevole certezza, peraltro, potrà essere acquisita dall’intermediario finanziario non necessariamente attraverso i documenti all’uopo consegnatigli nell’occasione dal cliente, potendo quegli fondarsi anche su elementi che non integrino la nozione di documenti in senso tecnico ex art. 2702 ss. c.c., rilevando la conoscenza effettiva dei requisiti professionali della controparte, ferma restando l’iniziativa di provenienza del cliente di essere considerato come facente parte di questa categoria.

I presupposti sono stati meglio precisati nella già ricordata Direttiva Mifid, inapplicabile nella specie, ma utile ad individuare una linea evolutiva della normativa al riguardo.

Essa ha introdotto una nuova classificazione degli investitori, distinti in clienti professionali e clienti al dettaglio, ribadendo la scelta di operare una graduazione delle categorie dei medesimi e delle conseguenti regole di condotta degli intermediari. Avendo la direttiva rimesso agli Stati di delineare in concreto la nozione di “cliente professionale”, tale compito è stato assolto in Italia dalla Consob con il reg. n. 16190 del 2007, che ha sostituito il reg. 11522 del 1998.

Orbene, tale regolamento impone la “valutazione” della competenza ed esperienza del cliente, con il più congruo utilizzo di un termine di valenza generale, che compie implicito riferimento a qualsiasi mezzo per accertare e ponderare le caratteristiche di quell’investitore (la maggior tutela deriva, piuttosto, dall’obbligo della forma scritta che deve rivestire la richiesta del cliente persona fisica di essere valutato come professionale, ivi introdotto, e dalla procedura all’uopo necessaria).

2.4. – Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: L’art. 31 del regolamento Consob n. 11522 del 1998, il quale prevede che gli investitori persone fisiche rientrino nella categoria degli “operatori qualificati” ove “documentino il possesso dei requisiti di professionalità” stabiliti per gli esponenti aziendali delle società di intermediazione mobiliare, presuppone la volontà del cliente, manifestata in modo espresso o tacito, ad essere così considerato ed impone all’intermediario di accertare, al momento dell’instaurazione del rapporto, il pregresso svolgimento di quei ruoli e compiti da parte dell’investitore per il periodo minimo indicato, non obbligando peraltro l’intermediario a limitarsi, all’uopo, esclusivamente alla documentazione fornita dal cliente, ma ammettendo altri mezzi di conoscenza, forniti o no dal cliente stesso, idonei ad attestarne le peculiari qualità.

2.5. – Nella specie, la corte d’appello, dopo avere correttamente richiamato la regola che richiede l’esistenza di dati requisiti di professionalità in capo alle persone fisiche ai fini della inclusione nella categoria di operatore qualificato ex art. 31 reg. Consob n. 11522 del 1998, ha affermato che “[n] el caso di specie manca un qualunque riferimento a tali requisiti, neppure indicati e documentati, e ciò consente di escludere che il […] fosse collocabile da parte della C.C.F. nell’ambito della categoria degli investitori speciali o qualificati“. La succinta motivazione al riguardo finisce per essere oscura; nondimeno, si reputa sia da interpretare come riferita al momento della instaurazione del rapporto, quando sarebbe stata necessaria dunque, secondo il ragionamento della sentenza impugnata, un’elencazione e una documentazione ad hoc circa l’esistenza dei detti requisiti.

In tal modo, tuttavia, la sentenza non ha fatto corretta applicazione del principio esposto, omettendo, da un lato, di valorizzare le circostanze, pur ivi descritte come in vario modo note alla banca, concernenti la solida e pluriennale esperienza lavorativa dell’investitore proprio nel settore dei prodotti finanziari, e, dall’altro lato, di accertare se fu manifestata, per espresso o per comportamento concludente, la volontà del cliente di essere reputato operatore qualificato.

3. – I motivi dal quarto al settimo sono assorbiti, posto che censurano profili della motivazione della sentenza d’appello laddove ha ritenuto la responsabilità dell’intermediario sulla base della violazione degli obblighi di comportamento applicabili nei confronti di un operatore non qualificato. I rimanenti motivi, che vertono sul nesso causale, sono parimenti assorbiti.

4. – La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, perché provveda alla riconsiderazione del materiale istruttorio alla luce del principio enunciato al punto 2.4. […]