Corte di Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 6142 del 2012, dep. il 19/04/2012

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8. Con il sesto motivo si denuncia violazione dell’art. 2697 c.c. e si deduce che la Corte di merito – facendo riferimento alla consapevolezza da parte di tutti gli operatori del settore, e quindi in primo luogo delle banche, che il default dell’Argentina era ormai imminente, anche perché già nel luglio 1999 gli organi di stampa avevano reso noto che le principali agenzie internazionali di rating avevano segnalato i rischi connessi all’andamento dei titoli di debito pubblico argentini e poi proceduto al declassamento di detti titoli, così sancendone la inaffidabilità, tanto che dal gennaio 2000 la quantità di bond argentini detenuti nei portafogli dei fondi d’investimento italiani era diminuita in misura considerevole – ha posto a fondamento della decisione circostanze di fatto che non sono mai state ne’ provate ne’ allegate dalle parti e che certamente non possono rientrare nella categoria del fatto notorio. La doglianza è inammissibile, in quanto la ricorrente non ha specificamente censurato la ratio posta a base, sulla questione dedotta, della sentenza impugnata e secondo la quale la banca non aveva assolto al proprio obbligo di informazione dei clienti sulle caratteristiche e sulla rischiosità dell’investimento in bond argentini e sulla non corrispondenza dell’investimento al profilo di investitori presentato dai clienti medesimi (v. Cass. 2004/3612; 2007/17125; 2011/4036).
9. Con il settimo motivo si denuncia violazione degli artt. 2730 e 2735 c.c., nonché dell’art. 116 c.p.c., e vizio di omessa e/o insufficiente motivazione e si censura che la Corte abbia ritenuto irrilevanti le dichiarazioni sottoscritte dal […], ritualmente prodotte in giudizio ed aventi valore di confessione stragiudiziale, rese alla parte ai sensi dell’art. 2735 c.c., comma 1, e come tali non liberamente apprezzabili dal giudice ai sensi dell’art. 116 c.p.c., e si deduce che comunque la motivazione sul punto appare gravemente insufficiente.
La censura è priva di fondamento.
Quanto alla dedotta violazione di legge, osserva il collegio che la dichiarazione resa dal cliente, su modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza – conseguente alle informazioni ricevute – della rischiosità dell’investimento e della inadeguatezza dello stesso rispetto al suo profilo di investitore, non costituisce dichiarazione confessoria, in quanto è rivolta alla formulazione di un giudizio e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo (Cass. 2006/13212; 2009/12138 in motivazione; 2010/23495), tenuto anche conto della mancanza di prova specifica, come rilevato dal giudice di appello con valutazione non censurata dalla ricorrente, sul contenuto delle informazioni fornite dalla banca. Con riferimento al dedotto vizio di motivazione, la doglianza non contiene un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), in ordine alla chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
10. Con l’ottavo motivo si denuncia ancora violazione dell’art. 112 c.p.c., e si deduce che la Corte di appello ha riformato la sentenza di primo grado in ordine alla decorrenza degli interessi legali, in assenza di appello incidentale proposto sul punto da parte degli attori. La censura è priva di fondamento, in quanto, come si evince dalla sentenza impugnata, gli originari attori hanno proposto appello incidentale, chiedendo espressamente la condanna della banca convenuta alla “corresponsione degli interessi c.d. figurativi sulle somme impiegate per l’acquisto dei bond in questione, e ciò dai singoli esborsi al saldo effettivo”.
11. Con il nono e ultimo motivo si denuncia vizio di omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione in ordine alla decisione della Corte di merito sulla censura sollevata dalla banca appellante relativamente all’omessa pronuncia da parte del Tribunale sulla domanda di risarcimento dei danni proposta dalla banca medesima ai sensi dell’art. 2043 c.c.. La censura è inammissibile in quanto non accompagnata da un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), in ordine alla chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. La doglianza è comunque priva di fondamento, atteso che la sentenza impugnata è sul punto congruamente motivata con il rilievo che non può imputarsi al creditore, ai sensi dell’art. 1227 c.c., di non avere effettuato scelte che potevano risultare più vantaggiose per il debitore, ma che avevano esito incerto e poco chiaro e che avrebbero potuto anche configurare una implicita rinuncia da parte degli attori medesimi a far valere i diritti risarcitori maturati. 12. Le considerazioni che precedono conducono al rigetto del ricorso.
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